SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIA LENTI
*Maria Lenti : "Segni e ritagli" Puntoacapo editrice- 2024 - € 15,00
*** "MARIA LENTI OLTRE IL DIALETTO"
Per Maria Lenti, poetessa di Urbino a suo tempo insegnante ed ex deputata del parlamento, la poesia rappresenta una pratica quotidiana di approccio al mondo. Ciò emerge chiaramente dal suo ultimo libro, "Segni e artaj, segni e ritagli", che sostanzialmente predilige la forma vernacolare, con una rigorosa traduzione posposta ad ogni brano. La scelta del dialetto marchigiano si adegua perfettamente al bisogno di abitudine poetica, di cui si diceva prima. In effetti il vernacolo si iscrive perfettamente nella volontà di quotidianità con cui Maria Lenti avvicina gli ambienti, le persone, gli elementi della natura. Si direbbe che la parola dialettale diventi per lei un filtro lievitante, uno stimolo emotivo che consenta di comprendere meglio il mondo, ma soprattutto di legare con esso, di sviluppare verso di esso una sincera empatia. Ciò emerge chiaramente già da una delle prime liriche, "Sera", in cui la poetessa sembra apparentemente chiudersi dentro di sé, quasi per fare il punto sentimentale ed emotivo sulla propria esistenza, scrivendo: "Oggi non ho aperto la porta a nessuno: / ho avuto da fare con i miei anni passati, / con il sapore del molto che è rimasto / con il dolore di tutto ciò che è finito / con ciò che qua e là ho raggranellato / con il poco che ritrovo da spizzicare / con le gioie che non sono state avare avare / con il rumore più o meno lontano / con il silenzio di chi sta male / con l’urlo di chi vuol cambiare / con il tanto pensato tutta la vita. / Oggi non ho aperto la porta a nessuno". Un'apparente chiusura che invece si presenta piuttosto come un momento di raccoglimento, di ripensamento in vista delle più abitudinali scorrerie nelle terre altrui, tra le volontà degli altri, i loro desideri, le loro aspettative. Si legge infatti una diffusa bonomia della poetessa verso le persone, gli individui, magari anche superficialmente incontrati e conosciuti, una sorta di positività sul mondo e gli uomini, ai quali, dopotutto, l'autrice affida le proprie aspirazioni. Non per niente la lirica successiva si intitola "Colori", a rimarcare un amore per l'esistenza e le sue sfumature che non viene mai meno, nonostante la capacità critica e quasi velatamente polemica che alcuni versi dimostrano verso le storture della società. Così la vediamo magari imbattersi in una sorta di fantasma importantissimo per la sua vita, e nello stesso tempo dedicarsi alla contemplazione disinteressata dalla finestra, o a commuoversi per la morte di una ragazza, per la condizione di un extracomunitario, per la sua Urbino, amata non come una patria, ma come una culla originaria, una sorgente fondamentale. Insomma una poetessa votata a se stessa, ma soprattutto agli altri, fino a disconoscere il suo patrimonio culturale, "per imparare altro" dice in una poesia "bisogna dimenticare ciò che si conosce". D'altra parte, in un brano seguente invita gli astronomi a puntare il telescopio non verso le stelle, ma verso la terra, come a dire che il vero mistero non si trova in cielo, ma nel cuore degli uomini.
MARCO TABELLIONE
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