sabato 30 giugno 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = DAVIDE ROCCO COLACRAI

Davide Rocco Colacrai : “Polaroid” – Ed. cinquemarzo – 2018 – pagg. 100 - € 12,00
Una densa raccolta ricamata da mille pensieri e mille luci , che intrecciano nella pagina lo scorrere di versi , molti senza misura , per raccontare , reinventare , ricordare , illudere. -Il susseguirsi di emozioni è intervallato dai disegni in bianco e nero di Paulo Zerbato . capaci di interpretare i passaggi più caldi del racconto . Un vortice nel profondo , nel subconscio , che consente di ricucire il sospeso , l’irrisolto , in un ritmo maturamente enigmatico . L’apparente scorrevolezza del dettato sottende una forte coscienza letteraria, legata ad una più che sottile raffinatezza culturale, così che la scrittura costituisce il tessuto della poesia che sfiora a tratti anche la prosa poetica , per immergersi in passaggi articolati , tra il diario pienamente consapevole e l’immaginario che vaga in panorami senza cesure. Tra il quotidiano ed il sociale la poesia si articola con il silenzio del plenilunio , con una vera e propria sospensione fisica , e la forgiatura estrema di un corridore avvolto nel sogno del primato, tra il pallore del seno di una madre e l’inclinazione dell’ora capace di sfiorare l’affanno. Rintocchi in bilico tra la realtà ed il colloquiale quando la forma tradizionale scatta dall’endecasillabo al disarticolato per confermare con disciplina il ritmo musicale della parola, anche quando la cronaca scarnifica l’etereo.
ANTONIO SPAGNUOLO

giovedì 28 giugno 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIO FRESA

Mario Fresa – "Uno stupore quieto"----Stampa – Azzate (Va) - 2018 – pagg. 79 - € 11,00

Mario Fresa, l’autore del libro che prendiamo in considerazione in questa sede, è nato a Salerno nel 1973; ha pubblicato i libri di poesia "Liason" (2002), "L’uomo che sogna" (2004) e "Alluminio" (2008); è redattore della rivista "Levania" e del periodico letterario “Gradiva International Journal” di New York.
Uno stupore quieto, che presenta una prefazione di Maurizio Cucchi, caratterizzata da notevole acribia, è un testo bene strutturato architettonicamente èd è scandito nelle seguenti sezioni: Storia di G., Titania, Una violenta fedeltà e Romanzi. La poetica del nostro è del tutto antilirica; il tessuto linguistico è connotato da una scrittura che, in molti casi, si può definire prosa poetica, con uno scarto linguistico minimo dalla lingua standard. I versi sono in gran parte lunghi e sempre ben controllati e sorprende la bravura dell’autore a livello formale; infatti riesce ad esprimersi con un grande equilibrio nella sua materia.
Di raccolta in raccolta aumenta la coscienza letteraria di Fresa, raggiungendo in questo libro la sua espressione più alta e, nonostante la giovane età, il poeta, vincitore di vari premi letterari, si può considerare tra i più affermati del panorama italiano. Le ambientazioni, che incontriamo nella scrittura, avvengono in situazioni nelle quali prevale l’aspetto della quotidianità, anche con raffigurazioni di immagini crude e inquietanti e, numerosi nella stesura, sono i personaggi detti dal poeta, figure che vivono situazioni spesso al limite del paradossale, immersi in atmosfere spesso vagamente kafkiane.
Ci sono sospensione, bellezza e levigatezza nel dettato di Fresa, del quale la cifra distintiva può essere definita come una sublimazione e rarefazione della realtà di ogni giorno, quella nella quale tutti siamo immersi, anche a livello minimalistico, con il medium della poesia.
Una forte eleganza permea il poiein in Uno stupore quieto, un fascino particolare e icastico, per il quale il lettore ha la sensazione di affondare nelle pagine scritte, attraverso la lettura. Anche una certa ironia e un distacco dalle parole dette, caratterizza questo libro in senso positivo.
La versificazione è leggera, veloce e scattante, sorvegliata e prevale un senso di notevole icasticità. L’aspetto della parola detta in prosa si accentua nella sezione Una violenta fedeltà, nella quale incontriamo i brani Convalescenza e Congiura, che possono essere letti tout-court come esempi più di stile narrativo che poetico.
Nella suddetta parte predomina un aspetto onirico e fiabesco, tra sogno e veglia, che si coniuga ad un carattere gioioso delle cose che vengono espresse: - “Ora esco fuori, felice, barcollante. Sul lavabo si/ proietta la trasparenza tutta luccicante dei sorrisi…” -.
*
Raffaele Piazza
**


Mario Fresa – Alluminio (prefazione di Mario Santagostini)---LietoColle - Faloppio (Co) – 2017- pagg. 41- €10,00

Mario Fresa è uno dei poeti italiani che si sono affermati, nonostante la giovane età, nel panorama poetico del nostro Paese: tra i suoi successi riscontrati, oltre alla vittoria di numerosi premi di poesia, spiccano la pubblicazione di testi su “Nuovi Argomenti” e su “L’almanacco dello Specchio” mondadoriano.
Alluminio è quasi un poemetto che tocca temi del tutto nuovi e inediti nell’ambito della sua recente produzione poetica. Già il titolo ha qualcosa di primordiale e evoca un senso d’indistinto, nostalgico ed algido. La scrittura di Fresa è sinuosa e articolata e caratterizzata dalla fortissima densità metaforica e semantica. È presente il tema della fisicità, della corporeità che si fa sogno. Tutti i componimenti poetici sono privi di titolo e contrassegnati da una numerazione progressiva in numeri romani. La partenza, lo scatto, avvengono partendo da una zona amniotica e prelogica. Rispetto alle sue precedenti prove, tra cui ricordiamo Il bene e L’uomo che sogna, la scrittura qui diviene più narrativa e prosastica, con un minore scarto poetico dalla lingua standard. È presente un paesaggio dell’evanescente, dell’indistinto e dell’empatico. Tutto il discorso è racchiuso in diciannove componimenti. Citiamo il primo componimento che ha una valenza programmatica:-“Così noi siamo rimasti al fiume,/ sulla strada confinante di carezze, nella lotta/ della gioia/ nel mutamento degli adagi si è caduti/ su quell’immenso faro e nella vaga, trascinata bianchezza/ di quegli anni// Qui mormorava il nastro della gola/ c’era l’immensa porta che inghiottiva i nostri passi, in un istante solo;/ e invece più nessuno ha ricordato le parole/ che migravano stupite, nel cielo retrocedendo/ con una dolce danza/ ma guarda/ ”; poesia veramente alta, sorvegliatissima e originalissima, questa di Fresa, inquietante, ma nello stesso tempo nitida. In questa poesia iniziale c’è il filo rosso che lega tutte le poesie della raccolta, un fattore x di indistinto, magico e misterico. Sembra di scendere negli albori dell’esistere, nella genesi, nell’unione di spermatozoo e ovulo e poi nel viaggio nel liquido amniotico. Le immagini sono rarefatte e c’è un grande senso di sospensione. Anche cimentandosi in un scrittura del genere, Fresa dimostra di avere una chiarissima coscienza letteraria e una capacità di maneggiare i versi oltre la mera ispirazione tout-court. Dimostra, il nostro, intelligenza e profondità nel dire e nel dirsi, in un discorso del tutto antilirico ed antielegiaco. Niente è affidato al caso e ogni singola parola, s’incastona perfettamente con le altre. Il prezioso volumetto di LietoColle, editore raffinato e attento, è corredato da due bellissime illustrazioni a colori di Umberto Boccioni. La chiave interpretativa del testo si trova proprio in quel limbo di indistinto, di mare in cui naufragare, per dirlo con Leopardi con immagini che potrebbero avvicinarsi a quelle di alcuni racconti di Italo Calvino. Il momento forte di Fresa sta nel suo essere sospeso tra io e inconscio, tra materia e apparenza della materia, vita e apparenza della vita, essere e nulla. Tra buio e aspirazione frustrata alla luminosità. In effetti, contrariamente a come avviene nei volumi dell’ultimo Mario Luzi, in questo libro non c’è traccia di luminosità né lunare, né stellare né solare.. Chiuso il libro e in attesa di riaprirlo (accadrà spesso, ai lettori)
resta la domanda: dove siamo stati? Dove ci ha accompagnato Mario Fresa, che è anche un ottimo critico letterario? Forse nella caverna di Platone, dove gli effetti della luce riflessa venivano scambiati per realtà, le ombre per figure viventi.
È un esercizio di conoscenza, quello del poeta salernitano, dove tutto è imbevuto di un alone di magia e di struggente bellezza.
*
Raffaele Piazza

