domenica 29 gennaio 2017

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Alessia e il sentiero delle rose"

Nell’inalvearsi Alessia nel fitto
del sentiero delle rose con in
bocca un filo di verde d’erba,
benedizioni di rugiada e di freddo
di sorgente e le foglie Alessia
le raccoglie per dell’erbario,
il segreto nel giungere alla meta.
Camera di Giovanni dove fare
l’amore. Ascolta Alessia la voce
di Natura buona e alla vita di
sedici anni come una donna
sorride. Fuori dal tempo tra
porte d’aria invisibile e fiumi
di silenzio sacro diviene Alessia
felice. Constata che il Mediterraneo
ancora esiste.
*

"Alessia nell’albereto"

Attimi di limbo nell’entrare
sulla scena della vita in versi
per ragazza Alessia campita
nel cobalto. Carta velina
di cielo per Alessia a giungere
dove era già venuta, l’albereto
segreto da non rivelare a
nessuno nell’uscire dal suo
film a colori accesi Alessia
sottesa a vita nova nell’iridarsi
degli occhi in quelli
di Giovanni. Istanti del lago
della pace a entrarvi nuda
Alessia nel nuotare agglutinata
alle acque di battesimo.
*

"Alessia guida"

Attimi rosapesca, autostrada
dell’asfalto d’acciaio per Alessia
nell’intravedere per Caserta
l’uscita. Attende ragazza Alessia
oltre il tempo sottile delle alberate
dei pini centenari. Aspetta ragazza
Alessia un guizzo di luce, un
segnale che giunga da un altrove,
un messaggio qualsiasi.
E in men che non si dica
squilla nella borsa il telefonino.
Risponde Alessia e lui dice
ti amo. Dietro l’azzurro dei monti
e i pensieri riemerge Alessia
e nella città fiorevole entra.
*

"Domenica di febbraio di Alessia"

Silenzio, fiume del tempo
oltre orologi e meridiane
per ragazza Alessia giunta
al fiorevole 5 febbraio. Si
addensa la neve tra del giardino
dell’erba il verde nell’entrarvi
Alessia con la natura a fondersi
nell’aurorale attimo.
A poco a poco l’azzurrità
tetto di platino trascolora
in sintonia con la vita nuova.
Non si turba di Alessia l’anima
in domenicale angoscia
e ricomincia Alessia.
*

"Alessia e la prova"

Giorno consecutivo per Alessia
a scuola nel bianco febbraio.
Tema d’italiano sulla globalizzazione
per Alessia nell’ansia del prossimo
fiore nel freddo tempo delle
cose nel trasfigurarsi azzurrino
di dei monti la chiostra magica.
Apre il diario Alessia, poi scrive
il tema in tre senza paura ore.
Si sposta in paesi lontani di Alessia
il pensiero firma e consegna
il foglio per la maturità e il dono
del viaggio.
*

"Alessia naviga la vita"

Sera di azzurrità di cielo
nell’intessersi la tinta
con di Alessia la veste.
Naviga la vita Alessia
sottesa ai lieti colli
dell’anima nel camminare
nel paese fino a di Giovanni
la casa dell’aurora dove
ieri hanno fatto l’amore.
Si sveste Alessia nel giungere
alla meta della felicità
infinita. Gli alberi del
giardino parlano.
*

"Alessia dipinge il cielo"

Con colori ad olio azzurri
e bianchi il cielo Alessia
dipinge su del denso foglio
la superficie una materica
forma per sorrisi ad ogni
passo oltre i silenzi arborei
nella camera della mente
e l’anima di Alessia nel
pittare all’universo si riannoda
delle cose di sempre in
serie di tinte per fare anche
un gabbiano, una luna candida
o un salice nel trarre
l’essenza dalla vita dove
era già venuta a fare un
firmamento en plein air
nella vorticante sera al
Parco Virgiliano dei responsi
pari a chiesa nel trasmigrare
delle idee nell’aggrapparsi
Alessia al pennello e al ramo
dell’arancio.
*

