lunedì 30 luglio 2018

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

“Silenzi”
Rimane solo il silenzio nella penombra,
riconosce i profili ancora incerti,
nelle attese continue di un sussurro
per ritornare ai profumi della tua carne.
Ascolto l’inganno che la sera propone
nell’assurdo trucco della mano sospesa
al vuoto della stanza , in questa vecchia casa
dove tutto è memoria.
Il tuo nome , il tuo nome Elena ricorre
per le mie vene in ultima illusione:
s’innesta la febbre alla polvere,
il capo chino ripete ritorni nel tempo
per sorprendere vertigini nel pensiero che oscilla.
Una disperata finzione mi sorprende
e chiudo gli occhi per sognare il tuo labbro.
*
Non credo più nel toccare le cose con le mani
alla sciarada che ogni zero incunea,
al ticchettare che disegna spazi e falsetti ,
mentre fra le spalle gioca un antico smarrimento.
Non è più tempo di segreti alla memoria,
ormai stanco di concedere incertezze,
confondere lo scudiscio della notte
per l’intreccio delle tue ombre in mutamenti.
Sulle mie ossa in bilico
la mia rassegnazione non ha più posto.
*
Antonio Spagnuolo

POESIA = RAFFAELE PIAZZA -


"Alessia corre nel prato azzurro"

Scalza giocando alla California
corre Alessia nel prato specchio
di cielo nell’interanimarsi con
l’odore di eucalipto a giungere
all’anima nell’attimo sotteso
a viva gioia. Vento a lambire
Alessia e levigarla nel fresco
della meridiana attesa ad accendere
le guance di melarancia di Alessia.
Attesa che qualcosa accada
(giunga un’e-mail o una telefonata
o una lettera). Nella vita sottile
di Alessia arriva Mirta dall’aranceto
d’isola e le dice di non avere paura.
Il prato gioca con Alessia
nel contemplarlo e il gioco
è divertente.
*

"Alessia e il sogno a occhi aperti"

Luce meridiana di gita a Capri
per Alessia dove era già stata
nell’aliscafo ragazza Alessia
vede Mirta sul sedile accanto
nerovestita e trasale nell’odore
del mare a giungerle all’anima
sottesa al verde delle onde
e non ha parole Alessia per
di Mirta fugace l’apparizione
sorridente. Cullata dalle onde
Alessia guarda Mirta nel nero
degli occhi e legge pace
nell’abbeverarsi Alessia a un filo
di speranza e che questo
sia il tempo migliore nell’intessersi
all’arrivo con il rumore d’ancora.
*
Raffaele Piazza

domenica 29 luglio 2018

POESIA = GUIDO GALDERISI

"Un tubetto di colore bianco"

Sulle cime dei monti sono neve
fiori sulla siepe
Col rosso sono rosea speranza
al verde do alberi e prati
al giallo attenuo il livore
al nero il lutto cancello
un cielo dono all'azzurro
e mi consumo
Or l'ultima goccia
m'è uscita dal collo
son debole e magro
l'addome mi tocca le reni
e giaccio inutile e vuoto
nell'angolo d'un vuoto cartone


"Alba"

L'alba è in me
Io sono nell'alba
Vorrei fuggire dall'alba
ma come antico maniero
la sua incerta luce
mi fa prigioniero
Oh alba indifferente e crudele
sciogli il tuo crepuscolo
fa che il mio passo
s'inoltri nel giorno
e come comune mortale
lascia che scivoli
lungo le ore del tempo
raggiunga sereno il tramonto
in pace la notte
*
GUIDO GALDERISI

venerdì 27 luglio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = EDITORE MACABOR

L'EDITORE MACABOR distribuisce in questi giorni il primo volume di una nuova collana . Un grande viaggio , intrapreso dal coraggio coloratissimo e vitale di Bonifacio Vincenzi - curatore e realizzatore dell'edizione elegante e sobria -, nella poesia del Sud Italia- Titolo di questo : "SUD i poeti" - Elio Grasso cura con acuta competenza e valida cultura la prima parte dedicata ad Antonio Spagnuolo, con interventi critici di Elio Andriuoli , Domenico Cara , Mauro Ferrari , Giulia Martini, Massimo Pamio , Marisa Papa Ruggiero , Plinio Perilli , Raffaele Piazza , Ugo Piscopo , Enzo Rega, Paolo Ruffilli , Lorenzo Spurio , Felice Piemontese , Eleonora Rimolo. Completano l'antologia due sezioni : " Voci dal silenzio" (poeti del sud scomparsi da non dimenticare) e "Antologia dei poeti del sud" .- Si rimette in luce il grandissimo lavoro che un poeta ha saputo approfondire anche per sperimentalismo negli anni del suo lungo militare.

SEGNALAZIONE VOLUMI = RAFFAELE PIAZZA

Raffaele Piazza – Alessia----ilmiolibro.it – Roma – 2014 – pag. 119 - € 12,00

“Il linguaggio accoglie nel suo tempo lo svanire della bellezza”, ha scritto Antonio Prete a proposito della caducità e della malinconia di fronte al fulgore di qualcosa che è destinato a svanire e proprio nel suo splendore indica l’annuncio dello svanire. “E’ la tristezza di chi guarda la bellezza avvertendo il lutto per l’anticipazione della propria fine”, aggiunge. Per poi avvertire: “Il vero lutto del poeta, in quanto poeta, non nasce dalla percezione della morte nella vita della natura, dell’inverno nell’estate, ma nasce dal sapere che la custodia della bellezza nella poesia è un’illusione. La poesia è soltanto un differimento, una trasposizione, della caducità in questo: in questo, davvero, metafora sempre del passaggio”.
Raffaele Piazza in “Alessia” celebra il tempo perduto dell’amore, la giovinezza bruciata, quel che non c’è più e comunque resta come una impronta nell’anima, una ferita nella memoria. Si misura con questo grumo dolente di ricordi proponendo immagini che in una sequenza disordinata – ma è l’ordine dell’inconscio a regolarla – vanno a comporre una sorta di narrazione in versi, una storia poetica che sembra alimentarsi nel sogno per raccontare la vita. Riesce nell’impresa perché si mostra in grado – come Prete sottolinea – di sfuggire alla tentazione di consegnarsi al flusso del passato e invece esibisce una scrittura di serenità inquieta che trattiene l’emozione e comunque la comunica.
La stagione del 1984, Alessia e Giovanni e i loro abbracci e i loro progetti, l’esistenza quotidiana che scorre tra letture, esami e incontri, l’aria di festa nel presente e di attesa del futuro, tutto ciò va a comporre un edificio nelle cui fondamenta si apre una crepa che progressivamente si ampia. L’auto scivola nel Parco Virgiliano, i gabbiani e le rondini gli uccelli invano gridano “attenzione”, “e ci sarà raccolto”. La rigenerazione avverrà dopo, a circa un ventennio di distanza, nell’albergo degli angeli.
Piazza rivela una cifra di elaborazione poetica matura, i versi di “Alessia” costituiscono il punto alto di una fatica letteraria a cui nei modi della militanza alla pagina è stato fedele negli anni e che promette ulteriori prove.
*
Generoso Picone

giovedì 26 luglio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI =EDITH DZIEDUSZCKA

Edith Dzieduszycka – La parola alle parole---Edizioni Progetto Cultura – Lavis (TN) – 2018 – pp. 127 - € 12,00

Edith de Hody Dzieduszycka è nata a Strasburgo, Francia, dove ha compiuto studi classici e lavorato per 12 anni al Consiglio d’Europa. Dopo il suo arrivo in Italia si è diplomata all’Accademia di Arti Applicate di Milano. Ha pubblicato libri di poesia, di racconti, di fotografia e un romanzo. Disegna, realizza collage, scatta fotografie. Ora vive a Roma.
"La parola alle parole", il libro dell’autrice che prendiamo in considerazione in questa sede, è scandito nella sezione eponima in poesia e da un’appendice costituita da diciassette frammenti in prosa intitolati "Il paese di là".
L’opera presenta una prefazione di Giorgio Linguaglossa ricca di acribia.
Intrigante il titolo della raccolta che esprime l’idea intellettualistica, chiara e distinta nella coscienza letteraria della poetessa, di voler riflettere sulla parola stessa, di volere scrivere poesie sulle poesie medesime che sono formate da parole, compiendo così un accattivante divertimento liberissimo e mirato sullo stesso verbo, per usare una metafora di genere musicale.
Viene in mente leggendo i versi della poetessa la famosa poesia di Edgar Lee Master intitolata Il silenzio, che ha per tema proprio il gioco ambiguo ed elusivo, fondante, fatale o benedetto che sia, che è proprio quello del linguaggio, scritto o orale che infrange il silenzio stesso.
Del resto la poesia, come la musica, e tutte le arti sono sorelle, deriva dallo stato di quiete infranto da ogni sillaba di unità minima o da una anche vaga sonorità.
La parola come forma di comunicazione che è diventata velocissima nel nostro postmoderno al tempo del villaggio globalizzato e dei media come internet, la radio o la televisione.
La parola alle parole, dove i lessemi sembrano sgorgare limpidi e cristallini, come acque di chiara e refrigerante sorgente, si può considerare come un poemetto unico nel suo genere nel quale tutte le strofe sono costituite da quartine tranne che in rarissimi casi.
C’è un aspetto ludico nell’architettura ben strutturata dei componimenti e Edith sembra giocare con i suoi versi, producendo atmosfere nelle quali domina l’io-poetante che scrive all’infinito variazioni sullo stesso tema.
Musicalità e geometrizzazione delle parole stesse, sottese ad ironia amara o sorridente che sia animano le pagine che possono essere lette tutte di un fiato, provocando sollievo e stupore nel lettore con la loro magia.
Come è detto nella poesia iniziale, che ha un carattere programmatico, la poeta dichiara che la parola le serve come l’acqua alla pianta, per poi soffermarsi sulla genesi della parola stessa che sembra nascere nel cavo della mente.
Con la sua vis giocosa Edith afferma che le parole le potrebbe anche comprare in un negozio e portarsele a casa disponendole in ogni luogo fino a quando la dimora ne sia piena e viene il tempo di traslocare.
*
Raffaele Piazza.

