giovedì 15 marzo 2012

Poesie = Angelucci

DOVE IL LIMITE SI PERDE

Sono atomi
gangli della mia stessa carne
questi profumi
che un refolo di vento mi consegna.
Fiori di campo
erba recisa forse,
forse soltanto essenze.
Ma dentro, oltre, fino in fondo,
più in là e più sensibilmente?
Laggiù - o lassù -
dove, sfocato, il limite si perde?
Se non si può
almeno ci si provi con il cuore
ad intuire:
ci scopriremo non formati ancora
proiettati come luce nel futuro.
S’inizia a vivere
quando non c’è più nulla da capire.

(da Verticalità - Book Editore)
*

SOVVERTIMENTO

È qui
la bellezza che cerchi,
se solo la guardi
s’innalza e risplende
se canti, ti canta
se piangi, si spegne.
È qui
è il nostro riflesso fedele
nel verde,
lo specchio
che ci capovolge
nel verso corretto.
Non grida ma soffre,
non parla ma insegna.
È qui, è il principio:
la vita che nasce
e unisce le forme,
la forza, il concetto
che racchiude il segreto
che scagiona la morte
(da Il cerchio che circonda l’infinito - Book Editore)
*

MATRIOSCA

Forse il segreto
è senza un perché cantare
come adesso sta facendo il merlo
che saluta con il canto
la fine della pioggia
lo spiraglio momentaneo
dal quale, pallida,
filtra un po’ di luce.

Forse il segreto
è quello di non porsi le domande
che non possono avere una risposta
o, se ce l’hanno,
è quella che sappiamo,
che da sempre fingiamo d’ignorare.

Forse non esistono segreti
o sono così grandi
da contenersi uno dentro l’altro:
genitore-figlio, figlio-genitore
all’infinito
come un’antica, variopinta
tenera matriosca.
(da Controluce - Quaderno letterario de “Il Croco”)
*
Sandro Angelucci

Sandro Angelucci vive a Rieti dove è nato nel 1957.
Insegnante, collabora a varie riviste culturali nazionali con recensioni, note critiche e testi poetici ed è stato premiato in vari concorsi. Un suo profilo critico è inserito nel IV° Volume della “Storia della Letteratura Italiana. Il secondo Novecento” (Guido Miano Editore). Ha pubblicato le raccolte di poesia Non siamo nati ancora (2000), Il cerchio che circonda l’infinito (2005), Verticalità (2009) e, nei quaderni letterari de “Il Croco”, Appartenenza (2006) e Controluce (2009). Del suo lavoro si sono occupati importanti critici, poeti e scrittori.



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8 Commenti:

Alle 16 marzo 2012 alle ore 07:13 , Blogger nazariopardini ha detto...

Scrivere di Poesia, e fare Poesia sono cose serie; non si improvvisa, se poveri di mente o di emozioni. E basta questo? No di certo. Lo scoglio più grande è forse la parola, che il poeta, come giocoliere, lavora, rintaglia, smussa, arrotonda, dilata, inventa insomma, fino a darle quel senso umano che dell'umano ha qualcosa di più. Se poi la Natura ti s'aggrappa all'anima, la fa sua, la raspisce e la trascina fra colline aspre di mare, o su montagne brillanti di neve, o su piane che non hanno limiti oltre cui si azzarda il cuore, quella Natura generosa e umanizzata te la ridona la tua anima, ma carica di sostanza e di colori che parlano di te, della tua storia. E' lei che dice tutto, e tu, silenzioso e in estasi, l'ascolti mentre proficua ti rende la sua preda.
"Se non si può
almeno ci si provi con il cuore
ad intuire:
ci scopriremo non formati ancora
proiettati come luce nel futuro." E' tutto là il grande senso della poesia: andare oltre i confini dello spazio ristretto del soggiorno.
Ed è quello che fa Angelucci con le sue impennate verbali, con le sue intuizioni etimo-foniche, con le sue vibrazioni interiori e con quel grande slancio estetico-linguistico vòlto a completare quell'equilibrio eternamente umano e dis/umano fra l'anima che canta e la parola che suona. Ed è proprio Angelucci a dimostrrarci che la Poesia non è uno scherzo, è proprio lui che con i mezzi umani, forse troppo umani, cerca con una vertginosa verticalità, di allungare lo sguardo oltre quei limiti che esigono l'apporto dell'anima. Se poi l'abbondanza di emozioni è sorretta e controllata da intrecci metrici di grande impatto armonico si fa esemplare il dettato poetico. E parlo dell'impiego di una saggia varietà versificatoria, che passando da misure brevi quali quinari o senari, prepara il terreno a una cascata di armonie endecasillabe, epicentri e culmini di luminosa liricità.
"Forse il segreto
è quello di non porsi le domande
che non possono avere una risposta
o, se ce l’hanno,
è quella che sappiamo,
che da sempre fingiamo d’ignorare"
Direbbe il poeta: "La vita ha bisogno del sogno, come la morte ha bisogno della vita.
Ma è proprio la morte a far sì che il sogno vada oltre l'umano per farsi sostanza, e pezzo di un cuore che vinca la sorte."