RIVISTE = CAPOVERSO

CAPOVERSO - N° 35 - gennaio - giugno 2018
Sommario
- Saggi :
Pietro Civitareale : Voci femminili della poesia del 900 ed oltre
Gianpaolo Furgiuele : Jacques d'Adelsward - Fersen
Gianluca Veltri : Perché tu mi dici poeta ?
- Testi :
Leopoldo Attolico : due poesie
Donatella Bisutti : due poesie
Maria Grazia Cabras : da bambini "Nella luce e nell'ombra"
Pino Corbo : da "La logica delle falene"
Alina Lassota : quattro poesie
Maria Lenti : sette poesie
Giorgio Moio : quattro poesie
Marisa Pelle : due poesie
Davide Zizza :tre poesie
- Interventi :
Carlo Albarello : Dalla parte della poesia
Viviana Andreotti : Testimoniare la poesia : Alberto Caramella
Angelo Avignone : Quando la politica era poesia
Saverio Bafaro /Roberto Deidier : Su Sandro Penna
Carlo Cipparrone : Ricordo di Francesco Leonetti
Longo Simonetta : I 107 incontri del poeta K
Pawel Krupka : Lettera da Vilnius
Marco Pellegrini : Trap, rap e poesia
- Letture
- Notizie sugli autori.

mercoledì 27 giugno 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIANNI IASIMONE

Gianni Iasimone : “ La quintessenza” – Ed. Arcipelago Itaca – 2018 – pagg. 112 - € 13,50 –
Salvatore Ritrovato scrive nella prefazione : “…Gianni Iasimone , in questo libro dedicato alla memoria della madre, ha fatto qualcosa di più , parlando senza nostalgia di un’ Italia che, se ormai pare perduta, possiamo portarla nel cuore e rifarla con le mani. In fondo ci appartiene, non perché l’identità sia qualcosa di prestampato che non si può modificare o, peggio, di sacro da idolatrare, e strumentalmente usare, ma perché fa bene alla salute…”
Il tempo , per il poeta , scava inesorabilmente con il suo artiglio sul volto che accenna a rughe , mentre il sorriso , la carezza , il sussurro cercano di allontanare il timore che il destino incida senza risparmio “dall’eterno silenzio”. Modulazioni e pagine scorrono rapide quasi come una cronaca dettata alle colonne di un quotidiano , nella carezza tiepida di un sole velato o nelle illusioni di un silenzio inaspettato, tra le memorie che ripetono visioni o tra i richiami di nuvole passeggere. Il capitolo “Terra”, al centro del volume, si presenta in dialetto . Un dialetto arcaico che rispecchia il vernacolo napoletano in uso nel paese di origine del poeta , Pietravairano. Anche qui la poesia si distende in versi che rincorrono visioni panoramiche o ricordi indelebili . per suggerire le fragilità improvvise o l’irrimediabile smarrimento di palpitazioni. Il tema dello scrivere rimane elegantemente attaccato alla tessera essenziale della scomparsa , per raccontare e per aprire colorati fotogrammi .
ANTONIO SPAGNUOLO

sabato 23 giugno 2018

POESIA = RAFFAELE PIAZZA


"Gita meridiana con Mirta"

Tu, Mirta, guidavi come una
donna nel luglio di un anno
fa e per Posillipo mi portavi
al Virgiliano Parco, tu, donna
per amico a vedere una conca
rosa di tramonto e dividevamo il
gelato mangiato in auto come
compagno e compagna. La forza
del sole su di noi ti illuminava
tu così bruna e così donna
mentre ti desideravo per gioco
voluto da natura e tu te ne accorgevi
e compiaciuta sorridevi.
Volevi, Mirta, la mia felicità
e ora anima di Dio mi sei vicina
nella stanza.
*

"Alessia e la luna d’arancia"

Sottesa a di Napoli il golfo
nel mirarlo nell’allegrezza
ragazza Alessia nel plenilunio
d’arancia luce ad accendere
di 18 grammi l’anima di Alessia
oltre la chiave di foschia diradata
e con nuvole grandiose il
firmamento nell’apparire
nell’estasi di Alessia nell’
intessersi con la luna d’arancia
il pensiero di ragazza fino
ai lieti colli dell’esistere
nel pensare alla superata
interrogazione di matematica
e al prossimo amplesso con
Giovanni pari a benedizione.
*

"Alessia s’innamora"

Festa a casa di Veronica
sottesa al primo lento
danzato da Alessia con
Giovanni nel desiderarlo
pari Alessia a una donna
in amore. Nella penombra
incontrano di Alessia
gli occhi quelli di lui e
s’innamora Alessia
(voglio mettermi con lui).
Poi si accendono le luci
e Giovanni sorridente
chiede ad Alessia il numero
del telefonino. Alessia
dà il numero e poi lui
sulla bocca di rosa la bacia.
Alessia vorrebbe stare
nella sua camera sola
a recitare il Rosario.
*

"Alessia entra nell’albereto"

Nell’albereto sotto la chiostra
dei monti azzurrini entra ragazza
Alessia in un soffiare d’aria
invisibile, vento da ovest
ad accarezzare Alessia nell’
interanimarsi al sembiante.
Attesa… poi Alessia nel
camminare nell’albereto
di querce centenarie. Storia
infinita della vita di Alessia
nel prato azzurro specchio
di cielo a tendere all’esistere
di gioia mentre Mirta anima
sente che le dice: non ti lascerà.
Poi lui arriva ed è la festa.
*

"Gioia prealbare di Alessia"

Subito viene l’aurora dal
raggio rosa a svegliare
ragazza Alessia dal bel sogno.
Anima di stella Alessia
nel gioire dell’amore ricambiato
nell’intessersi dei pensieri
con la carta velina dell’azzurro
del cielo. Sarò felice, pensa
Alessia nuda allo specchio
della vita e sono sinuosa
sensuale e naturale bionda
e ho occhi azzurri.
Ricorda Alessia dove era già
stata e squilla il telefonino.
*

"Alessia conosce l’amore"

Trepida sull’azzurro del mezzo
ragazza Alessia diretta a Monte di Dio
dove abita Giovanni al portone come
una donna giunge dell’antico palazzo
nel salire le scale di corsa e al terzo
piano giungere. Lui con un sorriso
apre la porta e di Alessia la vita.
(vuoi metterti con me, Alessia?)
Occhi negli occhi lei e lui
e gli legge l’anima Alessia
e poi ride nel baciarlo sulla bocca,
Non ha parole ragazza Alessia
e nell’estasi nel desiderarlo
l’amore conosce, sedici anni
contati come semi e una storia
nuova come Alessia che mai
aveva baciato sottesa a naturale
meraviglia e poi si spoglia.
*
Raffaele Piazza .

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO VITOLO

Antonio Vitolo : “ Varco amato – Canto di cuore” – Ed. Il Saggio – 2018 – pagg. 56 - € 8,00 –
Un anno intero di liriche , dedicate all’incanto della cittadina San Mauro Cilento , dove Antonio Vitolo per dodici anni è stato medico di guardia presso il locale presidio di Continuità Assistenziale. Vivere e lavorare in un luogo privilegiato dalla natura è stato l’elemento scatenante per una passione culturale di notevole interesse , un amalgamarsi alle illusioni e alle vicissitudini di un paesaggio che è spazio di vita e focolaio di speranze.
Il pensiero snoda qualche passo di preghiera tra i versi che schiudono una dolce intensità di sentimenti , ed il paesaggio si offre in momenti generosi di luce .
“Si sgrana il pietrame / sul bordo del prato / disegnando a schizzi,/ fiordi aculeati,/ il viale maestro./ E’ il rosario degli umili,/ sono milioni di ceri, / vampa distesa/ sulla via per l’eternità.”
Anche i ricordi sono “ filari di pensieri, cortei e litanie della mente / che attendono le impronte della sera.” Memorie che sono lampeggiamenti ricorrenti , semplicemente richiami di atmosfere accarezzate , ammicchi verbali nell’armonie della poesia.
Quasi pennellate multicolori i fraseggi per una processione verso la Madonna della Sala , una poesia particolare che lascia una impronta incisiva nella immaginazione del lettore.
Per il poeta la fragranza della natura è il linguaggio stesso che incarna la metafora ed il segno .
ANTONIO SPAGNUOLO

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIUSEPPE IULIANO

Giuseppe Iuliano : “A passo d’uomo” – Ed. Delta 3 – 2018 – pagg. 12 - € 2,50
Privo di retoriche illusioni , sia per la sua innata passione rivolta al territorio , sia per una sottile spiritualità del vivere , Giuseppe Iuliano presenta un elegante fascicolo , con sole dodici poesie . Un gioco di simboli e metafore che sgorga all’improvviso nella propria autenticità di scrittura . Un dialogare con se stesso e con il tempo che logora , per scavare tra le immagini , le verdure , il paesaggio, le intemperie , in una terra che lo accompagna quotidianamente per frammenti e suggestioni . Il motivo che domina , completa e unifica questa raccolta è senza alcun dubbio l’armonia morale e verbale che contraddistingue ogni pagina . L’ampiezza del canto stupisce per la sua singolare misura di equilibrio : un verso tagliato che recupera ad ogni passo la memoria in accorta regia con il tormento del sentimento ed il disappunto per la precarietà dei sussulti.
“Quando rammemoriamo ai figli / testimonianze da raccontare / voci ricordi ombre impastano di carne / la spenta polvere , mucchio di calcina / miracolo promessa del terzo giorno / insieme sepolcro e risurrezione./ Da quell’anno imploriamo anime sante / per me diversità di croci e nomi./ Matrigna la natura e la sua guerra.”
Schiaccianti, sotto il profilo psicologico , gli accenni che rimandano ad un ambiente umano e naturale continuamente provato dalla magia del provvisorio . Incredibile e pur tangibile esperienza di chi ama la luce e la vita.
ANTONIO SPAGNUOLO

venerdì 22 giugno 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = DARIO PASERO

