lunedì 20 maggio 2024

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIANSALVO PIO FORTUNATO

"CIVILTA' DI SODOMA" - RP libri 2023 - pag. 128- € 14,00
"Ora, Lucilla,/ ninfa di luce,/ i tuoi seni son scandalo/ e la tua anima postilla di bocca,/ che induce ad un velo borghese acidulo". Il tono classico, i riferimenti nobili, solenni, essenziali, si schiantano e annegano dentro e sotto il velo borghese acidulo, la scialba immagine di una modernità dissolta e dissoluta. E' questa in sintesi la dicotomia che sta alla base del lavoro poetico del giovane poeta Giansalvo Pio Fortunato.
Il poeta, con la sostanza di confronti ineludibili, mostra il divario tra la belleza e l'armonia e quella che vede e descrive come degradante successioe di giorni scialbi, il tempo attuale, dediti solo ad effimere apparenze o a piaceri materialistici.
Nonostante la giovane età l'autore dimostra una conoscenza salda della tradizione letteraria e storica che utilizza come termine di paragone e come specchio per fare risatare i vizi e i peccati del presente.
Le radici a cui attinge l'autore di questo libro dal titolo volutamente forte, sono numerose e profonde. Viene in mente tra gli altri Decimo Giulio Giovenale autore di sedici satire di lunghezza diversa, raggruppate in cinque libri, pubblicati tra il 100 e il 127 d.C. in esametri. I temi trattati da Giovenale sono svariati e appartenenti al classico repertorio della poesia satirica, (già trattata in ambito latino daLucillo, Orazio e Marziale): si va dall'indignazione per la corruzione dei costumi, alle invettive contro le donne, dai discorsi sulla moralità perduta e sulla necessaria moderazione delle passioni alla descrizione delle perversioni umane (parallelo a queste, anche il già citato riferimento al titolo del libo di Fortunato).
Se la satira precedente aveva guardato ai vizi umani con un sorriso ironico ( si pensi all'oraziana "Ibam forte via sacra" o al tono salace ma non offensivo degli epigrammi di Marziale), Givenale, di fronte alle corruzioni e alle turpitudini della società del suo tempo, decadente e corrotta, opta per la poetica dell' indignatio (l'indignazione) con cui attacca frontalmente, con descrizioni minuziose e stilisticamente elaborate, la depravazione umana intorno a lui.
Per lo stile "sublime" e la loro spiccata espressività Giovenale ha avuto molta fortuna presso i posteri, influenzando autori come Dante Alighieri che lo nomina nel canto XXII del Purgatorio, Francesco Petrarca, Giuseppe Parini del Giorno, Vittorio Alfieri e Victor Hugo.
Forte di questi precedenti, Fortunato può ritagliarsi uno spazio espressivo proprio, individuale, unpercorso autonomo che egli stesso efficacemente sintetizza nella nota d'autore introduttiva al libro: "Civiltà di Sodoma è, presumibilmente, l'unico titolo appropriato per i cosmo sociale, in cui è stata realizzta tale raccolta, ma anche per gli intenti ed i contenuti trattati; è l'unico titolo che fornisca la densità, il chiasmo di furenti emozioni e la disillusa rassegnazione all'odierno presente ideologico e sociale. Fin dal titolo, insomma, si prefigura l'ingresso, tramite le porte velanti della poesia, in un'onirica visne perpetua del presente, un incubo quasi incontrollabile ed incontrollato, dove le parole fungono da freccia sgusciante le carni, svisceranti le polveri delle omologanti emozioni; i mattoni del confinato di Sodoma sono lanciati in sequenza alla percezione del lettore, aventi per fuoco di creazione l’onirico presente.
Molto probabilmente avrei potuto compiere la medesima
operazione fruendo della prosa; ma ciò che contraddistingue un autore, e nel dettaglio un poeta, è certamente l’attitudine alla moderazione: si può sostenere, per l’appunto, che la poesia funga quasi da eufemismo e della realtà e dell’indignazione poetica ed intellettuale, che caratterizza il mio giovane impeto ideologico. Se anche solo per un istante avessi permesso la corruzione della prosa, sarebbe derivata più che un’opera scrittoria, una furibonda, analfabeta accusa alla storia ed alla società odierna; con altissime probabilità si sarebbe materializzata un’arringa talmente tesa, da rompere anche le regole del periodo e della comune costituzione linguistica. Facendomi, insomma, trasportare dall’oscuro incubo in cui la società mi ha gettato senza redenzione, anche alla mia stessa produzione scrittoria ed al mio stesso specolo poetico sarebbero stati destinati i medesimi scatti d’ira e di attiva compassione verso un presente aberrante e nauseante e che, per se stesso, richiede una redenzione, contemplata nell’atto poetico”. La scelta della poesia quindi, come elemento di moderazione ma anche come ulteriore distanza da porre tra sé e il dominio della volgarità.
