giovedì 27 giugno 2013

SEGNALAZIONE VOLUMI = NEVIO NIGRO

NEVIO NIGRO, "Chiaroscuro segreto", Milano, Crocetti Editore, 2013, pagg. 66, euro 10,00

Una fedeltà alla poesia come quella espressa senza sosta da Nevio Nigro è cosa impensabile. Egli è innamorato del verso e credo che ogni attimo della giornata lo viva inseguendo una immagine, un ritmo, un’assonanza per poter dire, al meglio possibile, ciò che gli “ditta dentro”.
Nicola Crocetti ha fatto e fa bene a proporlo molto spesso, ha sicuramente visto in lui uno degli ultimi pionieri che credono fermamente nell’azione umana, spirituale e civile di questo patrimonio di emozioni che da sempre ha dato al mondo un senso nuovo e diverso.
Ho più volte detto e ribadito che Nevio ha l’anima candida, che guarda la realtà con gli occhi sgombri, senza veli e che perciò riesce a cogliere la magia silenziosa e benefica che scorre nell’aria. La chiude nelle parole, la offre come si offrono fiori, con gentilezza, con delicatezza in modo che subito diventi parte integrante di chi legge.
In questo Chiaroscuro segreto appena uscito c’è in più, rispetto alle precedenti prove, una elegia dolente, un lamento che ha sapore greco, non solo perché ogni pagina fa pensare ai lirici di un’epoca lontana e felice, ma soprattutto perché le emozioni diventano respiro dell’universo fino ad affermare “Un canto / mi torna nel cuore / in questa notte / innamorata”. Ecco, si noti, non è il poeta a essere innamorato, ma la notte, quindi c’è il palpito del mondo che abbraccia ogni cosa e la rende divina.
Anche nella poesia dedicata a Vicente Aleixandre Nevio Nigro utilizza il medesimo modo di sentire e infatti “remoti orizzonti / cantano solitari”.
Sembrava che gli esiti finora raggiunti non potessero essere superati perché tutto era detto con essenzialità, con rigore, con leggerezza. Le parole sembravano essere state tagliate da un rasoio sottile e deciso eppure Nigro ci ha sorpresi ancora una volta riuscendo a entrare nel filo lieve di un grido di dolore che “narra” della perdita, della morte con un sottofondo malinconico che tracima e tuttavia non occlude la verità.
Oggi che la poesia così detta ufficiale si affida totalmente a trovate, a giochetti filologici, a furbizie linguistiche, alla funzione del significante, al mormorio becero e privo di qualsiasi nesso logico o d’altro genere, leggere un libro come questo è un refrigerio, arrivare a “vedere” “quell’aurora disabitata” di Tripoli è una conquista che esula dalla nostalgia e fa sentire viva e certa la presenza della giovinezza.
E c’è una poesia intitolata proprio Giovinezza in cui il poeta vede “il colore del vento”,
Ma il libro è anche un ritorno ai temi più cari del poeta, quello della madre, del padre, della sorella, della moglie, insomma degli affetti familiari che vengono trattati fuori dai canoni divenendo quasi brevi racconti, descrizioni di momenti che sono rimasti impressi nella mente e non si cancellano. Un tocco alla Guido Gozzano o alla Marino Moretti (“Lo studio coi suoi libri, / cornici alle pareti, / ricordi, croci, onori, / quel quadro suo / col tocco e l’ermellino, / la piccola bandiera; fotografia del nonno: / barba e argento… // La poltrona rossa. / Il tuo pigiama. / La mamma era in faccende / e la guardai”), un ritorno ai tempi che furono, ma senza rotture di ceralacca e senza strascichi, perché Nigro accenna, non insiste, non accalca, e così il suo canto diventa nenia greve, ansia spirituale, mare invernale “freddo e vicino”.
Voglio segnalare una delle liriche che mi sembra un vero capolavoro, Possiedo la tua assenza. Qui Nevio Nigro sembra avere rubato il portamento delle parole a Saffo o a Ibico e la sua voce si fa perentoriamente tenera, e sembra che la vita si diffonda nelle parole creando un’atmosfera mitica.
A dirla senza mezzi termini, Chiaroscuro segreto è un libro che aiuta ad entrare nel pulviscolo che sta tra la vita e la morte e ne trae quelle suggestioni che sono orchestrazioni della dissolvenza, promesse di una vita oltre la vita; ecco, un libro di amore, di dolcezza, di fede.