RAFFAELE PIAZZA -

sabato 28 gennaio 2017

SEGNALAZIONE VOLUMI = FABIO GRIMALDI

Fabio Grimaldi : “Mi chiamo barbone” & “Soffio sul mare” – Ed. Lietocolle – 1915 & 1916 –
Giungono insieme due volumi di Fabio Grimaldi (classe 1968) nella elegante e sobria veste delle edizioni Lietocolle, quasi per una lettura luminosa che possa significare ampia ricognizione per una scrittura culturalmente propizia agli incontri con la poesia.
Le immagini, che cercano di veicolare un flusso magmatico nelle variazioni del ritmo, hanno nel volume “Mi chiamo barbone” una continua sospensione del pensiero , del voler proporsi , nel poter cantare la quotidianità che affanna. “Questo è il mio cappotto./ Di notte scalda più di una coperta./ Non ho bisogno d’altro,/ solo del mio cappotto.” Spazio e tempo hanno il linguaggio che affonda nella radice. “Soffio sul mare” si arricchisce , pagina dopo pagina , delle riproduzioni di opere di Pietro Paolo Tarasco , incisore, pittore , fotografo, riproduzioni che danno le emozioni colorate affiancando i versi che percorrono fenditure e tremori , proposti in un realismo che rende armonioso ogni abbinamento. Sono pensieri variegati , impegnati nel sogno e nelle illusioni, nel dettaglio di figurazioni che sgorgano dalla fantasia e dai colori, proposti con versi brevi , secchi , apodittici , che cercano di agglutinare il gioco dei riflessi.
ANTONIO SPAGNUOLO.

venerdì 27 gennaio 2017

SEGNALAZIONE VOLUMI = PIERANGELA ROSSI

Pierangela Rossi – Avventure di un corpo anima - puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2017 – pag. 93 - € 12,00

Pierangela Rossi (Gallarate 1956) vive a Milano, dove svolge attività di critica poetica per il quotidiano “Avvenire”. Ha pubblicato numerose raccolte e plaquette di poesia.
“Avventure di un corpo anima” presenta una prefazione di Filippo Ravizza. Il libro è scandito nelle sezioni “Conchiglie e Crisolito”, nome che designa una pietra preziosa di colore verde giallo.
Quasi tutti i componimenti sono privi di titolo e iniziano con la lettera minuscola. Questi fattori ne accrescono il senso di mistero e di arcana provenienza che si ricollega alla cifra essenziale della poetica della Rossi, già esemplificata attraverso il nome dell’opera. Infatti la poesia di Pierangela è caratterizzata da un approccio alla parola sottesa all’idea della fusione di corpo ed anima che insieme la producono.
Si realizza un felice connubio tra fisicità e misticismo nelle immagini dette sempre con urgenza dalla poetessa, icone che procedono per accumulo, assemblandosi spesso in modo anarchico e vagamente orfico.
Le composizioni del libro sono del tutto antiliriche e anti elegiache e hanno come tema dominante quello dell’amore e dell’erotismo, nel rivolgersi, a volte sensualmente, altre romanticamente, la poeta, ad un tu del quale quasi ogni riferimento resta taciuto.
La seconda parte, costituita da nove segmenti numerati, si può considerare tout-court un poemetto amoroso.
Anche la tematica della natura è centrale nella raccolta: sono dette infatti delle specie vegetali in modo vagamente intellettualistico nella sua efficacia. Infatti, in una poesia del 1984 (molte poesie infatti portano la data della loro creazione, che risale agli anni ’80 e ‘90). il muschio morbido, denominato disguido di foreste, è paragonato ad un pensiero attecchito sull’asfalto e, in un’altra, i girasoli sono descritti nella loro ricerca di luce in modo molto particolareggiato, spostandosi secondo quattro punti, quasi come se avessero un corpo umano.
Alcune composizioni sono scritte in lingua francese e riportano la traduzione in italiano e a volte, nel tessuto linguistico di una singola poesia è inserito, sempre al punto esatto, un verso in francese.
Centrale, come si diceva, il dualismo corpo – anima: infatti il fisico viene paragonato a qualcosa di eterno e ad un abito che inelegante ci contiene. Sono dette, a conferma di quanto suddetto le membra che avranno sognato.
Un assunto, quello dell’autrice, che rimanda alle mistiche corporee orientali e a quelle di tutte le religioni e anche l’amplesso viene visto come una doppia dualità tra corpo e anima.
Da notare che i componimenti presentano due tipi di fisionomie: alcuni infatti sono brevi, scabri e suddivisi in strofe, mentre altri, quelli forniti di titolo sono più lunghi e articolati.
Densità metaforica caratterizza l’affabulante discorso di Pierangela che, partendo dall’ideazione centrale, riesce a costruire, con ogni singolo componimento, trame sempre diversificate, avventure che sono il sale della vita in situazioni che riguardano non solo lei ma ciascuno di noi.
Un originalissimo esercizio di conoscenza quello della poeta non privo di una sentita religiosità e del senso del bene e del male.
*
Raffaele Piazza

