sabato 5 gennaio 2019

RIVISTA = CAPOVERSO

CAPOVERSO -- N° 36 - dicembre 2018 - a pagina 24 ----“Poesia quotidiana, nuovi motivi emigranti” --
C’erano una volta gli schiavi , la vergogna nera di una umanità senza scrupoli , e il disonore di popoli all’avanguardia delle civiltà.
Lo sguardo rivolto ad altro consta sempre di molti sguardi : è un’occhiata che produce infatti mille cose mutate, dischiudendo l’arco che permane in me , e raccoglie senza posa visioni nuove che devono muovere da me per me e in me. La poesia diviene immagine riflessa del reale attraverso le parole che si intercettano per l’irraggiungibile e risuonano di metafore per accarezzare il vertice della musica , dalle profondità misteriose alla luce sospesa e indefinita. La poesia è il sostentamento del subconscio che cerca in mille modi di eliminare l’illusione per accarezzare il mito della realtà incoercibile. Oggi che lo splendore superficiale delle cose materiali vorrebbe sostituirsi mano a mano al canto culturale della poesia il segno della completezza cerca di delimitare altezza e profondità nella chiara necessità di tornare ad unire tutto ciò che è separato dalla tecnica alla ulteriorità che attende l’uomo e la sua psiche. Qui tra il vocabolo scelto oculatamente nella melma del negativo ed il vocabolo scaturito dall’immaginazione demistificante si accende una misura di sintesi fulminante , per idee tradotte in poche icastiche rappresentazioni , di fronte a nuove ed ampie misure del dettato , divenuto pertanto orchestrazione complessiva delle pagine. Il ritorno allora non è promessa di canto ma inesauribile cammino verso ritmi fecondi , nella interiorità delle passioni umane.
Ma il ritorno ormai prevede un arrivo , un approdo che conceda al naufrago di toccare a piedi nudi il selciato di una patria sconosciuta , una moderna illusione di fratellanza che possa scandire urla di sofferenza e preghiere di accoglienza.
Il brivido, dal quale l’anima è attraversata una volta posta di fronte all’invenzione del canto, ha quasi sempre la pienezza dell’altrove; un altrove pressoché sconosciuto che con il verso si concatena al pensiero , nel momento stesso in cui il subconscio si concatena al noto . Come intendere allora questo reale che non cessa di dischiudersi e di sottrarsi a qualunque presa, non solo concettuale ma anche mimetica , intorno a quel vuoto che non è possesso , ma rapidità , vortice , mobilità , struttura e finzione , che nasconde i significati per individuare l’essenza della monade e della parola stessa?
Rincorrere la poesia , attraverso gli anni e nell’illusione che essa possa trasfigurare personaggi e figure per immergere vertiginosamente il subconscio nella immaginazione variegata e ricca di smagliature , è il percorso che il poeta scolpisce con le sue proprie mani , validamente realizzato per chiudere il cerchio di un diuturno lavoro come riflessione del tutto.
Le pagine diventano un viaggio orfico ed innanzi tutto un rapporto simbolico con il mondo che circonda , nelle molteplici attrazioni morali e culturali, una continua luminosa sequenza di conquiste del porto sepolto , di colorate dinamiche del segno , sempre in marcia nella formazione dello spazio e del sospeso, che paiono scaturire tutte da una medesima sorgente , il sentimento della nostalgia e del ricordo, ed avere pertanto una complessità e compattezza di significato, dalla memoria feconda agli innumerevoli passaggi della visione , cammino proprio della ricerca e della conoscenza .
Accettando il ruolo di uomo partecipe del suo tempo, senza metafore vuote, acrobazie sintattiche, ma non rinunciando all’investigazione linguistica il poeta compie, a suo modo, un atto di testimonianza, che non può e non deve andare disperso. Ogni poesia evoca gli spazi dove fuori e dentro , senza confondersi , si rovesciano tuttavia dichiarando la comune appartenenza terrestre - alla terra , al mondo, al momento fuggente , all’aria , alla luce , alle tenebre – di tutto ciò che è e che deve essere interpretato dalla percezione dell’atto aperto e condiviso dal processo poietico .
La politica improvvisamente sancisce un divieto di sbarco per quei clandestini che cercano quotidianamente un asilo nella nostra patria . Le passioni ribollono al cospetto di centinaia di morti , donne e bambini avviati allo sbaraglio senza nessuna pietà , sia dal luogo di partenza , sia all’approdo . Ma l’approdo è negato , in un clima moderno di severità demagogica , che nulla ha a che fare con la carità cristiana invocata inutilmente dal pontefice. Nel vortice del dubbio , aperto dal governo italiano in questo nostro tempo, vien da chiedere a cosa mai possa servire la poesia , un’arte derelitta e sconosciuta, espressa nel vuoto culturale che incombe. Non è facile comprendere la validità di un decreto che vieta lo sbarco , avvolti come siamo da un frastuono che annebbia e stordisce.
ANTONIO SPAGNUOLO

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