SEGNALAZIONE VOLUMI= GABRIELE PEPE
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Gabriele Pepe – L’inferno del nostro portento--puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2020 – pag. 65 - € 12,00
L’inferno del nostro portento, la raccolta di poesie di Gabriele Pepe che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Plinio Perilli esauriente, sensibile, acuta e ricca di acribia.
Come scrive lo stesso Perilli nella nota intitolata Per Gabriele Pepe, il Nostro è un poeta insieme loico e fumigante, lucido e solforoso, nato a Roma nel 1957. Di libro in libro. tra uomini e ominidi mai progrediti, angeli e disangeli, si fa impennato, reboante cantore di questo dissennato presente ipermodernista, e dei suoi pessimi (quasi sempre) concittadini /Ricurvi/ sul torso della nota/ Condannati a vagare sulla soglia/ Transverberati dall’interno/ Sul fronte sconfinato dell’eterno/.
Con concittadini pessimi di questo dissennato presente ipermodernista il poeta pare riferirsi all’umanità intera che vive nella contemporaneità liquida e velocissima nella quale nel tran tran giornaliero di ognuno. gettato in quella ressa cristiana della quale parlava già nel Novecento Eugenio Montale, si perdono le coordinate spesso di una vita a misura d’uomo e di fusione con la natura in quanto siamo tutti indistintamente obbligati ad adeguarci al tempo della rivoluzione mediatica che ha anche molti aspetti notevolmente positivi.
Infatti un uso calibrato di internet, e-mail, sms e altro diviene salutare perché contrariamente alla televisione i suddetti media possono essere portatori di cultura e libertà.
Entrando nel merito dei versi di Gabriele Pepe pare indubbiamente che siano sottesi ad un vivo pessimismo perché se la realtà attuale è portentosa e spesso anche numinosa tale da essere definita un inferno c’è veramente ad un livello superficiale l’impressione che si sia persa ogni speranza per chi entra in questa dimensione e vengono in mente le parole all’entrata dell’inferno dantesco: perdete ogni speranza voi che entrate.
Ma il cantore della contemporaneità Pepe non si geme mai addosso e nei suoi versi nei quali si riscontrano illuminazioni e spegnimenti fulminanti, proprio attraverso l’uscita di sicurezza della poesia, nel dire il peggio possibile, trova la possibilità di una redenzione proprio perché la poesia è sempre vivissima e non è morta come avevano preconizzato Adorno e Celan dopo le guerre mondiali e l’Olocausto.
Se abitare poeticamente la terra è un’utopia tuttavia proprio la poesia non fine a sé stessa ma catartica innanzitutto per il poeta ma anche per il lettore può aprire varchi per arrivare al senso vero della vita e quindi alla felicità.
Cifra dominante della poetica di Gabriele pare essere una vena visionaria e vagamente surreale e se i tessuti linguistici non sono alogici tout-court sono permeati sicuramente da venature anarchiche.
Il testo è molto composito e articolato cosa che s’invera in una struttura architettonica veramente riuscita e il poeta è padrone di scaltriti strumenti e di un’avvertita coscienza letteraria.
A proposito della costruzione del volume va evidenziato che il titolo di ognuna delle tre sezioni è sottotitolato in corsivo e questo aumenta il fascino indiscusso dell’opera che ha anche una vena misticheggiante e nella quale è presente fortemente il tema del tempo.
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Raffaele Piazza
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