mercoledì 8 novembre 2023

SEGNALAZIONE VOLUMI = LAVINIA ALBERTI


Lavinia Alberti : "Fiori emersi" Ed. Ensemble 2022 - € 13,00
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"Tu lo sai bene cosa voglio, / perché non vieni a galla? / Ho bisogno di sapere / quali furono gli impasti originari, / da cosa nasce l’assenza di pelle / e quel bruciore nell’anima. / Bastano degli occhi o delle parole vacue / a scompigliarmi mente e cuore. / Ma non sono solo quella. / Io sono oltre il mio dolore".
Inizia con questi versi la terza silloge, “Fiori Emersi” (2022), di Lavinia Alberti, nella prima sezione, “Inconscio”, che dà anche il titolo al componimento. Come nelle raccolte precedenti (Gocce, 2019 e Incoerenze, 2020), anche questa è soprattutto un viaggio all’interno del proprio mondo interiore. Un percorso sempre più profondo che questa volta vuole sviscerare gli “impasti originari” per scoprire la genesi della propria estrema vulnerabilità, “l’assenza di pelle / e quel bruciore dell’anima” in cui però la poetessa non si riconosce pienamente, “Ma non sono solo quella. / Io sono oltre il mio dolore”. E, attraverso “Un vortice informe di inumani silenzi”, riscopre chi fu un tempo insieme ad un “tu” amato ormai assente, ma sempre vivo in lei. La ricerca avviene percorrendo “dedali infiniti…” nella propria “astrattezza indefinita” per trovare la via di salvezza dell’anima, consapevole che “La più grande verità: / è ciò che non si vede / il tuo scrigno più prezioso”.
Nella seconda sezione, “Conscio”, continua l’esplorazione del sé, “ritrovarsi” è fondamentale per scoprire la propria collocazione nel mondo e la via è la conquista della consapevolezza attraverso l’autoanalisi, scavando nella memoria e ripercorrendo il tempo fino all’infanzia “dimenticata”: “Non possiamo trovare la pace, / accomodarci in un nido / se prima non ci troviamo… / Se non ti ritrovi in nessun luogo / guarda dentro di te, / nel pozzo del tuo smarrimento…”. Gli inciampi, come già emerso nelle raccolte precedenti, fanno parte del processo di crescita, “Ciò che era ombra / è diventata infine / luce” e la poesia, insieme con lo scavo interiore, è ancora una volta per Lavinia medicamento e rigenerazione: “Nei miei spasmi d’anima e di poesia / ho trovato qualcosa che mi appartiene, / e nelle pagine di psicoanalisi la mia essenza: / la mia sparuta quotidianità / a lungo silente… / Una sola missione: / sbocciare in mezzo al caos”, dal quale, mediante versi brevi e delicati, sgorgano sprazzi luminosi: “Una perla di felicità / nel deserto. / Brivido acuto. / E una mente librata/ nel cielo”. E ancora: “Il mio corpo / come cielo d’estate. / La mia mente / immenso orizzonte”.
Nella terza sezione, “Amore”, emergono ancora una volta “le ferite traboccanti di suture” provocate dall’assenza che per la poetessa è “la più terribile delle presenze”; la persona amata è “balsamo” per lacerazioni “desiderose di unguenti”, le cui origini s’inabissano in un tempo remoto: “Un frastuono interno, / non so da dove arriva… / Radice antica il mio sentore; ancestrale dolore / non so dove finisce…” Componimenti tormentati, dunque, da un’assenza schiacciante che “…attorciglia il collo / e… fa mancare l’aria”; fragorosi silenzi, “vuoti assordanti” di chi abita “un altrove presente” che provoca “un nodo in fondo al cuore. / Grumo purpureo. / …immenso dolore”. Se il presente è assenza e rimpianto, il passato, seppur bruciante, riaffiora però in tutta la sua dolcezza come “…un oceano / di sguardi infiniti…”, col ricordo degli abbracci “distese di infinito calore senza tempo”, dei momenti in cui “…i desideri fluivano come parole di una canzone”, colmando la mente di “…sguardi pieni di complicità… / intrecci di mani… / …occhi pieni di dolcezza / … calore di abbracci tremanti”.
La quarta e la quinta sezione, “Morte” e “Pandemia”, sono molto brevi. In “Morte”, alla scomparsa reale di un amico, “Le anime non hanno dimora. / Sono nuvole vaporose; mutano continuamente / nella speranza di una pace”, si contrappone, ancora una volta, la desolazione legata all’assenza: “La morte non è niente. / …Non è niente in confronto / ai vuoti, /…agli abbracci soffici / che mancano all’appello, / alla presenza che muta in assenza”. E poi ci sono le piccole morti transitorie, quelle che inducono al mutamento e alla rinascita, consentendo di sciogliere i nodi più profondi “Ogni giorno / piccole morti passeggere / solo per dirci / che la vita si riempie così / tra un vuoto d’aria e un altro / prima di poter decollare”.
Nell’ultima sezione, inizialmente la pandemia viene accolta come la possibilità di una metamorfosi per liberarsi dalla schiavitù del “caos senza senso”, del “vortice inumano e spaventoso” in cui si correva come “schegge impazzite” incapaci di “solidarietà per le anime / piene di lividi nel cuore, / per gli sguardi innocenti…”. Ben presto però la mente viene offuscata dai “disumani silenzi”, dal “tempo senza tempo” in cui tutto ristagna. Ma, anche nell’improvviso vuoto che ha sommerso il mondo, Lavinia vede il “perenne mutare” che conduce alla consapevolezza di sé e della vita: “Forse il silenzio / prima di diventare silenzio / è stato suono e voce / che ha urlato così tanto / da diventare infine muto. / Una trasformazione necessaria / rivelatrice di ogni cosa”.
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novembre 2023
MARIA EROVERETI

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