giovedì 29 giugno 2023

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCESCA LUZZIO


***Francesca Luzzio: “Michela ci aiuti” – Ed. Albatros 2023 – pag. 156 - € 13,90
Un febbrile susseguirsi di 43 brevi capitoli, ognuno suddiviso in tre brani-paragrafi. Una corsa che contraddistingue la lettura per il rapido accavallarsi di eventi e fasi quotidiane, che costituiscono l’autentica sillabazione del racconto.
Intrecciata da numerosi eventi la narrazione scivola tra figure che svettano veloci e imprevisti che potrebbero invece essere programmati con preveggenza, tra semafori da rispettare nel giro di pochi minuti e continue domande di qualche comare curiosa, tra interrogativi che persone anziane pongono con ingenuità e faticose e stressanti giornate affrontate con disinvoltura.
La scrittura, elastica nel suo insieme, non presenta particolari approcci per una ricerca del vocabolo, libera come si presenta in uno scorrere di colloquialità che si aggrappa alla tradizione e ricama una economia compatta, sia nella frammentazione disposta sulla pagina sia al rimando delle consonanze di una rappresentazione verbale oltremodo segnatamente economica.
Luci serene e illusioni possono convivere in queste vite ingorgate, per le quali la inattesa fatalità crea prismi legati fra loro e sospensioni che segnano indelebilmente momenti di apprensione. Il taglio e l’andamento sono ripresi da ansie ed assilli attuali, colti con arguzie nei momenti di inquietudine, e con scelte sottilmente concepite in chiave moderna.
Marco, il personaggio principale della vicenda, corre per una vita tribolata e combatte su più fronti per sopravvivere in maniera abbordabile. Le mattine sono da sorseggiare e le sere sono da affrontare con un sorso di illusioni. Angela, Michela, altro personaggio di primo piano, Salvatore, Don Calogero, Franco, zio Peppino, avvolti in un continuo sballottare di affondi, in una realtà quotidiana che si intravede nelle tensioni accortamente cesellate nella pagina.
Prosa che non è una postura declamatoria, ma procede abilmente per ipotesi costruite dal lento stratificarsi delle voci, e che accennano a contrasti che sono veri e propri momenti emotivi.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

mercoledì 28 giugno 2023

SEGNALAZIONE VOLUMI = ILARIA PETRIGLIA


**Ilaria Petriglia: Baratri tiburtini" - Ed. L'Erudita - 2022 - pagg. 58 -- € 16,oo
“Cala queste ceneri e cerca tra l'universo, raccogli polvere di stelle per me” così scrive Ilaria Petriglia. La sua opera poetica è un significativo esordio, una affascinante esposizione di contenuti esistenziali, una efficace raccolta di versi, espressi nel contesto discordante e divergente dei sentimenti umani. Ilaria Petriglia riproduce un incantevole scenario in cui l'umanità dipinge la propria prospettiva d'identità attraverso l'evocazione di un paesaggio autentico, accoglie l'invito della natura a preservare la bellezza della città di Tivoli. La poesia restituisce l'ispirazione visiva nelle immagini celebrative del meraviglioso anfiteatro Colli Aniene, luogo di infinita suggestione e spirito del mondo. La poesia di Ilaria Petriglia riferisce l'incastro del tempo nelle riflessioni sensibili, dichiara le proprie esperienze vissute con la consapevolezza della percezione del precipizio emotivo, trasmette la resistenza elegiaca a ogni proiezione interiore, oltrepassa il concetto ostile dell'abisso, interpreta l'intuitiva capacità di valutare e possedere la materia della redenzione morale. “Baratri tiburtini” varca l'accentuata e inevitabile instabilità della condizione umana, incrocia la desolazione della fragilità, incoraggia a sostenere le difficoltà e a coltivare la cura. Descrive la validità del riscatto, illustra l'estensione delle certezze, spiega la volontà di risvegliare il carattere umano per ravvivare l'inclinazione della congiunzione relazionale. La parola poetica eleva una intonazione profonda in un'intesa con l'ordine naturale delle cose, con l'equilibrio empatico delle sensazioni, contro un'attualità danneggiata dalla sostanza vertiginosa e tortuosa della solitudine. I versi di Ilaria Petriglia ricompongono la superficie dell'inchiostro, oltrepassano l'elemento scritto e trasmettono la libertà salvifica del pensiero, plasmano la finalità di dare voce ai sentimenti dell'io poetico, accostano l'immediatezza letteraria del linguaggio alla persuasiva densità della sincerità, dilatano la luminosità di una liturgia, valorizzata nella forma dell'unità distintiva delle preghiere di vicinanza. Rivestono l'arte incisiva di ogni orizzonte, inseguono il traguardo delle possibilità, l'urgenza purificatrice per reagire all'assenza e al dolore. Ilaria Petriglia analizza la fragilità e il disorientamento degli uomini, profetizza lo specchio frammentario della propria drammaticità, consegna al lettore l'occasione per ascoltare il sussurro dell'anima, per trattenere l'inafferrabile consistenza del cuore, dischiude il respiro della speranza. Declina la valutazione dell'amore in tutte le sue carismatiche e infinite sfaccettature, elogia l'esclusiva e protettiva dedizione nei confronti di persone, familiari, luoghi che sostano nella nostra memoria, coniuga la magia degli incontri, nel cammino della vita, con l'insistenza magnetica del ricordo, trasporta tra le pagine la ricchezza iniziatica dell'energia universale. Abbraccia la condivisione della generosità, include, all'incondizionato valore delle promesse, la gentilezza e la compassione dei desideri, accoglie, nella combinazione del bene, la saggezza delle direzioni. Tratteggia il disegno del destino, conduce il soffio vitale nel territorio privato della coscienza, ritrae il chiarore dell'amorevolezza nella benevolenza della misura affettiva e ci insegna a mostrarci per quello che siamo.
*
Rita Bompadre -= Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/
***
alcuni componimenti tratti dal volume.
*****
Le parole caddero in silenzio
da una nuvola,
nei baratri tiburtini.
I pensieri desiderati si fecero spazio
in una teca trasparente
agganciati in due punti:
il cuore e la mente.
Proprio lì
tra una lama
e delle parole calandrate dal tempo
trovarono finalmente il loro interstizio.
*
(X) Il valore assoluto
Ho bisogno di me. Di me che sto bene.
Di me che sto bene con me.
Forse allora potrò stare con te.
E amare per davvero l'indecifrabile.
*
Trabocco
Insieme siamo l'ago
di quel trabocco
quei bracci protesi sul fiume
e ancorati alla roccia.
*
Autunno
Guardar(si)
con lo stesso obiettivo di una foglia
accartocciata
e cercare oltre.
Avvolger(si) tra le foglie indurite e
braccheggiare altrove
le lamine che mutano la propria sostanza,
dirigersi lì, lontano dall'essenza.
Lì in fondo c'è il dove.
C'è cosa.
C'è casa.
*
Due imperfette equivalenze
Stiro i miei panni sbuffati
tutte le sere e li consegno a te
afferro i sogni tra le pieghe sgualcite
mi illudo di essere illesa
e mi do a te
anche se la mia mente
ogni tanto sgattaiola altrove,
sto venendo – via
pronuncio parole vuote e stupide
rimango abbracciata a questi precipizi aerei
li contengo
intanto che il mondo ruzzola
come volontà e rappresentazione
spiaccicata sul primo gradino della nostra casa;
ritorno all'essenziale: io meno te
Ho sete
di nuovi spazi ed eccessi
di cattive abitudini.
*

