SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO
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Antonio Spagnuolo e “la ricerca del Tempo ritrovato”*
Antonio Spagnuolo è un raffinato poeta, che da oltre mezzo secolo, è sulla scena nazionale e internazionale, con una sua cifra personale e inconfondibile: esordisce nel 1953-1954 con due plaquettes: Ore del tempo perduto/ (Milano, 1953) e Rintocchi nel cielo (Firenze, 1954). La linea di svolta nella poesia di Antonio Spagnuolo avviene nel 1980, quando il poeta cerca e trova uno snodo decisivo al suo linguaggio, nell’ambito della poesia post-sperimentale.
Le diverse aree della sua ricerca, venute alla luce tra i post-ermetici, si connotano, attraverso esiti psico-linguistici. "Attraversando due generazioni poetiche, scrive Mario M.Gabriele, ne La parola negata (Rapporto sulla poesia a Napoli) (2004), quella ermetico-neorealista e quella della Neoavanguardia, con qualche eccezione e partecipazione a mostre di poesia visiva, si è sempre tenuto nei limiti della chiarezza poetica e lontano dalla suggestione plurilinguistica degli avanguardisti, gestendo un proprio vocabolario medico-scientifico e novecentesco, per denunciare, metaforicamente, gli aspetti esistenziali, fino ad immettere la poesia in un probabile e ipotetico oltre".
La sua attitudine al “sezionamento sperimentale” della parola, che Mario Pomilio definirà “pre-logica”, dà vita a forti emozioni alla scena onirica.
Dopo le ultime suggestioni della stagione neorealistica e le audaci posizioni del Gruppo 63, Antonio Spagnuolo lascia alle sue spalle queste esperienze, per tentare una strada del tutto personale, senza subire influssi o condizionamenti di sorta. Distante da ogni sperimentalismo e dal simbolismo ermetico, Giovanni Raboni, scrivendo la prefazione a Graffito contro luce (1980), coglie le lacerazioni, che sono alla base del suo mondo poetico, i cui fermenti e la poetica della parola trasmigrano nel “difficile equilibrio tra i due estremi” del simbolismo e dell’ermetismo, "garantendone […] l’unità di senso – come oggetto segreto e profondo, come metafora delle metafore", come rileva Dante Maffia, ne La poesia italiana verso il nuovo millennio (2001).
Il poeta rifiuta "una sintesi vincolante, sul piano del linguaggio come su quello del senso", scrive Alberto Asor Rosa, ed è vero che "si tratta di aggregati linguistici particolarmente sofferti e posti in uno stato di irreversibilità perenne rispetto alla fluidità delle ricordanze", così come rileva G.Battista Nazzaro. Ciro Vitiello, in modo illuminante, definisce la peculiarità di questa poesia nella dimensione della conoscenza e della sua “fonte originaria di bellezza”.
Umberto Saba, con una lettera del 1953, riprodotta in ristampa anastatica, in Ore del tempo perduto, La Valle del Tempo, 2025, scrive: "Le dirò che c’è davvero nei suoi versi una vena sottile di poesia e una attenta e collaudata ipotesi di ricognizione che si fa sentire ai quasi tutti i componenti di “Ore del tempo perduto”. Un tenue abbandono, a volte lucido e raziocinante, acquista la capacità di svelare anche la memoria dei simbolo". Questo testo anastatico è un antequem, della poesia di Spagnuolo, una precondizione ineludibile della sua declinazione successiva. Il poeta nel chiarire il suo concetto di poesia e, implicitamente, la sua poetica, scrive sapientemente: "Ritrovare il primo volume che più di settanta anni addietro, con l’inaspettato avallo del grande Umberto Saba, ha dato il via alla mia scalata affannosa verso le vette del Parnaso, è stato come inseguire nel sogno quelle ondulazioni che trasmettono trepidazione per la loro evanescenza, che dal palpabile si accosta al chimerico.
Sfogliare brani scritti all’età di ventidue anni e confrontarli con le pagine nelle quali oggi scorrono i miei versi è stato uno scoppiettare tinteggiato di incredulità, verificando l’evolversi della creatività per una scrittura che agognava sin dal principio una corretta ricerca della parola".
Così prosegue: "Nulla cambia nell’inconsapevole rivoluzione dell’inconscio, passo dopo passo nel rigore dell’esplorazione di quelle emozioni che tingono di rosso la parola, e non sopporta limiti o limitazioni, etichette o programmi, là dove viene ricreato l’ideale che aggrega e coinvolge in vertigine. Mentre il corpo nomina la propria presenza, sulla scena del mondo pur sempre densa di ombre, […] la mente evoca il tempo che trascorre, per rincorrere le sfumature di emozioni nell’incrociare il mistero delle pulsioni e sedurre indecisioni e turbamenti. I fantasmi che quotidianamente la memoria insegue sono improvvise illuminazioni che il nostro cervello accetta nel segreto dei ricordi, incasellati disordinatamente nel segreto scrigno del buon senso, o semplici armonie che ripetono il ritmo delle scansioni come coaguli della compartecipazione".
