sabato 30 marzo 2019

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Alessia e la lotta per la vita"

Lo stress per le interrogazioni
per Alessia tra nottate sui libri
se nella di venerdì notte è mancata
anche la luce e la camera si è fatta
albereto. Attimi disadorni per Alessia
ragazza con il Rosario tra le mani
affilate alla Vergine nell’affidarsi.
E la paghetta settimanale non le basta
per pagare l’Albergo degli Angeli
del sabato dell’amore appassionato
secondo natura e Giovanni è figlio
di un cassaintegrato operaio e non lavora.
Lotta di Alessia in limine alla gioia
nel riappacificarsi con la vita
leggendogli gli occhi buoni.
*

"Alessia oltre le stelle"

Sporgersi da una finestra di notte
di Alessia di ragazza gli occhi
e vede Venere e non è un satellite.
Poi sinfonia siderea per Alessia
e luna ostia di platino nel scenderle
nell’anima di 18 grammi.
Oltre le stelle giunge di Alessia
il pensiero nell’infinito oltre
del cielo il corvino inchiostro
e conosce Alessia il bene della brezza
da una finestra che s’illumina
ed è luce di genesi.
*
Raffaele Piazza

venerdì 29 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = LORENZO VESPOLI

Lorenzo Vespoli – Pianeti sotterranei--- puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2019 – pag. 95 - € 12,00

Lorenzo Vespoli (Casale Monferrato, 1996) è studente di Lettere Classiche presso l’Università di Genova e coltiva da sempre la passione per la poesia e per la scrittura. Nel 2012 ha conseguito l’attestato di merito al Concorso “Voci per la Poesia” presso il Liceo Peano di Tortona, classificandosi al terzo posto, con la pubblicazione dell’opera Astralia. Nel 2013 ha conseguito la Menzione di Merito al V Concorso Nazionale di poesia “Città di Acqui Terme” con l’opera Il viandante dei crocevia; nel 2015 ha conseguito il secondo premio al concorso nazionale di filosofia “Premio Ezio Garuzzo 2015” e nel 2016 ha partecipato al concorso indetto dalla XVIII Biennale di Poesia di Alessandria classificandosi tra i vincitori.
Pianeti sotterranei, il libro del Nostro che prendiamo in considerazione in questa sede, è la sua opera prima e presenta una postfazione di Emanuele Spano sensibile e ricca di acribia.
L’opera, composita e articolata architettonicamente, è scandita nelle seguenti sezioni: SPERIMENTAZIONI (I-XIV), CITAZIONI, PIANETI SOTTERRANEI (I-XIV), SOMNIA (I-X), REVERIE (I-XIV).
Tutti i componimenti sono privi di titolo; sono numerati ad esclusione di quelli della sezione CITAZIONI che sono preceduti da versi di vari poeti storici come Rilke e Borges.
A volte i contenuti delle poesie della suddetta sezione sono connotati dalla presenza in essi di versi attinenti alla figura del poeta citato. Non a caso l’ultima strofa della poesia con la citazione di Borges è questa:-“ …/ Il volto dietro il volto della moneta/ di uno scrittore di Buenos Aires. / Puoi rileggere ogni cosa, / se parti da qui è uguale: è l’inizio/”.
È caratteristica dominante dei testi di Vespoli una fortissima concentrazione semantica che si traduce in fortissime dosi d’ipersegno come emerge da questi quattro versi.
I tessuti linguistici sfiorano l’alogico e sono spesso espressione di un inconscio controllato che riaffiora con grazia e maestria dal silenzio manifestandosi nella parola detta sempre con urgenza.
Viene da chiedersi il perché del titolo Pianeti sotterranei e la risposta a tale domanda potrebbe ritrovarsi in una suggestiva concezione dell’autore relativa ad un’ispirazione che viene dal profondo simboleggiata dai pianeti stessi che, capovolgendo la situazione cosmica, si trovano sottoterra.
La traiettoria è quella di un poiein icastico del tutto antilirico e anti elegiaco frutto di un lavoro di sperimentazione personalissima da parte dell’autore che si traduce in un gioco di specchi nel quale le immagini riflesse sono spesso espressione di stati d’animo e di sentimenti.
Il poeta riesce ad evocare atmosfere misteriose e magiche a volte surreali e visionarie manifestazione di una forte e avvertita coscienza letteraria e non manca una dose di amara ironia che a volte serpeggia nei versi scattanti e luminosi.
Non mancano i componimenti amorosi nei quali si esprime un eros numinoso e gridato espressione dell’abbandono totale nell’amplesso, quello che ha provato ogni persona nell’atto amoroso ma che solo il poeta può tradurre in parole
Si delineano accensioni e spegnimenti subitanei e talvolta è pronunciato un senso del sacro che ha qualcosa di blasfemo ma che è sempre espressione di una tensione e ha un afflato naturalistico.
Espressione di uno scavo interiore ed esteriore quello di Vespoli e i versi sgorgano sul confine tra le due zone.
*
Raffaele Piazza

mercoledì 27 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = ROXANA MIRANDA RUPAILAF


Roxana Miranda Rupailaf : "Shumpall" - 2017 --
*
--e avvenne che erano centinaia
quelli che galleggiavano sull’acqua feriti dalla luce
deliravano cantando una melodia
somigliante al pianto della morte.--
Così l’epigrafe di Roxana Miranda Rupailaf al poema Shumpall, al quale da soluzione in tre sequenze:
Prima ondata,
Seconda ondata,
e
Terza ondata, esplicitata in due momenti: Terza ondata I- Dell’abbraccio e delle discese.
Terza ondata II- Della scomparsa.
*
E’ base del poema un motivo folklorico: l’animale mitico metà andros-metà pesce che vive nei fondali e con il suo canto attira a sé gli umani. Naufraghi, annegati, ragazze che si lasciano affogare sono offerte dovuta allo shumpall. Egli dunque è maschio, giovane o bimbo. Ma questa confusione non affermo perché propria degli esseri mitologici e favolosi quali sono le idriadi: shumpall, sirena o sireno, ondina, ninfa, naiade, melusina, tritone.
Ma la leggenda nasce in ogni dove ci siano fonti o acque per natura in movimento, sia esso movimento leve o impetuoso, che produca un suono melodia o canto che denoti la presenza di uno spirito delle acque.
Siamo cosi all’origine dei tempi, perché l’acqua è elemento verginale e fondante.
Si desidera e si invoca lo spirito compiendo un incantesimo nel circolo dei sacrificati. Bisogna compiere il rituale di appartenenza per entrare nel cerchio degli iniziati. Esso consiste in sacrifici di frantumazione, offerte di umori (saliva, orina, sudore), di alghe avvinghiate a membra di corpi nudi dilaniati, e in disfacimento abitati da pesci.
E’ stato allora che ho deciso di buttarmi
nell’oceano colmo di visioni - continua l’epigrafe.
Ma questa parte di testo occupa la pagina seguente. E intanto il lettore fisicamente volge la pagina si crea un attimo di attesa, di solenne stupore. Stupore silente e illuminante. Stupore che è attimo eterno. Stupore folgorante.
Con tale meraviglia inizia la Prima ondata - Della invocazione.

Al momento del tuo arrivo l’oceano trattenne le ondate.
D’ora in poi il tempo scorrerà lento, a significare la sensualità del desiderato annegamento. Sarà un rituale che ogni naufrago deve compiere pacatamente, intanto discende… discende.
Ho incominciato a correre sulla battigia
e mi sono lanciata ai sali
in cerca del tuo corpo argentato tra le alghe
Il mare è diventato un giardino di stelle



Voglio affogarmi in quest’onda che è il tuo nome.
Voglio affogarmi in quest’onda che è il tuo nome
Lui è venuto verso di me

con la terza ondata.

Vestito di fiori marini
che navigano il ventre della madre.
Tra le mani mi portava un pesce d’argento.
La frantumazione fu offerta che facemmo nel ventre.
Feci una stella di sale nell’acqua.
Fu un sacrificio.
Lui è venuto sin qui nella terza onda
e ha disegnato il suo arcobaleno nel cielo.
Non ho mai potuto cancellarlo dal mio sogno.

Or dunque, la ritualità è stato d’animo costante nella poesia di Roxana Miranda. Ella lo annunciava già in liriche precedenti: Ritual de las ausencias y sus sombras/ Rituale delle assenze e le sue ombre, Ritual de la serpiente azul/Rituale del serpente azzurro, ecc.
Perché alla sfera della ritualità appartengono i gesti quotidiani, sacra è la riflessione, sacro il gesto trattenuto o appena abbozzato, sacro l’interagire con cose e persone.
Sacro e sacralità è invocazione calma e lenta, sensuale e gioiosa, meraviglia dello sguardo, di assaporare cose situazioni e persone, modo individuale di stare ed essere nel mondo.

Il mio cuore ha visto il filo del coltello
che faceva croci nel sangue. 146



Ripeto questa mia preghiera
perché forse verrai
Qui, di fronte alle onde
mi inginocchio.
Invoco i tuoi capelli
annodati dal sale.
Spero che tu compaia
nella terza onda bimbo-pesce.



Sai che mi addormento tra le rocce
aspettando che tu compaia.
Ripeto questa mia preghiera
sino alla tua venuta. 149

Da Shumpall – Prima ondata –Della invocazione

La seconda sequenza Seconda ondata- Deliri del sale costituisce il nodo del poema.

Il naufrago o suicida desidera rispondere all’invito che le porge il richiamo melodioso e tentatore. Ardente è il desiderio di incontrare quell’entità marina dal canto lusinghiero.

Il mio corpo alga si ripete negli specchi
si moltiplica.
C’è una mappa di me una mappa di me
sull’acqua
mi confondo
mi tocco e non sono io quest’acqua
questo sale che si disfà.



e vidi le mappe disegnate sul mare
in quella sete aperta di vleni che lui ha. 153
Dormo sull’orlo di una palpebra 155
che mi affoga perché piena di sale.
Non rispondi,
soltanto il mare scioglie i suoi ululati.-
Sono qui
che faccio una collana di conchiglie
per il tuo corpo ferito
dai viaggi del sogno.
Sono oramai tre mesi di oscurità nel porto.
Ho ospitato ondate dentro gli occhi.
E non ti affacci,
mio squarcio di luce,
non ti affacci.-
Cosa debbo dire?
Quale segreta preghiera
mi sprofonderà nell’arcobaleno del tuo sangue?
Mi sono affacciato a tutti gli oceani
gridando il tuo nome.
Sono disceso nei liquidi
per cercare nella placenta delle onde
il tuo corpo profumato poiché ha attraversato quattro volte la morte. 157

Sopravviene un dubbio disperato: che la ritualità non abbia sortito effetto.
La tensione poetica è ora al culmine, il suo punto più alto.

E se non esisti. 160
Cosa ne è della sabbia fuoriuscita dal mio corpo?
Gli arcobaleni attraversati dagli uccelli
si trasformano in nubi .
Li vedo, da qui,
che mi fanno cenno.
E se non esisti
Cosa ne faccio delle ondate?
Con le alghe che ho inumidito?
Le sponde a volte non mi parlano
sebbene siano molte le pietre che ho scagliato sull’acqua.
Solo mi giungono gli echi dei naufraghi
che non sono mai tornati alla luce.
Soltanto mi arrivano stelle di carta rosicchiati dal sale. 160

Da Shumpall - Seconda ondata.- Deliri del sale

Con la Terza ondata I – Dell’abbraccio e le discese si intensifica la sensualità e il desiderio. Con la terza ondata la alta marea arriva, si fa evidente.

L’epigrafe

La discesa è una rosa salata 161
la cui seta si brucia nello specchio
è chiave di lettura.

In sacro abbraccio si fondono desiderio e tentazione. Il desiderio è sentimento soggettivo e sensuale. Intanto l’involucro umano lentamente scende nei fondali gode dell’amplesso avvolgente del serpente-sireno-shumpall.
Con rara maestria la autrice mantiene la tensione di questa metamorfosi tracciando e ri-tracciando le sagome informi ora alghe ora conchiglie, accarezzando le parole, trattenendo le immagini,

Dal fondo del mare
mi chiami.
Io mi allontano dall’azzurro
intanto mi insegue
il suono
il suono
mi insegue.
Non voglio vivere tra le onde.



cado in te come fossi un suicida 165



ripetono questa preghiera che è il tuo nome 165



Adesso che mi tocchi sei più che l’oceano
più che mille pesci e lingue che si sfiorano. 167



il tuo corpo illuminato sotto l’acqua 170
mi invade con violenza di uccelli



L’avvenuta identificazione e trasformazione in ente acquatico –Terza ondata II- Della Sparizione- è dolorosa e solitaria .



ma le mie valve, le mie conchiglie
mi rifuggivano a sotterrarsi nella nebbia 173



è sprofondare,
disfarsi come barchetta di carta che non riesce a salpare. 174
Morirò di te, gli dissi.