martedì 27 giugno 2023

NOTA DI LETTURA = ANTONIO SPAGNUOLO


**..emozioni alla lettura di “ RIFLESSI E VELATURE” = ed. Lavalledeltempo 2023 -
Ho letto la raccolta, che già dal titolo promette eteree trasparenze dell'Io, centellinandola, molto lentamente, lasciando per ultima la prefazione, per non subirne le influenze. Mi sono sentita immersa in un oceano di ricordi, sensazioni ed emozioni, sublimati e metamorfizzati da un immenso e rispettoso amore per la vita, il tutto dipinto con pennellate leggere e vibranti di colori luminosi e chiari, nell'uso di vocaboli scelti adeguatamente per ricoprire il loro preciso e imprescindibile ruolo come note in una composizione musicale.
Ricordi di una lunga vita preziosi e sacri, vengono rivissuti con nostalgia, malinconia e rimpianto, ma diventano quasi materici al momento in cui sono proiettati nel tempo del reale, pur in presenza della razionale consapevolezza della caducità dell'esistenza.
Il senso della perdita e quello dell'assenza vengono trasfigurati nella forza di un sentire e di un rievocare, vibrante, vivida, ancora capace di emozionare e senza compiacimento alcuno di abbandono al dolore.
Tra incantesimi che si spezzano e chimere che si dissolvono, l'ineluttabilità stessa della morte viene ingentilita e resa più lieve, come un volo al di sopra del reale, “in un gioco difficile”, in “uno scambio tra oblio e prodigio”.
Tra i ricordi occhieggiano illusioni, sogni, desideri, che forse non si realizzeranno, che forse appassiranno ancora in boccio, ma che l'intima essenza dell'essere, la parte più recondita dell'Io, ancora corteggia e nutre, per farsi bussola “che cerca di svelare frammenti tra i rovi” e per abbandonarsi alla seduzione di quella malia “sospesa nelle meraviglie subdolamente intervallate dalle illusioni”.
Chi vive appieno la propria esistenza, chi scava dentro la propria interiorità per conoscersi ed imparare a conoscere, chi ricerca verità ponendosi domande, la maggior parte delle quali resterà senza risposta, non può non nutrire dubbi...ed eccola, questa parola che aspettavo, proprio nella chiusa dell'ultimo testo della raccolta: “naviga il silenzio in un errore/di semplice bambagia,/nel turbamento impronunciabile/fratto, maciullato dall'eterno dubbio”
La sezione VISIONI è una piacevolissima passeggiata in una mostra d'arte, dove il soggetto di ogni opera, scultorea o pittorica, esce dalla tela o dal volume d'aria in cui respira, non descritto tal quale è realmente, ma con un turbinio di suggestioni poetiche, già interpretato, colto nel suo significato più recondito, smembrato, dissezionato da colori, pennellate, materia in cui è forgiato, per divenire pura emozione, e da qui, come suggerisce Robert Lee Frost, tradursi in pensiero e, dopo che il pensiero ha trovato la giusta parola, diventare, alfine, poesia.
Ho trascorso ore piacevoli ed aggradanti in compagnia delle tue parole col sottofondo della musica di Bach...in un invidiabile e rilassante connubio tra poesia e musica, e di questo ti sono infinitamente grata.
*
Affettuosamente, Laura Pezzi

sabato 24 giugno 2023

SEGNALAZIONE VOLUMI = RAFFAELE PIAZZA


**Corpi inafferrabili, fra presenze e silenzi, costituiscono la poetica di RAFFAELE PIAZZA.
Recensione alla raccolta: “NEL DELTA DELLA VITA”
- Guido Miano editore - 2022 - € 15,00
Se è vero che gli uomini, come ha detto Wallace Edgar, amano proprio ciò che è inafferrabile, tale affermazione trova la sua piena collocazione nella poetica di Raffaele Piazza il quale, anche in questa raccolta, “Nel delta della vita”, conduce i destini umani, lungo paesaggi le cui forme sono sensibili ad una condizione in perpetua metamorfosi - Tutto l’imprevedibile pensato e l’inconoscibile proveniente da altri luoghi, può irrompere in pochi istanti sulla scena, entrare in azione anche drammaticamente e sfocare ruoli, piani, obiettivi, desideri, progetti e aspettative - La raccolta, come un fiume in piena, segue e si disperde lungo un corso che nessuna traccia ne faceva prevedere il transito - Ne conseguono smottamenti, accrescimenti, secche, sospensioni inaudite su rovinose alture e sprofondamenti del delta gonfio e terribile, sull’orlo dei rovesci e sui sottofondi che stentano a palesarsi, ma di cui si avverte dentro, il vuoto - Solo il pensiero evolve, oltrepassa e muta, consapevole che vita e morte, niente e tutto, amore e dolore, bene e male, sono incognite disarmanti nel loro divenire e, maggiormente le attese disilluse, procurano voragini che nessuna congiunzione postuma potrà diversamente colmare - Carico di bende, il testo composto di cinquanta liriche, appare come un campo di figure dinamiche che inserite nella traiettoria sapientemente condotta dal poeta, prosegue fino in fondo il suo mandato lievitando, per ogni nuova espressione dell’essere e dell’accadere, flussi enigmatici che la necessità di controllare, filtrare e soprattutto vivere i tanti umori in gioco, apre a nuove conformazioni e idee, a nuove posizioni e propositi vitali - Piazza, continua anche in questa raccolta “Nel delta della vita”, ad affidarsi a figure femminili che lo accudiscono nel legarlo all’acuminato quotidiano, soprattutto spargendo sorrisi e amore, come incandescente follia a cui rubare i benefici dei sensi il cui discioglimento vive in maniera sublimante nei corpi e li incardina carnalmente - Mirta è l’amica annidata in mente all’autore, è figura inafferrabile in quanto non è più fra i vivi, ma oltremodo carica di autenticità, di mistero che lungo il viaggio può sviare chiunque a circoscrivere la storia che sembrava attuarsi con “regolare transito” e avanzare con aberranti incursioni non sospettate, ma forti, più forti di tutti i vissuti, nella possibilità di sentenziare realtà insospettabili - Selene, sposa e amante, conduce il poeta nel tempo passato; un tempo che insorge dal nulla svelando superfici e fatti, significati e avvenimenti in contrasto, anche distorto e oppositivo, a quanto il poeta chiedeva di vivere e respirare come brezza che lenisca tremori e paure - Vivrà il poeta nella rivisitazione mnemonica, le rispondenze sensoriali sottili e differenti ad ogni impianto che si era configurato di realizzare nelle dolci illusioni o finalità profonde, intime e imperscrutabili di creatura umana - Chi è il tiranno, chi è il nemico che sventa i progetti più seducenti agognati dall’uomo?
Il poeta Piazza gioca a carte scoperte con il tempo, lo reputa tiranno, nemico!.. - Egli non può accettare che la sera precedente Mirta, l’amica morta suicida, ha parlato con lui, ha riso con lui, il suo corpo, come misura senza peso ha vibrato nell’aria, illuminato dalla luna, addirittura ha contagiato con il suo brio, suadente, leggero, ma reale, quello di lui e..., poi, doversi capacitare, il mattino dopo che Mirta non c’è più, perché ha messo in atto il suo desiderio invisibile ed orrido, disumano, di porre fine alla magnificenza dei sensori che la tenevano salda, nel suo corpo carnale - Non avrà più movenze, né leggiadria, quel corpo… Non pronuncerà più cenni di gioia, di amore, né tristezza dolce e umana che il poeta amico corrispondeva con affinità di sensi e bellezza! - Più nulla! - Ora sei cenere Mirta, e potevi essere/felice come noi nel ristorante dei vivi/in soave connivenza a giocare “Una donna per amico” - Poi nessuna vicenda necessita di dire che niente è come avrebbe voluto Mirta che fosse, niente si ferma e…, pànta rèi, tutto scorre, Eraclico - Solo resta la vita a testimoniare sé stessa nella certezza che tutto muore - E’ un linguaggio dalle declinazioni visive, spaziali, ritmiche, quello che il poeta predilige, per cantare il distacco con risorse immaginative che mentre fluiscono sotto agli occhi, conducono la mente come piccola torcia, ad illuminare il punto in cui Mirta è avanzata, segnata o predestinata ad incontrare la fine, differita in modo dolorosamente anomalo, rispetto alla fine di tutte le cose - infatti il problema metafisico della fine, secondo Kant, è il problema fondamentale attraverso il quale si pone la questione relativa al senso della storia - La vita dunque che si suole far passare dal tempo vitale terreno, all’eternità, non trova in Kant, tale concetto plausibile, in quanto la dimensione dell’eternità sta a indicare un tempo che non intacca la morte, la quale quando avviene, annulla il concetto di eternità riferibile al tempo! - Vita, amore e morte si raccordano nella poetica di Raffaele, attraverso un potenziale di folgorazioni e creazioni, di armonie e sogni, tutti proiettati verso la condivisione delle azioni che l’anima contiene e innalza sull’umanità, come destino comune che solo la parola può recidere, sconnettere e sovvertire nelle dinamiche consuete, fino a esistere nel silenzio scolpito di marmo - Resta la memoria del poeta, il solo combustibile sensoriale, propagatore delle pronunce infinite e necessarie a spaziare nell’ immenso, la scena oggettivata dalle parole, nella necessità estetica di azzardare fusioni e vivificare la pratica eccezionale della poesia - L’inesauribile, dunque, viene ad apportare al centro del pensiero di Raffaele, l’evoluzione perpetua di fattori innovativi, di visioni e entità esistenti oltre tutti i pensieri e disegni che rivoltano luoghi e rifrazioni, sulle punte delle dita rovesciando immagini, vissuti, disposizioni e programmi, in un disorientamento condiviso da tutte le forze dell’essere, lasciate sui cigli del tempo, a cristallizzare altri nomi, altri amori, altre fisionomie del futuro e del suo significato impronunciabile - E continuiamo…/Nel meriggio annegando nella luce/bianca come una tenda tendo al/canto dei volatili tra le pesche degli/alberi d’aprile - Vorrei i rosa dei frutti nelle tasche/tingermi e farmi un vestito di tramonto/o le guance sul viale della ragazza /siano le melarance per dissetarmi/intraviste le sue lunazioni dal vetro di/verdi occhi tra i corvini capelli pari a/finestre sulla città aperte che disseta e/sale …
*
Alfonsina Caterino