lunedì 23 luglio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = LORIS MARIA MARCHETTI

Loris Maria Marchetti – "Il prisma e la fenice"---Editrice Forum – Forlì – 2018 – pag. 103 - € 12,00

Loris Maria Marchetti (Villafranca Sabaudia 1945) ha all’attivo una ventina di opere poetiche, spesso premiate, due volumi di racconti, un romanzo breve e alcune raccolte di elzeviri e prose varie.
Cifra essenziale di "Il prisma e la fenice", la raccolta di poesie del Nostro che prendiamo in considerazione in questa sede, caratteristica che emerge anche in altre sue opere, sembra essere quella dell’ironia, qualsiasi siamo le tematiche toccate dall’autore, che sono molto eterogenee.
Il testo presenta una nota di Angelo Jacomuzzi sulla quarta di copertina.
Il libro è complesso e accuratamente strutturato architettonicamente ed è scandito nelle seguenti sezioni: "Approssimazione alle cose materiali e immateriali 1, Approssimazione alle cose materiali e immateriali 2, Approssimazione alle cose materiali e immateriali 3, Intermezzo di appunti e/o epigrammi, L’amore e dintorni1, L’amore e dintorni 2, L’amore e dintorni 3".
Come scrive Giorgio Bàrberi Squarotti nella prefazione ricca di acribia la poesia di Loris Maria Marchetti ha l’agio superiore di un’eleganza fascinosa, che si manifesta su sfondi di laghi e bene ordinate campagne, di ricorrenze e di feste canoniche, di interni caldi e sontuosi fra compagnie elette e giovani, di raffinate musiche: coglie cioè le sue occasioni in spazi ben compartiti e sapientemente arredati, come per un vivere un poco distaccato, da grande “dilettante” di sensazioni e di esperienze.
Marchetti si esprime con una forma e uno stile eleganti e misurati e tutti i versi sono ben controllati.
È una parola pronunciata con urgenza raffinata e ben cesellata, quella con la quale si esprime l’autore, che s’invera sulla pagina tra detto e non detto tra chiarezza ed effetti stranianti.
L’io poetante è molto autocentrato nel suo ripiegarsi su se stesso ed è una poetica della riflessione quella espressa.
Siamo hic et nunc gettati nel mondo, uno scenario ricco di promesse e possibilità e spetta a noi sotto specie umana cercare le coordinate per giungere all’equilibrio che sottende la felicità, gioia possibile soprattutto nell’inverarsi dell’amore, sentimento che pare anche legato ai luoghi visibili come in Blues quando il poeta esprime il suo rammarico per avere lasciato un lago, lago che insegue l’autore come un ricordo incancellabile.
Una natura rarefatta emerge spesso nelle composizioni come, per esempio, in Cielo di Parigi, poesia in cui il cielo stesso è visto come una chiusura sul poeta e il suo interlocutore, quasi un immenso tetto sulle cose.
Nel cronotopo, nella natura idilliaca, che segue una linearità dell’incanto con improvvise illuminazioni, quando l’aria dei monti si uguaglia alle piante, alle foglie che nascono e sembrano sorridere, lo stesso tempo muore, dice magistralmente il poeta, quasi come se si entrasse nella dimensione atemporale dell’attimo, cosa che può avvenire solo in poesia e questo Marchetti lo sa bene.
La tematica amorosa ed erotica è centrale in questo autore che attraverso l’approccio al suo poiein nelle poesie sentimentali, proprio nello scriverle, trova un’arma efficace per raffinare la sua capacità d’amare e se l’amore è spesso pathos e sovente gli amori finiscono, può divenire anche felice come una folgorazione, un’epifania, un’apparizione nel momento dello scorgere improvvisamente l’amata.
Qui la vita si restituisce in poesia e tutto è nello stesso tempo svelato e presunto come in una magica alchimia di parole che rendono forti emozioni.
*
Raffaele Piazza

domenica 22 luglio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = ROBERTO MAGGIANI

Roberto Maggiani: “Angoli interni” – Ed. Passigli – 2018 – pagg.144 - € 16,50
La più recente raccolta di Roberto Maggiani, “Angoli interni”, altro non appare se non un fascinoso ed ardente tragitto che parte dalla sedimentazione del tempo attraverso lo scorrere dei secoli e avvolge il contemporaneo ricco di conseguenze sociali e umane , che si avvicendano nella ricerca della scienza esatta e puntuale. Scene luminose di un film nel quale ciascuno di noi appare nella sua parte per fotogrammi precisi, in cui tutte le azioni sono sospese all’imprevisto, pronte a sparire o riapparire a seconda delle rapide cuciture.
La poesia non rinuncia alla ricerca, a esplorare campi di forze e luoghi , a tracciare linee, a raccogliere indizi, a misurare, a rilevare, come avviene nella corsa contro il nulla, cellula nascosta in “Angoli interni” – “Che cosa occorrerà intendere, allora, per «angoli interni»?- Scrive Annamaria Curci in rete - Con buona approssimazione, a me pare che il nome indichi sia l’insieme dei dati sensibili ed empirici a disposizione, sia lo spazio che l’umano – pensiero carne ossa pulsioni – dilata e condensa in dialettica perenne, non di rado ironica (Invenzione) con il divino, o meglio, con i poli di causalità e casualità, cosmo e caos.
Cardine e motore sarà dunque l’apparente dualità di scienza e poesia, sintetizzata, come rivela il titolo della terza delle dodici sezioni che compongono il libro, dalla platonica (Simposio) immagine della mela, delle sue metà divise e dell’anelito a ricongiungerle, a ricongiungersi”.
Le attese si intrecciano agli incanti degli attimi , in sorprese che si sciolgono negli istanti in cui l’arpione diventa sguardo , incredulo sospetto del divenire delle linee che lo sguardo stesso riesce a sorprendere. Allora la purezza attraente del nudo può diventare vertigine in versi che disciolgono “I cerchi concentrici/ delle pupille e degli iridi/ le ellissi delle ciglia / e le tangenti delle sopracciglia/ fino alla curva insolita/ della tua capigliatura nera/ sono riflessi della geometrica/ di una bottiglia di spumante/ da stappare col botto/ mentre strizzo gli occhi/ nell’attesa.” -- L’umano – Homo, come incide il titolo della seconda sezione – è “tasca del cuore” nelle distanze che oggi lo sospendono da secoli di sopravvivenza, in una manciata di minuti che affianca gli umori, che accomuna le figure , che apre e chiude con maestria quel verbo intento a scivolare nel futuro. E il poeta ha coscienza dell’oggi attento ad affondare il piede “tra stecchi e foglie secche/ che accendono i colori” , per appropriarsi definitivamente del senso del vivere nel gioco di “orpelli e giusitificazioni”.
Maggiani affida la scrittura alla pagina con la esperienza solida della sua conoscenza scientifica, linguaggio sobrio e misurato nella proiezione delle metafore e dei rimandi , stesure preziose nella chiarezza del tema. “Maggiani sa bene, da cultore delle scienze esatte, - scrive Deidier nella prefazione – che si tratta di un mito, ma da lettore sa che ogni mito è la sostanza di cui ancora oggi s’impregna ogni nostra costruzione del mondo . Di un mondo che ancora vorrebbe sorprenderci. Con questi nuovi versi si ricompone idealmente un’antica scissione , quella tra Scienza e Poesia, due metà di una sola mela (ancora un residuo di mito platonico) e di fronte alla variabile (incognita?) Dio , l’homo sapiens non può che riaffermare la propria libertà creativa, il pieno arbitrio poietico , rivelandosi in definitiva come il vero faber , come il demiurgo di sé stesso. Come il regista dei propri stimoli.”
ANTONIO SPAGNUOLO
**

sabato 21 luglio 2018

RIVISTE = FERMENTI

FERMENTI --- Numero da collezione n. 247, anno XLVII (2018)

PERIODICO A CARATTERE CULTURALE, INFORMATIVO, D’ATTUALITÀ E COSTUME

ferm99@iol.it – fermenti-editrice.it – facebook.com/fermentieditrice – twitter.com/fermentiedit