E senza di lui mi ruppi
le pelli e la carne a coltellate.
Morirò di te, gli dissi.



Il cielo frantumato come un vetro
è caduto tra noi. 175

Ma ecco che l’interpretazione, per quanto fedele essa sia all’intenzione dell’autore, non esaurisce la poesia di Roxana Rupailaf.
Metafore, sensazioni, stati d’animo, sono una costante nelle sue liriche e raggruppatesi in Shumpall conferiscono al poema originalità lirica.
La tematica attorno alla quale è costruito il poema è ambivalente, sono due sentimenti indissolubilmente vincolati, avviluppati e avvinghiati; sono una sola cosa amorfa, come lo shumpall e il naufrago: assieme desiderio e tentazione.
Si direbbe che desiderio-tentazione è zona di frontiera dai limiti porosi, sinuosi.
Dove finisce il desiderio e incomincia la tentazione? La debolezza del desiderio di fronte alla sopraffazione della tentazione origina un terzo sentimento: la colpa. Sentimento che il soggetto tentato rifiuta e cerca di nascondere e sbarazzarsene per cui la colpa è sempre altrui.
Mangia la mela, cara diceva in Serpi di Sale. Non maternale ma provocante e mefistofelica è il tono di questa voce.
Desiderio tentazione colpa sono sentimenti-problematiche che come una costante, soggiacciono nella poesia di Miranda Rupailaf.
Ma la figura del serpente non è soltanto simbolo di tentazione.
Il serpente di terra e il serpente di acqua appartengono al folklore mapuche. Senz’altro , non dubito. Eppure la lotta primigenia, la lotta tra animali minacciosi, titani della stessa forza e fattezza per il predominio sul mondo –la terra- appartiene a tutte le culture.
Or bene, il paesaggio è elemento importante nella poesia di Roxana Miranda. La costa del sur cileno suggerisce la figura sinuosa del serpente: vortici e rompenti si formano attorno agli scogli, correnti e masse d’acqua si scontrano in ricorrente moto ondoso.
E in più la marea, la quale si annunzia con quiete e silenzio spaventoso tanto da trattenere il respiro, l’attimo di stupore che precede la prima ondata per cui l’autrice recita:

Al momento del tuo arrivo l’oceano trattenne le ondate

La terza ondata più forte e violenta delle due anteriori che la precedono copre e invade buona parte della costa. Dunque, la metafora dei serpenti in lotta si manifesta in tutta la sua tangibilità. Il mare poi, compie un movimento cullante e ipnotico di flusso e reflusso.
Allora tutto ciò suggerisce l’esistenza di spiriti marini che innamorati dell’uomo cercano la sua vicinanza, vogliono possederlo; e quando il mare si ritrae verso l’abisso –con altrettanta forza e violenza come al suo arrivo- lo portano con se, lasciando in dono molluschi e ostriche.
Ragioni astrali determinano questo stato di cose; che liricamente riportati Rupailaf traduce in una successione cadenzata di metafore divenute rituale di sacralità, cerimonia sempre uguale a se stessa, preghiera reiterata che obnubila la coscienza.
D’altro canto innamorare è compiere gesti gia antichi, ripetuti con insistenza in un lasso di tempo, un rituale svolto tra amanti che è la prediletta cerchia di iniziati.
E lo shumpall innamora, obnubila la coscienza, tenta, cancella ogni riluttanza.
Dei sovrumani, titani di uguali forze e fattezze, avvinghiati in lotta o in amore, popolano le mitologie delle civiltà mediterranee antiche, che greci e latini poi tramandarono.
Serpenti in lotta, dunque, non le sono estranei, ancor meno le sono estranei i miti di acque e cavità terrestri e marine dove abitano le idriadi.
Esse dal Mar Mediterraneo ossia Mare di Mezzo culla di acqua, partirono poi per abitare ogni costa sinuosa che disegna grotte e rientranze, dove mare e terra confondono i limiti, dove laghi si inseriscono nel litorale e nei dorsali montuosi, dove fiumi e sorgenti scorrono scavando, dove spelonche e caverne sprofondano e dilaniano le viscere del globo.
Forme cangianti o meglio limiti cangianti e imprecisi traccia il mare sulla spiaggia, orme penetranti e penetrati un nell’altro suggeriscono la visione e metafora sensuale dei serpenti or in lotta or in stretta amorosa, metafora che permea tutto il poema.
Sacra contemplazione della natura, intima meditazione tradotta in lirica metafora, forma avvolgente e sinuosa, yng e yang dell’universo.
Lo shumpall è stato per Roxana Miranda Rupailaf un motivo lirico posto come scusa opportuna per esternare la propria soggettività di ammirazione e meraviglia di fronte alla natura.
**
Roxana Miranda Rupailaf : Shumpall. Pakarina Ediciones. Lima. 2017.
**
Nota: i frammenti citati del poema Shumpall sono mia traduzione.
**
Aurelia Rosa Iurilli

martedì 26 marzo 2019

INVITO = NUOVA ANTOLOGIA

RICEVIAMO DA VINCENZO GUARRACINO :
Cari Amici,
mi mandate un testo poetico (max 15-20 versi), in cui si parli di uno dei seguenti argomenti: Natura (in senso molto vasto: luoghi, spettacoli naturali, fenomeni atmosferici, animali, piante e fiori, minerali), Bellezza (intesa come arte, monumenti, personaggi), Tempo (inteso come storia), Anima (intesa in senso filosofico o religioso)?
E' per un'ennesima mia impresa antologica, per chi voglia lasciarsi coinvolgere...
Tempo massimo per l'invio: metà di maggio.
Cosa mi aspetto?
Mi aspetto comunque un testo in cui ci sia il senso del Grandioso, dello Smisurato, del Meraviglioso, dell'Orrendo. E' questo lo spirito della nuova antologia.
*
Con un caro saluto
Vincenzo Guarracino ( v.guarracino@gmail.com )

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANDREA VENTURA

Andrea Ventura – "Mezzanotte in via Toledo"-- puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2018 – pag. 79 - € 12,00

Andrea Ventura (1974) si è laureato in Lettere Moderne all’Università degli Studi di Pavia, città dove attualmente vive, con una tesi di Laurea sui Canti di Giacomo Leopardi. Ha insegnato per anni materie letterarie nella scuola secondaria. Appassionato e studioso di poesia dell’800 e del ‘900, ha pubblicato nel 2017 una prima raccolta di testi poetici sul n. 47 della rivista “Fili d’Aquilone”.
Mezzanotte in via Toledo, la raccolta del Nostro che prendiamo in considerazione in questa sede. presenta un’acutissima e sensibile prefazione di Giorgio Mobili.
Il libro non è scandito e i componimenti dai quali è costituito si differenziano tra loro in quanto alcuni di essi sono forniti di titolo e altri non hanno titolo.
Una vena intellettualistica e vagamente neo orfica connota le composizioni di questo autore, tendenza che fa della struttura testuale sicuramente una forma spessissimo anarchica e in molti passaggi sfiorante l’alogico.
Alla ricerca di una chiave interpretativa per giungere all’essenza della poetica di Ventura sembra opportuno soffermarsi sulla poesia eponima, sicuramente una delle più belle e compiute dell’intera opera.
Dopo l’incipit nel quale il poeta dichiara, rivolgendosi ad un tu presumibilmente femminile del quale ogni riferimento resta taciuto, di sentirsi sconfitto quando vive il suo sogno quale naufrago arrendevole nei giorni, nella finzione di una terra che non parla la lingua dei vivi, Andrea continua il suo monologo in versi affermando di esistere nella voce del tu che stanotte declina sulle rive di un’altra vita, apparsa ad un uomo che non conosce.
Sembra che nei suddetti versi, che costituiscono la prima strofa della composizione, dopo che sia stato espresso il lacerante e doloroso pessimismo della sconfitta e della lacerazione nel naufragio nei giorni in un’atmosfera di morte, l’autore trovi il suo riscatto nel sentirsi esistere nella voce della sua interlocutrice stessa per rinnovarsi in una nuova vita sentendosi un uomo che nemmeno sé stesso conosce.
Versi struggenti quelli di questo componimento che restituiscono il senso di un forte spaesamento dell’io poetante fortemente autocentrato nel suo esserci nel mondo forse alla ricerca inconscia di vivere poeticamente sulla terra.
Cifra essenziale del poiein di Ventura pare essere una tensione verso un’intensa ricerca ontologica, un interrogarsi assillante mai minimalistico sul senso della vita e del tempo che passa inesorabilmente.
E poi c’è il desiderio di ricongiunzione con il suo stesso io alla ricerca della sua identità lacerata insieme alla tensione del relazionarsi con la suddetta presenza che potrebbe lei stessa fornire il varco salvifico, novella Arianna per uscire dal labirinto per giungere forse ad una sorta di speranza anche se non sembra esserci il raggiungimento della felicità assoluta ma solo di una parvenza di gioia.
Un senso pervicace di magia pervade i componimenti di Ventura che complessivamente potrebbero essere letti come un poemetto vagamente filosofico nel quale s’incontrano riflessione sul senso della vita e arte in un esatto esercizio di conoscenza.
*
Raffaele Piazza

lunedì 25 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI= GIANLUCA DI STEFANO