giovedì 22 giugno 2023

SEGNALAZIONE VOLUMI = CARLO OLIVARI


**Carlo Olivari – Poemetti e Poesie EDIEMME CRONACHE ITALIANE – Salerno 2021 – pag. 101 - € 14,00
Carlo Olivari è nato a Genova, dove risiede attualmente. Laureato in Filosofia è stato per anni docente di ruolo nel Liceo Scientifico Martin Luther King della sua città. Appassionato di poesia fin dall’adolescenza, ha pubblicato numerosi volumi di liriche. È inserito in varie antologie e collabora a riviste come “La Nuova Tribuna Letteraria” e “Le Muse”. Ha conseguito molti premi e riconoscimenti. Molti i critici accreditati che si sono occupati della sua produzione.
Poemetti e Poesie, il volume di Carlo Olivari che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Annunziata Vitagliano, Docente di Lettere e Critico Letterario, sensibile e ricca di acribia nel cogliere il messaggio in bottiglia lanciato dal Nostro con questa raccolta.
Il libro è strutturato in modo composito e articolato a livello architettonico essendo suddiviso nei seguenti capitoli: Parte Prima Sulla via del Dolore e della Speranza, Parte Seconda Mors e Post, Parte Terza Recuperi classici, Parte Quarta Ultime Poesie.
Come scrive la Vitagliano il testo si può considerare una sorta di mappa dei sentimenti, della memoria e delle emozioni, in un dialogo intimo e profondo, tra ricordi e immagini di persone amate, perdute e tuttavia mai dimenticate, che nel tempo egli sembra aver fermato, e tramite le quali s’interroga sull’ineluttabilità del destino e sul mistero che avvolge l’esistenza.
Per accedere nell’universo poetico di Olivari è doveroso sottolineare, come già si evidenziava nella sua raccolte precedenti, che il comune determinatore, il fattore x che sottende tutta la sua produzione è quello di un misticismo cristiano vissuto profondamente interiormente ed esteriormente e che è alla base di ogni argomento trattato nei suoi versi.
Il suddetto misticismo si rivela nell’approccio del poeta con le figure alle quali si rivolge o delle quali parla nelle sue poesie e anche nei confronti della Storia che è quella dolorosissima del nazifascismo e della Seconda Guerra Mondiale e c’è nel dolore trattato frequentemente a livello umano un’identificazione con quello del Calvario di Cristo e della sua crocifissione. Una vena che ha qualcosa di narrativo e affabulante caratterizza le composizioni connotate da una fortissima densità metaforica, sinestesica e semantica nell’incontrovertibile matrice lirica che permea questi componimenti che sono connotati da una forte icasticità e dal dono del turbamento.
I versi sembrano spesso gridati e debordanti ma hanno l’intrinseco pregio di essere sempre controllati e lo stesso dolore per una vita che dà scacco tra malattia, vicende belliche e morte si sublima proprio tramite la parola detta con urgenza e questa capacità di Olivari rende il Nostro sicuramente una delle voci più originali nel panorama contemporaneo della poesia italiana.
Il poiein di Carlo prosegue sempre per accumula e le immagini sgorgano le une dalle altre nei testi compatti e sublimi e sono frequenti in tanto dolori epifanie di Gioia nella Speranza che coincide con la pienezza del bene che alla fine vince sempre sul male.
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Raffaele Piazza