Dario Pasero – Tèit Canaveuj -Altre riflessioni poetiche piemontesi----puntoacapo Pasturana (Al) – 2018 – pag. 164 - € 18,00

Dario Pasero è nato a Torino nel 1952. Dai primi anni Ottanta ha iniziato l’attività di scrittore (in prosa e in poesia) in lingua piemontese: sue composizioni sono apparse su riviste specializzate in Piemonte e altrove. Al suo attivo sono un volume di prose piemontesi e quattro di poesie.
Il testo di Pasero, che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta la stesura originale in piemontese a fronte e una prefazione di Herbert Natta.
Come scrive lo stesso autore nella premessa Tetti Canavoglio è un luogo, come si dice con formula di cui ora forse si abusa, “dell’anima”: un luogo che concretamente non esiste su nessuna carta geografica, ma che traduce sogni, pensieri, utopie, ricordi, malinconie… Il suo nome è costruito sull’unione di una forma toponomastica tradizionale piemontese, cioè Tetti (per indicare, per metonimia, “borgata”, come ad esempio Tetti a Dronero, Tetti Bagnolo a Carignano, Tetti Pesio a Cuneo e infine, e poi dite pure che il mio ego è ipertrofico, Tetti Pasero a Caraglio), e di una parola, Canaveuj (Canavoglio è il calco traduttivo da me creato), che significa “il fusto, lo scarto che risulta dalla lavorazione della canapa” (dal lat. volg. cannabulus), ma che nel suo uso metaforico ha il valore di “nullità, inezia” (abbiamo anche il modo di dire: esse padron dla ciav dij canaveuj, cioè “credersi importante, ma in realtà non valere nulla”).
Il nome del borgo rimanda dunque all’idea della solitudine, di quelle centinaia di borgate delle nostre montagne, specialmente del Piemonte meridionale (il sud del mondo non è solo il Terzo mondo: leggete o rileggete La malora di Fenoglio), ormai disabitate: borghi “fantasma”, in cui però la fantasia si sbriglia in mille rivoli e percorsi. Figuriamoci allora un paese che non esiste ed è, per di più, disabitato, se non dal poeta e dalle sue invenzioni (lessicali e immaginative).
La raccolta. Questa raccolta di brevi (e brevissimi) frammenti vorrebbe dunque essere come una sorta di diario “ideale” di uno spezzone “fantastico” di vita passata dal poeta in questo suo rifugio, rifugio dalla e della desolazione.
Prevale la densità metaforica, sinestesica e semantica e anche una certa magia della parola detta con urgenza nel delinearsi di atmosfere rarefatte e misteriose.
È messa in scena una natura neoromantica fatta di boschi nella quale le ultime baite sono stalle di pensieri e ricordi trascinati dalla slitta dell’io – poetante.
Sono presenti riferimenti ai Salmi e al libro di Giobbe.
Il senso del sacro in Pasero si evidenzia in un misticismo naturalistico e nella natura stessa s’inserisce la tematica dei santi nel rivolgersi per esempio a San Grato, vescovo di Aosta nel sec. V e protettore della città che protegge i campi e al quale viene chiesto di non strappare le gomene inquiete della nebbia.
Le visioni e le epifanie bucoliche sono dette in maniera sempre icastica ed efficace.
A volte il poeta realizza accensioni con fulminanti sinestesie come suoni senza limiti di gemme arboree.
Si proietta in un tempo che è il passato con descrizioni del pellegrino solitario che brama il vuoto del silenzio che si stempera.
Vengono detti in un contesto religioso paganeggiante il dio – agnellino che, figura tenera, dà al poeta la conoscenza profonda e il lupo come animale “totemico” e archetipico che, paradossalmente, potrebbe offrire protezione all’uomo per un’implicita inversione dei ruoli.
Tutte queste visioni evocate attraverso notevolissime raffigurazioni s’inseriscono nel non – luogo che è Tèit Canaveuj e divengono espressione della tensione di Dario verso una vita a misura umana, della ricerca di un microcosmo – rifugio già evocato da Pascoli la cui antitesi e l’infinito leopardiano.
*
Raffaele Piazza

giovedì 21 giugno 2018

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

“Viali”
Lungo i viali il muro che racchiude
i graziosi supplizi degli insetti,
orizzonte in ombre per declivi,
quasi a ripetere il tuo argento sfaldato,
resta sgranando cellule cerchiate.
Se fossimo coltelli arrugginiti
colpiremmo il baleno degli occhi,
per sorridere alle insensate reti
collegate al disfarsi delle foglie.
Ma una finta impennata nel richiamo,
completamente in trepido sbeffeggio ,
ripete il sogno del pane spezzato.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

mercoledì 20 giugno 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = PASQUALE BALESTRIERE

Pasquale Balestriere : “Assaggi critici” – Ed. Genesi – 2018 – pagg. 108 - € 10,00
Primo premio “I Murazzi” per l’inedito 2018 questo lavoro propone una raccolta di saggi ed articoli che si illumina in apertura della poesia di Orazio , per soffermarsi con esaustivo approfondimento sugli autori Dino Campana , Giorgio Bàrberi Squarotti , Paolo Ruffilli ,Maria Ebe Argenti, Carla Baroni, Franco Campegiani , Giannicola Ceccarossi , Umberto Cerio , Nazario Pardini , Gianni Rescigno , Serena Siniscalco , Antonio Spagnuolo , Umberto Vicaretti. L’ampio panorama svolto è senza alcun dubbio di interesse particolare , perché cerca di puntualizzare lo stato della poesia , nel processo di elaborazione che attraverso i secoli ha prodotto significativi punti di riferimento – Orazio rimane ancora oggi il faro della perfezione con il suo fascino evocativo che attanaglia sentimenti e quotidianità . Con un salto acrobatico nel tempo ecco che Balestriere propone, con arguzia ed ottima scelta , stile e scritture contemporanee , scegliendo alcuni rappresentanti che hanno pubblicato volumi certamente armoniosi e contraddistinti da fortunati consensi critici. Dalla potenza ed immortalità della Roma dei Cesari, con il fascino dolce della poesia, alla narrazione del sogno nella singolare armonia indagata . Dalle suggestioni , allusioni , ammiccamento di uno strano amore alla ribellione contro il male smisurato . Dall’impegno esegetico e critico alla misura ludica della bellezza e dell’armonia. Un puzzle che connette la purezza della scrittura e propone una identificazione nel vortice di alcune presenze di talento indiscusso.
ANTONIO SPAGNUOLO

NOTA CRITICA = PER VELIO CARRATONI

-- PASSIVE PERLUSTRAZIONI ---
"Curioso, per un autore maschio scrivere la maggior parte dei racconti
declinandosi al femminile. Prova ardua perché presuppone una buona dose
di arrogante coraggio che non tutti possiedono. Ma scrivere è anche
osare, sopratutto se il fil rouge che percorre i racconti è il sesso,
come pulsione predominante, rivisitata dalla periferia del pensiero, e
da un punto di vista che rimane estraneo se non a Tiresia. Nei racconti
trasudano liquidi, peli una selva di odori, e così accade che "l'unico
contatto con la realtà è il sudore"...

Si tratta di amori fatti sveltine, con zombi che si trascinano per Roma
con "azioni neo inani". Oltre gli zombi si intravedono una serie di
esemplari da circo che fanno ricordare le atmosfere della "La grande
bellezza", e ci si aspetta che da un cantone di Roma spunti un tipo alla
Jep Gambardella. Ma il tono degli antieroi nei racconti è volutamente
caratterizzato da un profilo smarrito, fatto di lolite, frustrati e
personaggi ambigui che si muovono tra amori proditori e vite profanate
dall'insoddisfazione. Professionisti del normale ed illusionisti della
vita ("di corpi ce ne sono troppi. Di pensieri sempre meno") proiettati
in una ricerca che non si governa, una "Passiva perlustrazione" in una
moderna Roma decaduta." ---(Gianluca Di Stefano)

martedì 19 giugno 2018

POESIA = MONIA GAITA

"Dall’attrito"

Stasera il cielo è nero.
Non una stella dentro i suoi fondi di bottega.
Non ho mai preso il brevetto da pilota
e ho dato le tue briciole ai miei uccelli.
E quel che è certo: erano poche
ma a me sapevano di buono
e le lasciai cadere nella stanza.
Ti scavalcai veloce le montagne
e mi sentii come un morente
tornato vivo per incanto.
Più alte delle nuvole
guizzarono le vampe.
Io ne schivai l’attacco con un balzo.
Versai il tuo fuoco in una ciotola gigante,
lo alimentai con foglie, rami e legni grossi.
Chiamai a raccolta tutte le mie forze.
E dall’attrito delle pietre
ancora scaturiscono scintille,
numi che sventrano la notte,
che ignara mi sorprendono
al peso di noi.
*