Soprattutto, il giovane poeta è conscio di muoversi controcorrente, contro il dilagare di un’ondata compatta di materialità fine a se stessa. Nonostante ciò con serietà e assoluta consapevolezza esprime la propria descrizione di un tempo in cui non si riconosce e da cui intravede uno scisma, una redenzione, solo attraverso la spiritualità, la religiosità autentica. “È questa – dichiara ancora lo stesso Fortunato nella nota introduttiva - un’operazione dolorosa, urticante, ma necessaria e, soprattutto, funzionale alla denuncia di una realtà apolide ed apolitica, non riconosciuta, ma tanto tirannica da reggere le sorti del mondo: il borghese medio. Una figura ideologica tanto avvilente e diffusa capillarmente da essere il prototipo di cittadino odierno, la massima alienazione del vivere sociale e la degenerazione della naturale convivenza mondiale. Si pone anche quale paradigma sogghignante dell’omicidio della lingua e come ultimo grado dell’“italietta”, ora figlia della dimenticanza del passato; è il prototipo generalizzato del capitalista perfetto: deturpatore dell’essenza stessa dell’ideologia; mercificatore di tutto ciò che conferisce un vano tentativo di elevazione o abbassamento rispetto alla linea d’omologazione; mente, solo anatomica, balbuziente e boccheggiante alla riserva del pensare comune; falso democratico, ancor più tirannico ed estremista di ogni cittadino di stampo fascista o neonazista; è l’irreligioso di moda e non di convinzione, di trama poetica e non di abiuro filosofico. L’innesto religioso è volutamente provocatorio: crasi tra il richiamo alla religiosità, d’attuale tendenza poetica, e la sconfitta religiosa per le mani del capitale, distruttore e vorace; non, piuttosto, edificante e di ragionevole dubbio quanto il nichilismo. Decanto, dunque, un necrologio al nichilista ed al cristiano autentico e filosofico, essendo vittime della commercializzazione del non commercializzabile e della mercificazione, da porcile, della massa.
Ai poeti, prestatisi a quest’abile manovra, prefiguro, con tremendo timore, il giudizio apocalittico della corte marziale della storia”.
“Non scorgo attorno a me / santi o profeti ortodossi, / né paradigmi di vita; / non odo supremazie o alcunché / di originale, né alcuno che professi / l’autenticità della salita / dell’esistere, / rintono in una morsa violenta / di cieli stramazzati, / ove il silenzio risuona / in un’ipocrisia virulenta / d’intellettuali balbuzienti. / Non odo cattolici / né atei per preconcetto / o, mitigando, agnostici / reazionari e laici; / non splende il liberale inetto / né si accendono luci / su capitalisti o servi sociali: / solo una fanghiglia / risale alle sponde e le Baccanti, nei tribunali, / burlano il senso stesso di civiltà; / sicché l’iperuranio implode”.
È un punto di vista individuale, come si è detto in precedenza, sintetizzato anche da questa lirica di pagina 30. Ma ogni componimento è ricco di richiami e rimandi, cosicché solo una lettura diretta potrà permettere a ciascuno di farsi un’idea precisa dell’invettiva dell’autore confrontandola con la propria visione del mondo.
Di sicuro questo libro è scritto con sincerità e forza, ed esprime uno stato d’animo che l’autore, con la virulenza espressiva della gioventù, manifesta in modo nitido e tagliente. Riecheggiano invettive famose, ma, è giusto sottolinearlo ancora una volta, pur avendo assimilato la tradizione Fortunato scrive in modo autentico ed individuale, con il calore di chi davvero mette nero su bianco una sua convinzione profonda.
Un libro interessante, lontano dai temi e dalle forme piane e rassicuranti, in cui ognuno potrà trovare modo di osservare un ritratto del tempo che viviamo e del mondo che vorremmo, in alternativa, in un altrove ideale.
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(Pisa,12 aprile 2024) = Valeria Serofilli

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