lunedì 14 aprile 2025

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO


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Antonio Spagnuolo: "Ore del tempo perduto" Edizione anastatica per La valle del tempo editrice - (1953) = 2025 pag. 76 - € 12,00
(una riflessione di Rita Felerico)
Nel leggere Le ore del tempo perduto ho attraversato lo spazio e il tempo di Antonio senza imbattermi nei loro confini, roteando leggera nell’atmosfera della sua mente o fra le immagini che il suo stretto legame con la vita creano e anche fra quelle che suscitano le sue parole in chi legge.
Che sia poesia lo si sente e intuisce fin dall’inizio, per la musicalità che aleggia fra le pagine, per quell’armonia che coinvolge magicamente il corpo e la mente insieme, per quell’ascolto interiore che solo il ritmo delle sue parole poetiche è capace di generare, come in questi versi, dal titolo Zefiro : “Sospiro del verde / nel vento d’aprile i profumi./ Un colore, la luce,/ le gioie:/gaiezze sperdute nell’ansia. Sorrisi,/ boccioli di freschi pensieri,/trepidi occhi anelanti./E la vita,/ un coro d’amore,/ inni nel terso sognare,/ sobbalzi del petto :/sognare, sognare…”
Ho riscoperto la natura, la sua presenza ai sensi ormai sordi ai suoi richiami, vissuta così come Antonio la porge alla nostra sensibilità, con un legame trasparente , spontaneo , non calato da un pensiero strutturato ad hoc per spiegarla, Tra gli alberi è rimasto il tuo profumo - scrive in Solitudine - per ogni foglia fruscia / e negli orecchi/ risento lo strusciar della tua gonna/ fra tronco e tronco, quando rincorrevi/ pure visioni d’una tua sublime/ melodia d’amore… Non c’è differenza fra questi amanti e il mondo e tanto forte è il nodo che li lega allo spazio del loro amore che l’albero degli ultimi versi si china alla nostalgica sofferenza del poeta piegando la cima al vento.
La natura colora i risvegli, le ore dei giorni, le passeggiate romantiche, i baci appassionati, è una natura avvolgente, che si incarna nella sensualità e nel desiderio del corpo che vuole cantare l’amore : una poesia di gesti quella di Antonio, dei quali oggi abbiamo perso memoria. Correre nei campi come il polline sulle ali di una farfalla, suggerisce, raccogliere le dolci cose / come le rose e i fiori/ che tornano a terra quando non c’è sole..o rubare al mare i suoi segreti o raccontare agli uccelli il divenir del giorno.
Ci parla con la mente e il corpo Antonio, perché è così che si intreccia la relazione fra noi e l’altro, fra noi e la natura, fra noi e noi, un rapporto che Antonio non vive come conflittuale, bensì come momento dialogante; è serenamente in ascolto per ideare messaggi per nuove parole, per nuovi linguaggi di comunicazione, che trasformano nel gioco poetico le foglie, le pietre, la luna, il respiro che muove il seno dell’amata.
E’ qui che risiede la vena sottile di poesia riconosciuta da Saba , quei simboli che si materializzano nelle sillabe, come note di una musica che Antonio possiede e che desidera condividere con noi. Da qui il bisogno poetico, da qui la necessità della poesia. Nella prefazione – che considero un breve saggio - ritrovo tutta l’inquietudine del vivere e la risposta poetica che Antonio oppone. Chi siamo oggi non lo sappiamo, persi e dispersi in dimensioni virtuali cosparse di violenza, dove una ritrovata naturalezza costa fatica, come fatica è quando ci si incammina per ritrovarsi, mutare e compiere scelte.