CONTEMPORANEA
7 di Velio Carratoni
LA CRITICA LETTERARIA OGGI IN ITALIA - Nona parte
13 Spazi critici tra Vittore Carpaccio e Agnolo Bronzino di Marcello Carlino
25 Il piacere della critica di Francesco Muzzioli
SAGGISTICA
35 Il mostro delicato
La Creatura del dottor Frankenstein e le sue buone letture
di Giuseppe Panella
43 Qualche considerazione sulle avanguardie letterarie e la questione della forma
di Piero Sanavio
53 Frammenti di una “forma” irrisolta: Petrolio tra allegoria e narrazione
di Emanuele Bucci
78 Kairós di Soviet poeti kom-futy vs la governance neocapitalistica di Antonino Contiliano
135 Voci per un alfabeto di Vincenzo Guarracino
144 Cnosso: reggia o necropoli? di Crescenzio Sangiglio
158 Le battaglie di Ada - Su Ada Gobetti di Sergio D’Amaro
159 Leo Longanesi, un italiano vero di S.D’A.
161 L’Italia migliore del ‘’Mondo’’ - Su Mario Pannunzio di S.D’A.
162 Una ricetta per la felicità? di S.D’A.
DIRITTO
164 La legge come disincanto della ragione di Alberto Artosi
MEMORIA
173 La notte delle indulgenze di Giovanni Baldaccini PARLAR FRANCO a cura di Gualtiero De Santi
177 Tempus desperandi ac loquendi in neo-volgare: Nevio Spadoni di G. D. S.
180 Giovanni ‘Zvaní’ Nadiani: «Invel ?» di G. D. S.
182 Sante Pedrelli, «raméing o piligròin» di G. D. S.
183 La Vita Dacant di Giovanni Tesio di Renato Pennisi
185 La città in versi. La poesia urbana di Renato Pennisi di Maria Gabriella Canfarelli
Fermenti  1
SOMMARIO
MUSICA
189 Invenzione e dissolvenza del tenore mozartiano di Bernardo Pieri
205 Se l’educazione musicale diventa una storia (e cambia la scuola italiana)
di Giulia Dettori Monna
RIEVOCAZIONI
207 Canto notturno di un lettore errante dell’ansia
Per Mario Lunetta
di Vincenzo Guarracino
208 Sul filo della forma rilucente
Per Maria De Lorenzo
di Marzio Pieri
POESIA
213 Pas à pas
di Giovanni Fontana
218 Fonemi
di Giovanni Fontana
221 Canto verde e altre liriche di Orio Rossetti a cura di Gualtiero De Santi
226 Armonie
di Antonio Spagnuolo
229 Entroltre
di Bruno Conte
231 Poesie
di Gianluca Di Stefano
238 Spigolature di Italo Scotti
242 Quintetto poetico
di Marco Palladini
248 Poesie
di Dario Pasero
253 Guevar goguEr e Er Giap: testi collettivi a cura di Antonino Contiliano
ARTE
261 “Commedia” immagini sul presente
Su Giorgio Chiesi. Con stralcio critico di Francesco Gallo Mazzeo
265 Su Gloria Bornancin
Con interventi di L. Gorini, R. Moroni, L. Cabutti, H. Duse Reich, G. Martinoli
269 Forme cablate
Su Massimo Savio. Con intervento di Vincenzo Guarracino
Fermenti  2
272 Il mondo trasognato di Beniamino Piantoni
Con intervento di Mario Rondi
276 E. Hopper: l’attimo senza tempo
di Giovanni Baldaccini
280 Jackson Pollock. La rabbia e l’azione di Gabriella Colletti
NARRATIVA
288 Ali del colore
di Flavio Ermini
301 La stiva: ricordi di lettura
di Giovanni Baldaccini
305 Racconti
di Bruno Conte
308 Il viaggio
di Gemma Forti
312 Racconti
di Mario Rondi (con illustrazioni di Sara Barbarino)
318 Il corallo e il gioiello
di Velio Carratoni
322 Prima della fine: soluzioni creative per il pensionamento di Antòn Pasterius
CINEMA
Effetto Notte
328 Quanto è cinematografico il pensiero di Marx
330 Chiamami col tuo nome / Call me by your name
333 La escuela de todos los mundos
335 Loro 1
336 Loro 2
342 Ermanno Olmi, il tempo non si è fermato a cura di Gualtiero De Santi
345 Un canto sull’innocenza
Su Silvano Agosti
di Michele Goni
TRADUZIONI
352 Tal Nitzán a cura di Rosalba Casetti e Graziella Sidoli
BIBLIO/CARAVAN
365 di Velio Carratoni
Su Carlo Calcagno, Storia della clitoride. Una biografia del piacere femminile; Roberto Gramiccia, Elogio della fragilità; Letteratura e psicanalisi, a cura di Daniela Marcheschi; Bruno Osimo, Breviario del rivoluzionario da giovane; Mario Quattrucci, Troppo cuore. L’ultima inchiesta di Maré; Don Backy, Io che miro il tondo; Franco Arminio, Cedi la strada agli alberi.
Fermenti  3
Poesie d’amore e di terra; Lidia Sella, Strano virus il pensiero; Paolo Jachia, Claudio Baglioni. Un cantastorie dei giorni nostri (1967-2018); Victoria Acampo, Dialogo con Borges; Sandra Petrignani, La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg; Mauro Corona, Confessioni ultime. Una meditazione sulla vita, la natura, il silenzio, la libertà; Jean Talon, Incontri coi selvaggi; Monica Facchini, Spettacolo della morte e “tecniche del cordoglio” nel cinema degli anni Sessanta; Ri-tratti. Caleidoscopio di personaggi nel teatro di Luigi Pirandello, a cura di Dina Saponaro e Lucia Torsello
BIBLO/SOUND
385 di Gemma Forti
Su Vichi De Marchi, Roberta Fulci, Ragazze con i numeri; Amy Reed, Nowhere girls; Andre Dubus, Un’ultima inutile serata; Dora Albanese, La scordanza; Edward St. Aubyn, Via d’uscita; Silvia Salemi, La voce nel cassetto; Sylvia Plath, Il lamento della regina; Marcello Bettelli, Dopo
l’estate (La vita e la morte strette con benigna ragione); Raffaele Morelli, La vera cura sei tu
RECENSIONI
395 Rosato: letteratura dell’assenza di Gualtiero De Santi
397 Flavio Nicolini, “Cahiers intimes” in versi di G.D.S.
400 di Francesco Muzzioli
Su Marco Palladini, Stecca, mutismo e disperazione
403 di Vincenzo Guarracino
Su Adele Desideri, La figlia della memoria
405 di Sergio D’Amaro
Su Riccardo Gasperina Geroni, Il custode della soglia. Il sacro e le forme nell’opera di Carlo Levi; Carlo Ossola, Europa ritrovata. Geografie e miti del vecchio continente; Paolo Pombeni, Che cosa resta del ’68
409 di Enzo Rega
Su Antonio Spagnuolo, Canzoniere dell’assenza
412 Il diritto della nostalgia di raccontare i girasoli di Domenico Cara
Su Gabriella Colletti
414 Il vento della storia travolge anche le guerre di Francesco Piga
Su Sergio D’Amaro
416 di Beniamino Piantoni
Su Mario Rondi, 66 storielle
417 Su Passive perslustrazioni di Velio Carratoni Madori di corpi di Marcello Carlino
I segni stilistici del nulla nell’ultimo Velio Carratoni di Gualtiero De Santi Nota di Gianluca Di Stefano
PASTONE
a cura di Marzio Pieri
422 13. The last wagon
Interventi in “Fermenti” di e su Mario Lunetta
476 con una nota di Velio Carratoni
Fermenti  4
INSERTO FONDAZIONE PIAZZOLLA
POESIA
483 Lettera a Giorgio Caproni (inedito)
di Marino Piazzolla
RIPROPOSTE
485 Michele Dell’Aquila, Marino Piazzolla
Tra affetti e abbandoni
di Michele Dell’Aquila
SAGGISTICA
488 Pianeta Piazzolla
di Maria Lenti
RECENSIONI
490 Fluire nel sangue e muovere le mani e i piedi:
la poesia di Elena Schwarz
di Gualtiero De Santi
TEATRO
492 Hudèmata Actàbat - suite nera -
Partitura scenico-poetica in quattro movimenti di Marco Palladini dai testi di Marino Piazzolla.
Con note di regia.
di Marco Palladini
MANIFESTAZIONI
505 Presentazione “Recenti titoli del catalogo Fermenti” del 23 Novembre 2017
507 Presentazione Rivista “Fermenti” n. 246 del 14 Marzo 2018
509 Presentazioni Nel cristallo della stella Mizar di Elena Schwarz
510 Volumi pubblicati in collaborazione con la Fondazione Piazzolla
517 Audio e video pubblicati sul sito www.fondazionemarinopiazzolla.it
521 Note biografche

venerdì 20 luglio 2018

POESIA = RAFFAELE PIAZZA



"Trafitto dal suicidio di Mirta"

È un raggio non so di che tinta
a ferirmi l’anima (del tuo suicidio
il dolore). Bello era il tempo
della connivenza con una donna
per amico, Mirta, tu sinuosa
e sensuale come nella tua poesia.
Ora ritornata dall’oltrecielo mi
prometti felicità in questa vita.
Bello è vederti ridente, Amica Mirta.
*

"A Mirta scomparsa"

Mi manca la tua Amicizia
la nostra fiorevole confidenza
di quando facevi il tifo per me.
Il tuo suicidio mi ha spezzato
l’anima e tento di ricomporla
ma sei cenere. Ma sei sempre
te stessa in limine alle piante
del tuo giardino dove mi parlasti
di invidia e io capii.
Torni nei sogni, Mirta degli
amanti e della purezza di bambina,
sei nella mia anima e amo
la tua fotografia sempre con me.
*

"Alessia e la felicità estiva"

