lunedì 11 gennaio 2021

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIANNI MARCANTONI


***Gianni Marcantoni – Complicazioni di altra natura (puntoacapo CollezioneLetteraria)- 2020 - pagg.60 - € 12,00
È come se stessimo ad aspettare, ignudi e rassegnati, il depuramento della tacita ma sin troppo accomodante materia, da esseri viventi o per meglio dire ingannati dal futile; lungi comunque dalla gioventù che agonizza nel corso del tempo, distrutta da sé, internandosi a delle sedi istituzionali col parassitismo a farla da padrone.
Tra le parole di Marcantoni il tempo procede piano, sembra che si concentri sulle proprie componenti, dimodoché chi lo possiede ricorda d’essere stato una copertura delicata e immacolata per questioni insopprimibili, alle prese con agenti atmosferici che imploravano il favore delle tenebre; con la mancanza di rispetto che non determinava il fatto di tralasciare delle proprie origini, avendo emesso il primo vagito per sciogliere l’univoca emozione, ed esistere.
L’armonia dei versi si manifesta per mezzo della malinconia imbattibile in prospettiva, è dedicata alle pregiatissime conserve di un divenire impopolare, visto che risulta impossibile illuminarci nuovamente con l’accertamento dei rifiuti terreni.
Ci son troppi limiti per osare, costretti a uscire fuori ci siamo resi fragili, la ragione è talmente evidente ch’è possibile penetrarla. Marcantoni desidera che ogni cosa assuma un valore, nonostante l’anima stremata al momento di ricrearsi.
Un soggetto caro al poeta suole scambiare la vita sprigionata unicamente dai polmoni per una mente riversa in superficie, e riaffiora il buio delle volontà che perdono di mordente. La ragione sprofondando nella carnalità sollecita la giornata tipo, all’estremo di conclusioni mai azzardate, a porre in essere l’umanità, dentro una camera che dovrebbe pretendere l’arieggiamento, e per giunta al buio.
“Un sogno mi ha svegliato poiché
non è la vita a distruggerci,
oscillava la voce come una spiga assetata,
presto il tempo fingerà di non riconoscermi
e sarò già apparso
in qualche luogo scolorito e umido.
Le facce sono scudi,
gli scudi sono pinze
e le dita, come pinze, restringono l'uscio”.
“I sassi sono immense gocce
di china lavabile, riciclata dalle discariche”.
“… le parole sanno, sanno molto più di noi”.
I chiaroscuri ch’emergono dalle aspettative come un ricamo destrutturano cammini, Marcantoni chiede di avere un gancio al massimo, sul punto di sentirsi amorevolmente solo, per tenere testa alla vita enfatizzabile da parole di sola andata, dentro di sé, di nuovo.
Le poesie raccolgono l’assoluto derivato di un sibilo… benché quel qualcosa di celestiale sembra che suoni a festa, e invece urla al più recente distacco umano.
In amore Gianni vuole travolgere un riferimento, dacché somigliante a un mare di vergogne, appartenente a una dimensione sempre più priva di accessi, essendo stati inventati per censurarli, con la paura di morire, che rende infernale il paradiso.
Secondo Marcantoni è arrivata l’ora di recuperare degli obiettivi prestabiliti, di ridare importanza alla Storia, passando sopra disastri patinati, riqualificati da sterili affaristi. Il filo della vita si ammatassa e non riusciamo a tenerlo in pugno. Il marcio aleggia scompigliando i passi che facciamo con somma emarginazione, per venire poi assorbito dal traffico cittadino, armonioso se continuiamo a muoverci.
E pensare che la bellezza riguardava la fede che legava i poveri alle illusioni, il diritto di spirare ascoltando il cuore, quando l’ingenuità dinanzi al destino del pianeta Terra temprava gli animi di un’umanità che a sua volta non badava a sopravvivere come a svalutarsi… e il bello di un nascondiglio consiste esclusivamente nel celare qualcosa di prezioso, non condizionato da possessori esigenti, che perdono di autenticità approfondendo, volendo ampliare la curiosità per il proprio genere, pessimista e di conseguenza delirante, a danno di una coscienza dunque tagliente, confinante.
I miserevoli necessitano ogni volta di aspettare a lungo per darsi un senso; resta il fatto però che dubbie tragedie incombono, che persistono nosocomi accoglienti per una psiche da rilassare dimenticando di stare a morire, cavalcando idee per giustificare uno e più malesseri, come se invitare le persone a osare facendo i conti con l’attualità comporti nulla di funzionale, come se tutti i sacrifici del caso vadano a ramengo.
L’assimilazione del respiro ogni volta sembra che induca alla veloce scomparsa di un Marcantoni negli occhi dell’estraneo, generalizzanti… occorre quindi stare a galla, a seguito sempre di un’alimentazione da contenere nell’intimo. Il sentimento che il poeta è in grado di rilevare eccede, giustappunto per rimanerne angosciato, nel profondo. La morte va a rilento, quando smetterà di riproporsi, solo allora ci attraverserà. Chi scrive queste poesie prega di natura affinché si possa migliorare con gli occhi bene aperti, evitando la svista, ovvero che la malafede di chi è morto dentro, lesto quindi a fregiarsi addirittura dell’oltre, lo seduca… una missione quasi impossibile ma speciale, se la straordinarietà propinata teoricamente, follemente, si adombra per mezzo di una passione ingestibile, quella per le conoscenze guarda caso.
“Le verità sono davanti ai nostri occhi,
hanno il nostro stesso sfregio”.
Tecnicamente, dalla lettura si rileva una severità pragmatica ma pur sempre passionale, una competenza nel giostrare la parola con familiarità e imprendibilità.
Sembra che l’ambientazione protegga lo stesso poeta intento a inscenare le emozioni, e comunque si respirano atmosfere d’attendibilità sociologica. Si denota dell’amorevole amarezza intimistica per mezzo di un lirismo crudele e nostalgico.
Marcantoni è bravo a radiografare il tempo che batte facendo tic tac per confini da esplorare con l’attraversamento esistenziale; si conferma emblematico il coacervo di rifiuti sulla presenza umana.
La misura dei versi (che deviano spesso e volentieri verso il visionario) è calibrata, ne traspare più l’intensità che il coinvolgimento. L’assoluto isolamento lo si accerta con la natura da ripianare ancora, individualmente. Quando si parla non possiamo fare altro che renderci ingenui, la quotidianità aspetta di essere tradotta, la sua armoniosità, nelle articolazioni che il tramonto scalfisce. La verità spiritualizza il tacere liberandolo, ledendolo, cosicché la vita cessa.
Stile avvolgente, parole ben strutturate per una partecipazione emotiva sfuggente se selettivi e cinici nei giudizi, nella rappresentazione cruenta di pervasive idiosincrasie.
Quando si addensa l’etica, ecco che la poesia assume tratti veristi, fa arrabbiare lo stomaco… la pulizia morale diventa consacrante per il rapporto poeta/lettore. Gianni resta capace di cogliere le sfumature più delicate dalla variegatura delle difficoltà agendo come un soffuso di malinconia e speranza… dispone di un pensiero saldo anche se ingabbiato dalla durevolezza disincantata, quindi l’immaginario del lettore si può impregnare di echi, d’impronte trascorse e mai passate dato il presente che affonda le radici in un universo antico e riporta scie di morte e di passione.
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VINCENZO CALO'

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