martedì 28 luglio 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIOELE AMMIRABILE

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Gioele Ammirabile – Tutto il resto appassì…- Terra Marique ed.- 2015 Pagg. 116; Prezzo € 10,00

Un triennio e poco più di mutamenti avvenuti per la condizione propria, vitale; trattasi di una situazione ordinaria quella di ottenere definizioni che si evolvono, proporzionali ai testi che si compongono instaurando un principio di neodecadentismo.

I passi si compiono cominciando dalla scontrosità accertabile per un’avversione forte dacché triste e veritiera è l’esistenza terrena, per giungere al desiderio di concentrarsi sui principi svenevoli ma radicati nell’umanità di quest’epoca moderna.

Un grosso, amaro boccone a seconda dei modi di fare e di ragionare imperanti oggi va tuttora inghiottito; ciononostante brilla l’invito di concepire assieme al giovane autore l’intensità scaturita da singoli versi, omaggiando con completezza una passionalità sempre e solo da mirare.

Gioele sembra costretto a sostenersi con una memoria vagante, e, non badando alla destinazione, deliziarsi con qualsiasi viaggio, tanto da sentirsi allegro contemplando un concetto primordiale mentre diventa leggero giustappunto per sorvolare, assistito animosamente, il pianeta che lo influenza, che merita troppe pene da infliggere, puntando su di un’aspirazione purché sia piacevole.

Il tramutarsi in un combattente privabile delle sue sfide rappresenta d’incanto il sorgere del sole, alla riprova della superficialità di molti individui che si conservano, non dando adito alla necessità di ulteriori esperienze di vita, e dunque al riparo dall’estraneità, senza comprendere il danno letale che si provocano perdendosi in un niente, non volendo pazientare sensibilmente, accentuando della falsità indiretta per costituirne vanteria.

Eppure ci affermiamo in base a una selezione spontanea, non vale dire alcuna bugia se non si demorde in concreto.

Inquadrando esclusivamente un fulmine viene meno la sua potenza, sfruttando della saggezza allusiva per ogni immagine della coscienza, con un carico d’energia da comportare affianco per misurare il malessere collettivo, la carenza di verità ridicolizzante il bene immateriale.

Strattonati da menti dolorose, ecco che risuona l’ilarità per una vista così gagliarda da farla finita.

La dimensione del poeta si rischiara interiormente, come l’augurio per un buon appetito; ma le soluzioni per riemergere vanno a farsi benedire perennemente, date delle ambizioni che intensificherebbero dei dispiaceri con accessori e trucchi alle strette di una negatività sociale che affonda nell’oltre.

La meraviglia, mai di base, viene immaginata attraverso la musica del tempo libero, in privato, nell’assenza di prospettive per un qualsiasi stato dell’anima.

Dall’esterno, ci si aspetta un contributo indispensabile, materiale, senza dare retta ad alcun rapporto tra la causa e l’effetto; ma intuendo il pensiero a forza di raccoglierci, per una compatibilità ambientale, relegante le difficoltà che sono sempre più spigolose, possiamo caratterizzare il buonsenso apertamente.

Gioele soffre di un sapere sproporzionato, e ciò gli condiziona unicamente la salute; come anche di un’egemonia spirituale a prova di scompenso emotivo, nell’intento di essere riconosciuto, col destino segnato, cioè col dovere di muoversi per non annoiare, di far passare il tempo amabilmente,

consigliando a chiunque di dotarsi di un sogno da esprimere, per appisolarsi infine tranquillamente, eternamente.

“Se avete in mente qualcosa che vi tiene svegli, tiratela fuori. Poi addormentarsi sarà più semplice”.

L’ignoto oscura le confidenze, però arreca la probabilità d’improvvisare alla grande per una degna alternativa al creato; con l’impossibilità d’essere felici che comunque serve per maturare appieno, con le conoscenze che nobilitano ma non ti spingono ad accettare in fondo le scuse in teoria per aver accennato all’immoralità in pratica.

Gioele non si reputa come lo sbaglio singolare dovendo dare conto della macelleria sociale, coinvolgente, sentita della cattiveria nell’individuo, nella questione da porre come una tempesta impetuosa, sempre insolita, che una goccia di dolore contiene, rimuovibile una volta scrollato un affetto.

Egli vuole sapere delle conseguenze di un autunno ridondante, soffocato dalla stupida, preesistente moltitudine, e annebbiato dalla falsità che quasi sempre ricolloca pazzamente il pensiero, volendo piuttosto smascherarsi appurato il flop di un film fatto come tanti.