(Ho tanta voglia di fare l’amore
e non voglio restare incinta,
la prossima volta dobbiamo
stare più attenti) pensa ragazza
Alessia appoggiata all’azzurrità
grandiosa del 20 luglio del 2018.
Sottesa al dono di Giovanni
(d’argento un braccialetto)
(l’ha messo al polso sottile)
sorride ai gabbiani incielati
Alessia serena come una donna
(16 anni contati come semi).
Telefonerà lui tra poco e entrerò
nel segreto giardino della gioia
quello della villa di Mirta con
il pensiero e angeli nel panneggiare
candido di ali restituiranno
la felicità. Alessia si veste di fragola
e squilla il cellulare al Parco
Virgiliano (è lui!!! è lui!!! è lui!!!).
*
Raffaele Piazza

SEGNALAZIONE VOLUMI = ALBERTO RIZZI

Alberto Rizzi : “Achtung banditen” – Ed. Yucanprint – 2018 – pagg. 48 - € 7,00 -
Poesia civile , poesia di prima linea , poesia per le Nuove Resistenze attraverso le pagine che scorrono veloci tra versi incisi nelle metafore e nelle colorazioni dell’illusione. Ogni evento ha il suo urlo , nel rincorrere senza tregua il dubbio che la società contemporanea intesse fra intrighi politici senza vergogna o impatti culturali senza decoro . Canto corale contro le immondizie delle leggi di mercato , contro i morsi dell’odio razziale , contro gli infingimenti di governi fatiscenti , contro le pugnalate che si incistano nelle memorie , contro l’impeccabile zavorra che ristagna nei rappresentanti di governo , contro i mancanti equilibri economici permeati sugli arrangiamenti di pochi potenti , contro l’oscurità culturale che opaca ogni parete di vetro. Il verso , sciolto da ogni vincolo ritmico , diviene a volte martellante, proprio per la necessità del dire ,e si offre nel mutamento incessante della meditazione , non certo casuale.
ANTONIO SPAGNUOLO

martedì 17 luglio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = DARIO PASERO

Dario Pasero - Masché tropiè bergamin-e espa---Streghe soldati pergamene e spade---
Ed. La Stòira – 2017 – pp. 46 - € 10,00
Testo complesso e composito a livello formale e contenutistico quello che prendiamo in considerazione in questa sede strutturato architettonicamente in modo a volte chiaro altre criptico.
Si respira, leggendo la maggior parte dei componimenti, un’atmosfera che sfiora l’epicità e una certa vena picaresca come si evince già attraverso il titolo dell’opera che per certi testi tocca anche il genere neo lirico.
Anche un tono di favola connota molte composizioni che sembrano aderire al genere fantastico prodotto dallo stupore di sogni ad occhi aperti.
Talvolta c’imbattiamo nello scorrere il libro in espressioni concettuali e descrizioni di idee composite e articolate.
Per esempio, nella composizione iniziale Egeo è detto che solo ciò che fugge resta fermo e dura, idea stimolante che si presta a varie considerazioni.
La suddetta concezione, veramente molto profonda, fa venire in mente il tema politico ora così attuale dei migranti che scappano dai paesi d’origine per cercare una vera salvezza proprio nella fuga.
Non mancano nella raccolta delle belle descrizioni naturalistiche che si rivelano attraverso subitanee accensioni ed epifanie.
Un senso di magia permea la raccolta nella quale si svelano immagini preziose e vaghe che, connettendosi tra loro creano tessuti linguistici alti ed intriganti.
In Pasero è sempre presente il binomio dialetto – lingua italiana e questo crea fascino e accresce il livello di sospensione dell’opera.
Anche una vena visionaria, estranea alle altre raccolte di Dario, si realizza tramite immagini che, pur scaturendo le une dalle altre, rimangono irrelate tra loro producendo affascinanti straniamenti.
Ricorre spesso il tema del sogno che può essere anche incubo come quando in un bel verso il poeta afferma che tutto il nostro mondo si è stemperato nel sogno perduto nella profondità della nostra gioia dolente.
Anche in Briciole di sogno, poesia composta da brevi strofe irregolari si ritrova la tematica onirica che fa riflettere che a volte la creatività dei poeti ha origine proprio nei sogni.
Rispetto agli altri testi di poesia di Pasero incontriamo qui una maggiore complessità che si rivela tramite la densità metaforica e sinestesica notevole e spesso i versi sono anarchici fino a sfiorare l’alogico.
Comunque il Nostro produce una polifonia di toni e molto diversificati per forma e stile sono tra loro i componimenti.
Per esempio in Manta Pasero raggiunge una certa linearità dell’incanto rivolgendosi ad una fata che dalle descrizioni emerge bella e benevola, figura ottimistica contrariamente alle streghe dette nel titolo che complessivamente raccoglie un immaginario inquietante.
Per Pasero la poesia stessa diviene esercizio di conoscenza tramite una parola che spazia nei più svariati campi esistenziali.
*
Raffaele Piazza

lunedì 16 luglio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = EMANUELA CANEPA

- Emanuela Canepa - "L'animale femmina" - Ed. Einaudi 2018 - Premio Calvino

Premio Italo Calvino 2017, questo romanzo molto originale e ben strutturato, scritto con uno stile scorrevole ma pieno di pieghe colte e nascoste, è l'opera prima di Emanuela Canepa, nata a Roma nel 1967 e bibliotecaria a Padova.
Si potrebbe definire "quartetto", o due volte duo, quest'intreccio di rapporti personali tra i suoi vari personaggi, da una parte quello complesso e irto di spine e contraddizioni tra un uomo anziano e scontroso e una ragazza giovane e semplice, dall'altra quello ramificato ma ugualmente essenziale tra due uomini attraverso le vicissitudini delle loro esistenze, all'inizio molto vicine poi divise da indole e sensibilità che si vanno diversificando sempre di più, infine dai percorsi divergenti d'una vita che va per conto suo in ambedue i casi.
Per quanto riguarda Rosita Mulè, tale il nome della ragazza, non si può pretendere - come lo scopriamo all'inizio di questa storia nella quale si racconta in prima persona -, che abbia gli attributi necessari per diventare un personaggio di spicco, un'eroina di romanzo da Premio Calvino!
Piccolina, scialba, povera, succube di una madre "dall'etica calvinista", insieme asfissiante e assente, con "un padre con cui non ho mai condiviso nulla", compagna episodica e poco esigente di Maurizio, un tizio sfuggente ed inconsistente, per di più marito d'un'altra donna, è per l'ora contemporaneamente commessa e scarsa studentessa di Medicina, con la fatica di menare di fronte queste due attività e l'angoscia di non riuscirci.
La si potrebbe immaginare piuttosto nelle vesti d'una piccola fiammiferaia dei nostri tempi, o d'una Alice piombata nel famoso pozzo, per uno di quegli strani giochi del destino, tramite l'intervento fatato d'un talismano magico: un portafoglio trovato appunto per caso e riportato alla sua proprietaria, una certa Larisa dall'aspetto molto slavo, chi sa se badante governante tutto fare - salvo un buon caffè! - dello strano suo datore di lavoro amico coinquilino?
Questo oggetto, in apparenza banale, il primo di due oggetti chiave all'interno della storia - del secondo si dirà più tardi - le aprirà le porte d'un mondo sconosciuto dai meccanismi per lei bizzarri.
Primo colpo d'occhio: un salone "barocco, formale, disabitato." Così impariamo a conoscere insieme a lei l'avvocato Ludovico Lepore, che nella favola di Lewis Carroll potrebbe interpretare la parte di un vecchio Gatto sornione e ambiguo, anche se benefattore, ma sgradevolmente discorsivo. Spesso considerato in seguito da Rosita come "un odioso, vecchio sadico stanco e claudicante", la ricopre con cadenza imprevedibile di formule tipo "...Le posso dire una cosa con certezza. Sono sempre le donne che pretendono di più dalla vita. Hanno il culto ottuso della felicità, della pienezza dell'esistenza..." Ma "...la felicità di una donna non è mai quello che c'è. E' sempre quello che potrebbe essere. Un tempo al futuro, un ideale cui bisogna tendere... Il difetto è cercare le cose nel posto sbagliato..."
Altro discorso non richiesto che la mette a disagio: "Le vergini sacrificali... Assorbono passivamente il condizionamento ambientale, la famiglia, la scuola, la parrocchia, tutto quello che serve a spegnerle, a cancellare ogni libera iniziativa, ogni desiderio di sperimentare, ogni istinto a immaginarsi libere. Poi, se appena si azzardano ad alzare la testa, basta far calare dall'alto un giudizio negativo, o solo minacciare di farlo, e non riescono più a muovere un passo. Si paralizzano, e diventano marionette radiocomandabili a distanza, anche in assenza del carnefice originario..."
L'avvocato sembra giocare con la ragazza come fosse una topina capace di capire i suoi discorsi - si capisce che prova per lei una stima crescente - ma impaurita, divisa tra la voglia di scappare e la coscienza dell'opportunità regalata da questo nuovo lavoro offerto in modo del tutto inaspettato. Infatti le permetterà presto di condurre una vita meno grama.
In questo ambiente dall'atmosfera rarefatta, lo studio professionale dell'avvocato Lepore, lei imparerà un'altra attività, a contatto con Renata Callegari, assistente algida e sempre perfetta dell'avvocato, giovane donna efficiente ed impietosa che si potrebbe definire l'esatto suo contrario e che le insegnerà con fare pieno di spregio e senza nessuna empatia i rudimenti di quel lavoro, compreso il come vestirsi e comportarsi.. "Mi scannerizza della testa ai piedi, poi mi gira intorno." "Mi dà del tu, ma non mi autorizza a fare altrettanto anche se in fondo deve avere solo cinque o sei anni più di me."
In mezzo a questi vari personaggi della sua vita, tutti piuttosto antipatici, ognuno a modo suo, a lei rimane fedele l'affetto di Dina,
una ex collega conosciuta al supermercato ormai abbandonato, madre di tre figli e l'unica sua fonte di conforto.
Ad un certo punto della storia, ci troviamo all'improvviso ad un bivio, si apre un nuovo capitolo e si presentano due strade davanti a noi. Sulla prima che già conosciamo, continua a camminare Rosita, sempre più sicura di sé, delle sue capacità lavorative malgrado le sue velleità di abbandonare la partita, ma frenata dalla ragione, e sorpresa nello scoprirsi più bella e seducente grazie a un po' di trucco, tacchi alti e gonna nera aderente.
Sull'altra torniamo all'improvviso molti anni indietro, nell'estate 1958, e seguiamo il trascorrere della vita di due amici,Guido e Ludovico, scolari poi studenti universitari, l'uno di Giurisprudenza, l'altro di Medicina. Livello sociale e carattere molto diversi: l'uno "giocoso e sfacciato", l'altro "cerebrale", amante delle "battute ambigue, della provocazione melliflua", però "sulfureo e permaloso"...... Ci sono molti non detti, molti slanci repressi, quando tra di loro appare l'altro oggetto determinante, una statuetta di bronzo rappresentando una figura efebica, sembrerebbe da D'Annunzio denominata "L'ombra della sera", secondo l'antiquario dal quale la comprano. "Ha un suo fascino siderale, ma anche una carica maligna..."
Un giorno all'improvviso l'avvocato convoca Rosita al di fuori dello studio. Si confida con grande sorpresa di lei e le fa una strana proposta, alla quale dovrà dare una risposta veloce. E si saprà perché.
Si accorge allora con amarezza di essere stata uno strumento nelle sue mani, e la sua assunzione soltanto un mezzo per arrivare ad un certo fine che non divulgheremo, rispettando così l'onda gialla che travolge la fine del romanzo. Come lasceremo al lettore il sicuro piacere di scoprire da solo come si conclude questa strana storia, imperniata su degli eventi concreti ma soprattutto su un'analisi psicologica acuta e spietata dei caratteri dei personaggi e sulla crescita sofferta della protagonista "femmina".
*
Edith Dzieduszycka

