SEGNALAZIONE VOLUMI = MAURO PIERNO
****Le liquide ramificazioni della poesia in Mauro Pierno.- "Compostaggi"- (2020)****
È finalmente arrivato sugli scaffali delle librerie il nuovo libro, dato alle stampe per le Edizioni Progetto Cultura di Roma, di Mauro Pierno, autore che nei suoi pochi affacci pubblici ha sempre sorpreso e incuriosito per la sua capacità di essere ogni volta innovativo con sé stesso, proponendosi continuamente diverso nel linguaggio, nei temi, nella tecnica e nella modalità di vivere la poesia ed essere poeta. Forse, dobbiamo tutto questo al fatto che Pierno è un poeta nato nel 1962 e che i suoi primi passi nei versi li ha mossi all’interno dello sperimentalismo linguistico e performativo degli anni ’70. I suoi scritti sono apparsi nel tempo sempre imprevedibili, inaspettati, diversi sia nel genere (dato che il nostro autore ha palleggiato i suoi interessi autoriali fra teatro e poesia) che nella forma.
Anche in questo suo ultimo lavoro non si è smentito, a cominciare dalle impostazioni grafiche del volume, le quali ci pongono di fronte a diverse piccole trovate, a volte poco usuali, che colpiscono subito l’occhio. La maggior parte delle poesie sono proposte in distici, come detta la Nuova Ontologia Estetica, corrente che in questi ultimi anni lo ha visto più volte partecipe alle discussioni e sperimentazioni. Inoltre le liriche non riportano titolo, ma, consultando l’indice, ritroviamo per ciascun componimento un titolo (o quello che pare esserlo): una parola chiave (forse) o un semplice lemma a caso presente nella poesia.
Ogni forma d’arte, ogni espressione umana estetica, e perciò anche la poesia, nel suo “fare”, nel suo cercare contatti, nel destinarsi ad altri uomini, altro non è che un onesto gesto politico, sociale. Forse è per questo che Mauro, nella divisione interna delle varie sezioni, sceglie dei titoli che richiamano un famoso gioco di società: così abbiamo la prima sezione che si chiama “Nomi”, la seconda “Cose” e la quarta “Città”. La terza sezione ha una marca di denuncia appena più evidente, poiché, se la disgregazione sociale, oltre che le cose e i luoghi, ha pervaso anche le singole persone e le nostre anime, con il titolo “Percolati”, l’autore ci lascia sospesi al nostro destino, come frutti incolti.
Anche la copertina, come forte richiamo al titolo, Compostaggi, ripropone un’opera del 2012 di Marie Laure Colasson: un collage, ovvero un mosaico di ritagli cartacei o parti di materiali vari; materiale di scarto, insomma, che si ricompone (scorie, come le definisce Giorgio Linguaglossa nella quarta di copertina), che si fa spazzatura pressata e ordinata, ma allo stesso tempo sa farsi compost, fertilizzante per la ripresa e per la nuova vita (poetica, nel nostro caso).