DANTE MAFFIA

RIVISTA = SILARUS

SILARUS - rassegna bimestrale di cultura - Numero 287-288 (Maggio - Agosto 2013)
Numero dedicato al XLV Premio Nazionale Silarus.
Sommario
Lorenzo Rocco : Editoriale
L. D'ambrosio : Maria Luisa Spaziani
L. Rocco . Donne allo specchio
R. Scalfaro : Il ripescaggio di "Mameli" di Ruggiero Leoncavallo
M. Pellegrino : Aida , l'opera che si trasforma
M. Iannelli : Alfonso Iannelli ( 1888 - 1965 )
L. Rocco : Trilussa . Storia di amore e di poesia
M. C. Robertazzi : Una lanterna - Zia Titta
Verbale della Giuria Premio
E. D'Episcopo : Consalvo dei "Viceré" e Tancredi del "Gattopardo"
N. Agnello : Cardarelli ritrattista
P. Balestriere : La scrittura poetica di Giorgio Bàrberi Squarotti
C. Spinella : Una vittoriosa sconfitta
S. Luscia : Il bambino del regime
S. Marzioli : Doppio binario
A. Di Napoli : "Nel cratere d'inverno" di Ottaviano De Biase
A. Di Napoli : Poeti dialettali irpini : Fernando Antoniello
Scaffale : a firma di Tito Cuochi , Giovanna Iorio, Pasquale Rocco
Galleria :poesia di Furio Allori
Recensioni : a firma di Leonardo Santoro, Pasquale Rocco , Antonio Spagnuolo
Lorenza Rocco , Celeste Santoro.
Riferimento : pietrorocco@rivistasilarus.it

venerdì 21 giugno 2013

SEGNALAZIONE VOLUMI = GILBERTO FINZI

GILBERTO FINZI : “Diario del giorno prima” – Nomos edizioni 2012 – pagg. 88 - € 14,00 –
Uno sguardo straniato ci può parlare del giorno , del giorno che gli affetti allentano le corde per svanire nel nulla , del giorno in cui il pensiero appesantisce i dubbi , uccidendo gli ultimi simboli , del giorno che intravede l’ultima pagina da scrivere per riconoscere ed ammettere il vacillare anche della memoria.
Questo faccia a faccia con il quotidiano si identifica nella esistenza stessa di una filosofia del prima, costretto a vedersi con gli occhi di chi conta il tempo alla rovescia, attraverso il riconoscere che il volto dell’altro ormai rispecchia le nostre stesse rughe , le nostre stesse pieghe untuose , le nostre stesse impotenze.
Ormai la patita è giocata e nel silenzio totale, nella tensione a mala pena sostenibile, le labbra cercano quelle parole che potrebbero sistemare le tessere di un mosaico fatalmente fragile.
Gilberto Finzi tesse, con abilità unica e preziosa, una trama del tutto personale, ma fortunatamente universale , per la quale lo sguardo straniato del claudicante ammicca in originali delicatezze. Non ci sono rimpianti catastrofici o lamenti stridenti , ma uno sciorinare di immagini lievi e suadenti , che con la vecchiaia hanno il passo della chiarezza e gli orizzonti del mistero.
“Il tempo che ci resta? No, / il tempo che qui resta, / l’inutile scansione che arrovella/ e che finisce sulla terra: / qui rimane, fra gli umani, / i vivi, i sovrastanti, i senza pace, / rimane finché vivi e parli, / rimane negli occhi e in ciò che vedi….”
Senza limiti , quindi , questo giro intorno al tramonto di ognuno di noi , con la poesia che dilania e ammorbidisce, urla e sussurra , come un continuo racconto che riesce a riattivare la fiamma sopita sotto la cenere.
ANTONIO SPAGNUOLO --

giovedì 20 giugno 2013

RIVISTA = COLLETTIVO R

COLLETIVO R - Nunero 19 /21 - gennaio - dicembre 2012
Sommario :
Ordine del giorno : Luca Rosi
-Percorsi / poesia :
Antonio Melis
Raul Gatica
Martha Canfield
Juan Manz
Giorgio Bàrberi Squarotti
Ferruccio Brugnaro
Maria Stella Lo Re
Liliana Ugolini
Anna Vincitorio
Alberta Bigagli
Filippo Nibbi
Franco Varano
-Percorsi / narrativa:
Mario Materassi
Luciano Spinosi
Giovanni Pestelli
Roberto Nistri
Bruno Coppola
-Contesti:
Fabiana Viglione
Chiara Mazzardi
Francesco Alunni
Antonella Ciabatti
-Materiali e dibattiti:
Bruno d'Avanzo
Marcello Trentanove
Luigi Aricò
Illustrazioni di Romano Luvcacchini e Paolo Tassi.
Copertina di Franco Varano.
Riferimento : collettivoerre@gmail.com

mercoledì 19 giugno 2013

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

CAMERE DI ALESSIA --
1
Contenitore di limbo a poco
poco in sintonia con il sogno
nel 2010 di fabula con il poster
del paesaggio artico alla
parete nell’immensità sottesa
ad una gioia di piantina di fragola
comprata sull’isola e

2
quella dell’adolescenza nella
casa di prima con le bambole
in armoniche teorie sulle mensole e

3
quella del telefono nella casa
dell’amica al mare che trasale
in un sorso di vita a riesaudire
desideri nei libri new-age
in mistiche letture nei mattini
di nebbia a snebbiare la vista

a poco a poco una conquista

di giorni per messi altre e

4
quella della casa in campagna
nell’attendere la pioggia

sugli oggetti trasfigurati

nelle corse fantastiche per mietiture

di arance d’inverno nella rimembranza
di un tempo di sogni aggettanti

dove il luogo è nuovo

dove cade pioggia nella chiostra
dei capelli d’oro all’aria sparsi

in quel trasumanare in forma
di amante nel nostro letto, Alessia e

proseguiamo e

5
un quadrilatero d’aria tra i campi
tra memorie di sagrati o futuro anteriore
di chiesa di campagna per fiorevole

matrimonio ai lieti colli

tra pareti trasparenti e senza nome
alberi di pesca nel tempo di una

pesca nel tuo mare senza fare bambini,
Alessia, forte nella sera del platino.