lunedì 19 giugno 2023

ALMANACCO = GIORGIO MOIO


**LA POESIA SALVERA' IL MONDO?"

giovedì 15 giugno 2023

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO


** Antonio Spagnuolo: "Riflessi e velature" - Ed. Lavalledeltempo -- 2023 - pag. 76 - € 10,00
La poesia mi è venuta incontro sorprendendomi di pagina in pagina e invitandomi a pormi l’eterna domanda su che cosa sia veramente la poesia. Certamente un mondo caleidoscopico ed affascinante il suo, velato da una sottile e costante malinconia che ti mette davanti all’intimità della sua anima e alla saggezza di una mente che vogliono rapportarsi con il loro lettore per raccontare le esperienze, il dolore e la saggezza di un vissuto. Dal punto di vista formale il suo modo di scrivere versi è perfetto, non ha un cedimento né una sbavatura , è equilibrato, diretto, ma soprattutto sapiente nella scelta di ogni significante, capace a sua volta di aprirsi alla meraviglia di una pluralità di significati per guidarti alla scoperta, senza frastuoni, di un universo interiore poliedrico, affascinante, ricco di conoscenza, di sentimenti, di sogni conclusi, di domande complesse, di dolore e di rimpianti ma, nonostante l’età, ancora tanto giovane da nutrire illusioni.
Mi vorrei fermare un attimo sull’aspetto contenutistico. Il libro, semplice nell’aspetto, ma profondo e concettuale nei contenuti è suddiviso in tre sezioni distinte: CIRCOSTANZE, VISIONI, FRAMMENTI. che però seguono tutte un percorso fatto di memoria, di rimpianto, di consapevolezza di aver molto e a lungo vissuto e di aver già lasciato alle spalle i sentimenti più cari. Nella prima poesia, (Mediterranei) Intreccio pennelli e lampeggi d’oro …nel fuoco turbinoso e delirante/ delle nuove illusioni / è tutto un susseguirsi di squarci colorati, con le nuances e la luce del grande mare nostrum dove la nostra storia comune e la nostra vita individuale hanno trovato compimento.
Il poeta dipinge con le parole ciò che sente, che vive e nel farlo legge sé stesso in un processo introspettivo continuo perché suoi sono i ricordi, gli amori vissuti e finiti, le speranze alimentate e concluse, ma anche quelle infrante o mai realizzate. E lo fa in solitudine. La solitudine è condizione indispensabile per ogni artista e per ogni poeta. L’atto creativo ha bisogno di silenzio, di raccoglimento, di introspezione specie per chi attraverso la parola poetica rende materia l’immateriale per dare sostanza alle ombre, ai ricordi di chi non c’è più. Solo in solitudine e silenzio, dalla retina della anima emergono sembianze care, amate e perdute. In questo modo, l’immaginario e il ricordo prendono forma come visioni che durano attimi soltanto per poi rapide sparire lasciando però nel cuore il desiderio impossibile di tornare indietro, di ripercorrere il vissuto, di rivivere l’amore che ha dato senso alla vita. Memorie e desideri che creano momenti sublimi ed irreali anche se si comprende che non potrà più esserci quella perfezione delle sere insieme che portavano all’infinito. Questa è la vita degli esseri umani fatta di limiti oggettivi. La barriera invalicabile è la morte. Stupenda la poesia “Ultimo rapporto“ Riesco tra le ombre a rintracciare i ricordi/ Incollando figure fuori dalla perfezione/ per riproporre alchimie/ e giocando le strane carte della sorte.
Ho da stendere l’ultimo rapporto/ e patteggiare con la morte/ un’inquietante attesa dell’ignoto.
C’è in ogni compnimento un senso profondo di nostalgia, a volte di rimpianto di ciò che è stato e che mai più potrà tornare. Ma non è pianto sterile, è forza che genera parole e le parole gemmano emozioni vibranti in chi le legge; è forza che crea empatia superando i limiti del tempo e dello spazio. Questa è la potenza della vera poesia.
Altrettanto bella quella intitolata “Vortice” una poesia breve, quasi lapidaria nell’incipit che suona come un ordine a chi se ne è andato per sempre. Al poeta che è rimasto sarebbe sufficiente un momento, un momento solo per avere la possibilità di immergersi nelle pupille amate e confondersi nel vortice ignoto dell’eterno. L’eternità? Domanda che l’uomo si pone dal primo momento della sua venuta al mondo. Perché la vita stessa altro non è che un l’intervallo breve che noi superbamente misuriamo con il tempo quasi per dominarla, ma che in realtà non bada a regole, non a giustificazioni, né ai meriti, sappiamo solo che cominciamo a morire dall’inizio senza sapere cosa ci sarà dopo l’ultimo respiro. E’ la morte il nostro destino. Per questo ci chiamiamo mortali. Ma l’idea che oltre il nostro tempo ci sia l’eternità, ci sia l’Eterno, ci conforta e nello stesso momento ci spaura. Vorremmo sapere per sopire la nostra ansia. Sapere ciò che non appartiene all’uomo non è possibile. Possiamo solo interrogarci. Il nulla? Il buio? La beffa della fatica di vivere spesa nell’attesa di un premio? O credere in ciò che la fede in Dio ci promette? Nessuno può avere certezza del dopo, La nostra conoscenza è limitata. E in fondo è giusto che sia così. Chi crede nella promessa di un al di là superiore al mondo terreno e ha fede, affronta sereno la morte che è il nostro ineluttabile destino. Queste le domande dell’uomo fin dal suo primo apparire. Domande che rimarranno tali perché non ci sono risposte. Neppure la scienza e la fisica moderna hanno trovato soluzioni. I limiti umani restano. Ogni conquista è una tappa, non un traguardo perché apre fatalmente la strada per la tappa successiva. E così senza fine con la speranza di arrivare alle conclusioni sperate. Si spera e si dispera perché la conclusione mai potrà essere né matematica né fisica. La conclusione trascende i nostri limiti e la fatica spesa si fa pietoso inganno. E’ inutile tramutare in materia i misteri dell’ignoto, bisogna solo accettarli. Chinare la testa davanti alla grandezza del Creatore per trovare la pace che si sogna.
Il poeta rivela una capacità di analisi raffinata e colta nella capacità di cogliere forme, segni, colori, luci nella sezione VISIONI. Anch’io amo l’arte visiva e talvolta mi trovo a scrivere qualche saggio critico su delle mostre. Allora mi indugio sui codici espressivi usati da pittori, dai fotografi, meravigliandomi per la varietà dei linguaggi che hanno saputo creare per trovare una loro connotazione. Attraverso i linguaggi esprimono ciò che vedono, ciò che sentono e trasformano i pensieri in segni, colori e luce. C’è un filo rosso che unisce pittori e scultori ai poeti e li unisce perché anch’essi dipingono e scolpiscono attraverso la parola. Qualche anno fa ho organizzato una mostra intitolata “Immagini e parole” Fotografie e poesie a confronto. Una cosa bella quasi un torneo tra gentiluomini. Alla conclusione sono arrivata a comprendere che la fotografia fissa solo una piccola porzione della realtà in un attimo preciso, e la blocca per sempre in quell’attimo, in quel gesto in quella luce in quel colore. Diciamo, per assurdo, che rasenta le caratteristiche della morte. Mentre la vera poesia è sempre espansione, perché supera il momento dell’ispirazione e della creazione proiettandosi viva verso orizzonti lontani e rimanendo eternamente incompleta. Sarà il lettore chissà quando, chissà dove che le darà completezza con le sue emozioni. L’arte visiva celebra la natura e la rappresentazione della natura fatta dall’uomo artista. Fissa la realtà e la rappresentazione della realtà. Provocatoriamente il poeta intitola CONFRONTI la prima poesia. Qui il caleidoscopio dei colori dell’aurora che crea forme misteriose, diventano segni sulla tela, pennellate, squarci di luce perché la realtà si trasfigura grazie alla creatività dell’artista, fatta di memorie, di sogni, di interpretazioni, ma il confronto è sempre impietoso.
Bellissima in questa sezione la poesia LA FINE di pagina 42.
E’ stato un lampo lo sciame dei giorni! Il poeta ritorna a interrogarsi sulla brevità della vita e sulla morte della persona amata, sull’ignoto che sta oltre l’ultima soglia. Sente vicina la fine. Sto morendo! Grida Inseguo il tuo profilo/ ma vorrei dirti ancora che ti amo. La rappresentazione sulla tela del profilo amato è un limite contro il sentimento dell’amore che vive, contro il suo umano desiderio di darle nuova vita per dirle “ti amo”. Due parole brevissime e semplici che esprimono la grandezza del suo universo. Quindi anche la pittura e la scultura, pur se opere eccelse di grandi artisti, sono solo una mera rappresentazione della realtà. Il sorriso della dama sulla tela, non sarà mai carne, né il marmo statuario avrà mai la forza dei muscoli veri, tesi nello sforzo immane di una sfida. Resteranno immagini e rappresentazioni stupende, ma prive di vita. La poesia invece è vita La sezione che più mi ha commosso è quella intitolata “FRAMMENTI” L’ultima di questa raccolta. Forse per quella strana magia che si chiama sintonia di due anime diverse, la trovo più congeniale al mio sentire, al mio vissuto, alla mia età. L’uomo è fatto di conoscenza, di esperienza, di memoria. E stranamente, diventando più vecchi, proprio la memoria del passato prevale limpida, cristallina, quasi materica, su quella del presente. Un’ancora di salvezza, fondamentale pe continuare a vivere. La memoria lunga è onnipresente in ogni atto che compi, tanto che spesso ti sembra di ripetere qualcosa che hai già fatto, già visto. La contraddizione sta tutta nella memoria breve che non riesce a trattenere i ricordi più recenti. Tanto che, proprio mentre ti versi un caffè, basta un niente per distrarti, dimenticando di berlo. Memoria lunga e memoria breve, croce e delizia della vecchiaia. Tutto ritorna nell’età senile, ritorna come ricordo ammantato da sentimenti, da delusioni, da flebili speranze che svaniscono rapide, da squarci di luce improvvisi che danno bagliori per un attimo solo, e in questo miscuglio meraviglioso ritrovi sensazioni di carezze che ti davano piacere e spezzavano il dolore di vivere. Ricordi, ricordi che si impongono, che si offrono come appiglio alla solitudine maligna che non si può sopire. E parlo allucinato alla tua ombra, che svanisce, / ogni volta che chiudo gli occhi alla paura. / Le mani che vegliavano alla tua felicità / tremano in questa lontananza di cristallo. / Potrei accettare il silenzio, perché ci sei / ancora una volta al tremolare di una candela. da “Chiave” la poesia di pag.59
Altrettanto bella la poesia “Pelle” che termina con un’invocazione del poeta: Ritorna un momento ancora/ e le mie stanze brilleranno di gioventù. Tutta questa sezione è dedicata alla donna amata. Ricordi, nostalgia e rimpianto si rincorrono per mantenerne viva la presenza. Bellissima anche in questa terza sezione la poesia “Vortice“ … “Avevi lo stridore dell’incandescenza, / tutto l’abbandono delle docili membra, / là dove non giocava la ragione/ dimentica dell’invidia dei vecchi. Ora io sono vecchio! / …e il rintocco della tua carne precipita / in un vortice che non so raggiungere.
Le potrei citare tutte perché tutte sono un inno all’amore vissuto. Alcune emergono per le immagini e i colori, altre per la profondità del pensiero e per la limpidezza del linguaggio. Il tutto si configura come un tripudio che incanta il lettore e lo rende partecipe anche alla trepida speranza del poeta di potersi ricongiungere oltre la barriera dell’umano con colei che ha dato un senso e sostanza alla sua vita.
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Maria Luigia Chiosi