Nazario Pardini

 
Alle 17 marzo 2012 alle ore 04:13 , Blogger andrea mariotti ha detto...

Estimatore convinto della poesia di Sandro Angelucci, indicherei nella prima delle tre liriche sopra presentate come un "fortino", dove sono custoditi -ma nel contempo limpidamente offerti al lettore- i doni di una schietta ispirazione. E dunque parliamo di questi stessi doni. Dal punto di vista formale, innanzitutto, appare evidente a parer mio nella poesia di Angelucci un a-capo del verso di inesorabile esattezza, nel suo seguire le pulsazioni del ritmo coincidenti con il respiro dell'anima (a-capo tanto più convincente in quanto non affidato alle forme "chiuse" della nostra grande tradizione). Poeta asciutto, vigile, è Sandro Angelucci, nel suo assecondare una sorgiva predisposizione al canto: ciò mi induce a stimarlo profondamente, considerando il pigolio e l'enfasi di troppi cattivi versi nei quali sovente ci imbattiamo...richiamerei a questo punto la mirabile, discreta epifora con la quale Sandro, in DOVE IL LIMITE SI PERDE, spezza e ricuce il suo eloquio: "erba recisa forse,/ forse soltanto essenze". Eccolo, il "labor limae" sommesso ed efficace di un poeta autentico!

Andrea Mariotti

 
Alle 18 marzo 2012 alle ore 12:31 , Blogger Maria Rizzi ha detto...

Ho avuto l'onore e il piacere di leggere i due libri di Sandro.
L'accezione mistica che spesso li connota reputo sia altamente
riduttiva.
L'autore, infatti sia nel primo volume che nella silloge
"Verticalità" porta avanti una disamina scrupolosa sulle tematiche forti che caratterizzano il nostro tempo, legandosi a concetti filosofici e a programmi poetici, che rendono i suoi lavori ben diversi dalle semplici raccolte di liriche.
La tendenza del caro Sandro a valorizzare il mondo degli affetti , a cercare il ritorno ai valori rispecchiano il 'fanciullo' intimista... in parte pascoliano, che permea la sua arte e il suo quotidiano, ma anche l'uomo che non si arrende, che di fronte al male tiene alti la dignità e il rispetto di se stesso e del prossimo.
La chiusa del primo componimento: "S'inizia a vivere / quando non
c'è più nulla da capire", che a mio modesto avviso, rappresenta una lirica in se stessa, rende l'idea di quanto Sandro sia teso ad arco verso l'irrazionalità della fede, ma non la consideri la ragione delle stagioni che attraversiamo, bensì il limite ultimo per poterci definire 'vivi'. La sua ascesi mistica è un cammino in salita, irto di ostacoli, di difficoltà, è un perenne mettersi
in discussione... Non a caso in "Verticalità" si ispira al filosofo Kirkegaard e ripercorre le tappe dell'esistenza in modo
analitico e, a tratti, doloroso. Sandro nei suoi libri non esita a farsi male. E la grandezza dell'Artista si evince proprio dalla capacità di dare ai versi una consecutio, di crearli con stile fluido, diretto, fruibile, eppure di raro lirismo, come tessere di un grande mosaico, che racconta la pienezza e la fatica della vita.
Sullo stile mi piace precisare che egli rifugge dalla gabbia metrica, ma impreziosisce i suoi versi di endecasillabi perfetti
e si sottrae alla seduzione delle metafore ardite, dell'ermetismo, per arrivare come spada di luce a trafiggere le anime dei lettori... incatenandole!
Lo ringrazio ancora e sempre per tanto Dono!

