sabato 24 agosto 2024

SEGNALAZIONE VOLUMI = SILVIO RAFFO


**Silvio Raffo: “L’ultimo poeta” – ed. Elliot 2023 – pag. 158 - € 17,50
Ex abrupto compare, in un villaggio del quale non conosciamo il nome, il personaggio narrante: un “corpo astrale in temporanea trasferta sul pianeta terra”, dalla strana identità corporea, che assume nel suo viaggio il nome di Donatien Dellorme. Giovane sensibile, a tratti malinconico, a tratti immerso in pensieri filosofici, il quale ogni volta che si imbatte o trascorre una situazione improvvisa avverte la sensazione di averla già vissuta.
“Il mio corpo è solo apparenza, o per meglio dire più apparenza che sostanza: non ho compattezza né consistenza reali…chi è abituato come noi a godere dell’estasi permanente del Pensiero puro e dell’Intuizione assoluta perde o rischia di perdere il piacere effimero ma intenso delle sensazioni fuggevoli dell’esperienza contingente…. La nostra essenza è interamente costituita dalla sostanza pura e inalterabile del Pensiero. La nostra qualità primaria è l’intuizione.”
Donatien avrà il compito importantissimo di portare a termine l’operazione “Sterminio della logosfera”, che Madame in persona ha stabilito avvenga.
Alloggiato in un parco nel quale si erigono sfarzosamente Villa Angelica, Villa Sole e Villa Luna, egli trascorre con lampeggi incandescenti vari momenti della sua permanenza e si rammarica che: “Il fatto grave, che non può non turbarci, è che oggi, nel tempo storico che vivono o credono di vivere gli umani, la vera Poesia si va inesorabilmente estinguendo.”
Tra una frase e l’altra si percepisce chiaramente una sua spiccata preferenza per la poesia in genere e cita spesso versi di Verlaine, Pascoli, Garcia Lorca, Dante, Dickinson, Ungaretti, Stevenson, Leopardi, Catullo, Montale, Baudelaire, Gozzano, creando sprazzi di musicalità alla sua avventura terrena.
La trama si infittisce stemperando un vero e proprio “giallo”.
Donatien si barcamena nell’avventura umana e sussurra: “L’assassinio della Poesia- e della Letteratura- è stato un processo lento e graduale, ordito, come tanti altri, dai nostri nemici più squallidi: i rappresentanti di quel Basso Astrale che accoglie il peggio della feccia degli umani trapassati al di qua, la grigia massa informe di coloro che avendo favorito il male nella loro esistenza terrena persistono a favorirlo anche qui-dove-ci-troviamo dopo la morte fisica…” Oppure in uno stralcio di testimonianza: “Io accuso voi, falsi poeti, non perché mentiste nelle vostre poesie, ma perché mentiste dicendo di scriverle. Io accuso voi sanguisughe e giullari: perché le vostre poesie non sono che pulci al peggiore dei mercati.”
Scrittura piana e accorta questa di Silvio Raffo, che rasenta con garbo e acuta indagine il substrato della irrealtà, per affondare pagina dopo pagina nella nuda vita interpretata dall’alto.
Le immagini nel testo sono di apertura policromatica, come numerosi vasi di argento, purificato dalle scorie del rimando materiale ed in prodigiosa difesa della vera Poesia.
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ANTONIO SPAGNUOLO

