venerdì 22 maggio 2020

POESIA = FRANCESCA LO BUE

Alla morte della madre
"per le madri morte di coronavirus...."
E dissero no quando arrivò la morte della Madre.
Voleva essere solo lei,
materia piccola e oscura
nel respiro sacro della dipartita eterna.
Erompeva il sacrificio estremo della Madre abbattuta,
per i corridoi bianchi dello sconforto
si affrettavano tacchettando
mentre prevaleva la loro rappresentazione.
Scena di congiura, truffa e pena,
per allontanarmi dal risveglio petreo della Madre.
si parlava , si espiava,
allontanavano i miei passi dal cuore ansimante e livido,
dal calore della mano inerte,
dall’aria dolce delle parole ultime
che sfumavano nell’aria vorace
verso ruote di causalità e giustizia.
Dove ti sei allontanata senza un ultimo segnale,
senza un enigmatico cenno di speranza?
Cadevi.
Cadevi nella pietra perenne
senza la croce delle mie dita tremanti.
Sono pietre aguzze.
Si disperdono dal centro della giustizia,
fuggono dalle mura sottili degli Angeli della pace.
*

A la muerte de la madre

Dijeron no, cuando llegó la muerte de la Madre.
Quería ser solo ellos,
pequeña materia oscura cuando
el respirar sagrado llamaba para el traspaso eterno.
Era el sacrificio extremo de la Madre abatida,
por los corredores blancos de la Casa de la Enfermedad
se agitaban y apuraban taconeando
mientras resaltaban las muecas de la representación.
Escena de conjura, trampa y pena,
para alejarme del despertar pétreo de la Madre.
Hablaban y espiaban,
alejaban mis pasos de su corazón jadeante y lívido
del calor de su mano ya inerte,
del aire tierno de las palabras últimas
que esfumaban en el aire voraz
hacia ruedas de causalidad y justicia.
¿Dónde te alejaste sin un señal último,
sin un enigmático signo de esperanza.
Son piedras agudas.
Se dispersan del centro de la Justicia,
huyen de las murallas sutiles de los ángeles de la paz.
*
Poesia di Francesca Lo Bue

Una madre, tutte le madri. La Madre. Francesca Lo Bue affronta in questa poesia la morte nel momento in cui essa coglie chi ci dà la vita, e fa del testo una scena teatrale, un teatro del mondo ove ricreare il mistero più alto e inconoscibile. Ignoti personaggi, col loro ossessivo battere di tacchi, per corridoi bianchi (forse dobbiamo pensare ai corridoi degli ospedali inondati di fastidiosa luce al neon?) mettono su una pantomima di truffa e macchinazione, insensibili al “sacrificio estremo” della morte di una Madre. Possiamo pensare a intrighi orditi intorno a interessi economici legati alla morte degli anziani: pensioni, lasciti, donazioni, rette da saldare..., cacciatori di eredità. La poetessa fonde così l'alto e il basso, il divino e l'umano, il sacro e il meschino. Sì il divino, perché sembra rivere qui una rivisitazione della Passione, vista dal punto di vista della Madre,

descritta con adagi mariani. È una Madre abbattuta, che cade tra le pietre del selciato, ha perso la Croce del figlio (v. 21). Unione tra i due poli, il mistero. Perché la morte? E, ancor di più, perché l'inganno, da cui non sembra immune neanche la Madre, se manca di “un enigmatico cenno di speranza”? Forse, vien da pensare, perché l'inganno e la truffa sono l'essenza del mondo, il cuore della materia, pur nella raffinazione e nella sublimazione della morte. Risposta può essere l'anelito alla giustizia, esplicitamente richiamata. Giustizia però non umana, ma anch'essa divina, se destinata a sfumare vero le “mura...degli Angeli della Pace”.

Rosa Rempiccia

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