venerdì 13 luglio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = DARIO PASERO

Dario Pasero – "L’ombra stermà"----Ed. Prova d’Autore – Catania – 2018 – pp. 72 - € 12,00

Dario Pasero è nato a Torino nel 1952. Dai primi anni Ottanta ha iniziato l’attività di scrittore (in prosa e in poesia) in lingua piemontese: sue composizioni sono apparse su riviste specializzate in Piemonte e altrove. Al suo attivo sono un volume di prose piemontesi e quattro di poesie.
Il libro di poesia del Nostro, che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta il testo in piemontese a fronte.
Cifra essenziale della poetica espressa da Pasero in questa raccolta è quella di una vena neolirica intrisa di dolcezza nel relazionarsi dell’io – poetante con un tu che resta nell’ombra e del quale vengono detti pochi riferimenti.
Così Dario realizza un efficace canzoniere amoroso dedicato presumibilmente alla sua donna, alla quale si rivolge, una figura femminile carica di mistero e fascino che si concretizza nella mente del lettore nei versi da sogno ad occhi aperti.
Nei suddetti è detto il tempo in modo ambivalente, ora nemico ora propizio, durata che con struggimento il poeta vorrebbe fermare nell’attimo, cosa che può avvenire solo nella scrittura poetica.
Qui Pasero si cimenta con una parola avvertita, raffinata e ben cesellata, detta sempre con urgenza.
Chiarezza, nitore, luminosità nei versi scattanti del Nostro che riesce a produrre un poiein carico di suggestione e bellezza icastico e nello stesso tempo permeato da una grande leggerezza.
Se anche la figura femminile è natura il poeta si apre ad accensioni subitanee evocatrici di paesaggi che sfiorano la linearità dell’incanto.
D’altro canto il testo potrebbe essere letto come un poemetto carico di grazia e freschezza e l’autore non cade mai in un linguaggio retorico mantenendosi stabilmente nell’alveo di una forma sicura ed elegante sempre ben controllata.
Il presente, come tutti i libri di poesia di Pasero, ha la doppia redazione in dialetto piemontese con traduzione dell’autore in italiano.
Per assaporarlo meglio bisognerebbe conoscere quel dialetto ma, già per chi intende solo i versi a fronte, il libro emerge come piacevole e ben riuscito caratterizzato da una chiarezza che non è elementarità.
Anzi, leggendo e rileggendo i testi, si scorge una certa complessità nascosta e intrigante, raggiunta tramite lo stile che fa librare ogni componimento nel suo incipit sulla pagina per poi restituircelo compiuto nella sua stesura alla fine della lettura e nella scrittura viene raggiunta senza sforzo, naturalmente, una certa magia.
Un senso di misura dove anche il dolore è dominato contrassegna questi versi nei quali s’intravede comunque un forte anelito alla speranza.
Pasero plasma una materia che domina costantemente con un rigore e una tenuta che potremmo definire classicistici, espressione compiuta di un neoclassicismo postmoderno.
C’è anche il tema di una provenienza che s’invera nel cronotopo e Pasero non esprime nostalgia ma una pregevole e pregnante riattualizzazione del passato nel suo fondersi con il presente.
Particolarmente bella la composizione Aurora a Torino, nella quale sono dominate emozioni struggenti nel rimescolamento di eros e pathos.
*
Raffaele Piazza

giovedì 12 luglio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = RAFFAELE PIAZZA

Raffaele Piazza – Del sognato – La Vita Felice – 2009 – pagg. 71 - € 10.00

La parola di Raffaele Piazza ha acquisito la grande capacità – frutto di un lavorìo artigianale che ha affinato il talento naturale – di rendere visibili le emozioni. Non soltanto consegnandole alla pagina nella purezza della loro essenza ma soprattutto definendole con leggera precisione fin dal loro nascere, seguendole nella curva dell’esistenza negli esseri umani, cogliendole al tramonto delle disillusioni. È un poeta che ha assunto il linguaggio lirico come categoria interpretativa della realtà, trasferendo il suo mondo nei versi e indicandoli così come l’autentico luogo della vita: il nome che egli dà alle cose diventa la cosa stessa.
La raccolta “Del sognato” (La Vita Felice, pagg. 68, euro 10, con una nota critica di Gabriella Fantato) appare l’approdo di un percorso avviato nel 1993 con “Luoghi visibili” e poi proseguito nel 1994 con “La sete della favola” e nel 1998 con “Sul bordo della rosa”, titoli che hanno fatto di Piazza una delle figure più interessanti della scena letteraria non soltanto napoletana. “Del sognato” si compone di due parti: “Mediterranea” e appunto “Del sognato”. A un’osservazione esterna, su un paesaggio naturale che spazia da Capri a Napoli alla ricerca di rotte domestiche a cui affidare i messaggi dall’esilio, segue una sezione caratterizzato da uno sguardo più intimo che segue una sorta di educazione sentimentale di Alessia, archetipo femminile di una giovinezza rivissuta attraverso i suoi bronci, le mutandine nere intraviste, gli appuntamenti d’amore al Virgiliano, le passeggiate, la sensualità del ricordo, la constatazione del male del mondo. Raffaele Piazza compone per lei un canzoniere postmoderno, tra l’invadente internet e il suo corpo nudo che si mostra come estrema epifania di bellezza: è un profilo che si anima in un orizzonte sognato, balena nella nebbia della memoria o forse non c’è mai stata. È il mito della giovinezza, come sottolinea Fantato, che riempie il vuoto dei giorni e li rende sopportabili: una passione sfuggita che attraverso le parole di Raffaele Piazza si concreta e si fa visibile. È un’assenza dolente, qui compagna di un viaggio che prosegue.
*
Generoso Picone

mercoledì 11 luglio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = LUANA FABIANO

Luana Fabiano : “L’autunno negli occhi” – Ed. Lebeg – 2018 – pagg. 60 - € 10,00
Con una prefazione impegnativa di Caterina Verbaro , che introduce sapientemente ad una lettura attenta e disincantata dei testi , Luana Fabiano si cimenta a tutto tondo in una ricca sinfonia lirica , impegnata in una coerenza linguistica che non si interrompe durante tutto il tragitto ricamato. Le tre sezioni : “Di uomini, alberi e foglie” , “Profugo è questo tempo”, e “ I figli della guerra” esprimono in effetti un’unica forza d’immaginazione sottesa nelle pagine scandite nel dettaglio e nella metafora.
La quotidianità si esprime nella percezione continua ed immanente dell’altro, negli eventi che aprono il racconto , le memorie , i desideri , gli accorgimenti che modificano afflati , il ritrovamento delle immagini , la ricerca della possibilità. Il paesaggio mostra colori , la malinconia scava nell’intimo , il sussurro intesse preghiera , l’infinito accarezza l’amore , il sogno nasconde illusioni.
“Una doppia valenza connota il discorso poetico di Luana Fabiano (in prefazione): da una parte quella di un dialogo intimista con la natura, chiamata a testimone e interlocutrice del proprio flusso interiore di percezioni e pensieri, dall’altra una vena civile. Non si deve tuttavia pensare a una modalità doppia di discorso, perché quello che appare più notevole di questa voce poetica è proprio la sua coerenza monolinguistica, l’identica malinconica passione che scorre da un punto all’altro dei suoi diversi componimenti.”
Ogni possibilità di relazione con la natura ha la sua chiave che sottolinea lo stile composto ed equilibrato che la poetessa sottende : il canto del melograno in sottofondo , il profumo del pane che non riesce a saziare , il tragitto della lumaca dalla bava appiccicosa . La memoria incide nel tempo socchiuso all’animo incerto , ed il tempo sorprende il richiamo . Una poesia che ricuce sentimenti in forma di evenienze, di situazioni , di presenze , per narrare un codice che appare del tutto personale.
ANTONIO SPAGNUOLO

sabato 7 luglio 2018

POESIA = RAFFAELE PIAZZA


"Ricordo di Mirta"