Incantesimo a scorgerla.
**

RAFFAELE PIAZZA

martedì 18 giugno 2013

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO

ANTONIO SPAGNUOLO – “Il senso della possibilità” – Kairós Edizioni 2013 –
Pagg. 100 - € 14,00

Non è certo narrativa, prosastica, la produzione poetica di Antonio Spagnuolo. I suoi versi aleggiano in accostamenti inattesi di immagini, che si rivelano metafore di un profondo e dolente sentire. Le parole, scelte con accuratezza, costruiscono un linguaggio all’apparenza semplice, ma in realtà denso di sottesi significati che, una volta intesi, lasciano sorpreso e affascinato il lettore. E spesso la frase si dipana in allegoria dello stato d’animo dell’autore. Il motivo portante è quello degli anni trascorsi, non tanto per il rimpianto del passato ma per la necessità di affrontare e costruire il resto del futuro o almeno il presente. Con richiamo all’Apocalisse il poeta recita: “Forse l’orizzonte offre la stella mattutina / dai falsi contorni per ricattare la carne, / modulando le ore leggiadre che lasciammo per approdi del flauto, / o raccattare le più che povere stagioni. / Ricomincia dagli ottanta la rincorsa / per una fase che non mi stupisce, / certo fra fase e frase l’esplicita zavorra/ aiuta l’impotenza delle nostre voci”.
Al primo impatto ci si può sentire disorientati alla lettura di questa poesia astratta, all’apparenza tranquilla e appagata, ma che invece è costruita su un concatenarsi di immagini dall’imbrigliato significato: “La mia pazienza si conclude..Stanchezza per la rondine che richiama il vento / ed il tramonto destina altri riflessi, / l’usura nel suo sorriso sbiadito / gioca trucchi furtivi a raccontare contro me stesso / quella parte di illuso, scommettendo / le tenerezze a strappo, fuori di scena”.
L’immaginazione, la creatività, l’indagine, colmano gli spazi della solitudine. Il vuoto e il silenzio interiore trovano voce e forma che si dispiega nella parola. La configurazione verbale dipinge squarci e risvolti inimmaginabili, che forse anche l’autore scopre nella delimitazione della rievocazione o della previsione. La memoria dei valori del passato è distaccata come attinente a un tempo estraneo. Succube appare la previsione del futuro quasi appartenente a una estranea esistenza:
“Ecco i capelli grigi contornare il sorriso / indisturbati, / ormai scolora ogni invito a ricomporre / gli abbracci”.
Qualche volta vale a costruire la realtà di un momento, di una situazione, di un sito, la inopinata composizione delle immagini. Ma sarebbe necessario riprendere tutti i testi, perché ognuna delle strofe svela la sorpresa di un incantamento, adduglia con la dolce fermezza di una diagnosi definitiva, sconcerta con la rivelazione di una realtà nota ma non recepita. Non c’è, non ci potrebbe essere, una conclusione nel vagare alla ricerca di una stabilità, ma tutto lo scorrere dei versi, che pur scissi nei vari testi compongono un unico afflato lirico, svelano una ricchezza spirituale conscia della sofferenza imposta dalla realtà: “Sovraccarico d’anni fingo certezze / tra le ombre asimmetriche / per dragare le orme di un sospetto”.

LIANA DE LUCA

lunedì 17 giugno 2013

SEGNALAZIONE VOLUMI = NINNJ DI STEFANO BUSA'

Ninnj di Stefano Busà : “Eros e la nudità” - Ed. Tracce - Pescara - 2013 -
(“MIELE D’ARNIA”: IL SIGILLO DELL’AMORE )

È la relazione che m’interessa, ciò che rilevo attinente - nel senso di non estraneità - sia all’amore sia ai filtri che sembrerebbero, nel bene e nel male, coercitivi nei confronti della libera espressione dell’eros.
La nudità, allora: rispettiamola, subito, senza porre in mezzo nient’altro che quella che non esito un istante a considerare una piena assunzione di responsabilità dell’autrice di questi versi, della sua poesia e della stessa passione amorosa coinvolgente i sensi quanto la mente.
Ecco, a seguire, il testo integrale della lirica che - a mio parere, ovviamente - può essere la chiave di lettura della raccolta:

“Tutto è rimasto a quell’ora,
a quel luogo che decantava l’amore
come acqua di deserto.
Un corpo è sempre un corpo,
anche nel sorriso che esprime il possesso,
l’alterità di un sogno che vi cresce dentro,
quando con naturalezza ci attraversa
veloce un altro sangue,
e rifiorisce nelle vene il senso del mondo,
nudo e segreto.”