mercoledì 21 agosto 2024

SEGNALAZIONE VOLUMI = PATRIZIA BAGLIONE


PATRIZIA BAGLIONE, Madre che resta, auto-pubblicazione, 2024.
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La nuova silloge poetica di Patrizia Baglione, Madre che resta (auto-pubblicazione, 2024), è uscita da poche settimane e, dopo un partecipato evento di presentazione sulla spiaggia di Torvaianica, ha già ottenuto ampio successo di critica tra svariate note di lettura, recensioni e commenti entusiasti e convincenti apparsi in rete e rilanciati sui social.
L’autrice del Frusinate – è nata ad Arpino nel 1994 – consegna così al lettore una nuova pubblicazione, a distanza di due anni dal suo precedente lavoro, Nero crescente (RPlibri); in tale circostanza la Baglione non ha nessuna remore di mostrarsi per quel che è – mai e in nessun verso appaiono, pur reconditi, tentativi d’infingimento – come quando parla senza reticenze di quello “equilibrio mentale / precario” (5) in cui le tensioni intime, emotive e morali che reggono le sue parole, si ampliano a dismisura, senza distorsioni o facili iperboli.
In Madre che resta – stupendamente arricchito da un saggio introspettivo della poetessa toscana Francesca Del Moro, autrice di Ex madre (Arcipelago Itaca, 2022), posto quale postfazione – viene affrontato il dramma della perdita di un figlio o, meglio, della decisione – pure sofferta – dell’aborto. L’intera opera gira attorno a strofe per lo più asciutte, quando non lapidarie, atte a descrivere il tormento di una giovane donna dinanzi al sentimento spoliante di non potersi dire madre.
Leggendo i potenti versi della Nostra, testimoni puntuali di una fase difficile e travagliata della sua esistenza, l’Autrice ci accompagna nelle vene più profonde di un dolore intimo, di una sofferenza alla quale ci invita ad aderire, non solo con la lettura dei suoi versi ma con un atto partecipativo che è l’empatia e la vicinanza, sentimenti che fuoriescono, quali slanci solidali, con spontaneità e forza.
La poetessa, invischiata nei dilemmi della vita (e di scelte personali che non hanno da essere oggetto di commento né tanto meno di giudizio ma che, al contrario, necessitano comprensione e rispetto) perpetua un dialogo con il feto – nascituro non nato – con la progenie che rimembra nel corso del suo sviluppo morfologico (“l’ecografia che attesta la tua presenza”, 10), con quell’alterità che, a suo modo, è prolungamento di ella stessa. È un colloquio nel quale il lettore non farà difficoltà a individuare talora toni pacati e dolci, altre volte densamente critici e riluttanti dinanzi al corso degli eventi, più spesso a risaltare sono topos reiterati e ossessivi incentrati sulla sofferenza e la lontananza, sul senso di una mancanza lacerante e continua. Il suo eloquio è volto a quel bambino – a quell’idea di bambino – che “ha abitato per poco / il ventre materno” (5), l’infante tanto cercato e con il quale ha condiviso un tratto del cammino sino all’amara concretizzazione che “non ha avuto terra la mia costola” (7).
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare in un simile contesto, i versi non prendono la forma dell’interrogazione, pure retorica, dinanzi alla desolazione emotiva, né tanto meno si muove sul piano di un sentimento di colpa, giacché il dialogo, pur gravato da silenzi pesanti, è forza motrice di ragionamenti serrati e obliqui, che non pervengono mai all’enunciazione dell’appiattimento né alla dannazione: “Dirti vorrei le cose difficili, / che l’uomo spesso è solo” (34). Tutto questo non può che condurre a un rabdomantico percorso attorno ai luoghi del mistero, lì dove l’elucubrare, ai confini col senso del sacro (o, comunque, di una qualsiasi sfera metafisica) si rafforza: “parlami del vuoto, / di questo passaggio verso il nulla, / dell’amore che supera le galassie” (45).
La descrizione del reale e del quotidiano non può non essere vagliata da questa lente di irrisolta negatività, di ferita mai ricucita e pertanto l’analisi di tutto è realizzata per mezzo di forme di negazione vale a dire mediante quel che manca, si sente la mancanza, non si vede e non si può stringere diparte tutto quel mondo di immagini e proiezioni, riflessioni pure amare e sagge, tentativi di autocomprensione e di un’indagine continua nei recessi del proprio io. “Possiedo giorni che non sono giorni, / […] / tane per nascondersi, / buchi da riempire” (10).
Le parole della Nostra affondano nel dramma intimo, sprofondano nelle sacche di dolore più incistate nella carne, rincorrono un mondo di viscerale sofferenza e privazione dominato dalle notti insonni e dai pensieri tortuosi, dalle riflessioni amare, fanno riaffiorare quel magma potente che convive nelle interiora della poetessa, sempre allo specchio col suo dolore, che è contemporaneo e a lei attuale, ma che è un dolore atavico e sempiterno: quello di una donna che è madre, al di là del dato oggettivo. Pare di credere, infatti che è madre non solo chi ha partorito figli ma anche chi ha il sentimento di madre e la Baglione, che con quest’opera dialoga col figlio, con noi, con il mondo e con quell’universo che in qualche modo vedrà suo figlio inserirsi in esso, è donna di creazione. Da poetessa di innegabili capacità e di grande coraggio è colei che “dà forma” al verso e, tramite esso, eterna col verbo più sentito e magmatico quel dire al figlio il tormento che la veste nel presente.
Ed è per questo, e (tanto) altro ancora, che questo libro non è una commemorazione o un lamento, né un componimento in versi che adopera l’elegia luttuosa e nostalgica di uno “ieri” che non è stato, ma, al contrario, un canto alla vita che si rinnova nel pensiero fondante di un io – quel “bambino senza età / niente pelle, nessuna traccia” (16) – che, pur non avendo proiezione nel mondo del reale, è inciso come un tatuaggio sulla pelle, disperso in ogni refolo di vento che lambisce la Nostra: “Il geranio mi cresce dentro” (40), dice. È un racconto autentico di quel “bianco dolore” (24) che abbacina e rifulge. Oggi e domani.
LORENZO SPURIO (Matera 20 / 7 / 2024)

