SEGNALAZIONE VOLUMI = DI STASI
Donato Di Stasi – Le due scarpe sinistre dei poeti - Saggi (1996 – 2014)
Fermenti Editrice – Roma – 2015 – pagg. 181 - € 18.00
Donato Di Stasi, saggista, critico militante, vive e lavora a Roma. Ha al suo attivo un’intensa attività di promotore e organizzatore culturale.
Suoi interventi appaiono su riviste culturali italiane tra cui: “Fermenti”, “L’area di Broca”, “Risvolti”, “Immaginazione”, “Atelier”, “Testuale”, “Exibart”, “Rivista di Letteratura Italiana” ecc.
“Le due scarpe sinistre dei poeti” è stato pubblicato con il contributo della Fondazione Marino Piazzolla di Roma, diretta da Velio Carratoni.
Il libro è costituito da una raccolta di saggi su poeti e poetesse, che hanno prodotto opere di carattere sperimentale e di ricerca, in un periodo che va dalla seconda parte del Novecento, ai primi due decenni del secolo presente.
Nello scritto introduttivo, intitolato “Avvertenze”, Di Stasi constata che pare assurdo che ci sia una folla di lettori neanche toccata dalla suddetta impressionante ventata di sperimentalismo e di poesia di alto livello.
La miscellanea è indirizzata proprio a tale pubblico, per abbattere il mito della tradizione lirica, alla quale solo apparterrebbero le caratteristiche tipiche del discorso poetico, basate su una visibile leggibilità e un’agevole grammatica del testo.
Con la consueta acribia Donato si sofferma, nei suoi scritti, sulle avventure poetologiche di Zanzotto, Porta, Cacciatore, Villa, Piazzolla, Rosselli, Montale, Accrocca, Rimbaud, Bellezza, Sanguineti, Toti, Mucci, Jacobbi, Malfaiera, Riviello e Merini, che considera una mediocre poeta, legata ad una vicenda inquietante.
L’originalità dell’opera consiste nella forte eterogeneità delle poetiche degli autori trattati, connotati dal denominatore comune di una personale ricerca antilirica, che si realizza nelle personali scritture sperimentali.
Infatti questi poeti sono diversissimi tra loro per i loro esiti stilistici e formali e per le tematiche e gli argomenti affrontati.
Si passa da uno sperimentatore tout-court, appartenente al Gruppo 63, come Sanguineti, al Montale anziano di “Satura”, da un autore storico come Rimbaud, allo stesso Piazzolla, da Amelia Rosselli con la sua poesia al grado zero, a Bellezza definito “Il carnefice dell’io”.
Il libro si conclude con un’ Appendice, intitolata “Fenomenologia dell’agire poetico” (Manualetto per giovani scrittori).
In questa parte l’autore stigmatizza la situazione della poesia nella nostra contemporaneità in Europa.
Afferma che è stabile in questo ambiente l’aleggiare del fantasma di una poesia ingenua e sentimentale, spacciata per poesia in carne e ossa.
In un contesto non meritocratico, una moltitudine di poetastri credono di essere dei veri vati del discorso poetico e reclamano premi e onori.
Per quanto riguarda la suddetta situazione di stallo, tra le sue cause c’è anche la componente di una forte miopia e scarsa attendibilità di gran parte della critica, che incorona i suddetti versificatori.
Dal lato opposto bisogna credere nella stessa poesia in carne e ossa, che diviene un modo di comunicare fruttifero, ambiguo, multiplanare e complesso.
Bisogna confidare nell’esistenza di questo zoccolo duro della poesia anche se esso è rappresentato da una netta minoranza degli autori di versi.
Il nostro parla di una dorata autoreferenzialità, a proposito della poesia lirica italiana contemporanea, nei suoi vari generi, nel senso di una produzione poetica, che fa riferimento solo a se stessa, trascurando e perdendo ogni rapporto con la realtà.
Lo scrittore fa suo l’assunto di Paul Celan, secondo il quale, dopo la seconda guerra mondiale, l’olocausto e atrocità varie la poesia è morta.
Ci è resi conto che la stessa poesia non è eterna e che le appartiene il ciclo di ogni storia dell’uomo: fondazione, sviluppo, maturità, decadenza, fine.
Questo non significa che i poeti si siano estinti, ma che adesso si dibattono in un approccio alla scrittura, nel quale la pura volontà azzera la razionalità.
I poeti si diversificano dai poetivendoli: la differenza tra i due tipi consiste nel fatto che i primi sono caratterizzati da un’avvertita coscienza letteraria, da una conoscenza degli strumenti retorici, mentre i secondi sono dei versificatori, spesso anche narcisisti.
Ma non si deve dimenticare che, dopo la rivoluzione del verso libero, lo stesso Montale ha scritto che bastano un foglio e un lapis per creare poesie.
In ogni caso, chiunque creda veramente in se stesso di essere un poeta, perché scrive poesie, a prescindere dai risultati ottenuti, compie un lavoro positivo, perché agisce secondo il parallelismo etico - estetico.
Per dirla con Michel Foucault la poesia attuale, se non è verità, rimane espressione del tempo in cui si colloca, anche se Di Stasi ci fa notare che ci si limita a calligrafare il carattere spettacolare della società.
L’allusione nel titolo alle due scarpe sinistre dei poeti riguarda il fatto che, nel nostro postmoderno, chi scrive versi non si arrende davanti a niente e avanza imperterrito nella terra di nessuno.
Paradossalmente i poeti stessi sono in aumento e spuntano come funghi blog e siti su internet che riguardano la poesia.
Inoltre cresce il numero dei piccoli editori, alcuni dei quali pubblicano quasi tutti i versificatori, che ad essi si rivolgono, senza una vera selezione, solo in cambio di un contributo economico.
Attraverso tale fenomeno si è manifestata una vera inflazione della quantità dei libri di poesia stampati, in particolare di quelli di carattere lirico o neolirico, in generale di scarsa qualità..
Maria Luisa Spaziani, con una similitudine calzante, paragonava tale elemento all’inflazione economica nella Germania nazista, quando le donne andavano a fare la spesa, con le borse piene di una quantità enorme di cartamoneta.
Un libro che mancava nel nostro panorama, quello di Di Stasi, scritto sicuramente non per l’urgenza di superare un silenzio, ma per approfondire lo studio di un genere poetico, che merita un’attenta valutazione, considerata la sua forte sintonia con il nostro tempo e la nostra collettività.
*
Raffaele Piazza