"I tetti del respiro"

La grandine tempestava il mio selciato
ma io ero di tempra forte,
torcevo il naso del rifiuto con un dito.
Quando il dolore mi scoperchiava i tetti del respiro
io avevo ancora un tisico alberello di reazione,
un forse titubante,
un tiepido sorriso.
E tra le zolle promiscue dell’inganno
io ti cercavo,
ti camminavo di traverso sulla pelle,
ti disegnavo a tratti fermi lungo il cuore.
Poi la frattura
che trasportò a valle i tronchi della fine.
Dall’umida parete trasudasti come un’acqua
e a sorte, dal buio, io trassi una moneta,
ne trangugiai l’amaro fino al pozzo:
era il tuo volto,
seguiva la mia traccia.
*

"Il nibbio"

C’è un rumore nel tuo nome
che penzola dai corpi,
scavalca la caligine dei sensi,
ricade mollemente lungo il foglio.
E c’è una disputa che sa di slogatura,
nessuno può vederla dietro il vetro,
come un ruscello
gorgoglia nei distretti.
Eppure io ti consegno quest’anima sbavata,
quest’anima mia incurva,
incredula e feroce.
Prendine i semi della colpa,
isteriliscine il degrado,
io devo improvvisare un’altra scena…
Forse posteggerò
in una rimessa più sicura,
forse la noia
mi avvolgerà nelle sue chele.
Forse tu sarai il nibbio
che afferra i pesci al volo.
“Hai il becco un po’ salato – ti dirò –
fa’ presto, mi fai male!”
*
MONIA GAITA
*

Monia Gaita è nata a Imola(BO) il 7-11-71 ma vive da sempre a Montefredane, paese d’origine in provincia di Avellino. Giornalista, ha all’attivo le seguenti pubblicazioni: Rimandi(Montedit-2000), Ferroluna(Montedit-2002), Chiave di volta(Montedit-2003), Puntasecca (Istituto Italiano Cultura Napoli-2006) , Falsomagro(Editore Guida-2008), Moniaspina(L’Arca Felice-2010), Madre terra(Passigli-2015).

Promotrice culturale, scrive su importanti riviste web e cartacee. E’ inserita in numerose antologie e sulle principali testate nazionali online. Diversi sono i saggi dedicati alla sua poesia. Porta avanti nella sua Montefredane, con la Proloco che presiede, il Premio di Cultura “Oreste Giordano”, una manifestazione che vede premiate ogni anno, eminenti personalità del mondo giornalistico, della poesia, della scrittura, dell’arte e della scienza.

lunedì 18 giugno 2018

POESIA = AURELIA IURILLI

"Idilio"

“ Aquel sencillo idilio
de caras inocentes.”
J. Ramón Jiménez
******
Da quel lato scende gentile la china.
Scende. Ma l’uliveto che
in quella si distende come
lenzuolo sciorinato al sole,
è arso dall’estate.
Si direbbe che le foglioline si sono accartocciate su sé stesse.
Nella pioggia del vago autunno a venire saranno verdi e cineree. La chioma
ombreggia come ritaglio di macramè e filigrana.
E lei, la stuprata non ancora femmina è lì velata
dalla svolta del sentiero
in quel gioiello d’ombra ai piedi dell’ulivo.
Fuggevole, l’orizzonte suo le socchiude la fenditura dell’occhio.
Colei che donò il pacifico ulivo domina il meriggio.
*
AURELIA IURILLI

sabato 16 giugno 2018

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

"Orizzonti"
Quando i miei libri chiudevano un peso,
che oggi appare semplice conoscenza,
quando tu rincorrevi il ritmo che ci avvolse,
il mio tormento si apriva alla pioggia di autunno
con lo sguardo impietrito.
Bianche le tue braccia improvvise esplosioni
di bagliori,
e l'ombra tua in angolo ad ascoltare
i motivi del vento.
Ora che il tempo della solitudine
avvolge i silenzi
la tua presenza ha sconfinati orizzonti,
e non ha nomi
se non di celesti ritorni.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

POESIA = RAFFAELE PIAZZA


"Alessia esce a contemplare le stelle"

Di plenilunio notte di manto
di luminosità il Mediterraneo
a pervadere e in men che non
si dica esce nel bosco Alessia
le stelle a contemplare nel sembrare
sospese agli aghi di verdi pini
sui rami dei sogni belli.
E sta infinitamente di vedetta
ragazza Alessia nel tessere
dei giorni la tela prima di dire
pronto al telefonino che alle
due di notte squilla. Vede il
numero Alessia. È lui!!!
È lui!!! È lui!!!
e questo basta.
*

"Alessia pattina sul lago ghiacciato"

Nordica vacanza per ragazza Alessia
in luoghi vicini all’Antartide con Giovanni
a scaldarsi nell’Albergo degli Angeli
e a fare l’amore. Su pattini portafortuna
poi sfreccia sul lago gelato Alessia
in prossimità di un tempio e fa arabeschi
sul ghiaccio al culmine di una controllata
estasi. Bella la vita pensa Alessia e spera
di non essere rimasta incinta
(se lo sono pensa Alessia terremo il bambino
lui guadagna bene in banca e io € 1000 al mese
da commessa).
*

"In memoria di Mirta"

Il mio orizzonte senza te, Mirta,
poco resta nelle camere della
casa e della mente e ti vedo rediviva
anche se ti sei tolta la vita.
Sono tornato dove ero già stato
la tua villa con giardino unica
come te amica dai tanti amanti
e un cuore di ragazzina. Se mi stavi
a sentire ora avresti ancora
un corpo tu anima di Dio.
Mi sei accanto donna dei boschi
in quell’altrove o oltrecielo
e a volte sei a casa mia o mi
vieni nel sogno più bello
nella notte che non mi fa paura.
Sono nella tua villa dove torni
oltre la chiesa dei responsi
dove entravi e trovavi pace, Mirta.
*

"Alessia danza per Giovanni"

Villa Malena è di Alessia
il luogo della serata di flamenco.
Mirta ha il ballo insegnato
di sorgente andalusa a ragazza
Alessia, Mirta che si è ammazzata
undici mesi fa. Pensa a lei
Alessia nel danzare per Giovanni
in prima fila nella sala e spera
che non la lascerà e crede
che nel sabato dell’infinità
la porterà al Parco Virgiliano
a fare l’amore. Si distende
Alessia nelle membra, si scioglie
e sa di ballare bene.
Ha fatto il Rosario Alessia
e l’aiuta nei movimenti la
Madonna. Poi sudata Giovanni
bacia sulla bocca e così continua
nell’infinita storia.
*

"Bouquet"

Viene il raggio rosa a tessere
prealbare lei rimane
sveglia nella notte di pace sanguata
venite dice il coro delle vergini
hanno invitato al matrimonio
le amiche
venite a cogliere la tinta del grano
e lei alle 6.39 ha spenta la candela
si fa bella per le nozze
se non è la sposa
viene il rosa del raggio
il bouquet cade tra le scale e lei
lo prende, vieni Serena tra le mie
spire un urlo modulato
dell’amante
e ora manca solo il gioco
per il figlio l’albergo per
Cannes è prenotato.
*
Raffaele Piazza

venerdì 15 giugno 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = ELIO GRASSO

Elio Grasso : “Lo sperpero degli astri” – Ed. Macabor 2018 – pagg.62 - € 12,00
Novantuno componimenti , tanti quanti i giorni di una stagione . “E’ il numero triangolare e somma perfetta dei primi 14 numeri” – così scrive Elio Grasso in una breve nota a conclusione del volume , una specie di frase indovinello per chi voglia giocare con le pagine e con le parole . Ma la poesia si mostra come colore , come qualità delle cose , a sua volta preformata come complesso musicale e tratto primario del taglio di una contesa, secondo l’intera policromia della fragranza. Per il poeta il ritmo rischiara, e concede l’apparire e lo scorgere quella luminosità, che assume l’aspetto del suono . Qui le figure alternano equilibri di paesaggi ad improvvise visioni , fragranze di fogliami ad avventure di libri , balzi profumati di aprile a scontrosità da lupi , passaggi nel sottobosco a sussulti leopardiani , invocazioni per il tramonto a rincorse del sesso. Poesia che ricuce spaccature ed esalta il ritmo privilegiato del racconto , tutto intessuto in una personale intensificazione nel tentativo di allontanare da se ogni illusione. Superficie e profondità hanno l’apparenza dei suoni che il cielo-ambiente riconcilia nel vivere quotidiano, mentre la ricerca dell’altro da se è nella conquista delle identità degli astri , che vagano nello spazio e nel tempo. La tensione esplorativa si carica di energia e procede per contaminazioni e sconfinamenti , per correlazioni e connessioni, per sfioramenti celesti e affondi turchini , a catturare il sogno impregnato di illusioni , alla ricerca di un universo stellare , guidato al fantasma onnipresente dell’immaginazione. La poesia di Elio Grasso ha inconsce fonti affettive ed interagisce con inquiete associazioni di immagini , dal lume del mare con i suoi “tremori dell’onda” alle “annose fatture per litanie presunte e per cosce divaricate” , dall’ultimo “talamo che sembrava compagno del freddo” alla rivolta per “lo scudo della giustizia”. L’immaginario infine è gemmazione spontanea e rivelatore di un tempo frantumato nell’inconscio .
ANTONIO SPAGNUOLO

giovedì 14 giugno 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = FELICE SERINO

