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"In transito"
Vado a zonzo,
non so bene dove.
Seguo i miei piedi
come si segue una frase
in una pagina di un libro
aperto a caso,
senza sapere se,
giunto al punto,
vorrò proseguire.
Di certo, passeggiare,
così come leggere,
aiuta a trovare risposte.
Anzi, non proprio.
Domande, piuttosto.
Il riflesso di una vetrina
mostra un viso in movimento,
scomposto da un manichino
con un trench in gabardine
(color cammello)
e un dolcevita a coste
(grigio scuro).
Non faccio caso ai pantaloni.
Quanto al volto,
dovrebbe essere il mio.
Almeno credo,
riconoscersi non è scontato.
Giungo a delle strisce.
Attraversare o restare?
Ecco un’altra domanda.
Questa è più grande del previsto.
Un semaforo lampeggia ansioso,
non mi aiuta nella scelta.
Sosto sul marciapiede incerto.
Infine, un clacson decide per me.
Forse nel traffico
non c’è molta poesia.
Ma almeno
mi ha rimesso in moto.
*
14
mi siedo sul vetro
respiro polvere e sale
la scheggia di luce fende la fronte
scivola lenta sul cranio vuoto
la sveglia non suona
il giorno non viene
il passo avanza lo stesso
volti di gesso ingoiano il tempo
ho fame di sogni liquidi
la nebbia sfiora la pelle
il silenzio pesa più forte
vene tese sul polso
rileggo il mio nome inciso nel buio
la tua ombra mi morde le mani
il domani è un vuoto che trema
riempirlo o lasciarlo cadere?
*
"DIRSI SÌ"
Scivola il buio nei fari,
l’asfalto srotola distanze mute.
Dietro il ferro chiuso,
un’eco di labbra sospese.
Non rispondi.
Il vento sfrange il respiro,
trascina via le vocali,
le frantuma sul vetro.
Sul cruscotto, il riflesso spezzato
di un anello con cuori intrecciati:
argento tradito,
forgiato con assenze.
Cerco il mare,
un varco tra le onde,
uno iato d’acqua
dove affondare il tuo nome.
Nego - il tuo sorriso non annega,
curva del viso incagliata di luce,
adorna di due stelle senza cielo
su quella pelle da follia...
*
Dissolvenza
il pranzo è finito
fuori il sole
dentro una stanza
che ripete il suo silenzio
il ritorno è un gesto
meccanico
perché c’è sempre il domani
pieno di buchi
di giorni che non restano
se non in qualche respiro
l’ansia guarda
non voglio uscire
il corpo è una prigione
che detiene il sentire
leggere è una chiave
che non apre nulla
pensare è un fiore
che non sboccia
mi vengono alla mente
gli impegni di domani
il lavoro è un peso
che si accumula senza forma
apro la finestra
in cerca di colore
l’albero di paulownia tomentosa
o fors’anche tormentosa?
si scioglie nel glicine
sembra qualcosa s’impigli tra i rami
*
Cielo d’acqua
Un silenzio ha preso forma
nella piega del tempo
dove la parola si spegne.
Un segnale,
come un’onda fredda,
ha sfiorato la riva
della mia mente.
Non so se porti
memorie sommerse
o l’ombra di un’assenza.
Resto qui,
ad ascoltare
il mormorio del mare,
in cerca di risposte
che il vento si porta via.
Poi, nel silenzio
il corpo invoca
carezze alisee,
desiderio nascosto
nel buio profondo,
un fremito di pelle
che anela al risveglio.
Ancora, tra queste braccia
che ora mi tengono,
un’ombra si insinua,
un richiamo sommerso
che mai si estingue,
un volto che sempre
vorrei rivedere
sotto lo stesso cielo d’acqua.
*
JACOPO PIGNATIELLO
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Jacopo Pignatiello si è laureato in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in Letterature comparate. Attualmente insegna discipline storiche e letterarie nelle scuole superiori. Ha curato contributi di ricerca letteraria e storica pubblicati in periodici, atti di convegni e miscellanee. Alcuni suoi componimenti sono apparsi su delle riviste online e in delle antologie poetiche.