Il percorso emozionale della poesia di Spagnuolo ha un andamento di una riemersione inconscia; il magico soffio vitale della sua ispirazione disvela il rimosso, nel ritmo magico della musicalità del verso di una “tappa dell’informe che cerca la forma, del caos che cerca l’ordine, dell’impossibile che cerca il possibile”, nella speranza di un possibile dialogo, differito nel tempo. La valenza inconscia è confermata dal poeta stesso, quando scrive: "Io sono sicuro che la poesia nel suo germoglio è legata all’inconscio e l’inconscio è esso stesso il luogo della poesia, perché meraviglioso serbatoio di dettagli capaci di venire alla luce al solo accostamento del pensiero attivo. Luogo che attende il simbolo per urlare l’emersione di una serie indefinita di soggiacenze ed aggregare affioramenti che possono proiettare emozioni multicolori". Spagnuolo conferma quanto scrive Freud, ne Il poeta e la fantasia (1907); i veri interpreti dell’inconscio sono stati i poeti; io non ho fatto altro che studiare il metodo scientifico per interpretarlo . Freud definirà i poeti, "alleati preziosi degli psicoanalisti". Inoltre, spezza una lancia a loro favore sull’immortalità della poesia: "Potessimo almeno trovare in noi stessi, o in coloro che sono come noi, una qualche attività, di farci una prima idea approssimativa della creazione poetica. E in effetti, una qualche possibilità in questo senso sussiste: gli stessi poeti amano ridurre la distanza che li separa dai comuni mortali, e ci assicurano assai spesso che in ogni uomo è nascosto un poeta e che l’ultimo poeta scomparirà solo con l’ultimo uomo>> (S.Freud). Questa ricerca del “tempo perduto” ha una prospettiva proustiana nel “tempo ritrovato” e nella ricognizione della memoria; è il “tempo creativo” di Henri Bergson, quello delle “Ore del tempo perduto” di Antonio Spagnuolo. Solamente nella memoria il poeta può cogliere con un unico sguardo le incessanti trasformazioni alle quali il tempo sottopone il beffardo destino della condizione umana. Questa prima silloge poetica (1953) ha in nuce la grande stagione della poesia ultrasettantennale di Antonio Spagnuolo. Un percorso estremamente personale e dinamico, i cui dati esterni sono sempre cifre e simboli di episodi interiori. Il ritmo ha una precisa funzione di eleganza espressiva, di mitore, che fa riemergere echi di un Oltre inattingibile, emulsionato dal fantasma eidetico, nel metabolizzare l’interiorizzazione dello stato di grazia dell’ispirazione. Tutto afferisce al flusso continuo e dilagante del ricordo e all’obliquo attraversamento del rimosso: "Svaniva tutto, purificando il cuore,/ solo pensando a cose che non so>> (Pace). Il nescio quid pluris è nell sguardo magico della visionarietà creativa, che incanta e suggestiona la radialità di uno scenario onirico e di uno spazio inconscio di un “fluido vitale”: "Il raggio della luna/ avrà un sorriso,/ un dolce luccichio,/ che nella notte parla.// Il tutto avrà una voce,/ e troverai nel cuore il vero nome,/ che regna in tanta vita>>.Una vena neocrepuscolare correla il dettato poetico di Antonio Spagnuolo dilacerato da brandelli di ricordi, nel sortilegio dell’immaginazione e negli ascosi anfratti del rimosso. Dal sottosuolo della memoria traspare una pervasiva melanconia del sentimento del tempo e l’elaborazione del processo primario scompagina il “principio di realtà”, nell’intensità emotiva di un verso, carezzevole e icastico: "La carezza del verde è finita/ e lascia per terra/ un rosso ricordo di sole.// Negli umidi viottoli scoscesi,/ dove le sassaiole con la pioggia/ sembrano cascatelle,/ non c’è nulla:/ tante macchie di ruggine si infangano, /scompaiono.