giovedì 26 gennaio 2017

PREMIO = POESIA E CRITICA

L’Associazione Culturale Euterpe di Jesi, con il Patrocinio della Regione Marche, della Provincia di Ancona e del Comune di Jesi, con la gradita collaborazione della Associazione Culturale Le Ragunanze di Roma, della Associazione Verbumlandi-Art di Galatone (LE) e della Associazione CentroInsieme Onlus di Napoli, bandisce la VI edizione del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi” regolamentata dal presente bando.


Art. 1 – SEZIONI
Sez. A – poesia in lingua italiana
Sez. B – poesia in dialetto (accompagnata da traduzione in italiano)
Sez. C – haiku
Sez. D – critica poetica


Art. 2 – ESCLUSIVITÀ
Le opere presentate a concorso dovranno essere INEDITE pena l’esclusione.
Per inedito si intende che il testo non è mai apparso in precedenza in un libro stampato in cartaceo o in digitale dotato di codice identificativo ISBN e parimenti in nessuna rivista cartacea o digitale dotata di codice ISSN. Poesie pubblicate ed apparse su siti personali, blog, pagine di Social e Facebook sono da intendersi inedite.
Le opere presentate non dovranno aver ottenuto un 1°, 2° o 3° premio in un precedente concorso, pena l’esclusione.
È fatto divieto ai soci fondatori ed onorari della Associazione Culturale Euterpe di prendere parte al concorso, pena l’esclusione. ---
*
Chiedere il Bando completo a :lorenzo.spurio@alice.it

mercoledì 25 gennaio 2017

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

"NAUFRAGIO"
Forse il pianto libera dal naufragio
ora che non ho più nulla da chiedere e mi discioglie
questo tramonto incredibile , nei giorni
che non hanno colori ,tra le ore sempre più lunghe.
Ho cercato parole , ho cercato illusioni ,
nel silenzio che i frammenti propongono ogni sera,
ma non trovo il tuo labbro che ripete
semplicemente le attese.
Mi stordisce la vertigine di questa estrema forma del dolore.
ANTONIO SPAGNUOLO

SEGNALAZIONE VOLUMI = N. NIKOLAU CHAZIMICHAIL

Nikos Nikolau – Chazimichaìl – Isolamara--- Fermenti Editrice – Roma – 2016 – pagg. 125 - € 16,00