Felice Serino – "Lo sguardo velato" - (poesie 2016 – 2017) Ed. www.poesieinversi 2018

Felice Serino, nato a Pozzuoli e residente a Torino, autodidatta, è un poeta che ha ottenuto numerosi consensi critici e che ha vinto molti premi letterari. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia.
Gestisce svariati siti su Internet di ottimo livello e qualità, che ospitano anche poeti prestigiosi. E’ stato tradotto in otto lingue.
"Lo sguardo velato! è una raccolta costituita dalle scansioni La vita nascosta e Transiti e sospensioni e presenta un’acuta prefazione di Angela Greco.
Cifra essenziale, che connota la poetica del Nostro, di raccolta in raccolta, è una vena originalissima che parte da una visione del sacro, visto sia in maniera trascendente che immanente. Serino si pone nei confronti della realtà, del mondo, del cosmo, che nella nostra contemporaneità spesso diviene caos, inizialmente come creatura che anela ad un essere superiore tramite una religiosità che supera e va oltre le forme confessionali e ritualistiche della Chiesa.
Sono nominati da Felice Dio, Gesù, la Madonna e soprattutto gli angeli, ma il poeta non cade nel dogmatismo, credendo in un amore interessato per Dio, in un rapporto con Lui non mediato, tipico dei mistici, e che trova la sua realizzazione, il suo inveramento proprio attraverso, le sue poesie, che presentano unitarietà del discorso e coerenza. Proprio in questo modo e in tal senso egli da creatura si eleva a persona, che vive criticamente in una società, relazionandosi con essa secondo una sua personalissima visione del mondo. Tema essenziale del suo riflettere in versi è quello dell’amore per la vita, che lo porta ad una certa forma di ottimismo. Per Serino l’esistenza umana è degna di essere vissuta e anche la morte non è considerata come la fine di tutto, ma come il passaggio dalla transitorietà all’eternità Secondo la sua concezione già abitando in un corpo siamo infiniti.
Non solo i contenuti sono originali nel poiein dell’autore, ma anche la forma dei suoi testi in massima parte brevi.
Il poeta attraverso gli occhi si rivolge alle cose che lo circondano, che vengono trasfigurate in versi, divenendo cariche di senso e di pathos. Ecco dunque il sentire di Serino in Lo sguardo velato, che esprime la stabile tensione del poeta verso l’universo e anche verso il microcosmo. Il libro è costituito da componimenti tutti forniti di titolo. Lo sguardo velato potrebbe essere letto come un poemetto vista la sua unitarietà e tutte le poesie che lo compongono fluiscono in lunga ed ininterrotta sequenza e sono risolte in un unico respiro.
S’incontrano diversi interlocutori in questa raccolta, ai quali l’io-poetante si rivolge, figure che sono Dio, Gesù, gli angeli e anche esseri terreni dei quali ogni riferimento resta taciuto. Una vena epigrammatica connota il dettato del poeta che pratica una poesia neolirica. Si notano precisione, velocità, leggerezza, icasticità, grazia e armonia nel versificare di questo autore. A volte il tema del sacro si coniuga con quello della classicità, in versi sempre luminosi e controllatissimi.
Serino continua ad elaborare la sua personalissima e originale ricerca letteraria. Se la poesia è in sé stessa sempre metafisica, si deve mettere in evidenza che, di raccolta in raccolta, Felice riesce a produrre componimenti collegati tra loro che, oltre ad essere metafisici, sono connotati sempre da un forte alone, o ancora meglio, da un’aurea di sorprendente misticismo postmoderno.
Il suddetto si può evincere, sia in testi che hanno come oggetto o tematica figure tratte dall’immaginario religioso, come il Cristo o gli angeli, sia quando il poeta proietta la sua vena trascendente in situazioni del tutto quotidiane, nelle quali l’io – poetante e le varie figure protagoniste, dette con urgenza, sono in tensione appunto verso l’infinito (e qui giocano un ruolo importante le tematiche della nascita e della morte).
Il senso del sacro qui trova la sua espressione estrema, rispetto alle raccolte precedenti del Nostro, nelle quali già si notava.
I componimenti sono tutti connotati (e non potrebbe essere altrimenti per quanto già affermato), da sospensione e magia che si realizzano nei versi icastici, veloci e leggeri. Stabile è la tensione verso il limite nella ricerca dell’attimo in senso heideggeriano, della vita oltre il tempo degli orologi. Così Serino produce tessuti linguistici pieni di illuminazioni e spegnimenti, nei quali è visibile una luce, velata nello sguardo, che è appunto quella di una realtà soprannaturale, che si proietta tout-court in quella delle nostre vite, restituendoci una notevole carica di senso.
Poetica mistica, dunque quella di Serino, la cui cifra essenziale è quella di una parola che scava in profondità per riportare alla luce l’essenza dell’esistere in tutte le sue sfaccettature.
Molto diverso l’approccio poetico al sacro di Felice rispetto a quello di David Maria Turoldo
I poeti in generale, e tanto più Serino che oltre ad essere un poeta è un mistico, nel loro pensiero divergente, trovano la felicità in altri modi e la vita nascosta di cui ci parla il Nostro è una vita parallela a misura umana perché sottende l’atto di fede nell’esistenza dell’eternità e non la credenza nel nulla eterno foscoliano.
*
Raffaele Piazza

lunedì 11 giugno 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = SAURO DAMIANI

Sauro Damiani : “Quartine e altre poesie” – Ed. La Torre – 2018 - pagg.88 - € 12,00
Potrebbe apparire anacronistico il tentativo di comporre quartine classiche , con rime perfettamente ricercate , oggi che tanta poesia si propone con versi sciolti infinitamente lunghi , e con arrangiamenti quasi in prosa . Ma Damiani non teme , e con una preparazione culturale di tutto rispetto ecco che sciorina ben settanta quartine , tutte elegantemente predisposte in “una concezione domenicale della poesia” che accarezza il canto con delicatissima singolarità. Sono componimenti che suggeriscono pensieri e figure in uno splendore ritmico che cuce meridiani , che costruisce castelli di sabbia , che spazia tra luci ed ombre.
Lettura gioiosa anche quando il tocco della filosofia propone ripensamenti ed attenzioni verso le sfide che il quotidiano propone. “Caduti tutti i denti ed i capelli, / candidi come neve, giù anche quelli. / Nulla mi resta , tutto è andato via ./ Ho conservato solo la follia.” Il poeta non perde tempo in arzigogoli inutili , ma va diritto al confine che non ingombra, al grido che cerca di trasformare la scena , ai castelli di sabbia che si sbriciolano al vento, al desiderio inespresso di afferrare la verità.
ANTONIO SPAGNUOLO -

SEGNALAZIONE POEMETTO = RAFFAELE PIAZZA

RAFFAELE PIAZZA : - ALESSIA POEMETTO ON –LINE AL LINK www.rossovenexiano.com/alessia