Maria Rizzi

 
Alle 19 marzo 2012 alle ore 15:45 , Blogger Franco Campegiani ha detto...

Conosco, per averla più volte presentata, la poesia di Sandro Angelucci, ma la rilettura di questi testi mi ha dato nuove e sorprendenti emozioni. E’ ciò che accade alla vera poesia, in grado di condurre e ricondurre sempre all’alba della vita, alle sorgenti prime dell’Essere, nominando e rinominando per la prima volta il mondo. Ed è sempre il primo giorno.
La poesia di Angelucci scaturisce dall’interno di un’onda pensante che si sbaglierebbe a confondere con un pensiero costruito nel proprio laboratorio mentale, bensì recepito nello stesso, e ciò riporta l’attenzione sui processi ispirativi propri della poesia e dell’arte in generale, senza per questo svalutare l’indispensabile lavoro (poiesis) del genio artistico.
Ispirazione e fare artistico si pretendono reciprocamente e non si capisce come mai in sede idealistica e strutturalistica abbiano cercato di escludersi vicendevolmente, come il diavolo e l’acqua santa. In realtà stanno l’una nell’altro esattamente come l’una nell’altro stanno la materia e lo spirito, il naturale e il sovrannaturale: facce diverse della medesima medaglia. Non c’è separazione tra le due, ma solo mutamento di prospettiva (“lo specchio che ci capovolge): “Forse non esistono segreti / o sono così grandi / da contenersi l’uno dentro l’altro”.
Superficie e profondità si coappartengono e inutilmente si cerca di dividerli, tendendo trappole all’unione. Da qui l’esortazione di Angelucci ad andare oltre la ragione: “almeno ci si provi con il cuore / ad intuire”. Non dovremmo affidarci ciecamente e totalmente alla ragione. Dove questa fallisce, dovrebbe scattare la molla di altre risorse insite nell’animo umano: “S’inizia a vivere / quando non c’è più nulla da capire” e “Forse il segreto / è quello di non porsi le domande”. Abbandonarsi all’Essere, dunque, e crescere nel mistero, anziché ostacolarlo con le isteriche e pretestuose pretese della dea ragione.


Franco Campegiani

 
Alle 23 marzo 2012 alle ore 14:14 , Blogger Sandro Angelucci ha detto...

Riporto il commento del poeta Giannicola Ceccarossi:


Poesie di Sandro Angelucci

1 - "Dove il limite si perde"

Aria, refoli di vento, fiori di campo, erba recisa. Sono queste le fragranze che avverte il poeta e tutto espresso con un linguaggio delicato e coinvolgente. Ma il poeta si chiede dove troverà quelle stesse emozioni. Forse nel cuore o forse in un mondo sconosciuto o solo immaginato. E gli ultimi due versi danno il segno, un profondo segno, che non c'è più nulla da capire perché la vita ci ha accompagnato in un percorso non voluto. Ci salverà il cuore? Forse è proprio così!

2 - “Sovvertimento”

“E' qui/la bellezza che cerchi/se solo la guardi”
Uno specchio a più facce dove il poeta immagina canti e suoni. Dov'è il principio delle cose? Dove la nascita? Quali i percorsi da seguire? Forse ciò che unisce questi specchi deformati è il desiderio di credere, la fede dei fanciulli e così il poeta può riconoscere anche i segreti della morte. E' la fiaccola che è nel cuore del poeta ad accendersi. E non si spegnerà mai!

3 - “Matriosca”

E' un piccolo quadro con il merlo che canta la fine della pioggia e una fessura dalla quale prorompe – indisturbato – un lembo di luce. No, caro poeta, cerchiamo in noi stessi, scaviamo nel profondo del nostro cuore con i dubbi che ci hanno tormentato e che ancora, alla soglia degli anni maturi, ci affliggono. Forse questo è il segreto del nostro vivere. “Matriosca” o petali di una rosa.