domenica 18 agosto 2024

POESIA = GIOVANNI PARRINI

"VORREI CHE L'ESISTENZA"
Vorrei che l'esisteza fosse un'altra,
vorrebbe, l'esistenza, io fossi un altro;
eh, già, perchè la vita è fatta d'altri,
gli altri che siamo noi, tutti a pretendere,
gli altri che siamo noi, tutti a ricredersi.
E così, ricredendo e pretendendo,
passò nel vuoto, passerà per niente,
per sempre passerà, per ritornare
tal quale, l'esistenza: io, noi, chissà
quant'altri, sempre i soliti, gli illusi,
perdenti, anche vincenti, non importa:
avremo una valigia di speranze,
una valigia di disperazione
che ci fu data, affinchè la passassimo
di mano in mano, ad altri, ad altri ancora
che furono, che sono, che saranno
come noi, sempre noi, diversi, eguali.
=
=
"A UN RAGAZZO"
A flutti acri di sole,
a bocconi di blu arsi di luce,
va negli androni sbrecciati, l'estate
spietata per periferie accecate,
per nidi ritrovati: per trovarti, lì
che giocavi alla vita - quaranta palleggi
il record, hai la maglia con il numero
e l'aria fa da stadio-
nella controra della solitudine
solo tua, sogno a sogno,
un pò per volta, tra un rimbalzo e l'altro,
ancora, ancora un altro
senza fine, sospeso, nell'azzurro
che ti volle per sè.
*
Giovanni Parrini

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO


*“Adesso”
Spalancavano aromi i tuoi coturni,
docile fanciulla tredicenne,
ed il piede rosa legato all’autunno
lasciava tracce di presagi ed abbandoni.
Blandito dalla gonna abbandonavo
gli studi per un messaggio insonne
nel deserto delle lunghe attese.
Per l’imbarazzo dei sensi ed il trionfo
delle nudità divenivo selvaggio
nella timida pietra e l’impazienza,
addentando l’assurdità nervosa
di carezze.
Intollerante adesso ribolle il ricordo
ed in bilico mi annulla.
*

venerdì 16 agosto 2024

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANNA VINCITORIO


**Anna Vincitorio: “Sedia a sdraio abbandonata lungo il lago” – Ed. Venilia . 2024 - pag. 220 - € 20,00
Che la figura del padre sia particolarmente essenziale durante tutto l’arco della nostra esistenza terrena è ben noto e ci sostiene validamente anche dopo la sua scomparsa. E con un racconto dedicato al padre, memoria, ideali, guerra, patria, battesimo del fuoco, autunni, antiche foto, si apre questo corposo volume di prose, nelle cui pagine scintillano respiri confusi in un piacevole turbamento di ricordi.
Narrazione semplice, scorrevole, accattivante, che evidenzia con cromatiche pennellate quell’animo snello e burrascoso che attraversa la quotidianità tra esplosioni di allunghi e frequenze reali, incidendo personaggi e luoghi con la penetrante sequenza della introspezione.
Con decorativi motivi i capitoli si susseguono ordinatamente. Vite di donna 1, vite di donna 2, sogno e ricordi, era un ragazzo del 99, luoghi e persone del ricordo, tra realtà e follia, evocazioni, storie di donna. Già nel seguire queste indicazioni si avverte l’effluvio di un “resoconto” particolareggiato che avvia ad una interpretazione capillare della cronaca cesellata. Leggere soltanto i titoli dei singoli capitoli indica il percorso policromatico che questi componimenti riescono ad intrecciare per un continuo addentrarsi docilmente nel diamante delle rievocazioni.
Dalla cascata fangosa ove “si rinnovava nella visione il ricadere ritmico dell’acqua, come una danza macabra che coinvolge e tutto sommerge” alla “fuga al mare con gli amici” vivendo un sentimento dentro che cercava di sconfiggere, da “l’aereo che decolla. E’ seduta vicino all’oblò, non avverte vibrazioni e l’aereo sembrerebbe fermo se non fosse per la fuga di nuvole e il loro sfumare nel verde del paesaggio” al “fischio del treno nella stazioncina di Elephant Castle,la valigia dimenticata e poi il suo recupero.” Dal contrasto stridente tra l’uomo raffinato e l’altro rustico e sporco, che li accomuna l’amore; per uno ricordo e fedeltà, per l’altro magica follia , poi viltà e abbandono. A Li che “si sente protetta e l’accoglie il grande letto e il tepore del gatto persiano,, che sgrana pigro tra i baffi gli occhi verdi.”
Un tocco di poesia pervade la stesura di queste luminose storie, per la insistente musicalità delle frasi, il sorreggersi di un ritmo incalzante, conciso, acquietante, che non si chiude mai in uno sterile lamento ma cerca sempre di considerare la realtà umana, interpretata come unità unica, tra la sintesi dell’accadimento e la razionalità degli orizzonti.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