Chi è Alessia?
Una ragazza vera, da guardare, toccare, abbracciare, amare?
Un ricordo? Un sogno? Un'illusione?
L'immagine riemersa dal tempo, della ragazza, della donna ideale?
Chi è Alessia? Me lo chiedo mentre la seguo - o mi segue lei? - nelle sue peregrinazioni, nelle varie tappe del suo percorso, amorevolmente guidata dalla penna leggera ed insieme intensa di Raffaele.
Mi sembra di vederla, fresca, nuova, bionda, vestita di rosa, nel suo affacciarsi alla scoperta del mondo, all'amore del suo Giovanni, alle varie esperienze che si presentano all'alba della sua vita di ragazza.
So che Raffaele-Giovanni la tiene per mano con fermezza e dolcezza su quella strada aperta, in questo delicato poema, pieno d'un lirismo senza sdolcinatura, intriso di colori, di acque e tramonti, di sentimenti forti ma pieni di pudore, un poema che si dipana in strofe, il tempo d'un'estate, in scansioni di grande musicalità, nel fluire di parole simili alle note di una ballata, al volo lieve d'una libellula.
Sto ora con Alessia, a Roma, a Piazza Navona, passeggiamo poi sul Lungotevere. Penso sia primavera avanzata perché mi fa assaggiare una fragola forse comprata al mercato di Campo dei Fiori. Volano i colombi nel cielo terso.
All'immagine di Alessia si accompagnano ora liquide onde, paesaggi lacustri,non più colombi ma rondini sfrecciano in un cielo arricchito di nuvole grandiose dalle forme più varie. Alessia diventa creatura acquatica, pianta stellante. La vita la attende, ricca di promesse rosapesca, della meravigliosa attesa d'un ignoto felice dietro il bosco.
E' scoppiata l'estate piena, un agosto di sudore e buoni sogni per il diario segreto, perché ci troviamo ora nella camera segreta dei giovani amanti. Ma non voglio essere indiscreta e li lascio alle loro tenere effusioni.
Ci meraviglia nuovamente un tripudio di colori, bandiera sventolata per festeggiare l'amore: cielo cobalto, rose rosse, Alessia bionda di 20 anni. Che sia un quadro di Monet con le rose al posto dei papaveri!?
Ho appena saputo che siamo nel 1984, 34 anni sono passati, ma è come se fosse ieri, tant'è precisa la narrazione, vivido il ricordo.
Ma le stagioni corrono: è arrivato il tempo delle mele, rosse nella cesta appoggiata contro il vestito rosa. E' arrivata anche la brina.
Entro timorosa in un'altra cameretta. Cameretta asettica, nella quale sembra Alessia sia stata in pericolo, affetta da qualche male.
Ormai guarita Alessia, al risveglio nel lenzuolo. Attimi verde-acqua dedicati all'attesa di Giovanni e alla voglia di correre di nuovo scalza sul mare"
Sono stati 40 giorni lunghissimi, 40 giorni di collana grigio perla. Ma riemerge da questa prova, Alessia, più bella e stella che mai, oltre il velo della nebbia.
Ora è tornata a casa, ripensando ai lieti colli dell'anima e all'ultimo amplesso.
Il biondo dei capelli, del tramonto l'arancio, per colorare la vita, che vince, oltre la linea del pensiero del giardino.
E poi? Raffaele e Giovanni non ce lo dicono. Esiste ancora Alessia nella loro vita? E' mai esistita? Facendo sordidi conteggi... ora dovrebbe avere 54 anni... Ma richiudiamo piano il sipario su questa dolce favola giovanile di apprendimento in cui si mescolano i colori della natura e lo sboccio dei sentimenti, e lasciamoci cullare a lungo da quelle onde di parole cieli laghi e mari, che ci hanno trasportati in un'atmosfera di nostalgia e tenerezza.
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Edith Dzieduszycka - Giugno 2018
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domenica 10 giugno 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = EDITH DZIEDUSZYCKA

Edith Dzieduszycka – Squarci- Edizioni Progetto Cultura – Rende (CS) – 2018 – pag. 179 - € 12,00

Di origine francese, Edith de Hody Dzieduszycka nasce a Strasburgo, dove compie studi classici. Attratta sin da giovane dal mondo dell’arte, i suoi primi disegni, collage e poesie risalgono all’adolescenza passata in Francia. Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive, nazionali ed internazionali e si è dedicata alla scrittura. Ha pubblicato numerosi libri di poesia, fotografia, una raccolta di racconti e un romanzo.
Il testo dell’autrice che prendiamo in considerazione in questa sede è strutturato in tredici racconti poetici che presentano i seguenti titoli: Battaglia, Fantasmi, Trasporto, Pagina bianca, Traversata, Loro, Genesi, Desprofondis, Prisma, Il vestito rosso, Piccolo, Rovelli, Post.
La raccolta include la prefazione di Giorgio Linguaglossa esauriente e ricca di acribia e note critiche dello stesso Linguaglossa e di Luigi Celi.
In copertina fotografia della poetessa e grafica di Lucio Mayoor Tosi.
Come scrive la scrittrice in una nota introduttiva questo libro contiene 13 storie, alcune delle quali già pubblicate come racconti anni fa, poi modificate e trasformate qui in poesie.
Il titolo Squarci non rimanda ad un solo significato perché la parola indica una profonda lacerazione, un’apertura tra le nuvole e anche un brano o un passo particolarmente interessante di un’opera letteraria. Si può ritenere che la poeta dando questo nome all’opera sia stata conscia della polisemia del termine.
Cifra essenziale della poetica espressa in Squarci è quella di una vena intellettualistica, riflessiva e speculativa.
A livello semantico si notano nel testo un’oscurità e una complessità maggiori rispetto alle raccolte precedenti di Edith.
Anche una vena affabulante caratterizza i componimenti di Edith tutti suddivisi in strofe, che potrebbero essere considerati come dei poemetti autonomi uno dall’altro nella loro sequenza.
In Battaglia, il primo dei brani, è affrontato il tema della vita – lotta, dell’esistenza vista non pessimisticamente ma realisticamente come una battaglia quotidiana nella quale, come direbbe Montale, tutto è sempre da ricominciare.
Del resto Edith ha ragione in questo: ontologicamente in ogni cultura essere adulti è sinonimo di difficoltà, ostacoli continui da superare per cui sono molto coerenti con questa sensazione i versi Inventare una storia, Scavare nel mucchio e Puntare come un cane/ seguire le tracce.
Se l’inferno sono gli altri vanno a pennello i seguenti versi in Battaglia: - “…/Se si ribellavano allo strapotere/ di chi avrebbe potuto decidere al loro posto/ di chi li avrebbe trasformati in marionette/in fantocci senza volontà/ costretti a promiscuità indesiderate/ matrimoni forzati separazioni dolorose…”
L’autrice restituisce benissimo la presenza dell’alienazione dell’uomo contemporaneo che, detto in poesia, ritrova il suo riscatto proprio nell’essere esposta con urgenza.
Negli altri poemetti vengono trattati i temi più svariati come, per esempio, quello della famiglia.
Comune denominatore dei 13 brani è quello di una scrittura avvertita e icastica, originalissima per forma, stile e contenuti.
*
Raffaele Piazza

sabato 9 giugno 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARZIO PIERI

Marzio Pieri "Enlures" - (2018, Fermenti, pp. 114, € 15,00)


****
1) Sei sempre lo stesso saltimbanco o trapezista che sia che in tempi ormai lontani attirò la mia simpatia e subito anche generò l’affetto che conservo per te. Sei capace di saltare da un testo a una foto a un grido anche di gioia come risulta dal libro che mi hai fatto mandare da Velio. (Nino Borsellino)

2) Ho letto e, in parte, riletto Enlures traendone tutto il godimento e il profitto che ricavavo dai pezzi che inviavi al fu-Dedalus (ti ringrazio, anzi, di averlo rammemorato). Hai ragione a dire che scrivi i libri che ti piacerebbe leggere, ma è perché si tratta di libri che solo tu sei in grado di scrivere. Tu e, magari, anche Arbasino. Solo che il dandysmo del vogherese volge di regola al fru-fru sapiente e salottiero, mai 'kattivo'. Il tuo barocchismo helzapoppin' ha invece, non di rado, un timbro tagliente, ispido, quando non malmostoso. La grana dell'erudizione si alleggerisce nell'ironia. (Marco Palladini)

3) "Enlures di Marzio Pieri, fantasmagorico libro (con lo stigma della genialità d'un vero scriba). Leggerlo è una delizia rara." (Stefano Lanuzza)

4) Ho appena ricevuto il libello ardente come il roveto di Mosè, dove a sfuculiare nel mucchio, si snidano scarabei e fuochi fatui che chi s'è visto s'è visto. Siamo in piena zona pirotecnica postmarinettiana della memoria. (...) questo ultimo libro è un alveare. vivo. Dove le trovi tante memorie al suon del percosso rame? Grazie di questa nuova liturgia della parola e delle idee. (Gianni Gori)

5) Il Marzio di Enlures non è un applicatore ma uno sprigionatore di risorse che si inventano sul nascere. E la nascita diviene musica, ritmo, scrittura, invenzione, immagine. Creatività per condizionare tempo, limite, ricordo. Scintille da giocoliere, senza remore. Inizio e fine. Zibaldone sregolato. Può essere anche cibo, sapore. Soprattutto poesia. Al di là dell'arte, che pur infinita in senso wagneriano, diviene spesso limite. A causa della finitezza di ogni storia, al di là della quale c'è l'esperimento non da baro, ma da gioco in progress. (Gemma Forti)


SEGNALAZIONE VOLUMI = FLORIANO ROMBOLI

Floriano Romboli : L’azzardo e l’amore – (la ricerca poetica di Nazario Pardini) – Ed. The writer – 2018 – pagg. 144 - € 14,00 –
Exursus luminoso ed esaustivo attraverso la lettura ed il commento delle opere di Nazario Pardini , il quale offre con il suo personale accento culturale un panorama eccelso , indubbiamente cesellato da armonie ed autenticità.
Esame critico , questo che viene dedicato a volumi di versi, che fanno parte di una produzione organica ed unitaria, composta attraverso decenni di militanza tra i sentieri di una vita dedicata con passione ed amore alle immagini che la poesia riesce a creare nel nostro intimo subconscio .
Il poeta propone variazioni ed elaborazioni di molteplici temi che spaziano dalla memoria allo sgomento , dalle illusioni all’invito , dal documento al panorama , dall’inattingibile al misterioso , per rincorrere uno straordinario intreccio di completezza ed appagamento, tra la fugacità del tempo e la fragilità del pensiero .
Floriano Romboli , con una ricercatezza certosina, spulcia i vari tomi e ne evidenzia pagine per chiarire il suo dettato , mediante la sospensione e la mediazione dei versi , adoperando un suo regesto testuale a maglie ricucite e richiamando all’attenzione del lettore passaggi limpidi e musicali.
Ogni giudizio è sospeso ad una illuminazione intuitiva, tra la via identificativa ed il pretesto che serve ad organizzare e collegare le pagine del poeta . Una molteplicità fenomenica che ben delimita e delinea l’orizzonte , che rincorre le luci ed imprime le magie che l’opera poetica è capace di realizzare.
ANTONIO SPAGNUOLO

POESIA = MICHELE DE LUCA

"PER PRINCIPIO"

Ordine metallico
ordine vasto
metrica del dire
Rotolo di voce
panno leggero
per effetto di vento e limone
Tengo a dirti del rumore
della vasta semplicità australe
dell’apparire leggero d’un motivo
della sincera equazione addivenuta
Per poco che conti
la specie strana
la strada maestra
il duplice sentiero della sfida
Angolo di grazia
organo della memorabile presenza
Senza tatto né paura
volo solo
per principio.