// Le dolci cose,/ come le rose i fiori/ tornano a terra quando non c’è il sole>> (Ottobre, 25/10/1952). Nel registro del ripiegamento introspettivo, la fruizione del verso apre a nuovi scenari del flusso generativo, monitorato dall’attraversamento dirompente del trasalimento, che è dietro la parola, nella profondità dell’Essere. La scrupolosa ricerca della parola in Spagnuolo ha attraversato le più diversificate esperienze, dall’ermetismo alla sperimentazione, dal verso classico all’avanguardia, dall’indefinibile alla concretezza oggettiva, inseguendo "la forza della necessità di comunicare sin nei minimi anfratti e di essere fedele al principio di “cercare la verità” nascosta tra le ombre della quotidianità>>. L’io poetante campeggia dal primo all’ultimo verso; la trama del discorso poetico si interiorizza con raffinata delicatezza di stile, coinvolgendo il passato, che collide con un presente umbratile e opaco: "Non so cosa gira/ in un turbinio di sguardi,/ affanno…/ Si nasconde,/ larva di un’ombra/ invisibile di fuoco.// Contorti, arsi dal sole,/ tronchi a sera,/ tetre visioni:/ vortice dell’ambascia/ nel tormento>> (Tormento). L’analisi dei moti dell’animo sostituisce il processo della rimozione e il disvelamento del perturbante diventa un principio attivo delle massime istanze psichiche: "Pensieri,/ pensieri lontani,/ sul sasso corroso dal vento,/ tre i muschi,/ nel freddo che ghiaccia le gote/ negli occhi.// Pensieri che vanno lontano,/ tra nuvole accese di sole,/ tra foglie cadute,/ tra rami.// […] Pensieri che vanno lontano,/ lontano nel mare,/ chissà, oltre il mare,/ laddove finisce/ la terra ed il cielo>> (Pensieri). Scrittura epifanica, dal forte disincanto, insegue un altrove interiore, che rimane sconosciuto ed insondabile, nel laboratorio ideativo del pre-logico: "Vorrei, si come il polline, sull’ali d’una farfalla correre nei campi,/ e tra i colori chiudere negli occhi/ dolci visioni d’una vita nuova.// Di fiore in fiore carpirei i profumi/ e porterei alle foglie un po’ appassite/ il nettare per credere alla vita (Un canto).
Il modulo di questi versi è contrassegnato da una forte tenerezza espressiva, dove la pulsione di vita ha l’effetto dello straniamento di un canto lirico con una forte autonomia del significante, direbbe Gian Luigi Beccaria.
La limpidezza del dettato poetico fa emergere echi e cifre di un “inquieto sentire”, emulsionati dal fantasma eidetico del “giovanile errore”: "Lacrime,/ piccole stille cadute leggiere.// Gocciole amare/ sulle tue guance,/ che il pianto arrossisce.// Pianto in cui il cuore si scioglie/ per dirmi singhiozzi,/ parole.// Lacrime,/ sulle mie labbra gocciole di miele>> (Lacrime). "Ed è così", scrive Spagnuolo, "che la forma poetica, rincorrendo le figure che si affacciano al nostro sguardo misterioso, è stata per me sempre connessa a quella più strettamente musicale, considerando la sillaba non solo come mezzo ortografico ma anche come suono, un ritmo che si sviluppa in crescendo, per agganciare i profili che ritornano alla mente>>. Lo sguardo magico della visionarietà creativa promuove un’aura di contaminazione tra il registro lirico e le profonde ragioni di un urto dirompente, che promana dall’inconscio: "Son fiori che non hanno il tuo profumo/ le rose che t’ho colte nel giardino.// Il fresco delle foglie/ non sa del tuo sorriso.// Carezzando i petali, / gli steli, / tra folte piante,/ evapora da terra come un alito/ di nuove sensazioni.// Io non ritrovo il brivido e le dita/ cercano il tuo profilo nella sera>> (Verde).
L’andamento delle “tracce mnestiche” indulgono al ricordo e a un “tempo ritrovato”, che rinverdisce il dettato poetico in un’aura crepuscolare. Il decentramento dell’io fa posto alla presenza salvifica ed angelicante della figura femminile, come approdo allegorico e liberatorio. È il “tu” idealizzato del varco montaliano di un divenire regressivo, che indulge all’Amore e alla Poesia: "Un profondo sospiro negli occhi: […] C’è nel buio un rintocco armonioso,/ mentre un tarlo tra i libri/ cerca invano una nuova parola.// Una voce racconta in silenzio,/ una lieve carezza,/ cinque dita disperse fra i crini>>. (Sera). È una “Poesia onesta”, quella di Spagnuolo, come quella di Umberto Saba: "Ormai trite parole che non uno/ osava.// M’incantò la rima fiore/ amore,/ […] Amai la verità che giace al fondo>>. (Amai), da Mediterranee, 1945-1946.
*= *Questa nota critica è stata letta il 1° Aprile 2025 a “Il Clubino”, Via Luca Giordano 73, Napoli. Sono intervenuti: Antonio Spagnuolo, Maurizio Vitiello, Carlo Di Lieto, Rita Felerico, Mario Rovinello, Piera Salerno.
Carlo Di Lieto