SEGNALAZIONE VOLUMI = CARMINE BRANCACCIO
**Carmine Brancaccio: “Poesie” (trilogia di Ceriman) – Volturnia edizioni 2019 – pag.144- € 14,00-
Questa variegata trilogia giovanile che il poeta presenta in elegante veste tipografica per i tipi della Volturnia si offre in tre sezioni. “Fughe, i re sono giullari” (2002), “Laudano” (2006), “Le quartine di Pierrot” (2007), con un crescendo ritmico suggestivo e policromatico per tutti quei paragrafi che si distinguono nelle pagine velocemente e ricomposte dai frammenti, quasi a dettare luci che rimbalzano su onde interstiziali.
Da un lieve tocco della gioventù, che cerca ribellioni e illusioni randagie da conquistare, al chiaroscuro della contestazione impreziosito dalla ricerca di uno stile personale e dalla matrice neoclassica che accosta la quartina all’esperimento garbato e delicato di un endecasillabo sussurrato.
Tre chiari momenti di crescita per i quali facilmente la musicalità accosta un senso di autoironia, per una complessa interiorità che si smaschera nel tumultuoso affacciarsi della memoria, ma anche nel verso che incide con energia il prospetto che dilatava i confini di un orizzonte quale si offriva in tempi di angosciati giullari. “Che atroce follia il dominio;/ il degustare attimi d’assoluta/ padronanza del mondo/ fino a vomitare per l’abbondanza./ Il gioco perfetto sta nel gioco; l’ausilio strafottente del regnante/ divora le sembianze del clero/ fino allo sgomento dell’immagine./ Maschere perfette? Domani è carnevale!”
Scrutare con leggerezza nell’acqua e sapone per far esplodere le bolle che si avvicendano “colme di riservati umori”, o per “ritrovare i lembi delle origini” in una gravità inattesa, che disvela le pecche del sociale.
Il poeta si sorprende e cerca di sorprendere il lettore quando “a ripetizione esule e sgangherata/ cade la pioggia sul tiglio/ e sul campo e la scrivania/ dell’uomo solo sul prato di colza;/ il foglio è bagnato, non soffre/ la penna stregata e la rifinitura/ perfetta del sacro Bello/ fa testamento senza sosta.”
La culla del ritmo si fa poesia in un’atmosfera di luminose rappresentazioni tra i sapori dell’umido della terra e le fiamme di un guizzo d’amore. Domande e risposte rimbalzano in incontri e scontri che sembrano ammiccare che il tutto “è meglio non saperlo” così da dilatare i confini di una ricerca esistenziale che preme in cristallini sintagmi.
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ANTONIO SPAGNUOLO
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