Nikos Nikolau Chazimichaìl è nato a Vassili (Karpassia, Cipro). Esercita l’arte della pittura partecipando ad esposizioni personali e collettive di successo. Ha fatto parte attiva della redazione della Rivista letteraria “Il Cerchio”. Ha all’attivo libri di racconti e di poesia. Sue composizioni poetiche sono state pubblicate in riviste letterarie cipriote e greche.
“Isolamara”, che comprende liriche tratte da “I due mari” (2012) e “Pietramara” con il sottotitolo “Appunti di zattera” (2014), presenta un’introduzione di Crescenzio Sangiglio. Il critico è curatore anche della traduzione della raccolta nella quale è inserito il testo originale a fronte in greco. Si tratta di un libro complesso per i riferimenti ai quali rimanda. Non a caso entrambe le parti sono corredate da note esplicative particolareggiate.
Poetica neolirica tout-court, quella in questione, nella quale sono centrali le immagini naturalistiche idilliache ed elegiache permeate dalla linearità dell’incanto.
Il dettato, connotato da chiarezza e luminosità, è spesso affabulante.
In “Karpassia”, nome che indica una penisola e un’antica città, nell’incipit il poeta afferma che ogni mattina affila la sua memoria e che un coltello in mezzo a mari che sanguinano lo separa in due. Emerge anche un riferimento all’infanzia e ai collegamenti legati alla madre e al padre. In “La Pietra” si evidenziano immagini e situazioni inquietanti come quella della fatica di portare una pietra in mano, del puntare il dito sulla bestia che urla e della preghiera per cacciare l’ignoto maligno della notte.
I brani sono connotati da eleganza di stile e musicalità raggiunti attraverso il ritmo dei versi suadente e serrato.
A livello strutturale c’è da evidenziare che la maggior parte delle liriche è disposta sulla pagina in maniera tradizionale. Al contrario alcune composizioni di Pietramara sono costituite da sintagmi, unità minime giustapposte senza andare a capo, intervallati da segni grafici simili a quadratini.
I suddetti testi, caratterizzati da magia e sospensione, sono frutto di un personalissimo sperimentalismo dell’autore.
La prima poesia della scansione I due mari, breve e fortemente verticale, intitolata Luce, è suddivisa in tre strofe e un verso singolo. Si discosta, proprio per la sua struttura, oltre che per i suoi contenuti, da tutte le altre composizioni che fanno parte di Isolamara. In questo testo l’io – poetante si rivolge ad un “tu” presumibilmente femminile del quale ogni riferimento viene taciuto.
Tematica del componimento pare essere quella di un incontro amoroso inserito in uno scenario di vaga bellezza. Infatti vengono detti i cespi d’ulivo e di cipresso e il vermiglio del melograno che fanno da sfondo alla conoscenza dell’amore, simile ad un’epifania, che si fa luce del mondo intero.
L’autore domina la sua materia e in tutte le composizioni le parole si librano sulla pagina a partire dal primo verso senza il minimo apparente sforzo con leggerezza e allo stesso tempo icasticità.
La forma raffinata e ben cesellata diviene elemento fondante del libro che produce un’atmosfera di armonia e compostezza.
Protagonisti di molti testi sono gli uccelli come il gabbiano, il francolino, il fringuello, il cardellino e il passero. In Sinfonia del mattino, che fa parte de I due mari, Nikos li nomina quando viene la luce e si fa giorno nell’oscuro fogliame degli alberi.
Viene manifestata la gioia dei volatili stessi nell’intonare un canto libero e felice insieme all’esplosione della natura nel loro dirigersi verso un nuovo viaggio nell’ignoto. Pare di ascoltare la loro voce, quasi potessero parlare. Il poeta fa una similitudine tra se stesso e gli uccelli, affermando che, mentre questi sono gioiosi con i loro canti festosi, la sua voce è invece amara e infelice.
Il tema del canto è iterativo nelle raccolte e in Invisibile la voce poetante è quella del ginepro che afferma di cantare tra due mari, immagine suggestiva, e di distendere i rami nel vento. A proposito di piante che parlano viene in mente il poeta francese Ponge, che affermava che sarebbe bello se un albero potesse parlare. Il discorso s’inserisce nella tematica della metafora vegetale.
Cifra essenziale del fare poesia di questo autore è la sua capacità di raggiungere risultati intensi attraverso una parola detta con urgenza avvertita e raffinata. Sospensione e magia sono il risultato che raggiunge spesso con una venatura di dolcezza.
Anche il tema epico è affrontato con scene di battaglie marine e terrestri definite in maniera molto particolareggiata.
In I Ciottoli si realizza un riflettere della poesia sulla poesia stessa quando è affermato che le liriche vagano come i ciottoli del mare, sono materia malleabile che giungono nelle profondità insieme ai battiti del cuore e ai colori dell’amore. Le poesie propagano nell’abisso silenzioso e sono levigate dall’avventura e sono deposte dalle onde sulle spiagge e nella luce. In questi versi il poeta sembra fare una raffigurazione dell’atto creativo stesso, nella sua genesi, dimostrando una forte predisposizione letteraria.
Una molteplicità di temi quella affrontata da Chazimichaìl, tra i quali non manca quello religioso. Nel suo esprimere uno stupore di sogno ad occhi aperti, qualsiasi sia l’oggetto del suo poiein, il poeta sa dominare le sue emozioni e i versi, pur spesso debordanti, sono sempre sorvegliatissimi e controllati nel loro dipanarsi.
Il linguaggio è rarefatto e concentrato, con venature orfiche. Da notare che in larga parte le poesie sono descrittive o espressione dell’effondersi dell’io-poetante molto autocentrato.
Immersione tout-court in un universo composito e visionario è quella che trasmette la lettura di Isolamara, opera non priva di un afflato classicistico.
*
Raffaele Piazza





