Dopo questa lunga descrizione “superficiale” del volume, ci conviene, a questo punto, entrare nel vivo della lettura, cosa non facile, poiché non appena si poggia l’occhio sul verso, il poeta non ci lascia più possibilità di sosta, non concede luoghi di ricovero o ambienti familiari riconoscibili e consolatori, anche se ogni verso meriterebbe tempo per l’assorbimento della tensione che regge. Sono liriche fatte di una pronuncia così fitta che ogni rigo è quasi il germe di un componimento a sé stante, ma che l’esuberanza di Mauro non sviluppa per dargli gambe proprie, evidentemente perché già un’altra idea preme, incombe sulla pagina per coniugarsi al già appuntato. Si ha alle volte l’impressione di una scrittura automatica, quasi irrazionale, dettata dall’inconscio, che può ricordare la già vista scrittura surrealista dei primi anni del secolo scorso; ma così non è, in quanto la frantumazione e la libertà, in Pierno, sono funzionali, e ottengono, in questa maniera, un affastellamento di invenzioni che hanno come conseguenza di lettura, la sensazione di trovarsi realmente isolati e disarmati all’interno di una discarica. Un luogo, quest’ultimo, in realtà, ricco dei più disparati oggetti, che è solo il nostro stile di vita a far considerare scarti; un luogo ricco anche di cose preziose e ancora integre, oggetti che stiamo gettando, perdendo, e che il poeta, attento rovistatore, sceglie, rappresentandole e riorganizzandole attraverso un opportuno riciclo o una necessaria trasformazione (compost). E tutto questo, altro non è che una maleodorante metafora del periodo che stiamo attraversando, come un terra sospesa, in cui si necessita la costituzione di una nuova etica e metafisica. Nell’attesa, non ci resta altro che prendere atto di quanti “detriti”, poetici e materiali, stiamo producendo e tendere “a comportarsi di conseguenza”, come ben dice Linguaglossa in quarta.
Facciamo qualche esempio:
E mettici i resti della sostanza,
che avanza. Nelle suppellettili e nelle credenze.
Nei cucchiaini.
Nei buchi neri, nelle topaie.
Nei sotterranei,
nelle tranvie,
nelle metropolitane.
In fondo al mare,
per questo avanzano le parole.
Negli specchi muti delle sorgenti.
E nelle luci più minuscole.
Nei corridoi di ceramica
e nelle tazze che sfarfallano.
Ci troviamo, qui, proprio nella sezione “Percolati”, a pagina 58, dove l'autore dichiara esplicitamente, a partire da una sorta di elenco che potrebbe non finire mai, questo “avanzo” di scarti.
Le liriche presenti in questo libro non si limitano ad ammonticchiare parole embrionali di versi senza collegamenti organizzati e scagliati a caso:
Una sintassi di vertebre interrate
di parole senza dardo né faretra.
Dagli oblò delle sinfonie
al ghiaccio simmetrico delle capanne.
Dalla geometria dell’occhio
alla similitudine del dado.
Si scoprono, invece, lacerti di denuncia sotto forma di apparenti errori lessicali; errori lessicali che sono in realtà gli errori e orrori che stiamo vivendo in questo periodo di transizione verso un mondo fatto di oggetti non necessari e dalla durata breve, un mondo che riduce anche le persone a soli corpi svuotati di anima, un post umanesimo che, ora, sembra irreversibile. In questa situazione, in cui ci si trova con Il potere della sintesi polverizzata, nasce la denuncia e al contempo la protesta del poeta per il ripristino dei ruoli e dei principi alla base del buon funzionamento di ogni organizzazione; si leggono, quindi, versi come Il pugno è stato il simbolo / che ora riposa nella mano, che, con eleganza e facilità, si risolvono in un distico dal forte sapore lirico e ripropongono temi e modi dell’autore nel periodo dei suoi esordi. Accennavamo ad un sapore lirico, sì, perché nonostante le pagine di questo libro siano condizionate dalle coordinate tracciate dalla Nuova Ontologia Estetica, che aborra lirica, accademismi, soggettivismi, in Mauro non sono comunque del tutto assenti, e si vuole sperare che voglia recuperarli, fosse solo per “riciclarli” fra i tanti raccoglitori differenziati.
Ed è così che, procedendo nel testo, ci si può ritrovare, con aspre interruzioni e passaggi improvvisi, immersi nella lettura di versi slegati ed antimusicali, come:
Un Palombaro in profonda immersione scrive lettere enormi.
Sopravvive ad una sponda, un diapason tiene.
Oppure in questi versi sconnessi seppur ricchi di ironia e parafrasi:
La gravità dell’onda.
Ma come porti i capelli
scompigliati al vento o racchiusi
nello chignon di un sito?
Nei test di gravidanza, con tutti i colori a lato
o li porti alla bella marinara?