GIANLUCA DI STEFANO, "ADRIAN" , Fermenti Editrice, 2019- pagg. . 180 -€ 16,90 -

Un puro folle. Tra sogno e realtà.
Una storia di ricordi (amava riflettere e spesso si ricordava degli insegnamenti del suo maestro) tra l'irrequieto e l'eccentrico o l'osservazione partecipe o trasognata. E in questo contesto cosa ci fa un gatto? E il collezionista di libri? Tutto da scoprire? Non proprio come certe parole: predicate il Vangelo e, se proprio necessario, usate le parole. “Peggio dell'ingiustizia c'è la giustizia senza spada...strana cosa è il cuore dell'uomo, specialmente se l'uomo tiene il suo cuore nella borsa...La nostra società si basa sul principio... : chi non lavora non guadagna e chi guadagna non lavora...Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza?...”.
Sembra che nel frangente tra realismo e trasognatezza, Di Stefano tante volte si rifugi nell'aforisma: fonte delle ricognizioni o punto base di allusioni, non disgiunto da un senso poetico che appare e scompare come per dimostrare quanto il più nasca dal mistero e dal groviglio delle contraddizioni: “O Sorte, /come la Luna/mutevole,/sempre cresci/o decresci/...”. “...Parole: Menzogne siete, ombre vuote/che girano attorno alla vita!”...”L'incertezza è più ostile della morte./La morte, anche se vasta/è soltanto la morte e non può crescere./All'incertezza invece non v'è limite,/...Non sappiamo di andare quando andiamo...D'amore non si muore, la morte non si ama...”.
E lo scampo poetico sa egualmente di precettistica o di massime che personaggi lacunosi, tra l'orribile e il distaccato dal reale ricercano, osservando il binario morto, più che la saggezza a senso unico. Per confermare quanto il gioco delle circostanze si riduca all'agognato frazionamento del consolidamento reale. Eppure tanti riferimenti : Eneide, Didone, Diogene, Leone XIII, Oscar Wilde, Dio, Penelope, Omero. Motivi conduttori di volontari riferimenti ai margini della cultura, per una esigenza di controcanto da illusione alla sopravvivenza di un banale mai fine a se stesso. Così prevale l' Alemanno, lo zingaro che ama la frutta secca. E l'eleganza teutonica viene a galla proprio quando sembra non esserci speranza.
Ma Di Stefano, tra atmosfere rievocative fa ricorso alla cultura per dimostrare che la vita altro non è che un tritume di nozioni, date, nomi, rievocazioni vomitate da accozzaglie di vicende che si ripetono all'infinito, divenendo prototipi, mezze figure o eroi mancati o accertati per dimostrare che di uno zingaro, di sua madre e del suo contorno di vita, la realtà è intrisa di materia informe fino a scoppiare, per ripetere l'eterna litania del monocorde personaggio tra gli svertebrati o geniali di fatto o di apparenza che non immortalano nulla, creando un logoramento da rovine.
Adrian, personaggio della storia, si definisce uno zingaro figlio di puttana, amante della frutta secca.
“Mia madre, una sinta dai capelli scuri ed occhi chiari...si invaghì di un uomo sposato e, complice un preservativo danneggiato o una concitata disattenzione, nacqui ereditando l'intemperanza di mia madre, la disaffezione di mio padre ed i tratti somatici di entrambi. Di mio padre so poco o nulla...”. Una premessa focalizzante che evidenzia uno stile compatto e lucido dai connotati distaccati che rispecchia l'attenzione verso particolari che scolpiscono e rappresentano ad un tempo.
Dello stesso autore, che da realista spietato e da osservatore coinvolgente, sa anche evocare da poeta quanto la fantasia non dica nulla di nuovo anche se può dirlo bene.
I dialoghi di Adrian non sono sfuggenti, compendiando spesso un'appropriata immedesimazione. “Sei felice?”gli chiede la ragazza, rispondendo: “Non m'interessa essere felice, vorrei solo essere contento. La felicità mi spaventa”. Preludio a un altro suo termine: “Sa finini! Tutto finisce!”. Il più delle volte, come accennato, a seguito di scene reali e simboliche, si inserisce il riferimento o la citazione a superare ogni diceria del momento: “...Bukowski ha scritto che il cervello ci dà abbastanza luce per sapere che vivere è, nel migliore dei casi, solo un sacrificio fatto ad arte”. E ancora...”il vino mi ha insegnato molte cose, soprattutto quelle che non si possono capire”.
Un modo di distaccarsi dalla materia al di sopra del raziocinio? Un po' come ha fatto Pasolini in Accattone, che, per andare al di là dello squallore, ricorre alla musica classica?
Non certo per superare la storia che non c'è ma per ricercare nessi logici o comprensibili, sempre più sfuggente? Come in aggiunta: “Se sbaglio esisto...la moda assolve alla necessità di conformità e novità...e la religione è piacere e sofferenza. Come la danza...”.
Luci ed ombre tra tanto dappochismo descritto. Un contrasto che vivifica storie e non storie, realtà e inverosimilità, dato che la parola è una ricchezza anche se si sperde.
Restando assiomi o punti di vista da non sottovalutare:“Le donne e i gatti faranno sempre come pare a loro...”.
Le allusioni proseguono, anche se non chiariscono come tenti di fare Adrian.
Un libro più di interrogativi che di risultati. Di analisi poste per lasciare tutto com'è. In nome dell'immutabilità che ci soffoca.
*
Gemma Forti

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIA BORIO

Maria Borio : “Trasparenza”- Ed. Interlinea - 2018 - € 12,00 –
Variegata cascata di poesia questo lavoro accortamente realizzato dalla giovane poetessa, traboccante riflesso delle luci tra ciò che è puro e ciò che è impuro nella realtà che ci circonda. La trasparenza potrebbe essere una sintesi inaspettata dell’invisibile con il tangibile, come un vetro attraverso il quale si mescolino colori ed apparenze, immersi nel mondo digitale interscambiabile e indifferenziato, nel quale attualmente siamo affondati. Il gioco allora si fa serrato, in un disegno ampio tra riflessioni ed immagini , tra spazi intatti di spiritualità e ritratti acuti, nel fine lavorio sulla parola e nella grazia del canto, capace di far vibrare semplicemente con il verso le corde del pensiero e le fibre del ritmo.
“Sei addormentato e respiri/ qualcosa di me vicino che scioglie l’aria./ Dai talloni alla fronte/ immobile al tuo fianco/ nell’idea che sopra di noi/ qualcosa – può chiamarsi/ Qualcosa – nel buio ci fa levitare./ Nel sogno cammini con la testa all’ingiù./ Nel suono delle fauci – un animale/ dorme tra noi – Qualcuno continua…/ Siamo in un lago,/ ologrammi, in alto la clessidra,/ il progetto steso sul pigmento bianco/ compone al rallentatore/ come nella serra la specie monitorata./ E un silenzio… di noi/ qualche uomo lontanissimo/ prova l’obiettivo, non il buio.”
Maria Borio mantiene salda la sua comunicazione, che possiamo definire impegnata nel bagaglio culturale che la distingue, e dipana nell’ampio rapporto che deriva dal dire con metafore e ricucire con l’immaginazione. L’amore indagato nelle sue sfumature, gli arditi approcci alla dissoluzione del distruttibile, la cauta carezza al fascino dell'illusione, la variegata incisione dei rimpianti o delle memorie, sono i processi di elaborazione della momentanea debolezza dell’io, nell’importante dinamismo che presiede al considerevole abbaglio dell’inconscio, tali da irrompere nel contenuto onirico e nella implosione narrativa.
ANTONIO SPAGNUOLO

POESIA = MARIA BORIO

" I "
Per il momento che separa la notte
restavi allo scoperto nell’erba alta e azzurra.
Gli occhi la scrivevano in qualche spazio
e l’obiettivo della macchina fotografica la catturava
nuda e magra: qualsiasi vita che voglia apparire.
Se scrivi l’istante si distende? Ma la camera
di ciò che scrivi molto lentamente raggiunge
la vita degli altri e questa fotografia come una bocca
vera più del vero già a tutti farebbe chiedere
dove sei, l’ora, perché raccogli
il cielo impallidito fra gambi celesti.
Forse questo ultimo momento d’estate
potrebbe dire se stesso
solo se si riproducesse muovendosi,
se assomigliasse a ciò che in un video
le vite che appaiono vogliono sentire simile…
Gli uomini nel neolitico narravano
con i palmi delle mani sulle pareti della grotta
e le sagome delle mani erano il proteggersi,
la luce che vive. Guarda così le mie lettere.


Farnese

La finestra a una luce dice non immaginate,
appoggiatevi alla parete come fosse una strada.
La schiena nuda non ha più freddo. Ecco le cose
che ci abitano: il vetro trasparente, il muro opaco,
noi per le cose, una strada curva sul muro,
il muro dentro vene lenticolari. Tutto batte
come bronzo sul deserto: è innocenza
che muove la testa. Mi abiti così, come il giorno
sulla piazza che Giordano Bruno era quel piccolo
fuoco di tutti. Ti abito come il suono che si stacca
tra i palazzi incastrati, la campanella sul muro duro
caldo come un liquido muove la testa.
*
Maria Borio -- ( da "Trasparenza", Interlinea 2019 )

domenica 24 marzo 2019

POESIA = RAFFAELE PIAZZA


"Alessia e l’attesa di Giovanni"

Sgretola il tempo attimi incantevoli
nel tempio del condominiale giardino
dei responsi tra i ciclamini giganti
nel loro rosa a entrare nell’anima
di Alessia a colorarla. Panni stesi
sul balcone ad asciugare la vita
in versi e non in versi di ragazza
Alessia se non è nuotando esistere
e vede Alessia che Mirta esiste sempre.
Poi arriva l’amore ed è Giovanni.
*

"Alessia entra nella serra"

Prato azzurro per Alessia
sotteso a magia dell’attesa
di Giovanni nero vestito
a entrare nello scenico spazio
della vita che è una felice
recita e pensa Alessia ragazza
all’amore secondo natura
da perfezionare sedici anni
contati come semi Alessia
dai seni rotondi nell’accedere
alla serra con movenze sinuose
e sensuali pari a rosa o orchidea.
Idea di felicità di Alessia
senza paura nell’interanimarsi
all’aria polita di marzo il più
felice dei mesi prima dei segnali
dell’aprile a illuminarne l’anima
nel presentimento di gioia.
*

"Alessia e amicizia"

Fiore d’erba raro azzurro,
nello sgualcirsi nell’erbario:
con Serena viaggi in Svizzera
nel fiorevole del liceo, tempo
a inalvearsi nel flusso di mare
di memoria salato pari a lacrima.
Ed è partito un treno azzurro
per Ginevra un’altra volta a
contenerle Alessia rosavestita
per entrare sullo spazio scenico
della vita e non esistere nuotando,
se Serena è amica, cammino duale
per gioie pari a maree per contenerle
una camera d’albergo, e la vittoria.
Il Mediterraneo abbandonato
nel chiaro flusso lunare del presente
tra sete per una fabula verde e
nuova nel rincorrersi amiche,
Alessia e Serena, il vero bene,
oltre allo squadernarsi delle gioie
e dei dolori e i giardini segreti
si scoprono in incantesimi duali
di lune e di misteri (la prima volta,
il primo mestruo, il primo all’estero
viaggio, la prima sigaretta) e quello
squillare di telefono ogni mattino
per dirsi come va con i ragazzi,
se sei in forma, se hai sognato e sei felice:
se hai comprato e quali mutandine.
Alessia trasale nella nebbia a interanimarsi
con i genitori, figurati… La gioia in Giovanni
e Serena a fluire nel giocare con trasgressioni
inesistenti se così nel ‘700 era la vita.
Alessia in ansia per l’esame di latino
che non le basta la gonna corta per un 28
almeno a fare media, la media felicità
felicità di una vita intera: portati la reliquia
di Santa Teresa, le dice Serena.
Gioia di Alessia, 30 in latino e il quadriportico
sorride, dell’Università e ci sarà raccolto
duale con Serena al Mc Donald a gustare
il panino più buono di un’intera vita. Campita
nell’aria di marzo una grandiosa nuvola
le ricorda il letto con Giovanni, il bianco
del piumone e l’ultimo orgasmo.
Alessia azzurrovestita per la vita dopo marzo
sarà aprile, il più buono dei mesi.
*
Raffaele Piazza.

SEGNALAZIONE VOLUMI = LILIANA MANETTI

Liliana Manetti : “La nuova favola di Amore e Psiche” – Ed. L’erudita – 2018 – pgg. 60 - € 15,00
La favola , il racconto , l’immaginazione , le vertigini dell’amore si riversano in pagine di prosa poetica, che, accattivanti nella loro stesura, aprono alla rielaborazione del simbolico , ripreso nell’arte più e più volte nei secoli. Ecco che Kiyomi, ragazza giapponese bellissima, laureata in Storia dell’arte e in teologia, si trova improvvisamente coinvolta ed avvolta da una passione indescrivibile per il giovane Den Loto. Una vertigine che stordisce ed annulla , ma che la tiene tenacemente sospesa al timore che si possa interrompere una così dolce storia. Ella si immerge un giorno nella lettura della storia di Amore e Psiche , e si sperde per ore tra le pagine della vicenda , inseguendo con l’immaginazione le pulsioni degli dei che si avvicendano.
Venere, Proserpina , Giove , Apollo , Eros, inseguono i sogni d’amore , che Kiyomi accarezza nella solitudine di una biblioteca, abbandonandosi infine anche al sonno.Infine la vacanza che la porta al Louvre le suggerisce visioni di Amore e Psiche , ricomponendo semplicemente il contatto con il suo giovane amante.
Un itinerario che sembra avvolgere domande tra l’incredulità e l’inconfondibile, plasmato nella forma di scrittura molto semplice e delicatamente espressiva, con l’urgenza propria di una poetessa che insegue ardentemente il registro della fiaba e della inquietudine creativa .
Scrittura equilibrata in ogni passaggio, ricca di improvvisazioni e di coinvolgimenti, con l’essenza medesima dell’invenzione poetica, che spesso si svincola da ogni concretezza e acquista una sorta di evanescenza che sorregge delicatamente la “favola”.
ANTONIO SPAGNUOLO

POESIA = GIANNI ROMANIELLO

"Introspettiva"

Un caldo raggio di sole
fende la penombra del mattino.
Vedo molecole i polvere gaie
far capriole adite
per convergere stupite
verso il cuore orbitante.

Avanzo dentro titubante,
tra sentimenti naufraghi
e oscillazioni armoniche
di liberi pensieri ondivaghi.

Vinco le inerzie statiche
e raggiungo nel profondo
la meta ormai afferrabile
del mistero insondabile.