domenica 22 gennaio 2017

SEGNALAZIONE VOLUMI = MICHELE MICCIA

Michele Miccia, Il ciclo dell’acqua (Parte di sotto – Parte di dentro – Parte di mezzo)

Con la sua ultima raccolta intitolata “Il ciclo dell’acqua – Parte di mezzo” (L’arcolaio, 2016), Michele Miccia (nato nel 1959 a Parma) continua a realizzare e a comporre, con lucida e a tratti visionaria determinazione, con originalità, capacità e passione, il suo progetto poetico. Nel 2011 è stato stampato, dalle Tipografie Riunite Donati, il volume “Il ciclo dell’acqua – Parte di sotto”, a cui ha fatto seguito, nel 2014, il volume “Il ciclo dell’acqua – Parte di dentro” (edito da L’arcolaio).
I titoli di queste tre raccolte indicano che non davanti a singole e autonome opere ci troviamo, ma di fronte a corposi tasselli di un mosaico poetico ampio, complesso e ancora in fieri, che prevede la posa di ulteriori tessere per completarsi e definirsi nella sua pienezza. Il critico Giuseppe Marchetti, che ha prefato i primi due libri, parla di un “progetto quanto mai ambizioso” e di testi che si possono leggere come un lungo poema.
Possiamo considerare l’ultima raccolta dell’autore come una tappa (la terza) di un viaggio ancora lungo il cui tragitto alla fine non disegnerà una linea retta ma una specie di cerchio aperto. Ogni raccolta che si aggiunge irradia luce sulle precedenti che rivelano così sfumature e significati nuovi.
Il ciclo metamorfico dell’acqua (“l’acqua ritorna all’acqua”; “continuamente l’acqua / dischiude prospettive / di rinnovo e ristagno”) costituisce l’architettura complessiva del progetto, lo scheletro, la struttura del lavoro di Miccia, ma l’acqua non è la materia e l’argomento principale dei suoi versi. Questo liquido fisico e allo stesso tempo leggendario e mitico (che occupa buona parte del nostro globo, che mette in contatto cielo mare e terra, che cade sgorga evapora, che feconda e inonda, scorre e ristagna) è di frequente citato nei tre libri, però di essi non è l’esclusivo protagonista . Nella Prefazione all’ultimo volume, lo scrittore Claudio Bagnasco fa notare che “come nei due precedenti lavori, anche in questa raccolta poetica Michele Miccia ritiene il corpo unico strumento di conoscenza: non a caso, tra le parole più ricorrenti troviamo sangue e carne, oltre ad acqua”.
Il corpo, i corpi, di cui Miccia parla sono composti di carne, membra, organi: ossa, tendini, vertebre, midollo, viscere, unghie, palpebre, fegato, polmoni, capillari, saliva, labbra, “tracce dei riflussi esofagei”. Corpi alla ricerca di una definitiva organizzazione, ancora disarticolati e incompleti, che nello sforzo di dilatarsi si scontrano inevitabilmente con limiti, frontiere, confini, steccati, recinti, fili spinati, argini; corpi che inizialmente riconoscono l’altro da sé come ostacolo alla propria espansione e poi, gradualmente, come rapporto, contatto, scambio.