mercoledì 14 giugno 2023

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCESCO TERRONE


**Francesco Terrone – "I sentieri del cuore" - I.r.i.s. Edizioni – Salerno – 2009 – pag. 145 - € 9,00
Francesco Terrone è nato a Mercato San Severino (SA) il 05 giugno 1961. Ha conseguito la Laurea in Ingegneria Meccanica presso l’Università Federico II di Napoli e vi ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione. Ha fondato con orgoglio la Società di Ingegneria Sidelmed S.p.A.
È autore di numerose raccolte di versi. La sua produzione poetica è trattata in varie opere pubblicate da Guido Miano Editore tra cui Storia della Letteratura Italiana. Il Secondo Novecento, vol. IV (2015), Itinerario Organico delle Critiche Letterarie alle Poesie di Francesco Terrone (2016). Dizionario Autori Italiani Contemporanei (2017). Prima dei versi della raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in sede, per farci entrare nel merito delle poesie di Terrone, possiamo leggere un’acuta prefazione di Carmine Manzi, un’introduzione costituita da analisi critiche di Ritamaria Bucciarelli, i riferimenti bibliografici e una premessa di Francesco Pionati, tutti scritti veramente notevoli e ricchi di acribia. Il titolo I sentieri del cuore fa venire in mente il titolo Sentieri dell’anima di Cristiano Vettosi uscito nel 1997 quando l’autore aveva venti anni, libro che presentava una mia prefazione.
Il cuore e l’anima divengono simboli e metafore dei sentimenti degli autori, dei loro desideri in ogni campo esistenziale ed è ovvio che Terrone e Vettosi, vista la loro cifra distintiva, sono due poeti neolirici che effondono nei versi le loro pulsioni rarefatte sublimandole.
Ovviamente i due poeti sono molto diversi tra loro perché Vettosi nel 1997 esprimeva nella sua pubblicazione una freschezza indiscutibile nel suo versificare mentre Terrone, autore veramente prolifico, è indubbiamente più profondo di Vettosi, e ha una coscienza letteraria approfondita che lo porta ad esprimersi non solo in maniera sorgiva ma anche profonda e carica di bellezza e intensità.
L’anima e il cuore si fanno sentieri diversificati ognuno per ogni campo esistenziale per giungere alle mete che sono, la serenità, l’amore ricambiato, le vere amicizie e la riuscita nei progetti della vita in ogni campo come il lavoro e lo studio. In entrambi i poeti nelle loro scritture c’è controcampo la natura a fare da sfondo alle parole di sentimento che sembrano aderire all’assonanza cuore - amore.
Il cuore è anche un pozzo da cui prelevare acque sorgive che divengono versi sublimi. La raccolta è scandita nelle seguenti sezioni: I valori della mia terra, I fiori del cuore, Folgorazioni emotive, Un grido dal profondo, I mille volti dell’amore alle quali segue un’antologia della critica.
L’amore per antonomasia detto con urgenza da Terrone nelle sue raccolte è quello per le sue donne delle quali quasi ogni riferimento resta taciuto e l’amore per il poeta ingegnere è sempre carico di pathos, di una sofferenza che è tipica di tutti poeti erotici a partire da quelli greci ma, se l’amore fa soffrire può dare anche risultati gratificanti anche all’anima e al cuore, il raggiungimento nella gioia nel congiungersi con i sensi e la mente con la mente con la figura dell’amata.
E unitamente all’amore per le donne c’è in Terrone una vena mistica e religiosa nel cercare Gesù che è Dio in ogni anfratto della vita stessa e in ogni luogo, sentiero, bosco o città e Gesù è il terzo che ci cammina accanto e si fa strada o viatico per donarci una vita felice e verso di lui da pregare c’è anche l’inevitabile risvolto dell’amore interessato per ottenere grazie.
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Raffaele Piazza