*

"NEL TEMPO"

Carte avanzi
scritte metodi
forme ricorsi elegie
traumi metodici
influssi d’apocalisse
stereotipie trasversali
minute d’annata
gioie e miracoli
d’avanzata virtualità
Smemora questo tempo
rendilo vacuo e inintelligibile
come aria vento soffio
condensato e consunto
come azzurro contrasto autunnato
Cerchia di fiaba
la trama e il divenuto
E’ la fiamma che oscilla
il campo non arato
la semplice cerchia del giorno
mosso d’un tratto
dal sussulto dal fiato dal senso
d’odierna solitudine
Dalla carta velata
dal gesto dal piano
del presente accaduto.
*


MICHELE DE LUCA
*

Michele De Luca è nato a Pitelli, La Spezia, nel 1954. Artista e poeta, lavora da tempo in pittura ad una distintiva e meditata linea di astrazione che vede nella luce un dato di costante riferimento. Ha esposto in gallerie, fondazioni e musei in Italia e all’estero. La sua parallela ricerca visiva e letteraria tende all’analisi delle forze primarie. Vive in Liguria e a Roma, dove insegna all’Accademia di Belle Arti.
Dagli anni ’80 sue poesie e materiali sono usciti sulle riviste: Lettera, Tracce, Nativa, Carte segrete, Salvo Imprevisti, Il Cavallo di Troia, Palomar, Artista-Arti segrete, Poiesis, Galleria, Origini, Il Cobold, Terra del fuoco, Il Falco letterario, Le Reti di Dedalus, Revista Conta, Malacoda, Contact international; e nelle antologie: Trame della parola (la nuova poesia italiana degli anni ’80), a cura di Antonio Spagnuolo, Tracce, 1985; 1° Quaderno di Invarianti letteratura, a cura di Giorgio Patrizi, Antonio Pellicani Editore, 1989; Frammenti imprevisti, Kairòs, 2011; Enciclopedia degli autori di poesia dall’anno 2000, vol. 1, CFR, 2012; L’evoluzione delle forme poetiche, Kairòs, 2013; Glocalizzati, deComporre edizioni, 2014.
Ha pubblicato: Non condirmi di senso, a cura di Alberto Casiraghi, Pulcinoelefante, Osnago, 2008, il volume antologico Altre realtà, Poesie 1982-2007, prefazione di Stefano Giovanardi, Quasar, Roma 2008; Episodi del diluvio, poemetto in dodici canti e tredici tavole a colori, Edizioni e Galleria Roberto Peccolo, Livorno, 2015; Parvenze, prefazione di Marzio Pieri, Eureka Edizioni, Corato, 2017.

venerdì 8 giugno 2018

POESIA = RAFFAELE PIAZZA


"Mirta dopo quasi un anno"

Amicizia fiore raro hai ancora
per me dall’oltrecielo ora che
non sei più carne ma solo anima.
Il tuo suicidio mi turba e il giorno
prima ridevi come una donna
ma eri infelice. Poco rimane,
la rivista con la tua grafia bella
e il pacchetto da te toccato
nel cassetto ma, Mirta, ti sento
ancora viva mentre scrivo
e affido al mare del web il messaggio
per te "ti voglio bene".
*

"Alessia nel jet azzurro"

Sopra delle nuvole il candore
nel jet azzurro ragazza Alessia
aereo pari a rondine incielata.
Trasale Alessia nello scorgere
il paesaggio a iridarsi nella mente
mentre continua la storia della
vita sedici anni contati come semi.
Pensa all’aeroporto di Stoccolma
dove sta ad attenderla
Giovanni. Sul sedile accanto
di un anno un bambino ride.
Voglio un figlio pensa Alessia
ma ora dobbiamo fare attenzione
perché fa parte dell’amore
*

"Alessia studia la vita"

Devo impegnarmi per non essere
da Giovanni lasciata, pensa Alessia
nel risveglio e prende il diario
rosa confetto e la penna nuova
e trascrive il sogno più bello.
Poi le regole per non essere
da lui abbandonata
Vestire sempre bene è ovvio
1) Parrucchiere due volte la settimana
2) Biancheria intima nera
3) Non tradirlo
4) Usare il profumo che mi ha regalato
5) Non telefonargli mai
6) Regalo una volta al mese
La mia vita è Giovanni e devo fare la brava
perché forte come la morte è l’amore.
Telefona Giovanni ansia a stellare Alessia
nel ridere come una donna.
*
Raffaele Piazza

mercoledì 6 giugno 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = MASSIMILIANO CICORIA

Massimiliano Cicoria : “Quarantatrè” – Ed. Compagnia dei trovatori – 2018 – pagg. 80 - € 10,00
Con una dotta ed esaustiva prefazione di Piero Antonio Toma , che introduce alla lettura con un arguto dettato critico , il volume offre un panorama stilistico molto personale , con il verso brevissimo , quasi sempre composto da una sola parola , martellante per il ripetersi del ritmo, che insiste nel timbro e nell’ascoltazione di una voce recitante, la quale risuona ed incide , così come si allineano i pioppi lungo il tempo dei silenzi.
E la natura è il tema dominante di molte poesie , nella ricerca di un luogo o di un nascondiglio , di un’immagine o di un panorama , per la ininterrotta registrazione di sensazioni e visioni , particolari eleganti o astrazioni colorate.
“Non ho/ con te/ universo e cattedrale, ma/ pupille di pietra lavica,/ dubbio e/ declinazione temporale dell’ora./ Sei viaggio/ terrestre, iperbole/ totalmente / umana: persisti senza causa./ Sei peso, inizio e/ postulato/ azzurro.”
Un rincorrere frenetico che si inserisce tra onirico e realismo , in uno scorrere di sceneggiature e di memorie , quasi messaggi che partono dal profondo subconscio e si manifestano con leggerezza e semplicità , pregni di interrogativi non risolvibili o di fotogrammi variegati .
Alcuni passaggi sembrano avere il tocco di un suggerimento filosofico, che si snocciola tra i versi , un attacco alle attese , alle illusioni , alle improvvise vertigini , ai silenzi e ai risvegli , suggerendo palpitanti rubini o controcanti ricamati.
ANTONIO SPAGNUOLO