Una poesia, quella di Miccia, “oscura” e “minacciosa” – così la definisce Giuseppe Marchetti – che si confronta coraggiosamente con una vita che non è ancora pienamente tale, magmatica, embrionale e primitiva; una poesia che, col trascorrere del tempo, sembra trovare una aggrovigliata e offuscata trasparenza, una progressiva e parziale apertura. Dalla anonima voce narrante della Parte di sotto (“Quando le cose cominciano, c’è / l’attimo di silenzio prima della / propagazione…”), si passa alla terza persona singolare della Parte di dentro, un lui e una lei sfuocati, isolati e non ben definiti (“sul suo corpo sospeso / tra il luogo della nascita / e quello della morte”), e infine a un tu che rinvia parzialmente a un noi della Parte di mezzo, (“attraverso me , tu / ti racconti…”; “ho una mia forma solo, in te…”; “io e tu alternati a noi”).
Dentro la sostanziale coesione, compattezza e continuità delle tre raccolte, sono presenti variazioni, distinzioni e differenze. Ad esempio nel primo libro pare prevalere la parola-chiave sangue, fluido attraverso cui circola la vita all’interno di ogni singolo corpo (“il sangue è metamorfico”, “al buio germina il sangue”, “ogni inizio è un inizio / di sangue…”, “va germogliando il sangue”); nel secondo sembra prevalere invece pelle, allo stesso tempo confine permeabile e frontiera che divide, (“velo di pelle”, “la pelle ha un dritto e un rovescio”, “la prima goccia d’acqua scivola dalla pelle”, “e più lucente l’erba / se vi distende la sua pelle”); e nell’ultimo sembra imporsi la parola-chiave seme, grazie a cui il contatto, sempre difficile e conflittuale, di due corpi (una incerta coppia) può diventare congiungimento fecondo: “…a ricevere / tutto il suo seme, senza / disperderne una goccia , fin nelle mie radici / più lontane dall’acqua”.
*
Giancarlo Baroni



giovedì 19 gennaio 2017

POESIA =DOMENICO RUGGIERO


**
Tu che vedi al di là del muro,

posto davanti agli occhi miei,


un fresco giaciglio sul quale

rinfrancare le mie scarse energie,

svegliami nel momento più opportuno

per non farmi perdere l’appuntamento

con la biga alata,

che mi porterà

direttamente ove io desidero

e lì incontrerò gli amici dell’onestà,

che ho perso da parecchio tempo.

*
DOMENICO RUGGIERO
................................
( UN INCISO )
Il desiderio del Noi nell’algebra dell’altrove.

Si tratta di una poesia che coglie il proprio desiderio, ma, al tempo stesso, è una poesia che si fa desiderare. Essa, desidera vedere, ascoltare, osservare, volare, laddove la speranza dei sensi non può pretendere ragioni e cause finali.

Il ‘Tu’ raccoglie con un solo ritmo d’amore il volto dei trascendenti. Ecco che, a questo punto, l’al di là diviene la verità ‘muro’, ma anche il ‘muro’ della verità; e cioè “la possibilità di ‘desiderare’ quel muro per riconoscere che vi è un (di) dietro. Dietro, si nasconde l’oltre, l’altrove: l’altrove non del limite, ma dell’altra vita”.