Una cascata di luce fresca
scende e ruscella il mio pacato IO.
*
GIANNI ROMANIELLO

sabato 23 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = MAURIZIO PAGANELLI

Maurizio Paganelli – Cura dei rami recisi--- puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2019 – pag. 143 - € 15,00

Maurizio Paganelli (1975), nato e cresciuto in Liguria, vive e lavora come medico a Milano. Ha vinto il Concorso Letterario Ilmioesordio con la raccolta "Le nozze della vaniglia". Gli sono stati assegnati i Premi Leone di Muggia e Alicante e il Premio speciale al S. Dominichino 2012.
"Cura dei rami recisi", la raccolta di poesie del Nostro della quale ci occupiamo in questa sede, è composita e articolata architettonicamente.
La cifra essenziale della poetica che Paganelli presenta in questo libro è quella della leggerezza dei tessuti linguistici associata ad una forte concentrazione semantica, per la quale si realizza spesso un notevole straniamento che si connette ad atmosfere affascinanti che il poeta riesce a creare.
E’ costante la presenza di un io – poetante molto autocentrato, nucleo essenziale nel dispiegarsi dei versi.
Una vena affabulante e anarchica connota le poesie di Maurizio, elemento che si coniuga ad una tensione anarchica avvertita per la quale la parola detta sempre con urgenza raggiunge aloni di magia.
Il percorso seguito da Paganelli si realizza attraverso un’incontrovertibile eleganza formale che si apre con accensioni e spegnimenti tramite la densità metaforica e sinestesica.
Il testo è scandito nelle seguenti sezioni: Fare il m morto, In margine all’acqua, Il nido di Gariga, Bestiario, L’incanto.
Il libro si chiude con una postfazione di Ivan Fedeli esauriente e ricca di acribia nella quale vengono dette efficacemente le intenzioni del poeta.
Intrigante il titolo del libro che potrebbe aprirsi ad interpretazioni di tenerezza e dolcezza venate dal dono del turbamento.
Non a caso si parla nello stesso titolo di cura dei rami recisi cosa che sembrerebbe botanicamente un controsenso perché se i rami medesimi risultano recisi dovrebbero essere privi di vita e quindi curarli sarebbe inutile e nello stesso tempo impossibile anche se qui si tratta di poesia e la poesia è fantasia del presunto.
In "I ciclopi", componimento che ha qualcosa di programmatico, l’io – poetante si rivolge nell’incipit a sé stesso in modo accorato, indice di una grande sensibilità, e non a caso afferma: Vorrei prendermi per mano/ e studiarmi, conoscermi davvero/ e poi lanciarmi daccapo lontano/ ogni volta più libero e sincero.
Poi nella composizione entrano in scena i ciclopi che non sanno navigare, non arano campi né piantano alberi e scagliano contro il mare macigni.
L’io – poetante, che potrebbe essere metaforicamente un novello Ulisse, invece addomestica ciottoli, li impugna e imprime loro un’emozione che spruzza tra le onde con gentilezza.
Si evidenzia qui la dicotomia tra il poeta che senza apparire vuole comunicare e sceglie il bene e la civilizzazione e i ciclopi stessi protervi e quasi violenti nelle loro azioni irrazionali.
Un senso di sinuosa armonia domina nei versi di Paganelli, icastici e avvolgenti e ogni singolo sintagma nei tessuti linguistici si colloca al giusto posto come un mattone in un muro dal filo a piombo perfetto.
Proprio uno stupore sorgivo anima i versi di Maurizio nella loro multiformità nel toccare per argomento ogni campo esistenziale, dalla natura alla quotidianità, dal mito agli affetti domestici.
*
Raffaele Piazza

venerdì 22 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO FILIPPETTI

Antonio Filippetti : “Liberi in poesia” Ed. Istituto culturale del mezzogiorno” – 2019 – pagg. 184 – s.i.p.
“Alle origini del linguaggio creativo”, recita il sottotitolo, quasi a voler sottolineare l’intento di proiettare sulla pagina l’interdipendenza degli approcci della parola con la scienza della psicoanalisi, in una magia che stupisca il modello del ritmo.
“Nella società della globalizzazione – scrive Filippetti nella prefazione – e dell’accumulo indiscriminato o meglio acritico dei saperi, la stessa espressione linguistica tipica della poesia incontra sospetti e più ancora difficoltà ad affermarsi. Con acuta amarezza George Steiner ci ricorda che la funzione del poeta nella nostra società e nella vita delle parole è fortemente diminuita e se non riusciremo a dare alle parole una certa dose di chiarezza e di rigore di significato, la nostra vita si avvicinerà ancora di più al caos.”
Il volume è prodigiosamente ricco di interventi, diciannove interviste che rispondono ad un questionario unico , firmate da Pasquale Balestriere, Giuseppe Bilotta, Corrado Calabrò, Antonio Cervelli, Fabio Dainotti, Enzo Dall’ara, Marisa Papa Ruggiero, Gerardo Pedicini, Anna Maria Petrova, Ugo Piscopo, Nicola Prebenna, Laura Sagliocco, Antonio Spagnuolo, Lucia Stefanelli Cervelli, Piero Antonio Toma, Tina Vaira, Giuseppe Vetromile, Lorenza Rocco.
La poesia ancora una volta assurge ad archetipo delle arti, disincantando i percorsi creativi che la sottendono, in una realtà quotidiana che non riesce a realizzare il nuovo senza il soccorso della flessibilità della parola.
Un progetto culturale di ottima fattura , nel quale lampeggiano riflessioni e confronti sulla natura stessa del fare poetico, effervescente in ogni risposta che i vari autori hanno voluto pronunciare nell’ incorruttibile valore della libertà espressiva.
ANTONIO SPAGNUOLO

mercoledì 20 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = CARLO DI LIETO

Carlo Di Lieto : “Corrado Calabrò e la materia dei sogni” – Ed. Vallardi 2018 – pagg. 392 – € 15,00 -
Nello stile elegantemente colorato , profondamente intriso di alta cultura , e dai risvolti critici variegati Carlo Di Lieto arricchisce la sua indagine immergendosi nell’universo esistenziale ed estetico di Corrado Calabrò , poeta che ha dedicato oltre cinquant’anni della sua ricerca alla realizzazione del dire poetico in un flusso continuo di volumi. Il tracciato di questa monografia si dipana attraverso decine e decine di incantamenti ed intermittenze, traducendo in attuale tessuto tutto quanto si è scritto o si è offerto all’opera del poeta, riproducendo tra l’altro interventi critici di autorevoli autori: da Domenico Rea a Luca Canali , da Mario Luzi a Pietro Cimatti, da Maria Luisa Spaziani ad Elio Andriuoli, da Renato Minore a Enzo Rega, da Ugo Piscopo a Fiorella Franchini, da Giuseppe Borgese a Carmen Paolillo, da Emanuele Occhipinti a Gerardo Pedicini, da Piero Antonio Toma ad Angelo Manitta, per citarne soltanto alcuni. Il susseguirsi serrato dei capitoli elabora con precisione il tragitto di una speculazione psicoanalitica, tenacemente perseguita in molti saggi di Carlo Di Lieto, ove i referenti diventano a mano a mano correlazione di quelle vertigini che il subconscio riflette nella realizzazione del dettato. La fantasia creatrice del poeta cerca di colmare le lacune che l’assenza o l’indefinibile sovrappone alla realtà quotidiana, mentre il sopraggiungere di emozioni visive o palpabili rivelano la fervida capacità narrativa dell’autore, espressa in versi che attingono alla musicalità del ritmo in armonia con la fitta ragnatela che erompe .
I richiami a Freud sembrano costituire una garanzia per questa “materia del sogno”, scorrendo dentro e fuori le cascate del fuggevole , dello straniante, delle proiezioni, dell’evocazione. La costellazione psichica diviene una coscienza onirica e riflette la concentrazione del delirio poetico, tra fulminazioni incoscienti e rappresentazioni pulsionali. Scrive Di Lieto che l’inconscio per il poeta è senza tempo e senza spazio, io aggiungo che l’inconscio è il luogo stesso della poesia , prima ancora che il verso venga pronunciato.
Completano il volume le biografie, la bibliografia, l’indice dei nomi.
ANTONIO SPAGNUOLO








martedì 19 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO

ANTONIO SPAGNUOLO : "Oltre lo smeriglio" - Ed. Kairòs - 2014
C’è un che di claustrofobico in alcune delle poesie di A. Spagnuolo contenute nella raccolta intitolata "Oltre lo smeriglio", soprattutto nella prima sezione “Ricomporre”. Lo segnala la presenza di lemmi come sbarre ed altri riconducibili alla medesima area semantica. Incontriamo infatti un “muro” e una “stanza” (IV, IX, X), “pareti disadorne”, “cieco vestibolo” (IX), “soffitto”, che sembrano la traduzione in poesia dell’enunciato dell’Autore, il quale nell’Antefatto parla dell’uomo qualunque, che “proietta i fantasmi sulle pereti della propria cella”. A questi lemmi fa da pendant il “giogo” di VIII. Incontriamo anche una figura di donna “non più libera” (XIV). Ma c’è anche tutta una serie di parole che rimandano all’idea di rompere (I, XII), sventrare (II), infrangere, IV, scalcare (VI), lacerare (IX), tagliare (X), squarciare (XV), usare il coltello (XVI), recidere, rodere (XVII); squarci che forse esigono “rattoppi di verde”. Per converso altre parole suggeriscono l’idea della fuga, del viaggio anche mediante l’immagine ricorrente del treno. Fuga forse nel tempo più che nello spazio, se una continua alternanza di piani temporali sembra far balenare l’idea di un passato che non torna, a fronte di un presente deludente, simbolizzato dalla stagione più spesso evocata, l’autunno, e dal “fotogramma” o dal “rotocalco ingiallito”. E allora questa fuga, questo desiderio o impulso o istinto di fuga, per sfuggire a “thanatos”, si pacifica nell’atto del creare. Un altro mezzo di evasione è dunque la poesia. D’altronde tutta la sezione è giocata sull’importanza della poesia, e tale centralità si evidenzia nella funzione metaletteraria che tradiscono molte espressioni, stilemi o singole parole. Il termine “parola” ad es. ricorre tre volte, ma in genere l’occorrenza dei termini che rientrano nel medesimo campo semantico è altissima, talché si può parlare di parole-chiave. Di un discorso sulla poesia, in somma si tratta, sulla sua importanza per instaurare un dialogo, per resistere agli assalti del tempo, per poter sopravvivere, come leggiamo nella prefazione dell’Autore, sulla sua capacità di far fiorire giardini e fare sprigionar profumi dal “fiore assente da tutti i bouquets” e creare colori nella “esattezza della musicalità”. Tutto questo nel tentativo di afferrare il mistero dell’inconscio, e cercando la collaborazione del lettore. E al fine di “proporre emozioni che il lettore dovrebbe ri-creare a suo modo”, come leggiamo in quarta di copertina. Non è un dato trascurabile, in quest’ottica, il ricorso al più universale dei linguaggi: la musica. Ed ecco allora “il frammento che unisce/il gioco al clavicembalo” (X); mentre “a gomitate franano gli accordi” (XII); ed ecco che si cita la “Sonata a Kreuzer” (un riferimento a Tolstoj?), e la musica si sposa al verso mirabilmente, quando “alle finzioni” si inoculano “gavotte”. Una volontà di canto disteso domina la seconda parte della silloge, intitolata programmaticamente “Memorie”, dove si fa ricorso, con opportuna misura, all’armamentario retorico: allitterazioni in Felicità; anafora in Distanze; rime in Ritorni e Sospetto; rimalmezzo in Sorrisi; e con un’apertura al linguaggio specialistico. C’è un prima e un dopo, una cesura in molte liriche, sottolineata dall’uso dei tempi verbali e dalle marche temporali: “ora”, “allora”. Molte poesie sono attraversate da questa linea temporale: il prima di un tempo felice, simboleggiato, a livello di paratesto, dall’immagine della donna ridente che illumina la copertina, e il poi del ricordo e della presente miseria, non senza una nota lugubre, ossianica: “Ora potrei contare le tue ossa” (Talvolta). Ed è l’assenza la cifra delle ultime composizioni: la parole si attesta già in limine, nel testo incipitario della seconda parte, Foto. E ritorna nell’ultimo, Porpora quasi a incorniciare idealmente il mannello di liriche; dato estremamente significativo, almeno dal punto di vista dell’indagine semiologica.
FABIO DAINOTTI -

lunedì 18 marzo 2019

POESIA = GABRIELLA MACUCCI

"Isola".

