martedì 7 giugno 2016

INTERVENTO SU POESIE IN FERMENTI 244

Considerazioni sulle poesie facenti parte del n. 244 (2016) di “Fermenti”.
(“Non ci coinvolse lo spettacolo” di Liliana Ugolini, “La rimozione” di Maria Pia Argentieri e “Ora allora ancora” di Eleonora Bellini).
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Poesia

Molto ricco per numero di pagine e con un sommario molto articolato il numero 244 di “Fermenti”, rivista a carattere culturale, informativo, d’attualità e costume, pubblicata in collaborazione con la Fondazione Marino Piazzolla di Roma, diretta da Velio Carratoni.
In questa sede ci soffermiamo sulla sezione poesia, in particolare su “Non ci coinvolse lo spettacolo” di Liliana Ugolini, “La rimozione” di Maria Pia Argentieri, “Ora allora ancora” di Eleonora Bellini.

“Non ci coinvolse lo spettacolo” di Liliana Ugolini, nata a Firenze dove vive, è una serie di sei poesie, tutte senza titolo. Interessante la prima che si potrebbe considerare eponima rispetto al nome della sequenza. In essa si fa riferimento ad un’esibizione della quale vengono detti pochi particolari e che risulta complessivamente essere indeterminata, indefinita.
Nel componimento si realizza un’atmosfera di vaga bellezza, sospensione e magia, con una grande varietà di tematiche e toni. Spicca nella composizione l’eleganza del dettato, costituito da molte frasi che procedono per accumulo. La struttura è controllata e ben coordinata.
Dalla descrizione sembrerebbe trattarsi di uno spettacolo teatrale a partire dall’incipit:-“Un rituale andirivieni/ sul fondo dissordante musicale”. Poi la poeta afferma che non vide che occhi spenti e facce smorte e sembra essere pervasa da una forte disarmonia rispetto all’ambiente che la circonda. Il ritmo è incalzante e si crea una certa musicalità nel sovrapporsi di versi eterogenei per lunghezza.
Si realizza un controsenso nella parte finale quando è detto che, nonostante lo spettacolo non avesse coinvolto, il fine era raggiunto. E così dopo la rappresentazione si diviene liberi di andare (dove?) e si fa avanti la figura arcana di una Gina lavandaia, personaggio riferito ad altri tempi.
Spesso domina una vena anarchica che sfiora l’alogico, con l’avvicendarsi di versi che, nel loro insieme, si realizzano con accensioni e spegnimenti fulminanti. Il senso di mistero si accentua anche per la mancanza dei titoli. e viene detto il tempo, al cui cospetto si sta con occhi bendati.
Nonostante le apparenze si evidenzia un accentuato controllo stilistico e si respira un vago senso neo orfico. Bella la poesia sull’ape che danza la comunicazione in linguaggi comprensibili. Si potrebbe dire che è l’ape stessa nelle traiettorie del suo volare a scrivere i versi e viene detta la storia che travalica sogni e bisogni;. Questa è una poesia descrittiva che si potrebbe definire in terza persona.
Invece nella quarta poesia a esprimersi è l’io – poetante che risulta essere molto autocentrato e viene confermato il tono oscuro, complesso, che è il comune denominatore di ognuna delle composizioni. Nel componimento numero 4 colpisce l’incipit icastico:-“Ho rallentato il passo ed il respiro/ fino a fermarmi immobile/ mentre il caos impazza”-. Chi scrive qui vive un interanimarsi con la natura, una natura che supera i suoi limiti quando si accenna alle bacche che spingono i tronchi fino all’esplosione.
Una tensione verso il sogno e l’indicibile si esprime nella quinta opera che è forse la più alta. Qui protagonista si fa la storia detta in modo metafisico perché definita infinita nel suo ritornare sbucata dalle membra di un anfratto nella piantina precoce dal futuro ignaro. Viene così toccato il tema dell’eterno ritorno.
Poetica che ha come cifra essenziale la lucidità e l’intelligenza, quella della Ugolini, che, attraverso dati sensibili, raggiunge una forte valenza icastica. Coglie nel segno la varietà dei temi affrontati con originalità e con strumenti molto consapevoli e versatili.
Non manca una vena ludica, espressa con rara maestria, derivante dalla forte coscienza letteraria, dalla consapevolezza dell’autrice del suo fare poesia.
“La rimozione” di Maria Pia Argentieri, nata a Roma, è una sequenza formata da otto parti, situate in un’unica pagina. Poetica intellettualistica quella dell’autrice a partire dal titolo, che dimostra i suoi intenti. Per la psicoanalisi la rimozione è un meccanismo psichico che allontana dalla coscienza desideri, pensieri e residui mnestici.
Sono proprio immaginazioni, situazioni e persone rimosse che divengono la materia della poetica dell’Argentieri in questa sua prova. Dall’inconscio riaffiorano immagini che si fanno poesia, sfiorando spesso l’alogico. Nella scrittura si delinea una fortissima densità metaforica e sinestesica e i versi si strutturano sulla pagina in modo anarchico.