Ti sei suicidata e
non riesco a crederci
il giorno prima ridevi
ed eri calma, Mirta,
tu così bruna e così
donna. Sottesa alla
memoria sei di attimi
perfetti passati insieme
nella tua villa e nei
ristoranti dei vivi.
Credevi che le mie poesie
fossero di Montale o
Mario Luzi e giocavamo,
Amica mia al gioco della
poesia che non è vita.
Ora il pacchetto che mi desti
è una reliquia nel cassetto
e mi dici di non avere paura.
*

"Alessia si salva dalla nebbia"

Guida come una donna Alessia
(sedici anni contati come semi
e meno male che mi è venuto
il ciclo che non siamo stati molto
attenti). Nel tornare a casa sul
nero dell’autostrada una forte
nebbia e Alessia ragazza non ha
i fari abbaglianti ed ecco che
si calma Alessia, si concentra
in sintonia con l’auto e guida
magistralmente. Uscita Napoli
Vomero e salva e salda è Alessia
e non telefona a Giovanni.
Nella pace della camera dell’amore
ringrazia Dio Alessia rosa fragola
vestita per piacergli.
*

"Alessia e i fuochi a mare"

Vaga Alessia ragazza sul
lungomare abbracciata a
Giovanni, anima nell’anima
a entrarvi l’afrore della
salata acqua e qualcosa emerge
nel paesaggio interiore di
Alessia dai sensi al cuore
e sono i fuochi a mare.
Chiaro orizzonte che avanza
nella sera nell’illusione
da gabbiani solcato e sta Alessia
infinitamente con la luna
a pochi tiri di sassi levigati
dall’attesa che accada la vita.
E si accendono le speranze
pari a fuochi d’artificio
fotografati dagli occhi
fino all’anima vergine
di Alessia.
*

"Alessia sogna Mirta"

Aria fiorevole a Napoli
d’estate mitigata, luglio
che non spoglia della terra
il sembiante a restare iridato.
Nella calcinata della villa
di Mirta camera si addormenta
Alessia e l’amica sogna.
Mirta rosavestita dice ad Alessia
che sarà felice nel gioco della
vita nella farfalla del sorriso.
Poi si sveglia Alessia sottesa
a viva gioia e ride come una
donna. Poi le telefona Giovanni.
*

"Alessia e il lago dell’anima"

Mitezza di luglio a entrare
nel lago dell’anima di Alessia
temperatura di quieto splendore
e vede ragazza Alessia che Mirta
esiste ancora dopo il suo suicidio
e dal cielo le parla e le dice
di non avere paura, di prendere
il Rosario nella bellezza delle
mani e pregare. Tra i lecci e i
pini grandiosi prende Alessia
la corona e prega Dio e poi
alla fine dell’anima la pace
(andrà bene l’interrogazione
sull’Odissea e Giovanni
non mi lascerà). Sicura Alessia
esce allo scoperto e il telefonino
squilla. Prima di dire pronto
Alessia.
*

"Alessia e l’amica vera"

Soavità del volto di Mirta
ad angolo con la luce e l’angelo
a interanimarsi con di Alessia
di ragazza l’anima di stella.
Mirta amica vera di Alessia
nel dirle non ti lascerà. Sentiero
ad attraversarlo Alessia nell’
intessersi al vento senza tinta
mentre sente il coro delle vergini
di 14 anni. Prende nelle mani
il Rosario e prega e quando ha
finito squilla il telefonino.
Prima di dire pronto Alessia.
*

"Alessia e l’ironia"

Guarda un film con Charlot
ragazza Alessia e ride come
una donna. Il sentiero si apre
poi nella barzelletta da Veronica
raccontata alla fine del film
(quella su un genio della musica
che si credeva Dio). Poi bevono
tè freddo le amiche per rinfrescarsi
le anime nei corpi di ragazze
e ridono nel farsi sui fidanzati
confidenze. “Lui mi vuole
completamente nuda quando
lo facciamo” dice Alessia,
“Lui mi fa mettere calze
autoreggenti”, dice l’amica.
Poi un film con Benigni e Troisi
e ridono ancora Alessia e Veronica
e non pensano a di Leopardi
i versi, né a quelli di Silvia
Plath, ma a quelli di Montale
e di Ungaretti. Squilla di Alessia
il telefonino e vede il numero
di Giovanni ragazza Alessia
(quindi non mi lascia).
*

"Alessia e il primo sabato di luglio"

Luglio consecutivo di meno caldo
a giungere all’anima di Alessia
in fiore su di Capri le rocce prima
di entrare nelle acque. E si tuffa
di testa ragazza Alessia con la maschera
e le pinne nel giungere al fondale
dove prende levigatissima una pietra
bianca prestito di natura nelle affilate
mani di Alessia pari a ninfa nel bikini
rosa confetto. Sabato giorno della
fortuna per Alessia nel giungere
dove era già stata la Grotta Azzurra
raggiunta con abili bracciate
nel ricordare l’infanzia di quando
vi entrò la prima volta con i genitori
e il fratello. E così esiste Alessia
nell’attesa dell’arrivo di Giovanni.
*
Raffaele Piazza

venerdì 6 luglio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIOVANNI FONTANA

Giovanni Fontana : “Discrasie” – Ed. novecentolibri – 2018 – pagg. 140 - € 12,00
In medicina il vocabolo “Discrasia” sta ad indicare una alterazione delle caratteristiche chimiche , chimico-fisiche , immunologiche del sangue. Un rimestarsi improvviso ed inaspettato di alcuni fattori principali che circolano nel nostro organismo , una rivoluzione impalpabile e determinante. Tale potrebbe apparire la scrittura di Giovanni Fontana , il quale da ottimo elemento multimediale sciorina in queste pagine una valanga di versi, che sono migliaia di frasi che attanagliano , che vertiginosamente legano il lettore ad una affannosa rincorsa per metafore , agganci , rimandi , sequenze, battute, schermaglie.
“Senza dubbio la lingua è protagonista assoluta. Come fu la pittura in quella notte così bella e singolare. Lingua esuberante in un tripudio di immagini e di indagini in campi glottologici e fonetici. Sonori . Sempre modellata e rimodellata. Come disfatta . E ripensata. O incontrata . Scovata . Strappata. Scucita e ricucita…”
Lo splendore di un divino trascendente , la potenza di un soggetto agente ,il sentimento di una sublimazione , il predominio di una intelligenza tecnica che ricuce il suo possesso, il modello a chiazze della memoria, il percorso trionfante degli spazi conclusi , suscitano quella meraviglia che si incardina anche nel paradosso , nel non dicibile , nella finitezza dell’immaginario per diventare poesia , cosciente espressione del significante.
Sappiamo che il bello non coincide sempre con l’oggetto , che rappresenta una modalità fondamentale nel rapportarsi con la realtà immanente , ma il bello in poesia ha una sua intenzione profonda , una potenza tecnica che splende come agente, al di là delle apparenze alle quali siamo abituati, e nel ricercare il linguaggio evanescente , segreto , misterioso del silenzio .
“Le scritture e le tavole e gli eventi performativi di Fontana – scrive Marcello Carlino nella postfazione - non si configurano mai , come invece per altri accade e come accade paradossalmente nella società mediatica odierna, quali notifiche di paradossali e per la verità improbabili liberazioni dai significati, con promozione congiunta dei significanti puri.”
In questo volume “l’alfabeto è aperto ad ogni discussione, senza echi…” per poter esprimere l’audacia dei frammenti e le corrispondenze di una fecondità interiore continuamente in fermento .
ANTONIO SPAGNUOLO

giovedì 5 luglio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = VELIO CARRATONI

VELIO CARRATONI, PASSIVE PERLUSTRAZIONI – Racconti, 2008/2017, Fermenti Editrice, pp.162, € 14,00