Il fuoco nel camino ardeva a stento
La porta non si apriva per la neve
Il mondo era serrato in se stesso
Eppure al vetro battevano
Ali di uccelli marini
Finiti chi sa come in quella sfera
Dimenticata in mezzo alla foresta.
Questo era inverno e questa primavera
Questo era giorno e questa era sera
Dall’inizio alla fine
Dalla fine all’inizio.
*
(17 ottobre 2oo4)

GABRIELLA MACUCCI

domenica 17 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIANCARLO MORINELLI

Giancarlo Morinelli – "Accompagnarci all’alba" - puntoacapo Editrice - Pasturana (AL) – 2019 – pag. 71 - € 12,00

Giancarlo Morinelli vive a Pordenone, dove opera nel settore della pubblicità e della comunicazione. Ha pubblicato Viaggio di un cervello in una vasca (2003), Altre realtà (2008), e ed ora voliamo (2013).
Suoi lavori sono apparsi in varie riviste e antologie. È presente in Ossigeno nascente, Atlante dei poeti contemporanei e sul portale di letteratura griseldaonline dell’Università di Bologna.
Accompagnarci all’alba, la raccolta di poesie del Nostro che prendiamo in considerazione in questa sede, è scandita nelle seguenti sezioni: quella eponima, Dove va questa voce, Sentieri e meraviglia, Nel chiaro scuro, Fiore tra le mie dita e Una scommessa sulla linea.
Il volume presenta una prefazione di Marco Marangoni esauriente e ricca di notevole acribia.
Al termine del libro incontriamo una nota dell’Autore nella quale Morinello esprime le ragioni della sua poetica.
Tutti i componimenti sono privi di titolo e questo elemento conferisce alle poesie un senso d’indeterminatezza.
Da notare che una parte delle composizioni sono scritte in corsivo e questo procedimento rende più intrigante il testo considerato a livello complessivo nel nostro chiederci le ragioni di tale differenza.
Si avverte fortemente l’effusione dell’io-poetante che è fortemente autocentrato nel suo rivolgersi con calore ad un tu, presumibilmente femminile, con il quale condividere la vita per abitare poeticamente la terra.
Ma, a livello ontologico, si realizza l’etimo della raccolta e il testo trova in questo modo la sua cifra dominante.
Presente è infatti un forte scavo interiore e una matrice filosofico gnoseologica ad esso connessa che trova la sua estrinsecazione nell’interrogarsi pressante dell’autore su questioni dell’essere e dell’esserci, dell’infinito e del nulla.
Un vago misticismo accompagna il riflettere dell’autore in versi, senso della religiosità che si avvicina più alle filosofie orientali che al Cristianesimo: - “…E non sono libero se non esco/ dal mio avvitamento, e sei libero/ quando partecipi al movimento più grande, / allora la tua consapevolezza viene sparsa ovunque, / e sei tu e sei me, siamo il calore che ci abbraccia, / braci sempre vive sotto la cenere/-”.
Dai versi suddetti si evince che il poeta tende a fondersi con l’universo o cosmo ordinato che sia, a uscire da sé stesso non da solo ma accompagnato dalla presenza di quel tu misterioso del quale ogni riferimento resta taciuto.
E l’intento di Giancarlo può essere inteso metaforicamente come un dolce naufragare nel mare dell’infinito in senso leopardiano.
Un poiein troppo intellettualistico e speculativo per essere definito tout-court lirico quello di Morinelli ricchissimo di densità metaforica e sinestesica, di illuminazioni e spegnimenti che creano sospensione e magia della parola detta sempre con urgenza.
Un senso di ottimismo pervade il libro nonostante la sua matrice che tende ad affondare nell’oscurità e non a caso il suo titolo è Accompagnarci all’alba e proprio nelle albe c’è la luce dopo la sua genesi nell’aurora.
*
Raffaele Piazza

sabato 16 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = VELIO CARRATONI

VELIO CARRATONI, PAURA DELLA BELLEZZA, Fermenti Editrice, 2019, pp.136, € 15,00

Un antico vocabolario recita con aforisma: “Sentenza che ha grande significato in poche parole, che dà in poche parole il precetto e il frutto di lunghi studi”.
È la precisa definizione del libro di Velio Carratoni che ci regala scoppiettanti pensieri, con freddure, arguzie che rispecchiano un modo disincantato di vedere il mondo: fulminanti immagini e pensieri sulla realtà moderna, parlando di lettura, autori, politica, elementi più o meno ridondanti della vita.
Implacabile e molto divertente il suo giudizio, le sue sottese frecciate, la fulmineità dei pensieri, guardando come distaccato quello che ci gira attorno, la prosopopea e la banalità del mondo moderno.
Una sana riflessione, con sentenze non apocalittiche, sul fru fru che gira nell’aria degli scrittori, nella vita collettiva, nella realtà attuale, nel costume, nella psicologia dell’uomo moderno: sferzate di buon’umore contro i finti sapienti, i venditori di fumo: “Non leggere è un atto di stupidità e supponenza”.
La sua scure tagliente colpisce a dovizia i miserabili: “Certi autori si sentono alti papaveri” con un gioco irrisorio, che non ha nulla di moralistico, ma come scoppiettante sentenza che fa bene alla mente di chi legge.
“Un libro può creare il finimondo o il piatto riflesso dell’esistenza”: l’autore si diverte a punzecchiare, a stroncare un mondo di falsità, divertenti e azzeccate le massime sulla politica: “Non dovrebbe la politica appartenere al popolo? C’è invece chi domina da padrone”, oppure “Politici. Quanti arzigogoli per esprimere un concetto”.
La cosa tragica è che mi sono divertito nel leggere questi precetti, queste drastiche sentenze che rispecchiano il mondo in cui ci troviamo, succubi di un gioco o di una presa in giro in cui ci sentiamo dei protagonisti, ovviamente sconfitti.
“Molto è regalato dalle bombe. Mezzi di riscatto senza regole”:ovviamente c'è una morale, che non è detto che quello che appare sia il vero, che le regole sono immutabili, ma la mente dell’uomo ha incommensurabili possibilità se usa la sensibilità e la fantasia, potremmo chiedere al cielo l’immaginazione al potere.
Ma “Il piacere spaventa. Generando tanto illusorio consumo. Quel consumo che se non c’è, non rende vivo”: una speranza che si possa sconfiggere la banalità, che con l’estro dei pensieri l’uomo riesca a redimersi.
*
MARIO RONDI

POESIA = RAFFAELE PIAZZA


"Alessia e il 21/3/2019 giorno della poesia"

A Piazza Dante a Napoli lettura di poesia
per poeti e poetesse e bar – libreria pieno
e Alessia ragazza spettatrice nel pensare
che le è venuto il ciclo e non è incinta.
Tra i poeti Giovanni nero vestito nel leggere
per Alessia una poesia: c’è un usignolo
su un ramo d’acacia/ che canta all’estate/
c’è un usignolo sull’albero in fiore/
che canta al mio unico amore Alessia.
Applausi per Giovanni dalle mani
affilate di Alessia nel ridere come
una donna nello sperare che dopo
non la lasci.
*

"Alessia per le vie di Roma"

Stazione Termini per Alessia
ragazza dopo il treno
(non l’aveva portata il mezzo
ma il suo pensiero da Napoli
Centrale). Acque battesimali
per Alessia a bagnarle la terra
del viso nel giungere a
Via del Colosseo e pensa Alessia
al copertino rosa con i cuori
che l’ha avvolta nell’ultimo
letto con Giovanni e al piacere
migliorato nel farlo presso
il Vesuvio e dopo nella
camera dell’Hotel Perugia
ad aspettarlo in Caput Mundi
prende Alessia il Rosario
e prega.
*

"Alessia e il fiorevole marzo"

Marzo del sole che ride
con l’acqua per ragazza Alessia
a Napoli che ancora esiste
e risata sorgiva di Alessia
dopo l’amore al Parco Virgiliano
con Giovanni. Fiorevole marzo
il più felice dei mesi e Mirta
nell’anima. Nel quadro
impressionista a farsi vita
(Alessia ama Monet)
non ha paura della felicità
Alessia nell’appoggiare la
gioia all’azzurro di un cielo
fotocopiato nell’anima
e così esiste Alessia.
*
Raffaele Piazza

venerdì 15 marzo 2019

POESIA = GIORGIO MOIO

"Istanti o frenesie"*

(per Antonio Spagnuolo - 2019)

istanti o frenesie di parole
che trafiggono con azzurri pastelli
un odore di carne
o di candore in fuga
si riflettono nello specchio di un’idea
non di una ideolina sotto naftalina
e vinceranno il sonno dell’oblio
dell’incenso piegato
dal segno che s’insinua prepotente
nella promessa che fa breccia
in un gioco di dadi
che ci prende in giro
falsificato dal barare del tempo
delle zagare inodorose
su pergamene incasellate su binari morti
dalla dissolvenza del rovescio
tra lo spazio delle mie ginocchia
tra un capriccio di ciliegio maggiolino
divertito tra le rime della rimanenza
a lenire la sofferenza di enza
di un volto avvolto dal vento dell'est
dal fascino incompiuto dell'acqua perversa
intraversa inversa ultraversa
schegge di ricordi mai sopiti
ritagli di tempo che non ritorna
ci negano la donna amata
nella custodia intercostale degli angoli
di aggangi umorali nel frontespizio della vita
e della confusione tra i pampini narranti
sospesi tra le rose rosse
ed un mare di cristallo
cancella la pulsazione erotica
pulsativa con blocchi ormonali
di linguaggio dal lamentoso
suono di un’arpa obliosa
di un brivido che ci sollevi
sulla betulla curva
sulla disperazione
dei ricordi di una forma zampillante
non c’è giaciglio sicuro
nelle crepe del mondo
né voce blues nel puntiglioso sguardo
abbagliato da colori variopinti
il sospetto di non essere compreso
ti viene dall’estrema ferita
con l’inquietudine di un grido
che si fa strada tra incandescenze spente
un guizzo oscillante oscilla in un riflesso
l’indugio di uno stupore si fa strada
tra granulomi zampillanti di valium
il sortilegio del destino che ripiega
impunito nel richiamo di un inutile dire
ma il sortilegio ci riporta anche un volto amico
la donna amata tra le vetrate
dei rimpianti dove la mente s’annulla
nella disfatta di una presbiopia solitaria
è il suono di un liuto che ci porta alla realtà
che ci ridà conteggio dei nostri errori
delle nostre azioni
tra le quinte di un brusio di trifoglio
è la nostalgia che ci trapassa
ma poi passa passeggera come un passero
nei frammenti di una luce d’illusione
l’amore ah l’amore che ci sfugge
sbattuto tra sorrisi e follie da burattino
con lo sgomento ostinato dell’argilla
ed è in questo preciso momento
che reinventiamo le lacrime
tra confusioni di arcobaleni
e un’inquietudine di un bagliore
ancora il sortileggio di una strega
che si aggira tra un sussurro di rughe
di una vita che passa e non ritorna
finalmente ci accarezza
la trasparenza dell’orizzonte
*
GIORGIO MOIO

* Titolo di un volume di Antonio Spagnuolo che, attraverso i titoli delle poesie in esso ospitate, mi ha ispirato questo testo poetico

mercoledì 13 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIUSEPPE PIERSIGILLI

Giuseppe Piersigilli – Cartoline di un luogo della terra--- puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2019 – pag. 73 - € 12,00