Cosa si percepisce? Intanto, appunto, che la voce recitante (e - si badi - non ho detto chi scrive) consapevolmente professa un suo sacrosanto diritto accettando, in nome della verità, l’onere, con tutto quello che comporta, di essere ciò che è; no, nessuno scandalo, nulla di cui doversi vergognare ma bellezza, sublime bellezza del rischio.
Poi, i polisensi: segno di confusione? Esattamente l’opposto: bisogno di fare chiarezza, di sgombrare il campo dai malintesi, di amare veramente.
Chi ama non si veste, si spoglia, fino a togliersi persino la pelle, a provare dolore, quindi, la cui soglia - lo sappiamo - è a così stretto contatto con quella del piacere che diventa impossibile, al culmine, discernere l’uno dall’altro.
Che venga, la nudità, che ci porti l’orgasmo più alto, ci riconsegni pure la sofferenza del godere purché, con lei, si palesi l’amore.
Ho parlato di varie accezioni o - meglio - di significati contrapposti del termine perché, non soltanto per fini esegetici, sia totale la sua comprensione, ma anche e soprattutto perché il fruitore possa identificare la propria aspettativa di felicità nel senso stesso di attesa, nell’ “evento/avvento”, di cui scrive la Busà, e tramite il quale esorta a dare “un nome all’amore” nonostante “i suoi travestimenti”, indispensabili alla tutela del mistero: “diamo loro sembianza di purissimo azzurro, / tra carne e sogno, senza ingannare / la castità”, terminano così, con questa splendida chiusa, i versi che ho desiderato sostenessero il mio pensiero.
Mi sovvengono questi altri, ad esempio, che supportano quell’idea minima, eppure estrema di benessere, di appagamento: “Felicità dell’attimo o del niente, pegni / lasciati in fondo all’anima / . . . . / Tutto poi si compone e si scompone, / attorno a quel dettaglio che è la vita.”.
Già, la vita, il luogo dove, in fondo, si consuma il tempo del “letargo”, e “delle molte stagioni d’oblio” non resta che la primavera dell’amore, il vero risveglio.
Dello schiudersi ed appassire del fiore “permane / l’aroma inebriante dell’ultimo dono”.
È l’Amore, che brucia come fuoco di paglia nell’unione dei corpi e s’eterna in quella stessa fiamma, il “miele d’arnia” che sigilla “alveari di silenzi”.
Nelle loro celle - e concludo, associandomi all’auspicio, per il quale non trovo parole più adatte (mi perdonerà) di quelle della poetessa - “possano le voci continuare / a cercarsi al di là della fusione momentanea, / come la sete l’acqua.”
SANDRO ANGELUCCI












domenica 16 giugno 2013

POESIA = NEVIO NIGRO

SORELLA

Fummo insieme :
una lanterna sola
per la via.
Nulla stancò
l''eterno desiderio
che ti faceva viva.
E tornare volevi
al tempo lontano
dei colori.
Ora vai per sentieri
dove origina il cielo
o la paura.
Dove chiamarti è vano.
E non mi senti.
**



SETE


Dormono lontananze
d'amore.
Nel senso della notte
vanno i ricordi.

Meglio scordare
l'eterna
voglia d'essere
voce nel buio
di lontana sete.

Solitudine astratta.
Dolcemente compagna
del silenzio.
**
RAGAZZA AMARA


Ragazza amara
che vieni a turbare
il mio tempo
è stanco il passo
che si fa memoria.

L'arcano approdo
che infrange i ricordi
fa incerto il desiderio,
flebile il canto.

Ragazza amara
vivo il tempo di perla,
la mia parte di notte,
la sua maschera ignota.
**

POSSIEDO LA TUA ASSENZA
(Seguimi)


Seguimi in questa sera
così non sarò solo.
Ti aspetterò
sul molo del mio mare.
Sai dove sono.
Insegnami la luce.
Possiedo la tua assenza.
Perciò vieni.
Poco si deve andare.
Così poco.
***

NEVIO NIGRO --

POESIA = LIANA DE LUCA

IN SVIZZERA


In Svizzera si va per lasciare
il malloppo dei soldi o della vita.
Nel primo caso è facile fermarsi
nella solita banca di fiducia.
Facile anche nel secondo
dimostrare di essere incurabile
bere un bicchiere di aspro sapore.
Sempre si resta privi
della ricchezza o della malattia
di intercambiale importanza.
Ma del denaro rimane il libretto
e della vita soltanto il ricordo
(forse)
in vuota nullità di solitudine.
*

NESSUNA E’ IMPORTANTE...