Forse perché la vita riserva strane sorprese e repentini rimescolamenti delle carte mi colpiscono i funamboli personaggi di Velio Carratoni, per lo più figure femminili problematiche, sull’orlo di crisi o di esasperazioni, immerse nella modernità con slanci e frustrazioni.
Un mondo che per anni mi sono illuso di capire e che ora constato di avere poco gestito, seppure abbia tentato di stare vicino a quelle impennate e immancabili desolazioni.
Con uno stile asciutto e pungente, l’autore ci immerge in questo mondo di perenni contraddizioni, di slanci ma anche di fobie che è tipico della realtà contemporanea: molte di queste donne sono simili alle mie crudeli amanti e spassionate avventuriere che mi hanno avvelenato per anni la vita, anche se poi sono riuscito a prenderne le distanze, ma che nei sogni ritornano beffardamente per invitarmi alla perdizione.
Un mondo di grandi ardori, di cinismo, di modernità, ma anche di patetica arcaicità, in un rovello che consuma ma conquista: certo c’è molta delicatezza, tanto ardore, ma a volte scottature, esasperazioni derivanti dall'arte del sentimento estremo, della comunicazione senza barriere.
Storie anche struggenti e un poco paradossali, ma di ordinaria follia dei nostri giorni, dove bisogna esercitarsi nella pazienza, che non è mai abbastanza, dato che l’imprevisto è dietro l’angolo e ogni bonario proposito immancabilmente salta.
Questi non hanno nulla di diabolico e di perverso come certi miei amori estremi, ma sono di ordinaria crisi vissuta con rigore e con un onda di malinconia, sicuramente con tanta volontà di comprensione perché tutto questo è lo specchio della realtà e della sua schizofrenia.
Forse si cercano proprio amori assurdi per uscire dal grigiore di una vita opaca, da un piattume di consumismo elevato a sistema di vita in un mondo in cui tutto salta: a volte sembra che i personaggi siano ibernati della loro perenne ansia o irrequietezza, come se il mondo fosse imbalsamato, chiuso da schemi prefissati e immobilizzati dal magma che
imprigiona ogni gesto, anche se l’estro femminile tenta delle varianti, delle spie d’uscita che vorrebbero essere di rivolta.
Un mondo di consumi e di impacchettamenti mentali, dove la fuga nel sogno e nella normalità sembra impossibile, ma l’autore si diverte a mettere a nudo e alla berlina certi stereotipi del nostro vivere quotidiano, di anime costrette a subire un meccanismo imposto da regole della banalità e dall’irrequietezza gestita con molto cinismo.
Un mondo di “anime” smarrite, destinate ad essere inghiottite dal magma delle abitudini imposte di una vita costruita a tavolino che non riescono a liberarsi della loro nullità, nonostante i migliori propositi: uno specchio del caos e dell’opportunismo che ci circonda e che, con sapienza, Velio Carratoni smaschera, beffandosi delle ipocrisie.
Con un tono divertito, senza patemi e tantomeno proclami si delinea una ordinaria banalità dei nostri quotidiani drammi personali, cercando con un sorriso di esorcizzarli: Passive perlustrazioni scruta un mondo dove “Di corpi ce ne sono sempre troppi. Di pensieri sempre meno”, dove tutto si va appiattendo e sclerotizzando, anche se i guizzi di certe signore che escono dalla regola sembrano vivificare la speranza che un’altra realtà è possibile, subito disattesa.
Forse ogni tanto ci sono ancora spazi di illusorie salvezze, ma spesso “Siamo ridotti al crollo, a causa di una natura che non ci è più né amica né matrigna”, ridotti a marionette che recitano la parte insensata di un mondo che si svuota: tra tanti uomini di fumo ove l’irrequietezza femminile sembra una via d’uscita, ma che poi inaspettatamente tutto crolla addosso, perché la vita è sogni e miserie.
Un sottile percorso sapienziale, senza l’illusione di aver afferrato il bandolo della matassa, ove tra sofferenza e debolezza possano scaturire umanità, un poco di verità, perennemente camuffata dalla farsa di figure di fumo e vapori destinati a lasciare un segno in tanta insensatezza del nostro vivere attuale.
*
MARIO RONDI

SEGNALAZIONE VOLUMI = DANIELA RAIMONDI

Daniela Raimondi – La stanza in cima alle scale--- Nino Aragno Editore – Torino – 2018 – pp. 79 - € 12,00

Daniela Raimondi è nata in provincia di Mantova. Ha trascorso più di trent’anni a Londra e ora vive in Sardegna. Ha pubblicato otto libri di poesia e una raccolta antologica in edizione bilingue Selected poems, Gradiva, New York. Ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti a concorsi letterari nazionali, tra i quali il Premio Montale per una silloge inedita, il Premio Sartoli Salis per Opera Prima e i premi Mario Luzi, Guido Gozzano e Caput Gauri per opere inedite. È stata selezionata per rappresentare l’Italia all’European Poetic Tournment a Maribot, Slovenia, dove ha ottenuto il Premio del Pubblico (2012). Il suo primo romanzo L’ultimo canto d’amore, ha ottenuto i premi “Firenze”, “IoSrittore”, “San Domenichino” e Thesaurus”.
Il titolo del libro di Daniela Raimondi che prendiamo in considerazione in questa sede evoca qualcosa di archetipico e arcano: la stanza in cima alle scale.
Non c’è dato di sapere se questa camera sia parte di una casa o se sia qualcosa di autonomo, un magazzino o altro.
Quanto suddetto crea fascino e con un volo della fantasia si potrebbe credere che questa sia la stanza dove la poetessa scrive le sue poesie anche se le poesie si possono scrivere ovunque e dopo la rivoluzione del verso libero tutti possono farlo per emergere dalla solitudine dell’individuo in questo postmoderno occidentale quando in un mondo tecnicizzato si è persa l’abitudine di guardarsi negli occhi.
Con questo libro la Raimondi si conferma autrice finissima e intelligente, capace di trattare tutti i temi della vita e conscia di essere sotto specie umana, per dirla con Mario Luzi.
Cifra essenziale della poetica dell’autrice espressa in questo testo è quello di una chiarezza generale che non esclude la complessità, elemento che si rivela tramite accensioni e spegnimenti subitanei veramente folgoranti e mirabili.
La forma è elegantissima e la poetessa riesce perfettamente a dominare la sua vena magmatica e scrosciante del suo poiein, riuscendo a incastonare nei tessuti complessivi con perizia ogni singola parola e ogni sintagma.
La raccolta è articolata architettonicamente ed è scandita nelle seguenti parti, precedute da tre poesie iniziali: Primi dei dell’infanzia, Riti di passaggio, Foto di famiglia e Piccole storie di paese.
Molto interessanti le due composizioni iniziali intitolate La malinconia dei girasoli e Segni nelle quali Daniela riflette sul senso della scrittura e della poesia stessa, nella ricerca di una spiegazione del fenomeno poesia che paradossalmente avviene proprio in versi.
E tramite i suddetti componimenti la poeta dimostra di credere fermamente che la poesia salva la vita. Così leggiamo in Segni: Se scriviamo è per questo:/ per non dimenticare il sogno, / ritrovare un tocco d’angeli sulla guancia/ e sconfiggere i demoni/ immobili come aghi sotto la pelle…/Scriviamo per l’attesa, / quando un’orbita di luna ha sbagliato percorso, / per la corona di spine che ci sanguina la fronte/ e ci fiorisce le mani nella luce di un verso/.
In questi versi intrisi di misticismo c’è speranza perché scrivendo si possono ritrovare gli angeli e sconfiggere i demoni e anche la corona di spine può fiorirci tra le mani nella luce di un verso.
Predominano i temi dell’infanzia e degli affetti familiari e tutto s’inserisce nell’espressione di una parola magica, leggera, raffinata ben cesellata e icastica.
*
Raffaele Piazza

mercoledì 4 luglio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARCELLO CARLINO

Marcello Carlino - Il regionale delle sei e quarantatre - Robin Edizioni - Biblioteca del Vascello - 350 pagine - 18 euro.

Questo lungo ed effervescente racconto, strettamente ferroviario ed insieme sui generis ed ecumenico, scritto dopo molti saggi dedicati all'Arte e alla Letteratura, è il primo romanzo del Professore Marcello Carlino, docente di Letteratura contemporanea all'Università La Sapienza di Roma. L'autore prende spunto dalla sua intensa e pittoresca esperienza di pendolare (Frosinone-Roma) e ci rivela, durante un viaggio insieme altamente simbolico e scabrosamente concreto, la sua visione-opinione ironica e senza illusioni sull'animale umano e sul mondo in generale. Tutto questo durante la corsa al buio su binari fantasma in una mattina "scialba scialba" d'un treno psichedelico popolato da pendolari qualunquisti "malmostosi" proiettati verso un destino oscuro quanto nebbioso. Viaggio sviscerato a perdifiato dal binomio schizofrenico narratore-personaggio provvisto da personalità bivalente con parlantina delirante e oratoria enfatica tentacolare, ricamata ogni tanto da parole francesi.
Viene coinvolto suo malgrado ma potentissimamente, l'ignaro sciagurato lettore, trascinato come festuca di melma nel turbine bufera a 360° d'una visione d'oggi e "d'antan" su un mondo putrefatto, torrido gelido, scatologico escatologico, che lo lascia frastornato, ilare e disperato. Ormai ricco d'una presa di coscienza sempre a 360°, trasportato a latitudini-longitudini estreme nel cuore d'immani problemi esistenziali intestinali, ne esce, l'esausto e triturato lettore, tenendosi la pancia, dubbioso se ridere, piangere o "evacuare". Ma soprattutto ammaliato da quel vagabondaggio dantesco nelle budella reali figurate d'un tunnel vischioso e senza via d'uscita, metafora illuminante d'una società allo sbando, incosciente e priva di speranza. Ne esce senza fiato, sconvolto, ma informato, ormai consapevole, in una nuvola "disinfettante", sull'orlo d'una crisi sociologica organica, ma divertito, riconoscente e svuotato, e soprattutto profondamente ammirato per l'arte multiforme della Guida illuminata.
Richiuso a malincuore il libro, gli rimangono però, oscuri ed angosciosi, molti punti che pretende imperativamente che gli venissero schiariti:
- è ricomparso da qualche parte quella Guida suprema, ossia "il signore solitario e distinto dal blazer blu e dalla camicia a button down azzurra"?
- si è risvegliata la simil "Belladdormentata anaffettiva" dal suo letargo profumato? Ha cambiato la sua "posizione fetale"?
- è stato promosso, o licenziato dalle ferrovie statali il Ferroviere timoroso incolpevole, perfetto bouc émissaire?
- sarà dato un incarico ministeriale nel nuovo governo al "Gorilla" patibolare?
- che fine hanno fatto i Pendolari? Si potranno ritrovare indaffarati nella "grande surface" più vicina, vaccinati al peggio ma a conti fatti inorgogliti da questa avventura smisurata, da raccontare a vicini, nipoti e pronipoti per generazioni a venire, o forse no, date le infauste premesse, ma pronti per l'oggi a "ruscellare" in santa pace e a dare interviste ai mass media scatenati?
Il lettore fremente aspetta de pied ferme di saperne di più nella seconda epistolare sicuramente in preparazione.
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Edith Dzieduszycka - maggio 2018

martedì 3 luglio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = DARIO PASERO