lunedì 4 giugno 2018

RASSEGNA = FRANCESCA LO BUE

LA POESIA DI FRANCESCA LO BUE--

La poesia di Francesca Lo Bue si inserisce, del tutto naturalmente, nel grande filone della poesia metafisica novecentesca, in senso più generale simbolica; vale a dire nel solco di quella nuova concezione della funzione e del linguaggio poetici, che si manifestò a partire dall’inizio del Novecento.
Per comprendere correttamente il messaggio di Francesca Lo Bue, e soprattutto i temi e le forme del suo linguaggio, dobbiamo, dunque, tenere ben presente l’esperienza ‘metastorica’ della poesia novecentesca, per così dire, che, avviatasi col superamento della poesia di ‘contenuto’ tipica dell’Ottocento, affida soprattutto al significante e al sovrasenso della parola l’essenzialità del messaggio poetico.
Ci mette sulla buona strada la stessa Francesca Lo Bue nell’Introduzione alla sua ultima opera poetica, che, già nel titolo – Itinerari, Itinerarios, Società Editrice Dante Alighieri, 2017 –, è tutto un programma: cammino, alla ricerca di sé e delle sue origini; ricerca come esigenza insopprimibile, peraltro, per chi, come lei, nata in Italia ma trasferitasi bambina in Argentina e poi tornata nel nostro Paese, ha dovuto necessariamente cercare la propria identità in due universi linguistici certamente complementari eppure appartenenti a modalità espressive diverse (benché questo, questo appartenere anche alla grande tradizione lirica spagnola e latino-americana, abbia alla fine arricchito la gamma del suo linguaggio poetico).
‘Il libro presuppone il lettore, perché la storia, di per sé obliata, si vivifica quando c’è un lettore. Leggere significa essere il libro che si legge, e il lettore, fra i meandri della scrittura, diviene un argonauta che ritrova sé stesso. … Perché chi legge immette nel libro una nuova lingua, la sua lingua e, così, la lettura è un nuovo libro. … La poesia è il libro per eccellenza….La poesia non spiega ma solamente suggerisce’ (op. cit. Introduzione).
In queste definizioni di Francesca Lo Bue della poesia e del ‘libro’, e dell’identificazione del libro col lettore stesso non c’è solo Jauss, con la sua ‘teoria della ricezione’ (per cui se il pubblico non prova interesse e non interagisce attivamente con l’opera, l’opera muore), ma anche tutto il dibattito novecentesco sulla parola significativa.
È attraverso il Libro, agglomerato di parole ‘significative’ per eccellenza, che Francesca Lo Bue ci conduce alla ricerca di sé e di noi stessi.
Ed è il libro il protagonista dichiarato fin dalla prima lirica di Itinerari, ‘Casa antica’ («Arrivo e porto il Tuo Libro», ‘segno’ della ricerca originaria del Padre e della Madre), ma anche, di nuovo, ne ‘Il libro oscuro’, dove l’interrogativa iniziale, aperta dalla similitudine ossimorica «Il Tuo libro è oscuro come il sole meridiano», avvicina il lettore, o meglio lo invita, a non abbandonare mai il «libro» pur «oscuro della Poesia», in quanto unico mezzo di procedere nella notte (la ‘nostra’ notte senza il ‘libro-Poesia’) verso la «Conoscenza», verso la «dimora dove ardono i ceppi del focolare» (Itinerari, pag. 10).
Nonostante la dominanza (apparente) del buio, della non conoscenza, la poesia si apre e si chiude con bagliori di luce («…il sole meridiano»; «…i ceppi del focolare»; ma è il lettore, insieme all’io poetico, che deve farsi ‘argonauta’ di sé stesso, che deve cogliere nella poesia quella ‘parola che cerca sé stessa, che vuole essere completata e moltiplicata’ (v. Introduzione, pag. 4). E se è vero che ‘il poeta è il navigante che cerca la salvezza nel divenire delle acque’ (ibidem, p. 4), è altrettanto vero e indispensabile che il lettore non sia da meno, che non sia spettatore passivo, ma nuovo ‘autore’, perché ogni ‘lettura è un nuovo libro’.
Carattere dominante della poesia di Francesca Lo Bue è, dunque, la ‘ricerca’: e i temi della sua poesia (la luce, i miti, i colori, le radici – il Padre, la Madre, compresa quella Celeste -, la Fede e la speranza della pace – l’auspicio che, con la lirica L’iride, chiude il libro –) attraversano tutta quest’ultima raccolta poetica della Lo Bue, che sembra riassumere e ribadire, rinvigorendole, le tappe costanti dell’indagine interiore della poetessa.
La tecnica di Francesca Lo Bue si fonda su soluzioni poetiche e figure tipicamente novecentesche, su immagini allegoriche, metonimiche (‘parole addormentate’, ne I libri aurei) e metaforiche (es.: la ‘tenda delle maschere’, ne L’umiltà), spesso metafore ‘forzate’ come le numerose catacresi (‘marea del sole’, ne La poesia; ‘gocce di sillabe e lettere’, ne Il libro oscuro; ‘legioni del cuore’, ne L’iride).
Lo scopo, al di là di quello, dominante, di cercare le proprie ‘ragioni di sé’ nel significato profondo dei propri miti familiari e personali, è sempre quello di indurre il lettore ad accompagnarla in questa ricerca, ad immergersi con lei nel ‘Libro’ della nostra comune esperienza di uomini; dove il poeta è sì la ‘guida’, ma
soprattutto colui/colei che solo con gli altri, nella comunione spirituale con gli altri, può davvero aiutarsi a trovare il senso ultimo della propria esistenza. Ed ecco perché questa ricerca è ininterrotta: essa dura quanto la vita.
Ed ecco anche perché, proprio a causa della sua ‘durevole’ complessità, una poesia puramente descrittiva non avrebbe mai potuto soddisfare questa esigenza di ‘conoscenza’, che è una esigenza esclusivamente interiore, certamente non esauribile in semplici riferimenti oggettivi, per quanto, pure, di cosiddetto simbolismo sul modello primo-novecentesco potessero caricarsi.
D’altronde, le due lingue, entrambe profondamente ‘sue’, di Francesca Lo Bue consentono alla poetessa possibilità espressive di sicuro molto più variegate e aperte di quanto non siano quelle di altri universi poetici: sicché l’ideale sarebbe che anche noi conoscessimo ‘bene’ sia l’italiano sia lo spagnolo.
Ad ogni modo, anche la lettura di una sola sua lingua poetica ci consente di delineare sufficientemente «una mappa semantica» – come bene afferma Emerico Giachery – delle parole-chiave del Libro, che costituiscono il ‘filo rosso’ di tutta la poesia di Francesca Lo Bue.
Per la quale rimane pur valido, infine, quanto lo stesso Giachery sostiene in generale, e cioè che per la poesia di questa poetessa è «meglio non affidarsi a metodi troppo tecnicamente filologici… Meglio, per ora, affidarsi al respiro lirico, lasciarsene avvolgere, cercare di sintonizzarsi col suo segreto».
Ecco: il ‘segreto’ è l’essenza della poesia, per chi, come appunto Giachery, allievo di Ungaretti, richiama allusivamente, forse, o forse volutamente, la conclusione del poeta del M’illumino d’immenso sull’impossibilità, alla fine, di capire ‘tutto’ il mondo poetico di un autore («La parola è impotente e non riuscirà mai a dare il segreto che è in noi»).
L’importante è che siamo disposti a tentare il tutto e per tutto per tentare di farlo.
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Massimo Desideri

Aprile 2018

domenica 3 giugno 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = ALESSANDRO S. DALL'OGLIO

Alessandro S. Dall’Oglio : “Voglio morire a Pietroburgo” – Ed. Ensemble – 2017 – pagg. 84 –
Constatare che un volume di poesie giunga in breve tempo ad una seconda edizione è motivo di grande gioia per chi vive nelle illusioni della creatività espressiva , nella illusione della ricerca della parola , che troppo spesso viene accantonata dalla cultura contemporanea .
Qui i testi snocciolano una frequenza ritmica sostanzialmente scenica , quasi che infiniti fotogrammi rincorrano accenni di lampeggi e irruzioni nel quotidiano , alternando visioni comuni a memorie concluse, tutto in un viaggio calorosamente prezioso , attraverso quello che il poeta chiama paesaggio dell’Eurasia . Un viaggio tra i panorami che offrono i luoghi luminosi dell’Europa e dell’Asia, ed in particolare delle città della ex Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, avventure di un “cosmopolita senza carta di soggiorno”.
La fantasia è un fiume che si nutre di arte , in un campionario di immagini, continuamente rimescolato e volontariamente riordinato, per modulare libertà e varietà di tempi e di visioni . Interrogando la variegata natura che scorre dentro e fori dei luoghi il poeta aggrega dubbi e certezze del suo stesso coinvolgimento estetico e musicale , nella forza di uno stile validamente proposto.
Alcune pagine si offrono come dei veri e propri quadretti variopinti , come scatti che scivolano nello svolgersi del verso , vuoi che il paesaggio offra delicate e improvvise incisioni di spatola , vuoi che le realtà si traducono in esperienze di scambio .
Il rapido passaggio al sociale suggerisce momenti particolari : “Soltanto i ricchi posson esser anarchici,/ perché oggi i nuovi poveri sono inquadrati,/ costretti a rettitudini oltre loro desideri./ Sì, così obbligati a vite esauste del ripetersi,/ che trainano carretti invertiti dai tempi,/ di quando giovani sognavano di sovvertire,/ quasi tutto quell’ingiusto anche sociale,/ né bene né male, solo ricchezza d’anarchia.” – Non sempre la poesia interroga le cose del mondo , al di là del loro significato apparentemente stabile , e rivolge modulazioni astratte alle verità e libertà che il tempo compone , ma spesso intreccia occasioni di incontro scontro in una estetica del dialogo , che, anche se nel potere fragile della parola , esprime il desiderio ineliminabile di raggiungere l’ascolto dell’eterno .
Alessandro Dall’Oglio azzarda la propria umanità per stabilire una strana e simpatica ipotesi : quella di morire in terra straniera , ma teraa amata e coltivata dalla passione del ricercatore.
ANTONIO SPAGNUOLO

sabato 2 giugno 2018

POESIA = VALERIA SEROFILLI

"Burka"
Chilometri d’amore
nel tuo burka azzurro Maria

orpello mantello di diritti / tutele
e perle di saggezza senza scuola

Occhi distanti in volti bambina
a spendere tramonti su coltivazioni
di papaveri.

*

"Africa"
Vorrei farmi Africa
per scacciare insetti
dagli occhi dei bambini
e recargli tra il fango
aliti di fresco

Delle capanne/ fare castelli
ma in solida zolla
e non in aria

Finché una nuova aurora sorgerà
da poterla rivivere
con occhi nuovi
senza mosche.
*
VALERIA SEROFILLI