venerdì 24 gennaio 2025

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO


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Antonio Spagnuolo, "Futili arpeggi".La Valle del tempo, Napoli 2024. pag.120 - € 14,00
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con ampio saggio critico di Carlo Di Lieto
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Figura sapienzale e d'amore quella di Spagnuolo, che ancora una volta viene a coinvolgerci, entro una nuova raccolta di versi, nel racconto prezioso di una vita interiore ancora ricchissima.
Di quella ricchezza si intende che non cessa di farci uomini, nel dibattersi tra aspirazioni e inquietudini, tra interrogazioni e memorie, tra promesse e mancanze nel pungolo ora divertito ora provocatorio delle loro, a volte necessarie, sospensioni. Ed allora, verrebbe da domandarsi giocando cogli stessi suoi versi, se ad ogni risveglio l'agguato è quello che ci fa il tempo o quello che noi facciamo al tempo? Seppure il corpo, nel divenire del tempo non può che rivelare di ognuno tutta la nostra inadeguatezza, come dal Professore ben sottolineato.
Una immagine esatta dei nostri tremori, dei nostri soffi, dei nostri fantasmi (solo tenendo dietro ad alcuni dei titoli che molto già rivelano di questo percorso). Nel tema dell'immagine d'altronde celandosi il perché della sua scrittura. Questo infatti per Spagnuolo è la poesia: riportare i motivi di un'immagine (come a proposito della guerra dicendo in un verso tutta l'agonia che comporta:."non torneranno più ai loro campanili"). Una dichiarazione di poetica nel concreto, che molto ci ammaestra guardando non solo alla sua età anagrafica che non cessa di chiedersi ma anche al frutto di un'esistenza che anelando al suo profumo lo rinnova (quanti richiami a questo!).
Ma l'uomo- come ricordato all'inizio- non inventa la poesia, la asseconda, in una corsa dove "riprender fiato è come spaccare il cuore", dove la morte scherzata, è allontanata, la vita balbettando qualche verso.. come lallando nel suo caso, mantenendolo giovane. Una morte, una vita tutta in un "mistero che trabocca/nel quotidiano andirivieni di candele", e dunque Cristico in una sottolineatura che personalmente ho apprezzato molto, l'uomo "zavorra imperfetta dell’universo" e perciò amata. I versi allora diventano solfeggi, mappature di aspirazioni, di una nominazione che sa che in quanto tale già nella pronuncia interrogando e dunque dando presenza può salvare. E dunque, ringraziandolo a lungo per questo, andiamo a chiudere proponendo un testo che ci sembra più che esemplificativo di quanto accennato.
GIAN PIERO STEFANONI
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"IL VUOTO"
Anche se il nulla
si nasconde all’ultimo respiro
il mio ingegno frantuma
il vuoto che l’attende.
A stupire un nascondino disorienta
la parola in agguato e ancora frena
se non riesce a tagliare al primo scontro,
o scivoli atterrita al suono di un violino.
Labile corda il motivo
e inutile attesa.
La mia mano ha lontananze lunghe
improvvisate al giogo della scure.
=
A. S.

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