...per la sua badante. Jannet
le porge il bastone all’uscita
le segnala i gradini e la sorregge
le frulla con la carne le carote
le apre le buste delle lettere
le ricorda che scade la bolletta
la segue con il cordless per la casa.

Lei la ringrazia e sorride
aspettando che esca per chiamare
gli amici suoi segreti e per mangiare
cioccolatini e champagne di nascosto.
Prova davanti allo specchio il vestito
che tanto richiamava sguardi e mani
ma si rimette pigiama e vestaglia
e alla televisione si consola
con le notizie sul papa in pensione.

E quando torna Jannet le propone
vecchi versi d’amore e di romanzi
come li avesse composti da poco
che quella ascolta curiosa e fidente.
Così riconquista un poco di spazio
e la badante si scorda il bastone.
*
PAESAGGIO CONTRO


Sul prato falciato
gli alberi mutilati
elevano al cielo braccia scheletriche.
Non il cantare d’una capinera
ma il cinguettare dei passeri
cerca la protezione delle foglie
contro il calore radente del sole.
Invano. L’unico riparo
sono i tetti spioventi delle case
e l’attenzione al lancio dei sassi
dei ragazzotti in calzoncini corti.
Scivola controluce la lucertola
retaggio d’una antica civiltà
inseguita dal gatto randagio
mimetizzato da tigre.
Indifferente la ragazza passa
protesa al prossimo incontro
nell’angolo furtivo di un portone.
E nell’attesa del nuovo rigoglio
sospesa è la natura indifferente.
*
POESIA INTERROTTA


Il mattino comincia a mezzogiorno.
Lavarsi i denti, sfilare il pigiama,
aprire le finestre per cambiare
l’aria limacciosa della notte,
fare colazione, sbloccare il telefono,
guardare alla TV le previsioni
del tempo e magari l’oroscopo,
sorridere al gatto del vicino
sul terrazzo limitrofo,
scegliere dal frigo le vivande
che richiedono breve cottura,
scendere a prendere la posta…


…e finalmente decidere
che è ora di svegliarsi e di riprendere
la poesia interrotta a metà…
*
LIANA DE LUCA

sabato 15 giugno 2013

RIVISTA = I FIORI DEL MALE

I FIORI DEL MALE ( quaderno quadrimestrale di poesia) . anno VIII - N° 55 - maggio-agosto 2013 -
Sommario :
- Letterature .
Roberto Maria Siena : Intervista impossibile a G. Marino
Plinio Perilli : L'obesità di Manganelli
Merys Rizzo : Appunti
Francesco Dell'Apa : Lirici greci : Salvatore Quasimodo
Antonio Coppola : Genesi di un grande artista
Daniele Quieti : Wystan Hugh Auden
Sabino Caronia:Santucci : un dolente canzoniere alla madre
Paolo Carlucci :Cristina Sparagana:Fuoco lustrale
Ninnj di Stefano Busà : La desertificazione della cultura
Domenico Cara : Ordine e levità dell'effimero in Rescigno
Fausta G. Le Piane : Romain Gary : coraggio e ironia
Roberto Piperno : Poesia migrante
Melo Freni : Verga : tre romanzi di esordio
Roberto Pagan : Pedalando con gli Dei : Diario di un grecista
Luciana Vasile : Le metamorfosi del buio di S. Martino
Franca Bacchiega : La poesia di Sauro Albisani
Giuliana Lucchini : "Moiras" di Francesco Lo Bue
Pina Majone Mauro : Il sud dell'esilio in Cesare Pavese.
- Poesie:
Laopoldo Attolico
Carlo Villa
Giovanni Chiellino
Ivan Pozzoni
Massimo Pacetti
Renato Greco
Lorenso Poggi
Rosaria Di Donato.
- Lo scaffale :
a firma di Isabella Filardi,Paolo Carlucci, Sandro Angelucci,Daniela Quieti, Daniele Santoro,Antonio Coppola,
Maria Laura Ercolani,Giorgio Lingiuaglossa , Raffaele Piazza , Graziano Guidetti,Laura Pierdicchi , Francesco
Dall'Apa, Marzia Spinelli, Antonio Spagnuolo ---