martedì 13 giugno 2023

SEGNALAZIONE VOLUMI = CARLA MALERBA


**CARLA MALERBA: "LA MILIONESIMA NOTTE" - FARA EDITORE, 2023
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“…Sul cuore ho tracce/di millenni di tenerezze…”
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Dopo “Poesie future” torna ancora la poetessa CARLA MALERBA con la sua parola lieve e i suoi versi raffinati e malinconici che vanno a comporre la nuova silloge intitolata LA MILIONESIMA NOTTE. Titolo suggestivo nella sua iperbole, a suggerirci in metafora - lo intuiamo già dalle prime poesie - che sono espressioni poetiche sgorgatele dal cuore durante il lungo periodo della pandemia, dal quale per fortuna dopo lunghi patimenti stiamo uscendo.
Leggendo, vengono in mente i versi di Quasimodo “…Ancora un anno è bruciato, senza un lamento, senza un grido levato a vincere d’improvviso un giorno”---1) , con i quali il poeta esprime la monotonia dei giorni vuoti e il senso di tristezza che ne deriva per il tempo sprecato mentre passa inesorabilmente. Così Carla. Anche lei è in attesa di un grido che scuota il tempo inerte, di un cambiamento repentino, di una fine e un nuovo inizio, per poter “ dispiegare le note della gioia”, come afferma nell’exergo o come chiede con forza in “L’attesa…
“…che passi, che torni la notte a vociare richiami, che rombi di motociclette
disturbino il sonno
piuttosto che il sonno ci annulli il domani.”
Mi piace immaginare queste sue poesie come la spuma luminosa prodotta dall’ondeggiare della anima nell’oscurità di lunghe notti di veglia solitaria. Notti (e giorni) di attesa incerta di poter riprendere a vivere normalmente; notti insonni dentro i confini abbastanza sicuri della casa dove però si sta stretti, come stretti nei vasi sono i fiori in veranda; notti di lucine azzurre del modem che in un accenno di presenza /assenza confortano la veglia pensierosa; notti angosciose di rare finestre accese in abitazioni, dentro le quali si stanno consumando eventi drammatici tanto che il vivere e il morire sembrano estratti da una lotteria
“ ….Da quella finestra che rimane accesa fino a che la sirena si allontana
solo parole e pianto a sostituire ogni amoroso slancio
come fosse la regola l’antidoto trovato l’accettare. “
Notti e giorni di forzato isolamento durante i quali, e forse grazie ad esso, la poesia accade, perché come dice Milo de Angelis: “L’isolamento è fondamentale per la Poesia. … scendiamo in fondo a noi stessi e raggiungiamo un luogo interiore dove quello che ci minaccia e che ci circonda non conta più nulla…” --2)
E così nella notte, nell’attesa, nell’incerto, d’improvviso si produce uno squarcio nel presente e da quel “luogo interiore” vividi emergono i ricordi del bel tempo passato, regalando al lettore perle di poesia come queste che mi piace trascrivere per intero.
Di quelle estati non ricordo che sandali portavo ma solo il fruscio degli eucalipti e quei balli campagnoli. L’odore del mare e il suo parlare e noi per ore a districare matasse di pensieri. La notte era flusso di maree si consumava l’amore fino all’alba le barche parevano smarrite in alto mare.
Come nel quadro di Boccioni
pieno di squarci di colore la folla si muoveva in diagonali rapide
sui marciapiedi sull’asfalto della strada fino ai gradini d’accesso di Villa Bellini. Di notte tra luci e caseggiati dalla fama oscura
per consumate storie d’amore e morte
ci avvolgeva la nostra gioventù
in turbini di vita onde magnetiche flussi di energia.
Era il 1968.
Nel presente, invece, anche l’amore si è fatto cauto, non c’è più la spontaneità della giovinezza e una vita tutta da inventare, ora c’è la stanchezza e forse il disincanto, tuttavia nell’intimo di Carla è chiara la consapevolezza di sé e della sua capacità, tutta femminile, di amare
Sul cuore ho tracce di millenni di tenerezze madre compagna sorella sposa respiro parole che sanno di levante e di ponente
e di lidi da dove si dipartono
strade verso il deserto.
Qui non odo fragori di guerra.
Una donna ama e accudisce, una donna genera e persegue la pace, una donna scrive poesia al femminile. Ed è una poesia squisitamente femminile la sua, che mi ricorda la voce di Antonia Pozzi; una poesia che non si impone, ma si propone; che ti entra lentamente e lentamente si lascia assaporare nei condivisibili assunti e nelle scelte parole. La poetessa ci immerge nel suo “patire le cose” che è amore-dolore per la vita e con levità ci trasmette un senso di dolorosità esistenziale che trasferisce anche alla natura con versi di rara bellezza
“…l’ombra percorre i fossati/scivola lungo gli argini…”
“…sembra caduto il cielo su di noi/di valli d’ombra si è coperto il sole…gli astri disseminati per misteriose strade…”
“…come accade nei boschi quando la nebbia invischia i tronchi e li confonde…”
“…Quando equinozio sbalestra/Nel vento le marine…”
“…al raggio di sole che s’infiltra tra i rami e crea sospese cattedrali di luce”
E’ un vagare poetico quello di Carla Malerba, sussurrando a se stessa, tra presente e passato, luoghi e persone care, ville abbandonate dove si è consumato un amore e voci poetiche risonanti, consapevole che ciò che dà senso alla sua vita è soprattutto la Poesia, che le sgorga dall’intimo e la permea di emozioni buone.
…Al buio scrivo parole che la mente illumina e guida la mano il pensiero del nulla che siamo.
La poesia non salverà il mondo, ma sicuramente giova ai singoli individui che la “fanno” e la donano come a coloro che la ricevono, in un interscambio di pensieri e sentimenti che ci fa sentire in sintonia tra noi e in pace con il mondo. Perciò grazie a Carla per la delicatezza e la sapienza con le quali ha tessuto i suoi versi, donandomi/ci verità e bellezza.
*
1 Da Salvatore Quasimodo, Già la pioggia è con noi
2 Dall’intervista a Milo de Angelis di Antonio Gnoli. La repubblica- Robinson, sabato 3 giugno
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FRANCA CANAPINI

lunedì 12 giugno 2023

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO


** DAL VOLUME "RIFLESSI E VELATURE" 2023

domenica 11 giugno 2023

SEGNALAZIONE VOLUMI = MATTEO FAIS


**Matteo Fais: "L'alba è una stronza come te- posie d'amore" Ediz. Delta 3 - 2023 - pagg.104 - € 10,00
"Non chiedermi di pensarti. // La vita sulla terra ne risentirebbe"
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Nell’ultimo lavoro di Matteo Fais l’ampiezza dei contenuti affiora man mano sotto forma di spasimi, lasciandosi meglio assaporare nelle pause tra un brano e l’altro. In rapporto all’irruenza brutale e alla delusione della vita, piuttosto che a un significato risolutivo, giacché sia nella prima che nella seconda si segnalano forme persuasive intrecciate dal ritmo concitato del respiro.
"Scrivo poesie d’amore, a notte / proprio perché non c’è più alcuna possibilità / come quando il prete mi chiese / perché piangessi, il giorno in cui mia madre è morta"
Dopo accenni concettuali che si potrebbero definire violenti, atti a schiudere varchi sull’indicibile, l’autore dimostra di saper procedere sui tappeti di un vellutato postromanticismo. Il perno dell’opera è dunque il culto di una passione bruciante, dove si smorza a singhiozzi la furia preliminare e si annuncia il moto di frangenti più pacati, concentrici come dischi nel bersaglio, via via allargandosi in una voce commossa, dimessa, dai toni aspri ma nel contempo inoppugnabilmente sinceri.
I versi si fanno ammicchi d’intesa tra loro, preordinano passaggi che non alterano mai l’omogeneità del concept, tentando di proiettare ponti laddove bagliori e zone buie modellano l’immaginario di partenza. Abile nel diffondere un sentimentalismo di estrazione nichilistica, il quale più che negare i valori contemporanei spinge l’acceleratore sugli effetti che essi determinano in seno all’uomo, Fais ci accompagna attraverso un campionario monocromatico di circostanze quotidiane, mettendo a fuoco gli abissi sincronici entro cui le relazioni personali sembrano aver consumato ogni traccia di genuinità.
" Mi chiedo se la follia sia questo / pensare che l’alba faccia di tutto / per nascondersi da me"
Tra centri per massaggi cinesi e l’amara purezza che diversifica i ricordi, emicrania e notti insonni, dialoghi tra voci assenti e quelle pulsioni sessuali che sopra ogni altra cosa riescono a ricondurre l’amore sui binari fisici dell’essenziale, la poetica di Fais sa contraddistinguersi dacché riesce a riporre lo sguardo su un passato poetico brillante, i cui ceppi si possono rintracciare nel movimento Beat e nei suoi antesignani (nonché nei suoi seguaci più recenti), senza perdere mai la bussola nel proposito di restituire l’attualità con la necessaria urgenza, evitando sperimentalismi salottieri e, anzi, rifugiandosi in un andamento il più delle volte discorsivo, petto a petto, in genere antilirico, dove prosa e poesia si connettono respingendo gli influssi di qualsivoglia erudizione repressiva.
"Non si può sopravvivere all’intimità / all’esser certi di poter amare per sempre"
L’alba è una stronza come te, un’opera che non vuole rincorrere ad ogni costo l’originalità, manipola il mainstream con una padronanza a suo modo inaudita, confezionando una mappa spietata e seducente dei moti d’animo più rappresentativi dell’Antropocene. Il compito di Matteo Fais pare sia spingere a galla la cagna incongruenza che detiene il potere sulle nostre esistenze, indurre nel lettore interrogativi che lasciano il segno al di là del bene e del male.
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ROBERTO ADDEO
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MATTEO FAIS: Cagliari (1981). Scrittore, poeta e agitatore culturale, ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde, Storia minima e Le regole dell’estinzione. Ha preso parte alle antologie Racconti del realismo terminale e Pasti caldi giù all’ospizio. Antologia degli opposti.
L’alba è una stronza come te. Poesie d’amore è la sua prima raccolta poetica.