martedì 13 agosto 2024

POETI DA RICORDARE = FRANCO CAVALLO


dal volume "Nuvole e angoscia" - Franco Cavallo (1929 - 2006)

POESIA = RAFFAELE PIAZZA


*Alessia al fiume*
Freddo azzurro dell’acqua,
Alessia vi immerge le mani
affilate in quell’estasi a
rigenerare il corpo e l’anima
in fusione con il vento di
frontiera limite tra prima e
dopo invisibile gioia ad
attraversarla, nell’entrare
nella Nissan verde petrolio
di Giovanni. Liquido bacio
nello scorgere il delta del fiume
a poco a poco a fendere la
campagna dell’oro delle
spighe fino a di sorgente un’epifania
con le mani a coppa beve
Alessia dopo la saliva.
È il 1984 Alessia e Giovanni
a fare l’amore nel profano
di grano campo,
urla la rondine: Attenzione!!!
*
Raffaele Piazza

SEGNALAZIONE VOLUMI = MASSIMO MONTEDURO


*Massimo Monteduro: “ ES // SE “ – Ed.RP – 2024 – pag. 80 - € 14,00
Lettura oltremodo complessa, offerta da pagine che si avvicendano in un ininterrotto scorrere di frasi, nel ritmo controllato del tredecasillabo e del dodecasillabo, in distici che l’autore chiama “saturnio”. Operazione impegnata per una struttura che realizza un poema, ancora in fieri, originale e personalissima che avvia alle policromatiche possibilità di interpretazione.
Giungono rapide le fulminazioni del ritmo che ricama in una cascata di bollicine il tragitto del poeta, che si intreccia vigorosamente tra memorie e illusioni, alchimie e scommesse, esplorazioni e allucinazioni, sussurri e urla, guerre e sofisticazioni, ascese e immersioni, dialoghi e rivelazioni, percezioni e sostituzioni, nell’eco di affermazioni che rasentano di volta in volta il mottetto filosofico.
Un’incursione nel Paradiso terrestre suggerisce. “Nell’attimo in cui l’astro curva l’orizzonte/ Adamo ed Eva nudi nel paradiso// assale la vergona. Sentono diverso/ d’un tratto l’universo degli animali: // così natura ci distingue da natura./ E l’uomo recideva la foglia verde// donandole significato di vestito/ perché celasse il sesso selvaggio. L’uomo// creava connotando di se stesso il mondo/ gelido, rendendolo cosa umana.”
E le incursioni si susseguono tra le descrizioni: “L’utopia si fa terrore,/ gli astuti dittatori delle rovine //insorgono per incantare nuovi servi/ con l’impari parifica della classe// e soffia il fuoco dell’inganno sulla massa/ che invasa come l’onda discende e scende.”
Tra sussulti che “ripiegano lo spazio gelido del tempo/ e mascherano volti senza persona.” O in ceselli “arancio fiammeggianti di follia e speranza/ a sovvertire l’ordine di natura.”
Il poeta tenta di sottrarsi ai paradigmi di un mondo che ha la plurivocità degli inganni, e pennella aperture di una narrazione che sembra diventare corpo di intriganti soluzioni.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

