mercoledì 25 giugno 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = LUANA FABIANO

LUANA FABIANO: “Respiri Violati” – Ed. Puntoacapo – 2014 – pagg. 80 - € 10,00 -
(prefazione)
Per comprendere a pieno i segreti di questa raccolta, immersa faticosamente nel non senso e nelle impossibili tracce dell’inconscio, bisogna conoscere qualche passo del pensiero creativo della poetessa. In questa silloge – ella suggerisce - ha cercato di dare respiro a tutta quell'umanità dimenticata, nel caso dei manicomi, ad esempio, o l'umanità abusata dei bambini, tanti cappuccetti rossi ( Quanti cappuccetti rossi inciampano nella menzogna del lupo che non sanguina nel bosco fiabesco ma tra pareti e pavimenti felpati ...) "scoperti" da lupi "domestici", la bellezza dilapidata nel caso delle donne (.. le violente eruzioni su lune in plissé , ... la vagina terra mitragliata da stivali di guerra, le labbra mozziconi che l'asfalto consola dall'urto) che hanno labbra consumate, ridotte in mozziconi che il duro asfalto, stranamente, sa accogliere da un urto ancora più violento, quello della forza di un uomo che descrivo nella lirica La corsa del cannibale ( il fetore segue la corsa del cannibale di respiri, si risolleva il dolente gambo dalla terra sventrata). La donna è il dolente gambo che si risolleva dal corpo squarciato ma, ancora peggio, con l'anima stuprata. Qui la lingua compositiva rappresenta un ritmo controllato e visionario insieme, il cui dettato accoglie e rielabora certe vibrazioni territoriali, paesaggistiche, illusorie , pittoriche e smaterializzate, per affilare rapporti sinestetici di relazioni semantiche, strutturate in modo da disegnare quasi sempre quella che potremmo chiamare “in definizione”, che non costella mai alcunché di compiuto, ma che riesce nel contempo a cristallizzare evocazioni o implicazioni filosofiche. “Mentre le mani nell’aria intagliano / suppliche alla luna/ colombaia di attese, nostalgie e sogni,/ il respiro annebbia la lente in cornice / e una mezzaluna non più solitaria disegna;/ sdrucciolano dalla sottana / pagine come focolari di singhiozzi e ferite”. Precipita sospesa la parola stessa mentre il tempo lascia una scia nella perfetta forma della testimonianza.
Il respiro alla dignità di sentimenti, valori, condizioni, quali la bellezza del mondo e dell'amore, di quelle persone (scorci di un macilento vagare ) malate di solitudine, perché abbandonate da una sola follia, quella compiuta da mani turpi perché di follia si intumidiscono all'abbandono di un vetusto sentire; cerca di recuperare la libertà sottratta agli uomini, per rielaborare gli strumenti adatti allo spaesamento della leggerezza dalle scene da cui siamo esclusi. L'uso degli aggettivi, a volte abbondanti oltre il necessario, vuole rafforzare certe sfumature, certi significati, e tende volutamente ad appesantire il disgusto per certe situazioni o condizioni umane; per cui ogni aggettivo viene abbinato con un significato ben preciso accanto al nome, accanto al vocabolo che completa il pensiero.
Non sembri un itinerario a ritroso, sintetizzato dalle scelte inusuali e al tempo rigorose, un diario nella finzione letteraria, che cita trasformazioni inesorabili, ma una proposta dal tono musicale e malinconico e al tempo stesso gioioso per le folgorazioni e gli ascolti che convincono, per modelli di verità accarezzati dal corteggiamento per un volutamente fuori misura.
Messaggi o situazioni descritte con un uso della parola non molto trasparente, perché espressione di sofferenze mute, che non si sanno difendere urlando, ma che per paura o rassegnazione trattengono il grido nel silenzio più intimo o lo esprimono su un fedele figlio di carta.
“Scricchiolano le bocche steppose /di scatoloni incerottati dall’addio dell’uomo, /il tempo in clausura trattengono /e su sordide divise si rapprende /l’intruglio della regola,/attestato di sopravvivenza nei ripostigli del fetore./ Posano indisturbati i distributori del silenzio/in una vegetazione di grinze e pastiglie, /il viso della famiglia congelano/e dalla memoria / neppure lo scalpello del livore lo dilapida./ Della muraglia i bavosi padiglioni / alle stelle si abbottonano,/ le sradicano, / e sul selciato in secchi fumanti/ spasima il palpitare./ Anche il buio sempre acceso e cigolante/ tenta invano di carpire la generosa pervinca/ finché nel suo imporrito strascico/ si accartoccia un impasto luttuoso.” L’intuizione può essere considerata come un compimento del frammento incentrato in una straordinaria capacità affabulatrice, urticante e dirompente in un magma metaforico, che è il tessuto di un discorso poetico , caratterizzato da una sofisticata stilizzazione.
Di fronte ad una scrittura così impegnata, istintiva , esorbitante, spontanea e forse anche sofferta, ed a volte difficoltosa per il lettore , sembra scorgere una precaria condizione umana , sociale , politica, psicologica, che cerca di fare i conti con la “fine delle cose” , con quelle scaglie lapidee che segnalano come risorsa da non sprecare la coesistenza funzionale delle “dimensioni della vita”.
Nella sezione “Bellezza confinata” si descrive il Tempo in clausura di quei virtuosi alieni, esuli evanescenti, di una congerie di burattini nella casa della memoria che convivono con un solo arredo, quello interiore, fatto di emozioni e sentimenti, pensieri, di memoria, di un presente sospeso tra bianco e nero; di quei brandelli di respiri, occhi come celle verso altri occhi che si consolano con un quaderno riempito da salti nei sottoboschi dell'anima, affollato di ricordi ( ... righi supplichevoli inghiottiscono parole missionarie come capsule di consolazione per gli scarni animi), contemplando dalla finestra o seduti in cortile Cenni di speranza e ricevendo Impacchi fedeli da madre terra e i suoi figli (con il vagito delle stagioni si consolano gli squarci della mente e del cuore, ) che mai tradiscono e abbandonano. Varie le esperienze del distacco dalla semplice quotidianità, nel muoversi tra la ricerca da una condizione sopportabile al disinganno della precarietà, della incomprensione , della insensibilità. Una ragnatela intrigata e dal ritmo veloce scandito dalla vertiginosa riduzione del verso.
L’impianto della raccolta tende alla ricerca di un modo di far poesia costante nella sua naturalezza, modulandone spesso il tono in una sorta di monologo, capace di ammorbidire l’indissolubile accento della sottile sofferenza.
ANTONIO SPAGNUOLO

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