E’ intuibile scorgere un Io che sogna; un Io che realizza i propri sogni e che si rapporta incessantemente con un Tu avvalorante. Entrambi si sostengono astraendosi nell’abbraccio del “noi”. In questa poesia, vi è un conatus, una forza, un impulso che spinge verso l’altrove, verso l’altrove di ‘noi stessi’, del noi (tra gli stessi) e cioè degli Io e dei Tu e dei Tu=Io=Noi. Ma l’Io prende comunque le distanze dal Tu per assicurarsi un ponte che segni l’incontro nel nome del “Noi’ dell’onestà e della sana coerenza di un paesaggio singolare.

Dott. Fabio Squeo

domenica 15 gennaio 2017

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

“Le mie sere”
Le mie sere hanno il ghiaccio della solitudine
e nessun nome riesce a contenere l’anelito
del tuo sussurro , sempre più lontano e indecifrabile.
Cancellate o dissolte le parole che affollavano il tuo labbro
ritornano ombre del sogno , scintillando,
in quella lunga eternità che ci illude
al confine del cielo.
Ho inventato le curve dell’incanto
in quella strana pezzatura del pensiero
per comporre altro ritmo precario e intermittente
nel doloroso senso dell’irrequietezza.
L’immagine schizza in misteriosi segni
e mi avvolge.
ANTONIO SPAGNUOLO

sabato 14 gennaio 2017

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Alessia e il bianco di gennaio"

Viene gennaio del nevaio
per Alessia il mese. Soavità
del freddo nell’interanimarsi
ragazza Alessia con dell’aria
l’ossigeno a giungere a di
donna l’anima. Cammina
Alessia sulla superficie del
tempo e delle cose. Attimi
sublimi o sciare a Cortina
dopo nell’albergo degli angeli
con Giovanni l’amore.
L’ha fatto ieri anche con Luca
e spera che lui non lo scopra.
Sul bordo della neve ha acceso
una candela.
*

"Alessia ride nell’anima"

Sera di cobalto infinito
nell’anima di Alessia.
Partono verso il cielo
di fragola pensieri
(stasera fa l’amore con
Giovanni). Nei jeans
sdruciti come la vita
tesse incanti Alessia
e come una donna ride.
Si sveglia su Napoli
del sole l’epifania e
Alessia ragazza dalle
mani sottili attende
del vento il freddo a
invaderla pari a segreto
giardino sul farsi
delle cose sentiero
per della gioia la sorgente.
Aurora assente nel
ricordarla, Alessia.
*

"Alessia parte per la villeggiatura"

Aria afosa di agosto nel tendere
alla vita (vacanze romane nel pensiero
di ragazza Alessia in treno).
Vengono dai margini degli albereti
aghi di pino e pigne per Alessia
nel ricomporsi dell’affresco
della vita in versi e non in versi.
Azzurro acceso di sole nel cielo
ai lieti colli Alessia. Villeggiatura
romana nella conca di tramonto
per Alessia sera vestita nel giungere
ai blocchi di partenza della vita.
Accende un cero Alessia e a Roma
nella fontana una moneta.
*

"Alessia guarda il mare"

Sera di alberate di pini
al Parco Virgiliano per
Alessia nell’ossigeno
della resistenza dell’aria
a scendere fino all’anima
di ragazza. Dal belvedere
nell’appoggiarsi a tutta
la scena domina Alessia
del mare come sembiante
idilliaco nel fresco bianco
di gennaio. Una parola
mai detta salva Alessia
che nel sole senza tempo
trama della vita la gioia
del suo liquido amore.
*

"Alessia e la marea"