Per me – per altri possono suonare altre note o atmosfere - leggere le sue ‘ore perdute’ mi ha fatto ritrovare immersa negli anni ’50 ’60, quando ancora la corsa verso un senso delle cose e della propria esistenza si intraprendeva con la consapevolezza di possedere alcuni valori da utilizzare come strumenti di sfida e di lotta per conquistare nuovi orizzonti. Oggi non è così. Ho respirato con Antonio tanti antichi amori, familiari, amicali, fraterni che reggevano in quegli anni opponendosi al conformismo di una società che già si stava avviando verso la sua fine, senza nessun paracadute di difesa. Sboccia tanta tenerezza e nostalgia per quel pizzico di umanità che non si possiede più, utile a non andare oltre, ovvero verso il confine di un vuoto nel quale si può sprofondare.
E allora la poesia è necessaria, incastonata in un contesto che fa dire ad Antonio: “Il poeta in effetti possiede le capacità per un’indagine speculativa che poggia sempre sulle esperienze del vissuto, quasi come ricostruzione del simbolo della rinascita, per sprofondare nelle spire dell’amore, negli inganni dell’illusione, nel terrore della guerra, nel sussurro dell’infinito, nel tentativo rovente di allontanare la morte, individuando in anticipo il rapporto fra eros e thanatos”.
In un libro - pubblicato da Neri Pozza - Perché i poeti- La parola necessaria, l’autore , Eugenio Mazzarella, inizia la sua riflessione a partire da una conferenza di Martin Heidegger del 1946, dal titolo Perché i poeti, dove il filosofo di Essere e Tempo si confronta con il dire dei poeti e questo segna il passaggio dall’analitica esistenziale alla riflessione sul senso dell’essere ,come evento del linguaggio custodito nella poesia.
La verità dell’essere come verità di parola e della poesia come istituzione linguistica del mondo. Oggi che assistiamo ad un perseverante distruzione della ragione giuridica che impedisce una protezione dei diritti umani e della dignità della persona, dobbiamo ricercare attraverso la poesia e l’ agire artistico quello che il nostro filosofo, Aldo Masullo, definisce un arcisenso. Ovvero un modo per affrontare e leggere, per superarla, la scissione, ineliminabile e dolorosa, fra eros e thanatos, fra desideri e realtà. Ovvero abbracciare uno stile di vita poetico che superi la ferita di una solitaria incomunicabilità, attraverso i gesti, la musicalità e il respiro della ritrovata parola, un modus di essere che Antonio ci suggerisce in queste ore, che indicano la strada che poi ha percorso per raggiungere la sua maturità poetica.
"Pensieri"
Pensieri,
pensieri lontani,
sul sasso corroso dal vento,
tra i muschi,
nel freddo che ghiaccia le gote,
negli occhi.
Pensieri che vanno lontano,
tra nuvole accese di sole,
tra foglie cadute, tra rami.
Pensieri,
che vengon da antiche visioni,
da ricordi del tempo,
da fiabe di piccoli bimbi,
da urla di guerre,
da teme di sangue.
Pensieri di vuoto,
Pensieri di gioia,
pensieri che il nulla sostiene,
che nulla distrugge.
Pensieri che vanno lontano,
lontano nel mare,
chissà oltre il mare,
laddove finisce
la terra ed il cielo.
C’è tutto l’io lirico di Antonio in questi versi, un io lirico che si affinerà nei suoi scritti successivi ma – per dirla con Leopardi – resterà fondativo, accompagnandolo nei suoi attraversamenti. Lo dice nella prefazione parlando delle sue ricerche linguistiche, di stile, che ha sperimentato ed esperito nei processi della sua vita da poeta. Questi versi di ore sembrano chiudere in un cerchio il senso della sua poesia, intesa come parola apprensiva del mondo, depurata, che nel cammino della sua verità ha perso inutili volute, lasciando andare il superfluo per ricongiungersi a quel battito interiore che custodisce la vita. Quel fenomeno – in senso greco – che appare, si fa vedere e che possiamo conoscere solo con i nostri sensi , con la poesia, che non è tecnica, costruzione, genere. Antonio in questa sapienza è Maestro.
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RITA FELERICO

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