I sintagmi nel loro fluire hanno una forte musicalità e ritmicità e producono una melodia incantatoria di forte suggestione. Il tono è didascalico ed è difficile cogliere il senso detto nelle strofe per lo stile oscuro e criptico.
Interessante il breve distico iniziale:-“La Rimozione salva/ la Rimozione perde…”- Da questi due versi si può evincere che per l’autrice la rimozione stessa ha una natura ambivalente, positiva e negativa.
Da mettere in rilievo la scelta di Maria Pia di scrivere la parola rimozione con la r maiuscola, elemento che crea ridondanza a livello semantico.
Prevale il tema del male detto in modo indefinito e in molte maniere. Infatti si parla di inganni e mente pavida, della guerra in Cambogia e in Vietnam, di rimorsi e dello specchio inesorabile riflesso della rimozione stessa.
Nell’ultima strofa, a sorpresa, l’atmosfera che sottende i versi si fa meno cupa, quasi serena. Infatti qui si parla del risveglio che ci sarà ai rintocchi della campana, quando non resterà che scegliere tra la veglia o un altro sonno, tra l’acqua sorgiva o una dose di buon whisky.
Cifra intellettualistica, tendente al notturno e all’indefinito, tra accensioni e spegnimenti quella dell’Argentieri.
La brevissima silloge “Ora allora ancora” di Eleonora Bellini è suddivisa in due parti: “Compianto sui figli perduti” e “Baluardi”. Nella prima sezione è affrontato il tema attualissimo e doloroso dell’accoglienza in Europa dei profughi siriani fuggiti dalla guerra.
La poeta mostra con molta lungimiranza un atteggiamento di pietà e non di pietismo verso i bambini annegati e la loro morte viene detta con dolcezza e il dolore è controllato e senza autocompiacimenti o retorica: “…/ancora e ancora approdano tra fiori/ d’alga e gusci di conchiglie…”, “…Li veglia/ l’argento della luna/…”.
I versi sono avvolti da una musicalità cantilenante, procedono per accumulo e l’aggettivazione è frequente. Presentano una struttura geometrica con un’alternanza di cinque serie di sezioni formate da due strofe, la prima con l’incipit “Bambini”, la seconda con O vocativo all’inizio.
I bambini morti sono visti con un sentimento materno in quanto sono definiti figli. Inoltre sono paragonati ai nipotini occidentali della poeta che sul divano sillabano una filastrocca e forse si addormentano. Visionarietà e narratività nel tessuto linguistico della Bellini in una vena affabulante sono cifra essenziale del linguaggio
Si delinea una notevole musicalità, raggiunta attraverso un ritmo serrato e sincopato nei versi armonici connotati da chiarezza e leggerezza.
La sequenza “Baluardi” è suddivisa in tre segmenti: “Ora, allora e ancora”. I versi sono articolati e fluidi nella loro scorrevolezza e nel primo segmento incontriamo una suggestiva raffigurazione di un paesaggio alpino non priva di numinosità. Viene detto un ambiente brullo, privo di neve nella siccità, che si potrebbe definire nevaio in un’atmosfera di limbo, in una natura nella quale i ghiacciai del Monte Rosa non risplendono nell’innegabile fascino dell’alta montagna.
Allora e ancora sono entrambi costituiti da due strofe e sembrano avere una certa autonomia rispetto al primo segmento: si tratta di due parti intellettualistiche e protagonista in esse è la storia.
Una storia che non insegna, che non è maestra di vita, come affermano i due misteriosi protagonisti agnostici che scendono a valle lungo la strada provinciale costellata da capannoni e centri commerciali.
Viene espresso un argomento di carattere sociale e politico perché è riportato che, dopo la caduta del muro di Berlino, sono sorte tante altre muraglie munite contro il povero e contro lo straniero in un’aura di silenzio che diviene simbolo del male.
I due agnostici, dei quali ogni riferimento rimane taciuto, nel loro dubbio, incarnano anche il tema religioso. C’è una venatura di sospensione nelle descrizioni di Eleonora che si armonizzano bene con le riflessioni sulla storia.
Nell’ultima strofa in corsivo viene fatto un accenno ad un avvenimento del 2015 che s’inserisce nel contesto della guerra tra Israeliani e Palestinesi. Le ruspe israeliane infatti sradicano ulivi centenari per fare strada ad un muro, la cui edificazione fece perdere i campi a cinquantotto famiglie palestinesi.
Del tutto originali i componimenti della Bellini, che esprime una poetica civile con uno sguardo su avvenimenti della politica internazionale. Il tessuto linguistico presenta spesso accensioni e spegnimenti neolirici nelle descrizioni naturalistiche molto intense e sentite.
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Raffaele Piazza

1 Commenti:

Alle 17 luglio 2016 alle ore 06:18 , Anonymous Anonimo ha detto...

Grazie a Raffaele Piazza per l'attenta lettura e a tutti buona scrittura! Eleonora Bellini

 

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