mercoledì 25 settembre 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = ALBERTO BERTONI

Alberto Bertoni: “Poesia italiana dal Novecento a oggi” – Ed. Marietti – 2019 – pagg. 232 - € 20,00
Tentare una mappatura della poesia contemporanea è impresa pressoché impossibile oggi che il popolo dei poeti, o dei presunti tali, è in continuo aumento ed in perpetuo vano fermento. Alberto Bertoni, professore ordinario di Letteratura italiana all’università di Bologna, riesce invece ad offrire uno spaccato a ventaglio del panorama attuale nella limpida e severa visione che si apre alla sua interpretazione di studioso e di impegnato addetto ai lavori. Una scrittura compatta e qualitativamente elevata incide nel tempo e negli spazi che si organizzano in questo alternarsi di voci e di presenze che hanno ricamato pagine e pagine intorno all’atto caleidoscopico della parola.
Dalla linguistica alla metrica il testo fiorisce nei suo incantamenti, tra i passaggi dell’oralità all’incanto del verso, per quell’esercizio che avviene in apparenze di un valore che riesca a produrre energie creative. Le pagine si inseguono “fra metro e ritmo” , “la metrica e la musica”, “ai confini del verso” nella ricerca con la quale si colloca il vivo della identificazione originale. Il pensiero allora sofferma la sua indagine nel capitolo “Poesia e non poesia” partendo dalla consapevolezza che un Leopardi riuscì a incidere la “tenace necessità di vita scaturita da un mondo interiore, malgrado e dopo la caduta di ogni sistema teologico e metafisico”. Realizzando a ripresa il racconto di Croce Bertoni conduce il suo discorso nell’intreccio tra realtà e non realtà, in un concreto apporto di notizie che rendono la lettura di queste pagine particolarmente coinvolgente.
I capitoli si susseguono dalla “poesia lirica” di Pascoli, Carducci, D’Annunzio a Saba, a Marinetti, a Ungaretti e Montale, per giungere al tentativo di una “Mappa nel novecento e oltre”, iniziando da Quasimodo e immergersi nell’ermetismo, fenomeno tipicamente italiano, e nella varianti con Mario Luzi, Piero Bigongiari, Alfonso Gatto, Diego Valeri.
I poeti sono presenti serrati nelle vicende che vanno dalla cultura fascista al dopoguerra ricco di sorprese: Giudici e Zanzotto, Pasolini e Rosselli, il Verri e la neoavanguardia, Nanni Balestrini, Adriano Spatola e la linea sperimentale. Il paradigma infine si amplifica e si avvicendano i nuovi epigoni da Giovanni Raboni a Giampiero Neri, da Majorino alla Merini, da Mussapi e De Angeli in una girandola vertiginosa che vede apparire i testi dei nati tra gli anni 40 ed oltre. Purtroppo le “assenze” sono numerose, oserei dire molte. Forse perché gli approfondimenti non sono perseguibili con la necessaria indagine quotidiana. Così se Bertoni avesse soltanto sfogliato il volume “L’evoluzione delle forme poetiche” (a cura di Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo- Edito da Kairòs) avrebbe incontrato i nomi di Eugenio Lucrezi , Raffaele Urraro, Corrado Calabrò, o se avesse letto il libro di Giorgio Moio “Da Documento Sud a Oltranza” (edito da Oedipus) avrebbe intercettato Franco Capasso, Franco Cavallo e Felice Piemontese, nomi di spicco nella poesia sperimentale degli anni 70, o se avesse soffermato attenzione alle pagine di Carlangelo Mauro “Liberi di dire” (Biblioteca di Sinestesie) avrebbe avuto l’opportunità di approfondire i testi del sottoscritto o di Mario Fresa, ed ancora se avesse indagato nella collana “SUD-i poeti” curata da Bonifacio Vincenzi per le edizioni Macabor avrebbe potuto spendere una parola per Rocco Scotellaro, Raffaele Carrieri, Giammario Sgatoni. Le illusioni che la poesia ricama sono infinite e turbinosamente trasportano il poeta verso quella luminosità che acceca a volte e stordisce, nella meravigliosa attesa di giungere infine al “Parnaso”.
Alberto Bertoni chiude il suo lavoro con il capitolo “Poesia 2.0” (domande e risposte sul futuro), per interpretare con il risvolto della critica militante quale potrà essere la “lirica” dopo le ultime svolte di ricerca e di scrittura. Un panorama sociologico e linguistico si propone proliferando in rete , attraversando il computer in tutte le sue possibili evoluzioni acrobatiche, e senza alcun freno di cernita sembra esplodere in uno spettacolare arcobaleno. Egli scrive: “La conclusione è che è molto più facile, emotivo e forse conveniente scrivere poesia che leggerla. E i moltissimi che di poesia continuano ad ave bisogno per provare a vivere meglio, a dialogare meglio con se stessi e con gli altri, a provare a seguire virtù e conoscenza invece che edonismo e distrazione, finiscono troppo spesso per adeguarsi a questa tendenza ormai diffusa. Ma la poesia rimane viva, nonostante tutto, e disposta a sperimentare forme sempre nuove di espressione e di contaminazione.”
ANTONIO SPAGNUOLO

1 Commenti:

Alle 30 settembre 2019 alle ore 07:32 , Blogger Giorgio Moio ha detto...

Perché c'è questa facile propensione da parte dei curatori di antologie poetiche di limitarsi alla poesia tradizionale lungo il solco che dall'ermetismo arriva a quella linea lombarda dell'innamoramento non già della parola ma di se stessi, trascurando, oltre i poeti del sud, la poesia sperimentale e di ricerca? C'è un motivo particolare? Una illusione di essere "compreso" da un pubblico più vasto che arriva fino alla casalinga? O è una puerile e comatosa questione di vendite?

 

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