martedì 28 luglio 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = GERARDO PEDICINI

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Gerardo Pedicini: “Verso sera” Ed. Etra/arte 2019 – pagg. 132 - s.i.p.
La dotta e corposa prefazione di Carlo Di Lieto ci avvia ad una lettura attenta e ponderata di questa raccolta, per quella colorata carica che cerca di misurarsi con il sub conscio e con le preziose architetture della tradizione.
“Gerardo Pedicini – egli scrive – in questa preziosa silloge poetica, dal titolo emblematico , mette insieme, per accumulo, le proiezioni del suo pensiero emozionale; le immagini si stagliano imperiose nel cerchio magico del ricordo, sospeso tra il tempo contingente della caducità e la ricerca inesausta dell’essere.”
Il ritmo che incalza ha il sapore dell’imprevisto anche se la quotidianità afferma la sua inequivocabile violenza: “a guardia della casa/ lasciammo il cuore/ aggrappato alle radici/ dei lillà riversi nel pantano./ altri lidi ci accolsero, altre essenze,/ non la tua/ lucivaga azzurrina./ il cammino è stato duro, e cieca/ la sorte si è confusa/ come uno stelo/ perso in mezzo al prato/ tra le grida pestilenziali della gente/ nell’ingorgo vorace dei rumori/ del nastro magnetico del traffico.”
Nelle aspettative del dettato appare sempre un richiamo alla cultura genuina, che non è semplice trascrizione, ma capacità di prospettare nuovi orizzonti ideali, di rianimare l’immaginazione, di rispolverare idee e sentimenti, nella consapevolezza del “graffiante”.
Il tempo che sfila divide aspettative e memorie, le foglie cadono per rammentare il destino degli umani, le “ombre chiuse nel presagio” cercano il riflesso delle apparizioni tra il mistero di una torre diroccata e l’azzurro che rincorre tramonti, la voce del compagno vortica sul punto grigio della battigia, il marmo conserva indiscreto il rosario che accenna alla cenere, l’alba ha il freddo smalto che annienta, la nebbia avvolge la sabbia di una clessidra.
Gerardo Pedicini ricama il palpito dell’attesa, il tessuto rigoglioso del racconto autobiografico, le condivisioni del ricordo, il riverbero degli affanni in un equilibrio dall’eccezionale struttura, nella scansione urgente della poesia che accompagna le pagine nel gioco aperto delle metafore.
La vera poesia è uno stato vivente della parola, che si espande in un rapporto di continuità nel tratto singolare del simbolo, che si illumina e si esaurisce in un semplice filosofare che resiste all’incedere dello svanire. Nelle figure che si stagliano in queste liriche la scena onirica si materializza dentro le tracce del fenomeno, con una rinnovata capacità del dire, ove l’oggetto ha la potenza dell’archetipo, dove il verso interviene per enfatizzare la musica.
Interessante constatare che moltissime poesie della silloge portano dediche a personaggi vari, amici, poeti, compagni di viaggio, così da incuriosire il lettore che voglia indagare nell’intimo bagaglio dell’autore, quando “l’estrema ansia brucia i giorni”, quando si abbandona “come un fuscello alla deriva di soglia in soglia”, quando “lungo il cammino lascia tracce d’incenso”, quando “spalanca la porta al ribollente magma del mondo contemporaneo”, quando “arso dal gelo resta in piedi davanti alla porta”.
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ANTONIO SPAGNUOLO


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