domenica 11 agosto 2024

SEGNALAZIONE VOLUMI = PASQUALE MESOLELLA


*Pasquale Mesolella : “I giorni della pandemia” – Ed. Pentalinea 2024 – pag. 74 - € 13,00
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Sembra che si sia prodotta una crescente marginalità del genere letterario poesia, o più semplicemente una sua vera e propria “decadenza”, un suo svuotamento e impoverimento culturale a causa dell’indifferenza di un pubblico che non riesce ad amare il testo sul piano intellettuale e critico. Dall’altro, questa situazione di marginalità ha provocato un rinchiudersi degli autori di poesia in un loro ghetto, in una specie di “riserva” o micro–comunità in cui la discussione e l’approfondimento intellettuale e critico non sembrano più costituire un interesse vitale e primario. Fortunatamente però c’è sempre un nucleo ben nutrito di scrittori che sboccia con ardore rincorrendo i secoli senza sosta.
Affondare la penna in un percorso originale allora potrebbe illuminare il tragitto poetico che abbia a confronto l’equilibrio necessario per affascinare il lettore tra sussurri e fulminazioni. Tentare ancora di accrescere il patrimonio di quegli eventi o cambiamenti intervenuti nell’arco dell’esistenza. Pasquale Mesolella con polso fermo e con ricchezza di autoanalisi ci offre un specie di diario, di quaderno, avvolto nella testimonianza che nasce da due periodi divenuti storici per il nostro paese: il tempo del covid e la guerra di ucraina.
Poesie scritte con la partecipazione emotiva più genuina perché segnano pagina dopo pagina il coinvolgimento personale nella quotidianità vissuta, e la traducono nel ritmo genuino della musicalità, tra appunti culturali e miscele di memoria.
“Forse non soccombere come vittime/ sacrificali potremmo/ nello psicotico magma quotidiano./ E credere comunque/ che la comunicazione/ permanente ci scioglierà/ l’enigma della precarietà./ Vagare, vagare ovunque si possa capire/ che oltre la realtà percepita/ anche un altro modo di verità/ esista.”
Tutte le poesie portano bene in evidenza la data di creazione, ed il volume si divide in due sezioni: Un Prologo che dà l’avvio alla poesia “Monade indifesa” e I giorni della pandemia che dà l’avvio alla poesia “Coronavirus”.
“Naviga come pilota impazzito/ il morbo feroce della disperazione. / Silente le case e le vie percorre/ in cerca di vecchi corpi e uomini debilitati/ per deprimere e soffocare.”
Poesia serrata che testimonia il mulinello costrittivo di un periodo negativo con agile scrittura e appassionata armonia. Con semplicità apparente rende ogni testo accessibile ed immediato, attraverso immagini vivide, familiari, suggestive, e metafore accattivanti.
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ANTONIO SPAGNUOLO

domenica 4 agosto 2024

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO


UNA BREVE INTROSPEZIONE INTORNO A "FUTILI ARPEGGI" di Antonio Spagnuolo- Edito La valle del tempo 2024
Annaspando nella calura che fa colare pensieri in sbavature come fossero scie liquefatte d’un gelato al limone, ho trovato ristoro nella frescura delle tue liriche che pur impegnative per temi e scelte linguistiche rimandano a un’idea classicamente armoniosa di poesia come accompagnamento degli snodi della vita: “Simile a farfalla, spina variopinta,/la tua mano insegue gli attimi/ del mio abbandono.//E ancora: “ogni risveglio è nuvola vagante/ attimo di affanno e pura nostalgia/ per le viole appassite, per sottili fiammate/ che nella notte invocano bagliori.//
E fra i fantasmi dispersi e le timide speranze affidate a un pensiero che alimenta il senso del futuro,pur tra le ombre di un passaggio di età che vive in penombra il dolore di melanconie assorte, s'alza un sentire poetico che sa riconoscere valore alle illusioni, pur travolte da un'idea di morte, che "segna il cammino della paura/ dentro un fuoco che avvampa/ e segna il tragitto del tramonto,/ grembo innocente di un'assurda scintilla"
Si, Calvario è la vita anche nella poesia, ma la resurrazione è affidata a una sapienza che nutre l'essenza stessa dell'Umano, e sa ricoprire di simboli la crosta di quello che chiamiamo prosaicamente realtà.
Una sapienza complessa dove "astute venature tracimano il passato/ catturano draghi inferociti.
Una sapienza che offre la barra di un metodo per non soggiacere alle tempeste in cui il lungo viandare ci trasporta.
"Governare i marosi delle idee/ per sostenere il flusso di parole/ iridescenti al raggio di chimere/ e ricamate al gioco del vento,/ così la penna scivola irrequieta/ stregata dall'incanto di un pensiero."
"Fare poesia è attingere chimere!"
Grazie maestro.
SILVANA SONNO