POESIA = LAURA ALTAMURA
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"I"
Opaco l’attorno delle viscere
nel corpo anoressico d’amore.
Le mie rovine a picco nella striatura
del muscolo si fanno ossa cave, senza volo. Adesso che il bisturi è rasoio, immediata
la parola si volge anemica.
Mi cammino più in là dalla mia testa, nel Purgatorio.
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"II"
M’appaiono angoli di primule
e portici
ronzii profondi di carezze.
Una malinconia muta, quasi una presenza incontenibile,
stupore d’ alba intrecciato tra i capelli,
laccio di fieno sottile: è la vertigine della fioritura.
Si vive impigliati tra corteccia e germoglio,
il tempo maturo, che è stato
il tempo che cresce, irrigato.
Le labbra d’erba umide del mattino.
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"III"
È una mano di medusa a rimestare
le conchiglie nel retino.
Pesci, alghe, salsedine, tutto fuori
fuoco.
I tentacoli riesco a vederli sgranati,
stringere gli occhi come si fa con le ferite suppurative,
a gocciolare pixel che presto il sale
avrà medicato.
Nel guscio il nacre del mio dolore si fa tondo, si fa perla, si fa pianto.
Dimmi tu dove trovo i tuoi resti,
se nello stomaco della balena
o nel flash d’un abbaglio.
Per scontare la pena c’è tempo.
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LAURA ALTAMURA
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