Dario Pasero – An sla cresta d’ombra – Sulla cresta dell’ombra---Ed. La Stòira – Ivrea – 2018 – pp. 56 - € 10,00

Dario Pasero è nato a Torino nel 1952. Dai primi anni Ottanta ha iniziato l’attività di scrittore (in prosa e in poesia) in lingua piemontese: sue composizioni sono apparse su riviste specializzate in Piemonte e altrove. Al suo attivo sono un volume di prose piemontesi e quattro di poesie.
Il libro di poesia del Nostro che prendiamo in considerazione in questa sede presenta il testo in piemontese a fronte e una prefazione di Giovanni Tesio ricca di acribia.
La raccolta è costituita da trenta componimenti scritti nell’arco di quattordici anni a conferma dell’attenzione dell’autore nel cesellare con un instancabile lavoro di lima ogni poesia del volume parola per parola, sintagma per sintagma.
Tutte le composizioni trasudano una forte inquietudine e sono sottese ad atmosfere naturalistiche pervase da un’aura neoromantica.
Nella lettura sembra di affondare in situazioni arcane e magiche fuori dal tempo lineare e di accedere a cronotopi ancestrali, a paesaggi e situazioni che portano ad altre dimensioni della realtà.
Dal titolo della raccolta si evince che qui luce e ombra sono associate al tempo in un chiaroscuro morale che tende al bene proprio attraverso una parola poetica detta con urgenza e molto vaga.
Anche il tema dell’erotismo è presente per esempio in Proserpina, poesia dal tono vagamente classicistico nella quale viene nominata la dea che simboleggia il mistero della vita e della natura che rifiorisce dopo l’inverno.
Il tono usato da Pasero, che si esprime attraverso un linguaggio chiaro e luminoso nel quale si disvelano accensioni e spegnimenti, sembra essere per certi versi epigrammatico, assertivo.
Le immagini fluiscono le une dalle altre e si evidenzia in tutto il libro una forte eleganza formale.
Il poeta ci trasmette il fascino delle stesure in dialetto piemontese centrate sulla pagina che risultano criptiche e quasi totalmente incomprensibile per la maggior parte dei lettori.
Pasero tocca il tema dell’identità legata al luogo d’origine e alle storie degli antenati in scenari molto evocativi.
Il tipo di poesia che ci fornisce Dario costituisce un unicum nel nostro panorama letterario con la “doppia versione” di ogni singola poesia.
La tematica mitica è toccata in Sirena dove è nominata la creatura marina che vive una profonda gioia anche fisica.
La galleria d’immagini mitiche prosegue in Baccante in cui l’io – poetante è la stessa figura mitologica che racconta la sua vita piena di angosce nella quale s’innesta il tema della metamorfosi.
Mitica anche la descrizione di Danae che diviene il tu al quale il poeta affettuosamente si rivolge.
E ci sono figure ancestrali anche maschili come Fauno, Polifemo ed Ettore.
"Ancora una volta" può essere considerata una poesia amorosa nella quale il tu delineato con dolce erotismo (la pelle di pesca giallo – arancio) potrebbe essere l’amata del poeta.

Un poiein originale sotteso a strumenti scaltriti della sua officina.

Raffaele Piazza

domenica 1 luglio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI - ANTONIO SPAGNUOLO

Antonio Spagnuolo : "Canzoniere dell’assenza", Napoli, Kairós edizioni, 2018 -

L’ultimo libro della feconda e felice attività poetica di Antonio Spagnuolo è quale il titolo ben indica. Si tratta di un canzoniere (e dunque è la musica l’elemento formale unificante) ed è l’assenza (o meglio il sentimento dell’assenza) il suo contenuto. Titolo che unifica due tradizioni diverse. Infatti “canzoniere” rimanda a Petrarca e alla tradizione lirica della nostra letteratura, e “assenza” si collega al sentire prevalente dell’uomo moderno, alla sua espulsione da un mitico eden, con la solitudine e la sofferenza che ne conseguono. La perdita della moglie del poeta, causa biografica del presente canzoniere, diventa dunque metafora di una perdita ancor più radicale e universale, quella del senso della vita, tanto che l’autore, smarrito, può sentirsi vittima inerme di “un Dio inclemente” (p. 82). Ma per fortuna a soccorrere il poeta nel vuoto che si spalanca è la clemenza della poesia, con la sua “musica lieve, modulata” (p. 13), come Spagnuolo scrive, con parole appropriate, nella lirica incipitaria. Verlaine, uno dei padri della poesia moderna, suggeriva di “faire de la musique”. È proprio quel che il nostro fa, nel suo originale modo, con la sua poesia fortemente metaforica ed evocativa, dove il non detto prevale sul detto e il sogno è più consistente della realtà, in un surrealismo domestico tipicamente italiano. Non a caso le liriche del Canzoniere sono di prevalente ambiente notturno, la luna è presenza dominante (addirittura l’autore può tuffarsi, a piedi nudi, nell’astro, p. 84) e ricorrenti sono parole come “sogno”, “fantasma”, “illusione”, “miraggio”, “silenzio”. In questo modo i leopardiani “inganni della gioventù” (p. 52) si stemperano nell’ammaliante incanto della musica e la perdita si trasmuta in poesia. La presenza della poesia. L’assenza della donna amata, vagheggiata in una memoria che ripercorre, con delicatezza e commozione, i momenti più vivi dell’esistenza comune, si traduce nella presenza della poesia, nel suo potere liberatorio. E dico “liberatorio” a ragion veduta. Infatti, insieme al prevalente scenario notturno di cui ho detto, un altro elemento, insieme fisico e metaforico, che si evidenzia nel libro di Spagnuolo è quello spaziale. Sparse fra le varie liriche (oltre settanta) troviamo infatti parole come “muri” (e “mura”), “pareti”, “stanze”; e possiamo leggere versi come i seguenti: “Lo spazio è prigioniero di se stesso/in una cella che toglie la memoria” ( p. 41). L’abitazione che custodiva gelosamente il felice amore della coppia, si trasforma, malignamente, nell’angusta cella di una prigione. E una prigione nella quale gli specchi (altra presenza significativa del libro) non fanno che moltiplicare l’assenza, la solitudine e il silenzio, facendo del mondo e del suo spessore un “riflesso spettrale” (p. 38). Non solo: anche la memoria si dà per “frammenti”, e in quanto al futuro, esso “non concede speranze” (p. 73). Da questa situazione che sembra senza sbocco, ecco scaturire il sogno di evasione, il sogno di “salire sul treno senza meta” (p.20): fuggire, non importa in quale direzione. Sogno vano, naturalmente. L’unica liberazione – e il poeta lo sa bene – è quella offerta dalla poesia, dalla sua musica sempre uguale e sempre diversa, con la quale “i giorni che scorrono monotoni” (p.81) possono farsi ritmo e melodia e acquistare senso. Si leggano, ad esempio, questi versi: “Ho amato le tue mani delicate/incastonate nell’incertezza delle dita/per quella intimità che ripeteva/il verde della gioventù improvvisa” (p. 48). O questi: “Le mie mani ti vorrebbero ancora,/ ma stringo inutilmente le mie dita/tra il cuscino e il silenzio” (p.77). Versi esemplari di quel surrealismo domestico di cui ho detto sopra, ma anche rimarchevoli per una scansione esatta, senza sbavature. Altre volte il poeta sa trovare attacchi di immediata, coinvolgente forza emotiva, come questo: “Come vorrei parlarti ancora un poco/fra le tue nuvole che non hanno senso” (p. 31): l’aura metaforica si squarcia e appare il cuore nudo, nel suo così umano e toccante desiderio Ma il poeta ha molte frecce al suo arco e talvolta contrappunta efficacemente il prevalente tono musicale con versi di andamento prosastico, eppure innervati dall’energia che può scaturire solo da una dolorosa esperienza di vita: “Mi stordisce la vertigine di questa estrema forma di dolore” (p. 57).
Fedele alla sua “visione segreta” (p. 17), Spagnuolo ha scritto un libro di notevole unità, dove il dato biografico non si presenta mai nella sua spoglia oggettività ma si dà al lettore nella mediazione della poesia-musica, con la sua presenza che sa essere più reale del reale: non un surrogato di vita, ma vita essa stessa, nella sua impalpabile ma autentica libertà.
SAURO DAMIANI