giovedì 13 giugno 2013

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARISA PAPA RUGGIERO

MARISA PAPA RUGGIERO : “Di volo e di lava” – Ed. Puntoacapo – 2013 – pagg. 72 - € 9,50 –
La suggestione, che le numerose metafore offrono in queste pagine così serrate e pregne, apre per il lettore una sinfonia concreta , una crescente armonia che colora immagini e paesaggi con variopinte pennellate.
L’urgenza del viaggio poetico, tra animus e thanatos , tra presenze ed assenze , tra rumore e silenzio , è la trapunta che fibra con fibra si eterna per spartiti sommersi o per rimbalzi bisbigliati.
Il poeta ascolta, spesso nel suo muto attendere, le erosioni di una aritmia cardiaca o le avvincenti scissioni della voce , le distonie di una viola o il fraseggio del vento, le vibrazioni dei cristalli o il riflesso delle luci, per raccogliere quelle che diventeranno le incisioni del verso.
“Se riproduco distonie e scissioni / sento mie le tue voci / dove ti vedo apparire mi disperdo / io conosco più cose di noi due / conosco il virus che la piaga / ha contagiato/ il fiume che ha lambito. / Offrirò alla tua pelle olio di bacche/ e grani da cingere la gola / la cineraria regina che lenisce / e lavande di rupe / fino all’ultima viola sradicata / se resto a fari spenti / germoglio anche per lei. / Sarà verde la tua veste.”
L’influsso della sperimentazione crea nelle poesie di Maria Papa Ruggiero una eccellenza geniale e ricca , che da origine ad un concerto che riesce a trasferirsi nella memoria come transito dell’essere nella sua apparenza fenomenica naturale.
ANTONIO SPAGNUOLO

martedì 11 giugno 2013

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

ALESSIA E IL TEMPORALE

Sera nelle cose di sempre.
Alessia e la disadorna via serale.
Vi aggiungete un lampo
a illuminare il tempo degli orologi
nell’aria di vetro ad iridarsi
in arcobaleni. Trasale Alessia
rosavestita per la vita,
un libro della Plath nelle mani,
mentre piove acqua amniotica
dal cielo in elegante trama.
Vengono i morti dagli albereti
Mentre un altoparlante diffonde
voci su lungomare. Temporale
a scoccare il tempo diafano
la forza di un tuono.
E’ il 1984 dirige Alessia
lo sguardo sulle cose
e ci sarà mietitura e pane bianco.
**


ALESSIA E IL PESCO

Vanno le albe della vita di
Alessia a rasentare mai
dette parole
sul farsi della sera infinita,
nel tendere al giardino iridato
della quercia, il mirto e il filodendro,
tessitrice di sogni belli,
nel detergersi le ferite Alessia
con veroniche di lino,
ad affrontare una vita duale
con Giovanni, oltre la brina
ad accadere sui fiori del pesco
rosa da toccare con la mano.
Ed è un vento buono quello
d’argento dei cancelli della sera
a tessere incanti di primavere
a poco a poco nel trasalire
di anni contati come semi.
Rosa la vita di Alessia e del
pesco a contare giorni
squadernati a caso sui rami
del risveglio ad iridare terse
armonie dei giorni.

E a poco a poco nell’aria serale
sui greti delle cose trasale
l’anima di vetro e vento a incantate
latitudini del mare dell’essere
nel giorno più avanzato di una
giovane vita di vittoria.
***

ALLEGRIA DI ALESSIA --

Sottesa la vita nella camera
con il poster di un’artica alba
dopo l’amore nell’osservare
la finestra visore su via Roma
e una fessura di cielo,
un lampo azzurro a detergere
il corpo e la vita, Alessia
rosavestita
nelle spire della sera

guarda il tempo scorrere
nei voli di nuvole a sfioccarsi
a divenire cavallo o rondine
tra le cose di sempre

e c’è una nuvola che assomiglia
ad Alessia nella forma
del sorriso e siamo nel 1984

ripete la 127 la strada verso
la casa di Alessia

vi aggiungete un portico disanimato
un portone da aprire a poco a poco

e adiacente il prato dei fiori rosa
da rinominare il più fresco

lo chiamo Alessia,
come me.
***

ALESSIA NEL TEMPO DEL RACCOLTO

Genesi: un esatto stelo di spiga
ai lieti colli dell’anima di Alessia,
guarigione con l’amore
a sottendere le ali del tempo o

in campus perfetti Alessia e le
amiche tessono il disegno della vita
se non è esistere nuotando o in esatta

scansione verticale piove amniotica
pioggia sui campi dell’essere
in quel riseminato incantesimo

di gioia perenne nella fragola
e vittoria segnata con due dita

come una vita intera da raccogliere
in un dono, una conchiglia
donata da Giovanni.

E’ il 1984 scivola l’auto sui barlumi
dei fanali
liquido bacio di raccolto.

**


ALESSIA E LA TERRA

Poi tra alberi da rinominare
(direbbe abeti o pini Alessia)
sempreverdi se tutto è da
ricominciare nel chiaro bosco,
in luminosità che attende al
varco paesaggi e piogge
di fecondazione in quell’istante
stellante a poco a poco apparire
e traspare una sorgente
a specchiarsi Alessia in quell’
intravedere il volto diafano
di Madonna medievale
campito tra i capelli e

in men che non si dica
la rondine si è inazzurrata
nel presago di una gioia infinita e

tutto tende ala tenda per la notte
di sogni belli da trascrivere
nel diario con incerta grafia e

viene l’amato nell’Albergo
degli angeli, ha lasciato il cavallo
bianco in una stalla e

poi tra alberi da rinominare
(direbbe querce o palme Alessia)
tronchi grandiosi per farne
da ardere legna per riscaldare
i corpi o lo zucchero dei datteri
da gustare in quieta solitudine
dopo le cose dell’amore.