Giuseppe Piersigilli è nato a Camerino nel 1958; vive a Cerreto d’Esi dove svolge l’attività d’insegnante.
Per puntoacapo Editrice ha raccolto i suoi versi dal 1984 al 2014 nel volume "Canzoniere adriatico 1984-2014".
"Cartoline di un luogo della terra", la raccolta di poesie del Nostro che prendiamo in considerazione in questa sede, è un libro non scandito in sezioni che presenta una postfazione di Mauro Ferrari ricca di acribia.
La definizione di cartoline, che, come è facile da presumere, (e in poesia come affermava Maria Luisa Spaziani tutto è presunto) si riferisce alle composizioni che costituiscono il testo, in massima parte brevi, che sono come le cartoline postali cartacee, che spesso mostrano paesaggi di molteplici località e sono quasi sempre colorate.
Ogni singolo segmento diviene quindi come un messaggio in bottiglia nella sua semplicità che però sottende un senso profondo.
Viene da chiedersi perché queste missive sono letteralmente di un luogo della terra e non di più luoghi come sembrerebbe logico perché sono molte le località nominate nel testo.
Alla suddetta domanda la risposta risiede nel fatto che ontologicamente ogni cronotopo è simile a tutti gli altri nell’abitarlo dell’essere umano e qui i luoghi sono abitati poeticamente.
Non a caso Huxley tra i suoi libri ne ha scritto uno che per titolo ha Tutto mondo è paese.
Protagonista dell’opera pare essere la natura detta con urgenza in una maniera vagamente surreale e sono nominate molte specie vegetali ed animali che possono essere considerate anche correlativi oggettivi nel loro rimandare metaforicamente ad altro.
Un senso di biografismo creaturale che riguarda l’io – poetante emerge in molti componimenti nei quali dominano la dolcezza e la tenerezza domestiche ma, come si accennava, c’è profondità negli scritti di Piersigilli e l’apparente creatura in essi è in realtà persona.
Cifra essenziale del poiein e della poetica di Giuseppe è quella di una dizione lirica che sfiora l’elegiaco e, come afferma Ferrari nel suo scritto, la piana e colloquiale poesia di Giuseppe ospita le vibrazioni più intense e profonde dell’uomo e continua a rappresentare un’altissima lezione di poesia, lontana anni luce da banali autoreferenzialità e sterili esibizionismi.
Non si tratta solo di poesie descrittive ma il libro è composto anche da testi introspettivi.
Nei versi si ritrovano spesso magia e sospensione che si determinano attraverso accensioni fulminanti.
I tessuti linguistici, pur essendo piani, sono connotati da densità metaforica e sinestesica notevoli e molto alti sono i versi Il sambuco e la dalia/ guardano luglio e il mare nei quali il sambuco e la dalia, due specie vegetali, nell’immaginario dell’autore, hanno occhi virtuali per guardare.
Del resto anche il grande Ponge ha scritto che sarebbe bello se l’albero potesse parlare.
*
Raffaele Piazza

martedì 12 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = VINCENZO GUARRACINO

AA.VV., LUNARIO DEI DESIDERI, antologia a cura di Vincenzo Guarracino, pp.345, Di Felice Edizioni, 2019, € 25,00

Non riferirò l'elenco dei nomi, per citarne alcuni e tralasciarne altri, su un argomento universale, composto da tutto e di più, apparentemente scontato e impronunciabile come l'amore. Forse per rispetto al tema a volte alquanto scialacquato, di cui abusano canzoni, trame di ogni spettacolo e storia, che ne tramandano l'essenza, valore, risvolti a volte imprevisti, di elevato o di trasgressivo significato, anche se le prerogative e la storia dell'amore meriterebbero chissà quante inesauribili elencazioni.
Per conciliare il dissidio e la non facile trattazione, il curatore Vincenzo Guarracino, poeta, critico letterario e d'arte, traduttore di classici, è ricorso al poeta che ha trattato l'argomento dell'amore nel modo unico e irripetibile: Catullo (Gaio Valerio, lirico latino, maggiore esponente della scuola dei neòteroi (poeti nuovi), non certo per sfoggiare suoi particolari pregi inconfutabili. E l'ha fatto a mo' di commento non certo prefissato, rievocando atmosfere, mostrando come certi prototipi evidenziano meglio ragioni a volte irriferibili o azzardate.
Il curatore, con appropriate citazioni, fa rivivere il sentimento più di ogni altro scontato, dopo gli anni ottanta a.c. dall'esistenza del poeta.
Uniche e motivate le citazioni, con testo a fronte, mostrando una particolare competenza di scelta, in riferimento agli autori analizzati. E le citazioni fungono da chiarificazioni, dopo le premesse impiegate per ciascuno e le ampie spiegazioni iniziali.
Non manca Lesbia (pseudonimo di Clodia) la moglie di Q. Metello Celere, bellissima e infedele, che appare e scompare nelle rievocazioni. Ci sono anche i luoghi familiari del poeta di Verona, massime o figure come l'incolpevole Arianna, il perfido Teseo, nonché ricordi di giochi d'amore di ogni sorta che colà si facevano. (Ibi illa multa tum iocosa fiebant). Risaltano anche atmosfere misteriose di estasi provocate dalle concessioni d'amore (mutuis animis amant amantur).
Quanto espresso da Catullo nel Liber o in altre composizioni è conseguenza di un amore ossessivo e tormentato.
Guarracino, nel rievocare, fondere e puntualizzare, concede a ciascun autore un conio derivante da una lei che “creò l'agile carro volante ad ogni sbuffo di vento (ipsa levi fecit volitantem flamine currum)”.
Il metodo applicato sa di un procedimento che arricchisce tematiche coinvolte in un caleidoscopio di gioie, dolori, esuberanze a non finire: accadimenti belli tristi nostalgici.
Catullo, grazie a Guarracino, appare come simbolo e salvaguardia di un tema, oggi a volte travisato, strumentalizzato, imbrattato di surrogati e contaminazioni improprie. In nome del metodo del furto di significati o del superamento di ogni manifestazione spontanea.
*
GEMMA FORTI

domenica 10 marzo 2019

POESIA = GIANNI ROMANIELLO

"Pensare"

Sprofondare
nell’abissale arcano
buio e misterioso
della vita.

Rubare
fulminei vivi attimi sinceri,
non confusi,
al trascorrere incessante del tempo.

Dubitare
della vitalità dell’animo
mentre
sprazzi di luminosa energia
fendono l’oscurità.
*

"Amore"

Primo amore
inafferrabile vibrante tremore
fulgido raggio purpureo
che infonde calore
illumina
l’impenetrabile fondale
non più a te estraneo.

Amore primo
intoccabile segreto intimo
propulsiva energia
che diffonde fervore
ravviva
l’inerpicarsi dei pensieri
tra erti sentieri
mendicanti l’infinito.
*
"InVero sentiero"

Lungo un sentiero erto e bieco
intravedo orizzonti immaginari,
una voce riverbera nell'eco
sospesa tra incantevoli scenari.

Il ritmo del mio passo freno,
teso a mendicare il vero
nel placido silenzio fraterno
scrutando l'assoluto eterno.

Proseguo il mio cammino blando
nell'ignoto abisso vagando
alla ricerca dell'amore perso
tra la profonda
immensità dell'universo.
*
"Amore magmatico"

Il buio travalica l'inconscio,
avvolto da fervido magma.

Lo sfavillio iridescente disombra
le immagini riflesse nel bollore
di una lava che muta trasonda.

L’effusivo amore risale,
la verità brilla e traspare
dal fiammante pulsare del cuore.

Nella vitalità vulcanica
il nulla s’inabissa e muore.
*
GIANNI ROMANIELLO

sabato 9 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = RENE' CORONA

René Corona – "Compitare nei cortili" - Puntoacapo Editrice – Pasturana (Al) – 2019 – pag.174 - € 18.00

René Corona è nato a Parigi nel 1952. È docente di Lingua e traduzione francese presso il Dipartimento di Scienze cognitive, psicologiche, pedagogiche, e degli Studi culturali dell’Università degli Studi di Messina. Ha pubblicato saggi che riguardano la poetica, la Storia della lingua francese, la traduzione, la sinonimia, la letteratura, la sociolinguistica e la lessicografia.
Come riporta acutamente Emanuele Andrea Spano nella prefazione a "Compitare nei cortili", il libro del Nostro che prendiamo in considerazione in questa sede, nell’originale autoritratto che chiude questa densa antologia poetica, Corona scrive: - “Frugare nella pattumiera dell’esistenza/ per trarne essenza di rosa”, consegnandoci un’immagine esatta della sua scrittura, una trascrizione fedele della sua poesia sempre in bilico tra un’immersione necessaria quanto dolorosa nel “pattume” del reale e un desiderio di catarsi, di purificazione.
Se compitare significa leggere stentatamente, si può capire dalla scelta di questo vocabolo nel titolo l’intenzione di farci intendere che metaforicamente si realizza nell’uomo – poeta una componente di conscia incertezza nel suo relazionarsi con la vita, incertezza che è tipica del poeta stesso e che si traduce proprio nel suo poiein e che trova la sua esemplificazione proprio nei versi suddetti e i cortili potrebbero essere quelli dell’Università.
Il libro è costituito da una scelta di poesie da vari volumi di René e risulta molto corposo, composto da testi che spaziano per un largo arco temporale.
Notiamo magia e sospensione nei dettati dell’autore e una suadente musicalità raggiunta attraverso il ritmo dei versi sincopato e qualche componimento è centrato sulla pagina.
C’è il tema del mare interiorizzato e spesso i versi hanno andamenti narrativi nella loro chiarezza.
In Conchiglia tratta da Isole alla deriva (1985-1996), il poeta si esprime attraverso una forma di personalissimo sperimentalismo nella ripetizione per sei volte dell’unità minima Ascoltami scritta in un degradare sulla pagina da sinistra verso destra per poi deviare alla sesta stesura verso sinistra.
C’è da notare, in questo componimento, che ha qualcosa di visuale, che progressivamente ascoltami è scritto con caratteri sempre più grandi e così leggendo pare di avvertire matericamente l’effetto della voce del mare come attraverso la spirale di una conchiglia.
Una varietà di registri espressivi si riscontra nei componimenti di Corona sia a livello contenutistico – espressivo, sia a livello formale - stilistico.
In Calliope la mitologica musa della poesia epica è inserita in un contesto di contemporaneità: infatti si trova in una casa dei nostri giorni con piastrelle e frigorifero ed è rappresentata come una donna sensuale che lascivamente beve una bibita.
Emblematica questa composizione nella quale il tema dell’ispirazione s’incarna nella donna ispiratrice e carnale e, del resto, come diceva Freud la poesia psicoanaliticamente può essere considerata una sublimazione della sessualità.
"Compitare nei cortili", vista la sua grande articolazione, l’estensione e la complessità, meriterebbe di essere letto in chiave saggistica e non nello spazio circoscritto di una recensione.
*
Raffaele Piazza

giovedì 7 marzo 2019

RIVISITAZIONE = MONTALE TRADOTTO IN TEDESCO

MONTALE TEDESCO. Giancarlo Scorza traduce Eugenio Montale

La provincia italiana è da sempre il terreno di nascita e anche di crescita della nostra cultura. Una riprova parrebbe adesso arrivarci da un esiguo – quanto a numero di pagine - ma incuriosente e nel suo carattere decisamente considerevole libro edito dall’Archinto sul finire del 2018, "Montale tedesco", in cui compaiono le traduzioni di ventun liriche montaliane nella lingua di Goethe. Il fatto straordinario è che il lavoro di traduzione – dall’italiano al tedesco - è stato compiuto da un italiano, il pesarese Giancarlo Scorza, e non invece da un tedesco.
Scorza, intellettuale ed artista scomparso alcuni decenni fa, non era affatto nuovo all’impegno del tradurre. Si conoscono di lui svariate e impegnative versioni dal francese, dal tedesco, dall’inglese e ancora da altre lingue. Ma in tutti quei casi egli si muoveva su idiomi stranieri volti in italiano. Mentre, in "Montale tedesco", i testi di partenza sono quelli di Montale (tratti da "Ossi di seppia" e da "Le occasioni") mentre quelli in arrivo sono per l’appunto in una lingua straniera ardua e difficile.
Le traduzioni di cui qui si tratta vennero realizzate a cavallo tra il 1959 e il ’60. A suo tempo se ne era progettata la pubblicazione da parte di Giambattista Vicari, nondimeno mai effettuata per ragioni rimaste inesplicate. Nel frattempo Scorza andava proseguendo le sue attività letterarie e soprattutto artistiche. Giusto in quegli anni e poi nei decenni successivi, nella solitudine del suo atelier egli venne approfondendo e praticando l’arte dell’incisione spingendosi a perfezionare quelle tecniche che aveva studiato alla Scuola del Libro di Urbino e dandosi infine alla pittura, un ambito in cui oggi gli si riconoscono rilevanti risultati.
In parallelo alle attività del pittore e del grafico, rimaneva ovviamente la produzione dell’intellettuale e del saggista, sia pure nella forma di premesse ai testi da lui tradotti, o di recensioni e annotazioni in margine. Se insomma nell’ambito
artistico Scorza si esprimeva in prima persona, sia pure con tutto il riserbo di cui si volle ammantare, in letteratura egli scelse una via in cui la tensione verso una propria dimensione interiore si svolgeva – e in qualche misura anche si celava – dietro le misure di un intervento bilanciante tra il rapporto diretto e l’ermeneutica la natura specifica dei testi affrontati. Che è come dire la loro entità e il loro mistero.
La domanda è perché Scorza avesse scelto di tradurre Montale in tedesco (e insieme perché quand’egli era ancora in vita il suo lavoro non avesse visto la luce). Non è facile rispondere (ancorché gli apparati critici e filologici di "Montale tedesco" realizzati da chi scrive e da Alexandra Schneider, si siano provati a farlo). Ma è indubbio che se, in questo libro, l’elaborazione di superficie appartiene alle prerogative del traduttore, essa più ancora guida verso la dimensione dello scrittore in potenza che fu Scorza e anche verso ciò che lui pensava essere lo spazio della poesia.
Lavorando su "Lettera a un giovane poeta", un testo per lui fondamentale – e di lì riflettendo sulle indicazioni offerte dal suo autore, appunto Rilke - Giancarlo Scorza deriva una personale idea di avvicinamento ai testi (e congiuntamente di traduzione). L’operazione del tradurre doveva scivolare – e far penetrare – nel buio della scrittura poetica di partenza, a propria volta trascinata dalle parole e sulle parole verso un silenzio che meglio si pensava risaltasse – e qui siamo al Montale volto in tedesco – in una lingua che era altrettanto poetica quanto filosofica.
Nel tradurre con una lente che è sì filologica ma come si è detto anche interpretativa – e secondo una linea nella quale il testo stesso avesse da svilupparsi in un testo successivo intriso della vita precedente nota a tutti ma anche di un’ulteriore possibile vita – Scorza coagula il mannello di inquietudini che dovettero accompagnarlo in vita. Niente meglio di Montale poteva garantirgli una simile dimensione. Ma niente più di una lingua conosciuta e però non praticata e non vissuta nelle sue pieghe profonde, poteva agevolare l’approdo a una poesia da intendere nella sua assolutezza, libera da ogni sudditanza verso l’esterno e persino, si vorrebbe dire, dalla stessa letteratura.
*
Gualtiero De Santi

