SEGNALAZIONE VOLUMI = A CURA DI G. VIGILANTE
“Poeti tedeschi dell’Ottocento”: Antologia a cura di Giuseppe Vigilante -Fermenti Editrice, Roma, 2013, pagg. 129, € 15,00
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In "Poeti tedeschi dell’Ottocento" non sono inclusi, tra i poeti antologizzati, quelli più considerati in Italia e più ampiamente tradotti e diffusi nel pubblico, come Goethe o Holderlin.
Il volume ha per argomento gli autori che, nei paesi di lingua tedesca, sono attualmente noti e letti, inseriti nelle antologie e nel dibattito culturale, ma poco tradotti e poco considerati in altri ambiti di cultura, tra cui quello italiano.
L’antologia è scandita in Periodo romantico, Periodo Biedermeier, Periodo realistico e Periodo naturalista impressionista.
Giuseppe Vigilante afferma di aver suddiviso gli autori secondo un criterio leggermente manualistico, produttivo per fare una mappatura dello sviluppo che, nella cultura italiana, non è ancora ben nitido e assimilato, come quello invece di altre letterature europee.
Il punto di partenza consiste nella nascita, agli inizi dell’Ottocento, della poesia romantica che, momento centrale della cultura tedesca, ebbe una forte ascendenza su tutte le altre culture europee e in esse si diffuse.
Nel testo si è cercato di mostrare, nella scelta delle opere e degli autori, la fondamentale e utile ambiguità del movimento romantico nella cultura di lingua tedesca: da un lato il culto di una soggettività sentimentale e anarchica, che trova nell’interiorità spirituale e nell’intimità con le forze naturali la propria ragion d’essere, dall’altro un’apertura verso il mondo, verso la realtà sociale rappresentata soprattutto dagli umili e dagli emarginati, ai quali lo sguardo si volge, non per motivi d’impegno politico, come accadrà in seguito nella generazione del ’48, ma per un senso di partecipazione umana, per un sentimento di commossa comunanza di destini, che trova il suo fondamento proprio nella sensibilità romantica di tipo soggettivistico.
Le suddette caratteristiche si mescolano e si accentuano nel successivo periodo cosiddetto Biedermeier: all’ideale della vita ritirata e serena si collega un vivo interesse per le manifestazioni di vita popolare, non più determinata da quella ricerca delle tradizioni nazionali e dell’origine dello spirito del popolo, che fu elemento proprio del romanticismo esageratamente amplificato dalle successive interpretazioni.
Nel vissuto del popolo e nei suoi usi si cercava infatti un elemento di autenticità che permettesse di sfuggire all’oppressione delle regole e dell’atmosfera sociale e culturale dell’industrializzazione avanzante, del predominio dello spirito borghese gretto e mercantile.
Dopo la crisi del 1848 si afferma nella cultura tedesca la corrente realista, nata dal rifiuto del soggettivismo sentimentale in cui il romanticismo aveva trovato sbocco con la sua filiazione Biedermeier, e che cerca nel contatto con il tessuto sociale, incluse le sue dimensioni psicologiche ed esistenziali, soprattutto la verifica del quadro di valori morali cui ciascun poeta si adegua.
E’ il periodo che ha prodotto i grandi realisti tedeschi, oscurati certo dalla fama dominante di quelli della letteratura francese, inglese e russa, ma che attualmente vengono sempre più riconosciuti nella loro importanza e sono diffusi anche presso il pubblico italiano.
La poetica del periodo realista riprende motivi tipici dei precedenti momenti: il sentimento della natura, il culto della solitudine, il senso della brevità e fugacità della vita.
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Raffaele Piazza
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Antico canto
Con le tue spine continua,
bianca rosa, a colpire,
dal mio cuore bruciato
benedizione zampilla.
Distruggi la mia vira passata
a te, così apparsa
devo dare un fratello più degno
che Dio e te serva fedele.
Tutto da te devo prendere,
ma nulla posso donarti:
tu devi il drago ammansire,
per alzare il tesoro al Signore.
Guarda, ai tuoi piedi m’inchino,
versa, o pietosa, il tuo pianto su me,
anche a me insegna a espiare,
tu fonte del canto devoto.
I miei svaghi e le offese
le mire, le menzogne e le recite
è giusto che tutto calpesti,
nel trionfo infine splendendo.
Tutto quanto in silenzio patisti,
la tua pena, la tua rinuncia devota,
anche a me il cuore ha spezzato,
ma tu, non hai sopportato.
Tutto quanto tu hai tollerato,
sono io che l’ho causato
la mia colpa ti ha ferito
tu hai mitemente sofferto.
Questo naufrago ora solleva,
questo cuore che ti ha martoriato,
e tu, presa da divina pietà,
dentro il tuo all’altezza celeste.
Clemens Brentano (1778-1842)
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