E’ il 1984, supera il metallo
dell’auto la barriera del tempo
luminoso in quel Mediterraneo
che dà fiaba per Alessia.
***

AFFRESCO DI ALESSIA --

Poi nella nitida aria nella camera
della mente e fisica
squadernata sul Mediterraneo
(la campagna fino al mare
nel degradare in dose di sfumato
azzurro a interanimarsi con il tetto
leggero, diafano di gioia
nel preservarlo un felice
presagio): passi scalzi di Alessia
(dopo aver riso come una donna)

se è sabato salutare nelle acque
nuotate a lambirla di fianco
e di traverso o in quella fisica

gioia di corpo e anima nell’inalvearsi
di un gioco iridato a poco a poco

tutto accade nel tempo che va stretto
sedici anni contati come semi

con i seni accennati in una maglia
fucsia. Tutto accade. Tutto avviene.
Tutto è da ricominciare. Nell’indaco

di una storia di ardesia o carminio

in un trascolorarsi di forme la gioia
è nella spiga per l’erbario o il filo

d’erba o il fiore d’erba

scende Alessia serena i gradini
della sera, imminenza di stella

lambita in quel luminoso accadere

tra la pianta di fragole sul balcone

del limbo che porta al bosco

appare dispare accade.

**


CAMERA---

Ti amo e da qui parte ogni cosa
la casa delle stanze
da abitare a volte già abitata.
Quando la notte era nella luce
di un pomeriggio d’aprile,
c’era il letto in un angolo per caso:
modellavamo l’aria dell’amore
come se fosse stato un altro
luogo, se erano pareti
indefinite e mobili dimenticati,
vuoti di indumenti e senza senso.
Riempivi di parole la materia
e i corpi, in un’unica sostanza.
Un rifugio se partivi,
nel tempo del ritorno
dopo averti lasciata
sul binario.
Per le alberate la città
appare come una stella
diurna, volevo entrare nel letto
nel sonno, una cosa che riposa,
un sogno per sognarti,
in quella stanza che ora
è un’altra cosa, dopo i lavori.
Non fotografie di quel luogo
provvisorio, che si prepara
in una nuova forma per la storia
duale come le altre camere ad attendere
le persone e gli oggetti
i mobili, il frigo, la cucina, i quadri.
Per vivere di nuovo lungo
la linea della vita sulla mano

**

RAFFAELE PIAZZA --

domenica 9 giugno 2013

POESIA = LAURA LEONI

INEDITE -
1
E mentre divago
mi confondo nei resti delle stanze,
strappo papaveri selvatici
dal tuo volto.
Cammino insieme a te,
sulle polveri di quei luoghi incantati
illudendomi
di poterti ancora parlare.
* *
2
La piuma è pesante:
non riesce a volare.
Sui viottoli imbiancati di lanugine
il vento solleva
un movimento di corone.
Il giardino di Demetra appare innevato
mentre in un fioccare lento
un’aureola si posa
sulla sua capigliatura.
* *
LAURA LEONI
***
Laura Leoni è nata a Firenze il 15 giugno 1952. Vive a Montespertoli
e lavora come impiegata alla “Casa Editrice La Nuova Italia Rcs” di Firenze.
Nel 1997 ha pubblicato un libro di poesie “Spoglia d’ali”.
Dal 2002 al 2004 ha ottenuto i patrocini di molti Comuni (San Miniato, Meleto, Todi, Volterra) per
alcune mostre personali.

sabato 8 giugno 2013

NOTIZIA = PREMIO DI POESIA LEOPARDI

PREMIO LETTERARIO ARTISTICO INTERNAZIONALE - VIII EDIZIONE 2013
DEDICATO A G. LEOPARDI,M. SERAO E G. INDELLICATI

L’ASSOCIAZIONE CULTURALE “SCUOLA CENTRO KANT”
LA REDAZIONE DE “ IL MIO GIORNALINO”
ORGANIZZANO

UN CONCORSO DI POESIA E GIORNALISMO
IN COLLABORAZIONE CON LE UNIVERSITA’ ED
I COMUNI ITALIANI E STRANIERI.
LA QUOTA DI PARTECIPAZIONE E’ DI
DIECI EURO PER OGNI ELABORATO
I GIOVANI FINO A 18 ANNI NON PAGANO LA QUOTA

PER INFORMAZIONI RIVOLGERSI AL CELL. 328-1664378
OPPURE AL SEGUENTE INDIRIZZO DI POSTA ELETTRONICA:
mariacaonte@libero.it
LA SCADENZA PER LA PARTECIPAZIONE AL PREMIO E’ PREVISTA PER
IL 30/06/2013 E LA CERIMONIA DI PREMIAZIONE SI SVOLGERA’ NEL
PROGRAMMA”ESTATE AD AVERSA” CON LA CONSEGNA DEL TROFEO INTITOLATO
A GIACOMO LEOPARDI PER LA POESIA, PER IL GIORNALISMO A MATILDE SERAO
E PER LA NARRATIVA AL PROF. GIULIO INDELLICATI.