SEGNALAZIONE VOLUMI = NAZARIO PARDINI

Nazario Pardini : “I dintorni della solitudine” – Ed. Guido Miano – 2019 – pagg.104 € 10,00 –
Il ritmo dell’ascolto lascia il suo melodico segno nei versi di un poeta che affonda tutta la sua sensibilità nell’immensità del riverbero, dell’ inaspettato risveglio del sub conscio, sempre ingorgato nella meravigliosa illusione del mistero o della plasmabile realtà quotidiana.
Le pennellate dal vivo colore impresse sulla pagina hanno la vertigine del ricordo. Particolarmente suggestivo il ricordo del volto dell’amica degli anni di studio, di quel tramonto avvolgente “sulla spiaggia d’inverno al brontolio/ degli uccelli marini”, di un bacio che poteva suggellare un amore, ma che svanisce senza ragione alcuna nel vortice dei giorni. Ed i ricordi si moltiplicano , rinnovando memorie giovanili, nel “fluire delle immagini fioche di stagioni”, nel riascoltare “ i rumori delle scaglie di sterpaglie corrose”, nel “manifesto/ funebre, che, logorato dal cielo,/ non fa leggere il finale”, in un melanconico richiamo del viso che riappare nello spiraglio di luci.
La scrittura di Nazario Pardini riflette un bagaglio culturale di notevole spessore, un rapporto di genuina superiorità esternata nelle ampie ed evidenti carrellate che il verso riesce a compiere disegnando spazi di intatta spiritualità o figure e riflessioni dalle immagini lampeggianti. Un rincorrere fluido questo suo linguaggio terso e legato al visibile di ogni sospensione, tale da accompagnare il lettore in un legame di attesa quieta e durevole.
Le sezioni : “I dintorni della solitudine” , “Dialogo” e “Verso la luce” , si concatenano perché la parola gioca sempre il suo ruolo principale di conversazione aperta, di indice che mostra quanto di accattivante circonda il nostro essere.
Dalla “Solitudine”, che aggancia il pensiero a mille impronte, al “Dialogo” ( fra la Storia e Laonida) , a “Verso la luce” che ravviva le inflorescenze di un impavido viaggio giovanile , la poesia ricama un tessuto musicale limpido e vivo, a volte circonfuso da un mistico adagio a volte imbevuto da una spontaneità lirica vigorosamente disegnata.
ANTONIO SPAGNUOLO

mercoledì 6 marzo 2019

POESIA = RAFFAELE PIAZZA


"Alessia tra i ghiacciai"

Sole di mezzanotte per ragazza
Alessia nell’Antartide
ad abbacinarle l’anima e pervaderla.
Non ci sono alberghi e Alessia
nell’igloo si riscalda e attende
per l’amore Giovanni, amore
da fare vestiti per non assiderarsi.
E l’angelo le dice che verrà.
*

"Alessia all’Acquario"

Vasche di vetro cristallino
per Alessia ragazza
dentro delle tinte dei pesci
il nuotare a incantare la mente
e di Alessia l’anima di 18 grammi.
E gli ippocampi gialli della
fortuna nel fendere le acque
del sabato infinito di marzo
dei mesi il più felice
e sta Alessia a contemplare
la vita del Mare tropicale
nell’intessersi i pensieri
e pensa a Mirta Alessia
sottesa a struggente anelito
di rinascita.
In Francia esistono ancora
i giardini della reggia del re
visitati da Alessia.
*

"Alessia e la festa della donna"

Aria fiorevole per Alessia
nel fotocopiare del cielo
la felicità che le fa paura
e le viene da piangere ma
sa che tutto andrà bene
appoggiata alla gioia di
una ginestra nel suo
sbocciare fantastico
nell’armonia dei giorni
consecutivi dei soli e delle
lune fino ad oggi festa
della donna che è anche
ragazza Alessia in amore
come un fiore d’erba
a vivere mille vite parallele
*

"Affresco di Alessia"

Poi nella nitida aria nella camera
della mente e fisica
squadernata sul Mediterraneo
(la campagna fino al mare
nel degradare in dose di sfumato
azzurro a interanimarsi con il tetto
leggero, diafano di gioia
nel preservarlo un felice
presagio): passi scalzi di Alessia
(dopo aver riso come una donna)
se è sabato salutare nelle acque
nuotate a lambirla di fianco
e di traverso o in quella fisica
gioia di corpo e anima nell’inalvearsi
di un gioco iridato a poco a poco
tutto accade nel tempo che va stretto
sedici anni contati come semi
con i seni accennati in una maglia
fucsia. Tutto accade. Tutto avviene.
Tutto è da ricominciare. Nell’indaco
di una storia di ardesia o carminio
in un trascolorarsi di forme la gioia
è nella spiga per l’erbario o il filo
d’erba o il fiore d’erba
scende Alessia serena i gradini
della sera, imminenza di stella
lambita in quel luminoso accadere
tra la pianta di fragole sul balcone
del limbo che porta al bosco
appare dispare accade.
*
Raffaele Piazza

SEGNALAZIONE VOLUMI = 22 POETI A PARMA

Luca Ariano & Giancarlo Baroni ( a cura di ) : “Testimonianze di voci poetiche” – 22 poeti a Parma – Ed. Puntoacapo – 2018 – pagg. 112 - € 15,00
In rigoroso ordine alfabetico Luca Ariano, Giancarlo Baroni, Daniele Beghè, Luca Bertoletti, Edmondo Busani, Guido Cavalli, Stefania Cavazzon, Mauro De Maria, Antonia Gaita, Angelo Gasparini, Alberto Manzoli, Giuseppe Marchetti, Max Mazzoli, Michele Miccia, Alberto Padovani, Bruno Piccinini, Giovanni Pizzigoni, LauraPuglia, Maria Pia Quintavalla, Alma Saporito, Alessandro Silva, Franco Vecchi, si presentano, ognuno con la sua breve scheda biobibliografica, in un agone policromatico e scintillante realizzato nell’antologia redatta con severità e serenità lodevoli. Nella varietà dei testi selezionati si rispecchia una buona parte della poesia contemporanea, ricca di armonie, di molteplicità tematiche, di partecipazione attiva al lavorio sulla parola e sulla genuinità del canto. I poeti sono il sussurro dell’illusione, dalle sfumature più ingenue alle impressioni più accese il loro ricamo si tempra dal mistico al visibile, dall’immanente al trascendente, aderendo a quegli impulsi vitali che rendono la quotidianità motivo di ritmo musicale. Dai sogni alle memorie, dagli interrogativi alla rassegnazione, dalla melodia alla preghiera, le cromie diventano incantevoli e suggestive.
Dalla sottile indagine sulla natura che circonda ( Baroni ) alla melodica recitazione del tocco ( Quintavalla ), dal magma degli indefiniti bagliori ( Busani ) al ritmo delle lampare accese ( Pizzigoni ) , dalle ombre delle antiche querce ( Cavalli ) ai brividi della rassegnazione (Padovani) , per citarne soltanto qualcuno , ogni componimento ha una sua incisione personale che determina la coerente ricerca stilistica, ma l’insieme genera un ventaglio impegnato nella sublimazione della parola.
ANTONIO SPAGNUOLO

lunedì 4 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = VELIO CARRATONI

VELIO CARRATONI, PAURA DELLA BELLEZZA, Fermenti Editrice, 2019, pp.136, € 15,00

“Paura della Bellezza” non corrisponde per nulla al timore della intelligenza che, al contrario, questi aforismi sfornano in grande quantità e qualità, a volte a carattere criptico o perfino sapienziale.
Non vi è campo umano, o del disumano, che non venga preso in considerazione, sottolineato ovvero obliquamente schiaffeggiato dall'Autore che, con tutta evidenza a causa d'una propria intima pudicizia, non ha voluto raggiungere il primato dei mille aforismi.
Sono, soltanto, novecentosessantasette.
Ne avesse aggiunti altri trentatré, sarebbero stati tranquillamente (si fa per dire) MILLE!. E scusate se è poco!
Qualche citazione, non-random, è d'obbligo.
Ad esempio, il più breve è: “attenzione agli adulatori”,
Il più lungo: “a furia gi adorare il Vello d'oro per i miraggi dei canali di promesse false e raggiri siamo nello stagno. Ciò avviene quando i sentimenti sono sopiti dalle prassi disumano/meccaniche. Portandoli come emblemi fisici maneggiati e decomposti.”
Ma io posso serenamente inneggiare a Velio che, magari non ci fa diventare più belli ma di certo ci fa più intelligenti e più arricchiti di Senso e di Non-senses, attingendo a piene mani a quel pozzo personalissimo ove, in notturna, lo scibile si riflette.
A proposito del mio lavoro di contabilizzazione portato sul numero degli aforismi, mi ritorna in mente (e qui il cantautore non c'entra per nulla) una notissima barzelletta dantan, ambientata in un manicomio, che non è soltanto luogo di devastazioni, nascendo da lì tanti presupposti di umanità tutti da sondare.
Proseguendo nelle citazioni, ricordo quanto riferito su “cimitero dei libri: luogo vivo della letteratura, senza lasciare un cantuccio il 966 (le facce sono le nostre machere. Ma certe parole confondono di più) e senza rinunciare al prezioso 969 esimo (sono i perché a non avere più senso)”.
In buona sostanza in Paura della bellezza, la sostanza c'è ed è molto densa, provocando il lettore a sostenere le non-ragioni di questo maudit exquis o ad attaccarlo.
Il che è “a scelta”, come altrove e altrimenti, suggerisce Susanna Schimperna.
Ma prima di concludere viene spontanea la domanda: Perché della bellezza si ha spesso timore, anziché godere della sua visione distensiva per effetto spontaneo? Perché rappresenta il trabocchetto delle sirene delle riminiscenze omeriche o da trappola delle sovversioni? A causa dei tranelli che girano intorno ad essa. O delle sorprese delle componenti delle beltà che apparentemente abbagliano per fungere da inaspettate sorprese. Da qui uno dei timori basilari di ciò che la bellezza può offrire. Trasfigurazione inebetita di stasi estasiate. Tutto da vedere come può andare a finire. Ma non solo. Gli scuotimenti delle beltà non sempre allietano, così pure gli appagamenti dei sensi che restano rapirti o traballanti o annientati dalle inappagatezze per inadeguatezze o per incapacità recondite sempre in agguato.
Questo fa pensare a tutta prima Velio Carratoni con il suo titolo da mistero recondito. Lui che è un laico refrattario ai compiacimenti del mondo esteriore. Lui che mal tollera gli amorfi o i devastatori del nulla, i killer del creato, preferendo chi l'ha conquistato, temendo il risveglio dalla sbornia che potrebbe presentare un deserto malefico.
Il resto è tutto da scoprire o da gustare, in attesa dell'eventuale rinascita.
*
Antòn Pasterius