lunedì 5 giugno 2023

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCESCA LO BUE


**Francesca Lo Bue, Albero di Alfabeti Arbor de Alfabetos Raccolta poetica bilingue, Società Editrice Dante Alighieri, Roma 2020
L’Albero di Alfabeti, nuova raccolta poetica di Francesca Lo Bue, è solido, ben piantato a terra; antico come una grande quercia si eleva al cielo con rami leggeri e intricati, sapientemente capaci di svettare solitari in alto verso la luce o di incontrarsi tra loro, sorreggersi a vicenda contro il vento e le intemperie, non disdegnando di portare il proprio peso verso il basso, per poter risalire rafforzati e rigenerati.
Questo Albero Alfabeto germoglia lemmi e fonemi, custoditi e curati nel suo ventre materno, mater della lingua, o di più lingue, che li mette al mondo, li avvia a un cammino dove impareranno a farsi parole e suoni.
Il bilinguismo, cifra basilare della poetica e punto centrale della biografia e della storia culturale dell’autrice, ha un suo specchio e un suo rovescio: le lettere dell’alfabeto vengono infatti declinate, narrate e rappresentate da un doppio intrigante, consapevole e definitivo, che le accompagna lungo un viaggio, un’erranza che mira a trovare, o a ritrovare, una casa dove poter compiere il proprio destino, come ci suggerisce l’autrice nella intensa nota introduttiva.
La suddivisione del libro in due parti, la prima con testi in italiano e poi tradotti in spagnolo e la seconda con traduzione inversa, non deve trarre in inganno: non si tratta di una semplice organizzazione testuale finalizzata a evidenziare la presenza costante di due lingue, come sopra accennato, ma sembra invece voler dare rilievo alla varietà e alla pregnanza semantica delle immagini poetiche che da questo incontro, o scontro, linguistico prendono vita.
Se la prima lettera, o lemma come si preferisce, l’Alpha iniziale apre il cammino della prima parte con questi versi :
“Aspirazione è dissotterrare il ritmo del tuo/alfabeto ... l’avvio corrispondente nella seconda parte sarà “ Amable instante. / Acontecer que es reencuentro …
La partenza prevede allora un’aspirazione, l’arrivo un amabile istante, abbandono che è un ritrovarsi.. L’aspirazione a trovare, scavando a fondo, dalla terra al cielo e viceversa, la parola giusta, la sua armonia, l’amabile istante di un ritrovarsi nel caos del mondo, nel labirinto delle proprie ossessioni.
Questi segni che si fanno suoni e parole veicolano, ciascuno nella sua suggestiva narrazione, la necessità di trovare il centro delle cose, il senso ultimo della propria essenza e presenza; ed è la parola, quella poetica, a poter forse allontanare lo sconforto della solitudine, a trovare oltre una pace che non c’è nuova armonia.
L’albero degli alfabeti non si ferma al binomio linguistico della rappresentazione di due lingue care all’autrice, ma si affaccia su altri codici linguistici da cui prende termini che amplificano la prospettiva poetica, rievocando nomi, contenuti, presenze, echi di altre culture, ne citiamo alcuni tra i più significativi: karma,Kasher, Kabuki o ancora Yahvè, Yiddish… Questo albero sembra voler abbracciare tanti alfabeti, ma infine chi parla, chi emette il suono di vita è sempre l’uomo e la terra che abita:
Hombre, aire que se va acabando,
Hace y renueva inutilmente ofensas y desenganos.
Habla pero es extranjero entre los caminos del mundo.
Hace escritura para enaltecer la carne que se acaba.
Humus de paciencia, tus edictos
hensieron el cielo mudo. Son
hazana de la Luz consistente,
himno que aleja el ejercito de moscas y ciempies que gritan a
[la luna muda.
La parola è vita e l’alfabeto è respiro di parole, ci ricorda Francesca Lo Bue:
Parola aspetto da te,
passi nel sentiero delle tue melodie, aiuto nel
pericolo del mondo.
Promiscuità ciarliere s’inchiodano nell’animo, nella
patria del cuore dove la
passione osserva e soggioga.
Parola sfuggita alla paura e al caos, con te attraverso le
porte infide del Labirinto delle voci opprimenti.
Dunque l’uomo e la parola sono le coordinate che attraversano la ricerca, poetica ed esistenziale della Lo Bue che sa quanto la Poesia sia un viaggio di ricerca del vero, di un ritmo naturale e di assonanza profonda con ciò che sta intorno e dentro di noi.
E in tale prospettiva è doveroso infine ricordare la sezione TRADUZIONI che chiude questo bel libro; una scelta certamente non casuale quella di omaggiare in chiusura due autori tanto diversi e distanti, sia per biografia, sia per collocazione geografica, la Dickinson e Kavafis, ma legati da quel fil rouge di esilio, reale e metaforico, che li ha segnati; entrambi trovano il punto d’incontro nel testo di Neruda in esergo Esilio e Riscatto, che li accoglie e abbraccia, evocando una triade prestigiosa e originale quale nume tutelare della Poesia alla quale la nostra autrice si affida, chiudendo il cerchio dell’enigma, perché La vida es un unico verso interminable, come dice l’Angelo custode Gerardo Diego.
*
Marzia Spinelli 6 maggio 2023

sabato 3 giugno 2023

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIA LUIGIA CHIOSI


**Maria Luigia Chiosi: “Oh guerra! Figlia dell’inferno!” – Ed. La Versiliana – 2023 – pag. 96 - € 12-
Mi scrive la poetessa: “Il titolo è stato tratto liberamente dal dramma di William Shakespeare “Enrico VI" e ben rappresenta la situazione che stiamo vivendo: la guerra in Ucraina. Una guerra che da più di un anno semina morti, dolori, distruzioni, incertezza e paura in tutto il mondo. Una guerra anacronistica di conquista, di supremazia, quindi non diversa da tutte le altre che hanno costellato i secoli, perché la storia non insegna nulla a chi sogna il potere.”
Scaturisce da queste premesse una poesia tutta intrisa di sobbalzi e fulminazioni, che incidono su di un dettato che accarezza il furore della denuncia o la rielaborazione emotiva del vissuto. Il momento storico diviene il cardine della ricerca e la scrittura si avvinghia alla fiamma della creatività per diventare vertigine di avvenimenti e di bagliori esplosivi.
“In quale fossa/ hanno sepolto il futuro? / La casa non c’è più/ Ho portato lontano le creature./ Va dove c’è libertà!/ Io resto qui a combattere./ Mi ha detto. E mi stringevi/ per l’ultima volta./ Odoravi di pianto e di spari.”
Un canto che nella sua tensione insegue gli eventi catastrofici di un conflitto che in apparenza non sembra avere una ragione plausibile di esserci, con il sacrifico di intere generazioni, tra distruzioni e violenze.
In realtà questa precisa ricerca di un tema attuale si ricama con una scrittura personale molto accattivante e rigorosamente inscritta nel moderno, con versi brevi e rientri che indugiano policromaticamente nella capacità di scrutare sino in fondo l’urgenza di un intervento globale.
La parola, la voce, il grido, scendono dal regno platonico della metafisica per diventare corpo e sangue di uno scenario, turbine e dramma del momento.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO


**“Artifici”
Scommettevo artifici e d’inverno
altre stranezze sull’alone del seno,
frugavo differenze
per sfuggire a ingordigie
della tua variopinta giuntura.
Ad abbreviare sorprese oggi ribalto
parole,
facendo capolino contro idee
della mia insicurezza.
Riverbero di braccia verso il cielo,
dentro il tuo scrigno
l‘incantamento erode racconti
dell’azzardo e del mio fuoco,
forse sorpreso prima del liuto.
Adagia ancora, nel sussurro,
i tuoi fianchi larghi,
per numeri e battute,
verso la mia tarantola, incompiuta,
alle rare inquietudini di carne.
*
ANTONIO SPAGNUOLO
(dal volume "Rapinando alfabeti" 2001)

giovedì 1 giugno 2023

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO


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Antonio Spagnuolo : "Riflessi e velature" - Ed. La valle del tempo - 2023 - pag.76 - € 10,00
Dietro la forza di gravitazione che trascina indifferentemente tutti l’uno verso l’altro e forma dell’universo un solo grande corpo, vi è la forza del tempo e con esso il ricordo, l’istante e l’ignoto. Essi divengono grandi parti del corpo universale ognuno in gradi diversi accessibili e penetrabili gli uni agli altri. Il nostro poeta si nutre del ricordo che si fa nuovo all’istante e riempie la sua esistenza di una forza unificatrice che si relaziona col tutto, anche con la fine. Una maturità illuminata gravita col suo calore in tutta l’opera e riporta le materie eterogenee del sentire, la nostalgia, il limite, il dubbio, i cicli, i vortici della diminuzione in una relazione antropologica col cosmo che trova il suo senso e la sua ragione. É questo senso la forza nascosta, la tensione aurorale che abbraccia l’essere e risolve la contraddizione. Il ricordo e la punta nostalgica che lo stringe, rivelano la realtà dell’oggi che si pone come visione illuminata.
Sono le lacrime luminose del limite, dell’incompiuto la promessa per una visione d’insieme della realtà che non riferisce un’intenzione ideale ma l’intuizione latente della parola di ricondurre ogni volta al senso, alla sorpresa, al« veleno», all’«attesa», al «sogno» della vita, alla bellezza che sono dietro la qualità originaria di ogni cosa. Ma è la speranza a vincere il morso dell’attesa, e il desiderio che è la possibilità di rendere visibile l’infinito che abbiamo dentro.
La isolata e irragionevole esistenza degli esseri è solamente una loro falsa condizione che si fa pienezza quando il poeta recupera il ricordo: «ricomporre le tue membra/per amare ancora una volta/la carne che avvampa nel sublime./Inquieto e solo in attesa dell’impossibile.».
Se il ricordo è un po’ la visione dell’insieme, la parola è l’arte incarnatoria del vissuto. Le è consentita l’inquietudine di vedere il nero poiché essa stessa ha una sua luce per vederlo. È la tensione verso il possibile che si fa posterità, rinnovamento di ogni fine: «Ogni segno grida lontananze/in pause che ripetono scommesse.». Ogni veleno, ogni gioia e ogni sogno scrive le risonanze del Dio: «Tu dormi dimentica delle cicatrici/che questo dio esplode senza tregua/e risuona nel rantolo che alita/indulgente presenza.». E «Anche se l’occhio non mente al ricordo», e la forza fatale sembra occultare ogni cosa, vi è sempre «il dono inatteso nella stanza che imbruna». Si ripetono le illusioni e torna la gioia primigenia ad abbracciare la natura umana, a scortarla verso il limite: «Il tuo sorriso è soffice richiamo».
Il poeta ben conosce la sua realtà ma il tutto mescolato al ricordo agisce come forza esterna che provoca un movimento interiore capace di dare forza nuova all’istante, e la parola si fa quieto disincanto: «e cercare memoria di tremori./Zufolare sussurri tra le labbra/ormai per me ritagli di abbandoni.».
La parola cresce visionaria a cospetto dell’arte pittorica e cura nel mentre riferisce la bellezza dei tratti e dei colori. Quasi una preghiera dilatata ai confini del possibile e la passione del possibile prende forma con gli occhi ardenti dell’intuizione e dell’immaginazione. Essa prende corpo nelle rêverie e non lascia fuggire lo stupore. Dunque la buona disposizione crea la relazione con le cose. Qui la speranza nella sua trascendenza è per la meraviglia e la paura del limite non riesce a soffocarla.
Il poeta ausculta le risonanze silenziose della vita e mantiene viva la scintilla, lo slancio come atteggiamento interiore. Del resto ogni speranza è memoria del futuro, sorgente di tutte le immagini possibili. Alcune balzano all’istante, altre si nascondono per riaffiorare in emozioni nuove e in percorsi futuri, in attesa degli occhi dell’anima.
In questa opera la radice del senso è la parola che ritrae i tre tempi e li modifica, li unisce nella dimensione dell’io e si intrecciano nei modi in cui il poeta spera.
L’attesa e la speranza sono il dialogo con il tempo e, direi, comunione col tutto.
*
ROSSELLA FROLLA'

POESIA = GABRIELLA MAGGIO


**
"Al mattino"
Al mattino i pensieri vanno con le rondini
volano in coppia
come l’amore e il desiderio
il tuo mondo nel mio mondo
fermato con puntine di metallo
perché non voli via
nella casa che sa di stantio,
di polvere e d’occhi stropicciati dal sonno
ho visto l’alba destarsi dalla soglia della notte
il guizzo della sua luce sull’acquaio
il suo riflesso sulla macchina del caffè
sola mi logoro incompiuta
anche se vicina a te e fiduciosa
cerco un approdo per i miei pensieri
mentre i marciapiedi senza pace già s’affollano
e le barche cariche d’uomini sfidano le onde.
***
"Euridice 2022"
Non hai resistito
Il tuo amore e il tuo desiderio
hanno perduto la mia vita
se fossi tornata te l’avrei detto
non ho visto libri laggiù
troppo buio per leggerli
solo ricordi
ma si consumano presto
volano via leggeri
Il tuo amore che voleva vincere la morte
ha fermato i miei passi sulla soglia del buio
Ancora mi ricordo
schiava e principessa
dicevi
destino cucito da un filo d’oro
Parole della vita che ora si perde
nella tenebra fitta
Poco o niente resta del nostro sempre
si va leggeri, senza bagaglio.
***
"Guerra"
L’odore di casa si è disperso tra le crepe
e il caldo della stufa è solo cenere
nel buio il bianco della neve brucia gli occhi
Le vite si consumano nei cunicoli del dolore immeritato
dove s’ inaridisce il desiderio della vita
il fragore del caso infrange il cerchio di albe e tramonti
oggi come ieri come domani
solo sangue senza pietà
un giorno sarà il vento a ricoprire i morti ?
Forse…
sarà la pioggia?
Forse…
ci saranno fiori e cibo caldo sulla tavola?
Non so
Oggi non so che dire e a che scopo.
*
Gabriella Maggio