Giannicola Ceccarossi

 
Alle 26 marzo 2012 alle ore 12:59 , Blogger Sandro Angelucci ha detto...

Riporto il commento della poetessa e giornalista Daniela Quieti:


Desidero rinnovare il mio profondo apprezzamento per le liriche del poeta Sandro Angelucci pubblicate in questa sede, come per tutta la sua poetica, d’altronde. Un canto che esprime, a mio avviso, con autentica ispirazione, l’urgenza di un altrove capace di sottrarre a un’inappagante realtà. Anche se "forse il segreto/ è quello di non porsi le domande/ che non possono avere una risposta/ o, se ce l’hanno,/ è quella che sappiamo,/ che da sempre fingiamo d’ignorare", l'autore continua a indagare con denso lirismo lo spirito agitato da un pathos inquieto in cerca di approdo, in una capovolta navigazione dove "il limite si perde" e la pioggia è metafora forse di nuovo diluvio, chissà. Tuttavia ancora filtra la luce di una tenera speranza, “è qui /la bellezza che cerchi,/se solo la guardi”. Un diario di carne e d’anima che non resta celato, anzi si fa messaggio di pensiero da cui, pur se non incolumi, si esce migliorati, e dove "la vita che nasce” diviene invocazione, fede. Una tematica esistenziale, dunque, percorsa da quell‘intensità emotiva non immemore della ragione nella ricerca di un concetto che plachi i dubbi e le incertezze della nostra umana storia, ma che restituisca uno stupore innocente in grado di rivelare l’antica felicità.

Daniela Quieti

 
Alle 29 marzo 2012 alle ore 11:16 , Blogger Sandro Angelucci ha detto...

Riporto il commento del critico, Prof. Floriano Romboli:


Per Sandro Angelucci

E’ centrale nella poesia di Sandro Angelucci l’idea della non-autosufficienza della realtà sensibile.
Coglierne i dati immediati, apprezzarne l’evidente e coinvolgente bellezza rischia di essere operazione manchevole, allorché si chiuda alla ricerca di significati ulteriori, più profondi, metempirici. Questi ultimi di certo non oscurano ( e tanto meno umiliano) la dimensione prima dell’esperienza; piuttosto ne rivelano l’interna tensione, il valore riflesso, ne esplicitano le vibrazioni segrete, il mistero in essa contenuto che rimanda a una Presenza superiore pienamente avvalorante e illuminante.
Per questo Angelucci non si appaga del semplice sguardo “orizzontale” sulle cose; poeta “assetato di Dio”, predilige coerentemente una visione “verticale”.
Floriano Romboli

 
Alle 7 aprile 2012 alle ore 09:34 , Blogger Sandro Angelucci ha detto...

Riporto il commento del poeta e scrittore Graziano Giudetti:


“Dove il limite si perde” è una lirica che si sfoglia in pochi versi e che conduce lo spirito poetico di Sandro Angelucci, in una sorta di abbandono personale, per sfuggire alla gravità del quotidiano e librarsi così, in quel cielo tanto caro ed agognato. E, da questa condizione, pregna di grazia ritrovata, rende a se stesso e al mondo, la sensazione del risorgere, dopo aver acquietato il suo volo, nella rinnovata luminescenza dell’esistere.


“Sovvertimento” è una lirica che rivela il segreto auspicio di mutare le regole del vivere, per coglierne l’effetto che va oltre la normalità. Una linearità spezzata però, da quel chiedersi infinito dell’uomo-poeta, per giustificare l’avventura della vita in tutte le sue poliedricità. Ma, infine, la cosmica deduzione, non fa che riconoscere nell’umano andare, il bisogno di una sopravvivenza legata all’irrinunciabile “bellezza” del vivere.


“Matriosca” s’inanella di velati silenzi in quel dire e non dire, in questa lirica del poeta Sandro Angelucci, così intessuta di riflessioni sulle parole del convivere. Questi versi, così veri, dicono molto nel rifugio dei pensieri per poi, trattenersi, in quell’ambito esistenziale, che costringe a non travalicare i limiti condivisibili dei rapporti umani, specie quelli prevalenti, i più prossimi nella giostra del quotidiano, eguagliabile ad una “variopinta tenera matriosca”.
Graziano Giudetti

 

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