SEGNALAZIONE VOLUMI = RAFFAELE PIAZZA

Raffaele Piazza – Alessia e Mirta--- Ibiskos – Ulivieri – Empoli (Fi) – 2019 – pag. 51 - € 12.00

Alessia e Mirta sono le trasognate e ineffabili protagoniste dell’omonimo volume di Raffaele Piazza. Un affresco ricchissimo, particolareggiato, quasi atemporale: “l’aereo punta a New York / le torri sono già cadute”; “Natale 2015 con regali e feste”. Ma, proseguendo nella lettura: “E’ il 1984, costeggia la 127 una scia di strada”. Al di là del mero dato cronologico, l’autore sembra suggerirci le coordinate più intime - e forse per questo universali, fuori dal tempo - del rapporto amoroso, spaziando con eguale abilità tra l’attesa, l’immersione quasi battesimale in una natura estatica e sublime, e la corporeità, la carnalità: ciascuna di queste dimensioni è “luogo dell’anima” dove l’amore si realizza, e vive e pulsa.
Numerose e ardite sono le anastrofi: “procede per di bellezza / un’epifania (…) con dell’amato la voce”; “Poi a studiare la vita / ragazza Alessia torna”. Né possiamo sottacere la delicatezza con cui l’autore affronta il dettato poetico, riservando alla semantica alcuni composti sull’orlo del neologismo: “finestravisore; nerovestito; lucevestita; lucelunavestita;”.
Come osserva giustamente Valeria Serofilli nella prefazione “le poesie dedicate a Mirta sono in numero molto inferiore rispetto alle poesie dedicate ad Alessia”, e tuttavia la sua figura si staglia leggera e potente sulle vicende umane e personali dell’autore: “succede ancora / di fotocopiare la felicità” (in particolare qui il verso tronco è fulminante, decisivo); “hai spezzato / me stesso mio col tuo / ammazzarti”, “mi dici di non / avere paura”, “il tuo suicidio mi turba e il giorno / prima ridevi come una donna / ma eri infelice”.
Le poesie conclusive della silloge, nuovamente dedicate ad Alessia, scavano con maggior vigore, interrogano i protagonisti, l’autore, il lettore; suggeriscono la cautela, il dubbio sul destino dell’amore e, in ultima analisi, sul destino umano tout court: “parlano / anche i morti con tono leggero / e cullano le attese pari a / battelli all’ancora. Previdente / Alessia sotto si è vestita / di nero”. Leggerissima e umbratile, un’ala nera sembra preludere al distacco, alla perdita, alla fine.
*
Raffaele Floris

SEGNALAZIONE VOLUMI = EDITH DZIEDUSZYCKA

Edith Dzieduszycka – Poesie del tempo che fu-- La Vita Felice – Milano – 2019 – pag. 167 - € 18,00

Di origine francese, Edith de Hody Dzieduszycka nasce a Strasburgo, dove compie studi classici. Attratta sin da giovane dal mondo dell’arte, i suoi primi disegni, collage e poesie risalgono all’adolescenza passata in Francia. Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive, nazionali ed internazionali e si è dedicata alla scrittura. Ha pubblicato numerosi libri di poesia, fotografia, una raccolta di racconti e un romanzo.
Poesie del tempo che fu, il libro di poesia di Edith Dzieduszycka che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta delle composizioni inizialmente scritte in francese e poi tradotte in italiano dalla stessa autrice.
Nel testo si ritrovano le due versioni il cui confronto rende intrigante la lettura della raccolta per le ragioni che rendono interessanti le traduzioni stesse nel campo poetico, traduzioni che dovrebbero far perdere alle composizioni parte del loro fascino iniziale e si parla anche di metafisica della traduzione stessa.
Ma è vero anche che nella lotta con l’angelo tra autore e traduttore, quest’ultimo può strappare una piuma all’angelo stesso, come diceva con una metafora ben riuscita Maria Luisa Spaziani.
Il testo è composito e articolato architettonicamente ed è corredato da un’acuta ed esauriente prefazione di Donato Di Stasi.
Il libro è scandito nelle seguenti sezioni: Ascolta (sonetti), Ossessione, Niente, Bestiario, A Verlaine.
Nei componimenti si riscontra spesso il dono del turbamento dell’io – poetante che emerge sensualmente immerso nel mistero.
Nella poetica della poeta si riscontra una forte carica ontologica e l’andamento dei versi è ritmato ed è palese la ricerca di un etimo della vita stessa.
C’è un’intrinseca musicalità nei sintagmi che sgorgano componendo immagini che scaturiscono l’una dall’altra.
In Follia si riscontra il tema del male e del fare a sé stessi il male, elemento che emerge in molti altri componimenti e serpeggia per tutta la raccolta.
C’è chiarezza nei dettati e per il lettore una costante sensazione di scavo in sé stesso da parte dell’io – poetante.
Si determina una discesa nei meandri dell’inconscio e sono dette situazioni estreme sottese ad un evidente onirismo purgatoriale, nella prevalenza dell’elemento lunare su quello solare.
La poetica di Edith è intellettualistica e tema fondamentale sembra essere quello erotico-amoroso nel suo tendere alla riattualizzazione di tempi felici del passato che non viene rivissuto nostalgicamente.
Forte il senso della corporeità e dell’eros intenso a volte quasi fino alla violenza e i versi sono scattanti e veloci, vagamente neo lirici.
È presente spesso un tu al quale l’io-poetante si rivolge che potrebbe essere presumibilmente l’amato.
Spesso le modulazioni nei versi sono cantilenanti e producono effetti incantatori.
Dal titolo della raccolta si potrebbe evincere il senso di una ricerca di una provenienza temporale, quella di un diario virtuale che indaga il senso che solo la parola poetica può ritrovare.
*
Raffaele Piazza

domenica 3 marzo 2019

POESIA = MAURO ROVERSI MONACO -

(I)

Quando su nuovi fogli quel che leggi
scriver saprai con espressioni chiare,
non ci saranno più le carte bianche:
diventeranno parzialmente scure
perché in nero ti esprimi sulle pagine
dove affidi all’intonso quel che scrivi.

L’explicitatio bruna con cui scrivi
trasmuterà in candore quando leggi
alba pratalia, svomerate pagine
dove per contumacia saran chiare
quelle grafïe, non ancora scure,
e virtüali su facciate bianche.

Ora un prodigio avvien, dappoi che bianche
se son rimaste (dunque tu non scrivi),
l’assenza taglierà, come una scure,
seguendo d’esclusion le ferree léggi,
tutte le cose che non sono chiare:
c’è il cosmo, nelle immacolate pagine.

Io m’affatico, adesso, in esse pagine
e faccio in modo che non sian più bianche;
ma non è detto che siano più chiare,
non è compreso il tutto in ciò che scrivi:
il bianco è somma dei colori: leggi,
se tracci segni, solo linee scure.

Lo scuro di finestra rende scure,
di finestra sul mondo, quelle pagine
che nelle stanze del tuo interno leggi.
I listelli del sole, quasi bianche
propaggini, illustran quel che scrivi,
nella penombra fan lettere chiare.

Il nero (assenza di colori) chiare
sembra far le parole scritte, scure.
Eppure è ben carente ciò che scrivi:
chiare significanze le tue pagine
dan meno se son scure che non bianche:
pagine d’anima, seguon lor léggi.

Le parole non son chiare né scure,
sono grigie le pagine in cui scrivi.
Risultan bianche, se le léggi lèggi.

(II)
È già reminiscenza l’intarsiato barlume
che inchioda il cuore alla panchina.
Lucciola moribonda,
batte la carne non il marciapiede.
Orizzontali, le anime asfaltate
si congestionano di orrori e di bellezze:
sangue grosso il bitume.

---------------------------------------------------
(III)
Ti risolvono nenie in latrati.
Cosa vuoi stare a nasicchiare
con guizzi di compressi semitoni,
quando l’imperio e l’impeto d’abbaio
t’illìdono la canea sulla battigia,
quasi abbrivo invertito?
Nella baia ti abbaia il cane refluo,
di schiuma, di margini violati in ombre grigie,
il pescecane, dico: checcanzuna,
ma che bel marechiare,
spiaggista canterino! Te e il tuo falsetto
sbranati, lì, così, come due zingari.
*
MAURO ROVERSI MONACO

sabato 2 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = IDA DI IANNI & MATILDE IACCARINO

Ida di Ianni & Matilde Iaccarino : “Arsenale di memorie” – Ed. Volturnia – 2019 – pagg. 100 - € 15,00-
Sin dal titolo questo volume suscita una certa curiosità , invogliando alla lettura immediata nella certezza di ritrovare immagini e luminosità di un qualche tragitto esistenziale, che accompagna o ha accompagnato le due poetesse. In effetti le storie si scuciono lentamente tra ricordi di infanzia , di gioventù , di vita vissuta , sollevando arazzi intorno ai personaggi protagonisti di storie umane , pregne di sospensioni e di incertezze. Le donne che appaiono nei racconti di Ida di Ianni sono avvolte nella nebbia del tempo trascorso, e quasi tutte tratteggiano la figura della donna schiava , sottomessa al potere inestinguibile del maschio , marito o padre, che impone la sua presenza a volte anche con severe costrizioni. Le nonne che non più giovani attendono ancora le ore serali , la zia che ricuce momenti di serenità, Ida che lascia la casa nella quale era nata , la sorella Elena , che si trascina con le natiche per terra, i parenti che si recano nelle Americhe in cerca di fortuna , un superbo intreccio di vicissitudini familiari intessute dalla scrittura piana e accattivante. La memoria di Matilde Iaccarino spazia in frammenti stralciati dai ricordi , tutti datati con precisione : Magio 1978, Gennaio 1980, inverno 1983, 1989, Maggio 1997, Luglio 2000, fine Maggio 2018, Agosto 2018, Settembre2018 , quasi a voler sottolineare con metodica precisione e caparbia volontà come gli eventi si susseguano nel tempo senza permettere interruzioni di “quel filo sottilissimo che collega tutti gli eventi, le storie, le gioie, le tristezze”. Il dialogo si dipana tra gli eventi che riemergono con fotogrammi colorati, dal silenzio alla preghiera, dall’immaginario alla sfumatura dell’incertezza, un diario policromatico intessuto da memorie che rincorrono sfumature e incisioni. Ogni racconto è un dialogo aperto, un sussurro che non improvvisa ma riscatta la filigrana di quotidiane armonie.
ANTONIO SPAGNUOLO

venerdì 1 marzo 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = VELIO CARRATONI

Velio Carratoni : “Paura della bellezza” – Ed. Fermenti – 2019 - pagg. 136 - € 15,00 –
Una pioggia ininterrotta e colorata di “Aforismi”, incastonati nel pensiero arguto che il poeta riesce a cesellare , avvinto ed avvolto dall’aura prestigiosa di una sottile filosofia, che fa del quotidiano un divenire di partecipazioni, illusioni, aspettative, attenzioni. Il carattere limpido degli interventi, sorprendentemente fitti e concitati, accende uno specifico dossier entro il quale si apre una scena culturale , nuovamente feconda ed animata da quei principi che dovrebbero essere incitamento ad una logica introspettiva e capace di sciogliere i nodi del dubbio o il riemergere dell’irrealtà. Difficile individuare e segnalare questo o quell’aforisma che stimola la mente ed incita alla riflessione . Tutti scorrono rapidamente in un flusso accattivante e vertiginoso , dalla quotidianità al sogno, dalla realtà al mistero, dalla conquista alle rimembranze, dalla battuta arguta al ripensamento. Nello stile prezioso della scrittura , senza fronzoli o impennature , Velio Carratoni offre un elegante borsone entro il quale scintillano centinaia di perle , da ripescare una ad una, brillanti nella molteplicità tematica, fluide nella riflessione di brevi immagini.
ANTONIO SPAGNUOLO