L’impeto vitale si è rotto, è caduto irrimediabilmente per un incanto qual è riflettersi al microscopio, con l’immobilità da sfruttare per rialzare lo sguardo al massimo, per quel sollievo che ti sorprenderà con un tramonto dolce e intenso, da inculcare in vista del maltempo.

La risata consiste nella filosofia scontata, a fronte dell’offuscamento generato dall’euforia che è solo di rapido consumo, con lo stato in essere proporzionato per qualcosa che magari non ci riguarda, dove la compravendita strugge gl’infedeli a priori.

È come se non si fosse più capaci di spiegare lo squarcio di una nube per effetto di una luce primaria (“Non sarò mai in grado di descrivere il raggio di sole che attraversa una nuvola”), pervasi dal mistero, avendolo comparato a un vizio supremo, all’estremo degli alti & bassi d’umore, tipici del ragazzo che sa il fatto suo, somministrando al nulla l’eterno, con la solitudine umana, rilevante per tendere la mano, alla ricerca del nodo spirituale nel buio della miseria che è davanti a noi oramai, strattonata da curiosi fantasmi; con l’eccezione della sofferenza che scava nel respiro terreno, per l’avvenire avvincente aldilà di tutto.

Sono sinuose le paure indeterminate, alluvionate, per un’attrazione che rileghi la necessità al beneficio, così da immergere il proprio rammarico nell’odio liquidatosi, e ricominciare di gusto a chiedere banalmente dei consulti per un senso d’uguaglianza da bersagliare.

Storicamente i fatti hanno portato male a quelli che si accontentano di sopravvivere, le persone fuori dal comune, di riferimento, non trovano mai ostacoli per palesare sincerità concretamente, fino alla loro fine.

Si tralascia la propria importanza per sballarsi in compagnia, e non capire come si è arrivati a ciò, preferendo puntare sull’irresponsabilità senza complessare alcuna mente.

Per uscire matti Gioele può incorporare una novità tendenziosa, sfoderando conoscenze, non commestibili ma che servano per non essere deglutiti dalla visione globale.

Fredde primizie, di una profondità tenebrosa, permettono che dalla povertà esca fuori il buono di noi, alla faccia di un passato che sortisce le giuste condizioni infine.

L’illuminazione viene assorbita lentamente, per rimanere con gli occhi aperti, e coltri di una disperazione ricamata per il bene dei folli, essendo inconsistenti, abili a sopravvalutarci per le feste dell’immaginario, di una carne talmente tenera da far nutrire il sentimento che sogniamo quando per l’intelletto s’è fatto tardi.

La passività è trascinante purtroppo per gli anomali, nel chiuso del numero 0, nel potenziale da esprimere quando lo si vuole.

“La prigione sta nell'essere liberi nel più totale e inesistente nulla”.

L’inferno è come se appartenesse all’alba di un’idea avente inoltre un pubblico privo di stimoli ma irrefrenabile; e chi non crede al buonsenso in terra caratterizza lo sblocco emotivo altrove.

D’altronde non si perdona la mancata percezione del sacro, ne siamo particolarmente sicuri per fare in modo che s’incuta terrore, e non v’è diritto di replica.

L’umanità è alle prese con una forma di tossicodipendenza ricreativa, la fortuna di non comprendere ogni cosa da innocenti va tutelata con coraggio, viceversa possiamo aspirare alla custodia di un cimitero a perdita d’occhio.

Se il tormento cessa, allora si deve dare conto ai resti di ciò e in un tempo incondizionato, essendo emersi all’apice della fatica dimensionale, che annienta l’emotività.

“Siamo nati nell'esplosione di un affanno; come un universo che né si accende né si spegne”.

Il buon proposito consiste nella razionalità che deve pervenire, per far sì che un tormento pieno di contenuti sia visibile.

In realtà si scherza, ci si disorienta per via di una missione di fede, tra strumenti che si muovono da sé, da incoraggiare concependo la bellezza energicamente, senza che si dia più per scontata la scelleratezza del senso di trasporto, per armonizzare la frenesia quotidiana, confortati magari da un saggio fantasma, frutto di una storiella ben narrata alla fine del manoscritto, ossia dell’immaginario che stringe la mano della memoria plasmante la ragione in concreto; trattasi cioè dell’entità che sorride all’individuo a causa del vittimismo tipico dei nostri tempi.

Perché l’esistenza se volge davvero all’eterno allora inquieta al dir poco, ma arreca la necessità di comprendere il piacere, variegato, di tenere a bada la propria complessa attività; cosicché svegliarsi al sorgere del sole, sempre, significa stare bene per andare al massimo, e con tutti i colori da usare.
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VINCENZO CALO'

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