Là infondo al mare il pianoforte è spento. Passare, poi, bruscamente fra le carezze di questi versi dal forte lirismo:
Tienimi nelle postille,
nelle tonsille,
nella intonazione di una bevanda sola.
Nella mescita semplice.
Nei cateti colorati consumati.
Al buio rasentando libri.
Nei sottotitoli.
Nelle coltivazioni dei fast-food
O, ancora, ad una lirica come questa, che raccoglie, in soli sei versi, tutto il destino agonizzante dell’arte:
L’Eroica sul golfo irruppe
e propagò la luce che subito si spense.
Ci fosse stato in sala un medico
avrebbe approfondito meglio
la stasi sintomatica
del moonwalk in progress.
Libro ricco, quindi, come questa nostra società multicolore e piatta al tempo stesso, dove il reale sta diluendo e evaporando le logiche e i paradigmi di un tempo, canalizzandoci verso un mondo fatto di superficie e immagini rapide e sintetiche come un tweet, che non concede affondi e pause nell’anima.
Questo destino, figlio-frutto di un mondo, una realtà oramai mutata, che incombe e chiede con urgenza un cambiamento nella vita, nell’arte e nella poesia, ha spinto il nostro poeta a sperimentare fonti nuove di linguaggio, una opzione denunciata con voce aspra già nella scelta della citazione in esergo, un verso di una canzone di Caparezza che evoca l’urgenza di riappropriarsi dei ruoli e compiti, etici direi, della Letteratura e della Critica.
Mauro Pierno, poeta in linea con i tempi, riesce con liquidità a assorbire forme sperimentali diverse, ma proprio la liquidità che ha caratterizzato la nostra società in questi ultimi anni, a nostro avviso, non ha portato ad altro che al discioglimento delle nostre anime; ed è qui, forse, che si può intravedere un piccolo punto debole nei versi del poeta: un progressivo annacquarsi del “carattere”, in una poesia costretta a cambiare sempre.
Intanto abbeveriamoci nei gorgogli improbabili e inaspettati che la liquidità dei versi e delle invenzioni di Mauro Pierno sperimentano e seguono.
*
Francesco Lorusso
3 Commenti:
Grazie Francesco, parole davvero efficaci da attento lettore.
Ringrazio Antonio Spagnuolo per la sua ospitalità.
Condivido questo riconoscimento con il caro Gino Rago che del volume ha curato la presentazione e con il quale si percorrono sulla rivista letteraria internazionale,L'ombra delle parole, le strade condivise di una ricerca poetica onesta e innovativa.
Grazie, Mauro Pierno.
Vorrei puntualizzare che la Nuova Ontologia Estetica o poetry kitchen che ne rappresenta l'ultimo e più cospicuo risultato, si differenzia nettamente dallo sperimentalismo tardo novecentesco e anche da quello di queste ultime due decadi; il libro di Mauro Pierno segna un momento essenziale di questo snodo, di questo passaggio e riflette la crisi di identità che attraversa il fare poesia oggi in Occidente. È inutile girarci intorno: senza questa consapevolezza la poiesis resta al passo, al di qua del guado.
Sì, concordo con Giorgio Linguaglossa.
Nella mia nota, forse, non sono stato molto incisivo nel sottolineare che non possiamo confondere il dire poetico di Mauro con lo sperimentalismo delle generazioni precedenti. E aggiungo anche che appare subito manifesto che, nel suo lavoro compositivo, l’autore, si è mosso con cognizione e lucidità nel “mettere a punto il suo congegno” creativo.
Ringrazio Gino Rago, che con la sua prefazione mi ha aiutato non poco nella lettura di Compostaggi.
Approfitto di questo breve commento per esternare la mia riconoscenza a Antonio Spagnuolo per lo spazio che mi ha concesso sul suo blog, Poetrydream.
Un saluto a tutti.
Francesco Lorusso
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