giovedì 6 giugno 2013

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO

ANTONIO SPAGNUOLO : "Il Senso della possibilità", Kairos Edizioni, maggio 2013, pagg. 104 - € 14,00

Con il senso della possibilità, Antonio Spagnuolo ci lascia smarriti, tale e tanta è la irrisolta, feroce contraddizione tra il prima e il dopo, tra l’essere e il dover essere, tra il cambiamento fatto di pensiero poetante e il discrimine, tra la fuga e l’addio, tra il tempo diacronico e sincronico, tra antinomie, segni fuggevoli, radici mnemoniche, abbandoni...ad ogni ora, sempre, riaffora quasi esumato dalla polvere dell’impellenza retroattiva, un nuovo giorno catapultato nei bisogni esistenziali e nelle afflizioni che immobilizzano il sentimento e lo istruiscono nel percorso obbligatorio, inconcludente della materia. Ma è nel segmento nostalgico che segue ogni tratto del suo itinere che Spagnuolo distingue in modo sintomatico le sofferenze, le differenze, vagheggia come uno scolaretto al suo primo appuntamento, fa leva sulle intuizioni oniriche, sulle inumazioni che avvengono tra le due dimensioni: umana e intima l’una, ostile quella extraterrena, visita la gamma esperienziale linguistica che della poesia una campionatura piuttosto vivace e abbagliata, talché si potrebbe definire in termine anche “abbagliante”. La fascinazione della parola ricrea un modello unico e irripetibile di sospensioni dialettiche che lasciano il lettore disorientato e attonito per le continue bellezze e sinestesie e metafore che la nostalgia della donna amata sa ispirargli. La solitudine è implacabile e inamovibile: una forza che procrastina la sua vera morte in un’atmosfera che non è mai elaborazione e disincanto, ma consapevole approdo, orgia di necrosi, a metà tra la vita e il suo contrario. Quasi mobile altalena, ogni ancoraggio risulta perennemente in bilico, senza una via d’uscita, in ogni caso sempre in sospensione. Molte immagini ne presagiscono una indagine accurata, pignola, e uno scavo tra le ombre che riflettono ora più che mai il desiderio della moglie adorata. I limiti sono quelli di una prigione, i rilievi danno per scontata una fuga, un’evasione attraverso il precipizio della psicanalisi introspettiva, ma dove? quando? tra notti asimmetriche e memorie affrante, il suo sé ricostruisce itinerari di nevrosi, risucchi d’illusioni, ferite sempre aperte, che deformano talune allucinazioni memoriali abbandonandolo alla nostalgia e anzi sprofondandovelo, fin nella carne viva, nel perenne dissidio, come in una tensione difforme tra la realtà e il sogno, tra l’immaginifico e il vulnus che non argina mai il vorticoso malessere, la inarrestabile ricerca dell’amata: “inseguo le tue ombre quotidiane/ per rubarti un sorriso” oppure: “Scatta improvvisa la malinconia/ che graffia, che morde, che inasprisce/ le braccia per divenire abbandono.” (pag. 84)
Tutta la sezione dedicata ad Elena è un perverso e avvolgente sudario per ricordi incontrastati, una r^everie “della docile materia, plasmata intorno ai volti ancora giovanili”. Il poeta vi accumula una tensione che si compenetra empaticamente con “l’altra” in una psicoanalisi di sopravvivenza che rimuova la smemoratezza, il vuoto dell’assenza, tutte le categorie perdute: felicità, presenze discrete, dolcissimi abbandoni in un dispiegamento di simmetrie palpabili, di interferenze che sono continuamente espressione del suo disagio, rivelazione di una coesistenza immaginifica, tra il visibile e l’invisibile, fin quasi ad esasperare la dimensione dell’illimite, l’appartenenza e la commistione inconscia con l’oltre, di cui si fa carico il dolore: “ora forma dormiente / sei simbolo del nulla/.../e ricordo/ quando scrivevo per te versi gioiosi.” (pag. 97)
Il cielo ha voragini inconsulte,/ quasi le vene spaccano il sudario che riprova lente parole/.../ al confine dei nostri frantumi. (pag.99).
Vi è in quest’opera la forza prorompente di un guado, che cerca un attraversamento dello Stige, verso l’altrove, una inconscia eppure lucida pulsione di trasparenze contraddittorie che violano le necessarie formule di rito, la caducità dell’istante, l’imperfezione della morte: si fa forte questa poesia di una levità che, pur, nel baratro provocato dall’addio, percuote e plasma, come in un canto folle d’amore, le logiche della materia e ne fa arte della parola, linguismo per scalfirne infine il suo mistero, forse alla ricerca dell’assoluto di quella trascendenza che è comunione di bene, vincolo di luce perenne, nell’indistinto dello smarrimento e dell’autoanalisi di ogni azzardo.
NINNJ DI STEFANO BUSA'