Sottesa alle stelle senza
inizio né fine ragazza Alessia
nello specchiarsi nella
polita lastra del mare.
Acque nell’anima ad entrarle
a rinfrancarla dopo la notte
di plenilunio, ansia a stellarla.
Gioca con il ciclo delle
onde Alessia, il liquido
elemento a farla donna
pari ad amnio.
Marea che sale in un rigo
blu della mente di Alessia
nella sera precedente
che non torna. Alessia si veste
per la vita, jeans sdrucito
e maglietta gialla,
l’aria fredda respira a giungerle
a di ragazza l’anima.
Sul lungomare si stagliano
delle acque le tinte
e il pescatore del 2015
proteso con la canna.
*

"Alessia e la casa gialla"

Attimi belli per Alessia
nel tessere della vita la
tela. Mattina sulle cose
del mondo ad accadere
come giro del pianeta –
amore. La casa gialla
è nella mente di Alessia
rosa vestita per della vita
battesimi di parole
traudite da pareti lontane.
Attimi di limbo per Alessia
a trarre acque di rinascita
dall’incanto di sorgenti.
Casa gialla di Alessia
nell’attendere la pioggia
sui vetri campiti nelle
mura della tinta.
E così esiste Alessia.
*

RAFFAELE PIAZZA

SEGNALAZIONE VOLUMI= MARIOLINA LA MONICA

Mariolina La Monica : “Vagheggiando Itaca” – Ed. Thule – 2016 – pagg. 92 - € 10,00
“I versi di Mariolina La Monica – scrive Franca Alaimo nella postfazione – hanno allo stesso tempo il fuoco dell’impegno esistenziale e quello etico-estetico che rimanda più alla poesia di un Luzi o di una Spaziani che a quella contemporanea. E tuttavia è poeta assolutamente attuale e la sua Itaca non può che essere l’unico progetto esistenziale dell’Uomo. Il mito di Itaca infatti è rivisitato in senso moderno, come già avevano fatto Foscolo o Kavafis…”
A prescindere dagli accostamenti che si possono o si vogliono fare l’importanza che assume il tessuto di questa poesia è oltremodo luminoso , per quella capacità rigeneratrice che dal quotidiano avvolge il pensiero irrequieto delle memorie e delle illusioni, delle oscillazioni e delle improvvisazioni , delle urgenze e delle folgorazioni. Ulisse ha momenti che immergono nel vorticoso inseguire una meta , una meta psicologica o metafisica , materiale o illusoria , che nel tempo affonda nella leggenda , in un ampio e fragile abbraccio di stagioni che scivolano. Il sogno , nel taciturno ombreggiare , diventa mistero della vita stessa , una rivelazione che ha il palpito degli orizzonti , raggiungibili nel dissolversi dei colori. La duttile incoscienza del passato si rivela più bella del presente per quel sapore dolce della carezza che la favola ha donato ai frammenti. La voce tremula diviene canto ed il ritmo del verso melodia.
ANTONIO SPAGNUOLO

venerdì 13 gennaio 2017

RIVISTA = NUOVO CONTRAPPUNTO

NUOVO CONTRAPPUNTO - anno XXV - luglio - settembre 2016
Sommario :
La redazione : Ricordo di Giusi Verbaro
Elio Andriuoli : Grecale , Se qualcosa
Silvano Demarchi : Ti chiamavamo passerotto , Il gabbiano
Guido Zavanone : Le cose , Richelieu e la scimmia
Liana De Luca : Mira...Mare , Dopo
Piera Bruno : Un giorno
Franceasco D'Episcopo : Antitelefono
Silviano Fiorato : Dalla finestra dell'anima , La soglia
opera grafica di Gian Paolo Rubin
Recensioni a cura di Alio Andriuoli e Davide Puccini-
riferimento : elioandriuoli@alice.it

martedì 10 gennaio 2017

POESIA = BUCCI - LIUZZI


Rossana Bucci-Oronzo Liuzzi

“NEON”
rivolto verso il divenire / Sono
fermati e guarda
sveglio sudato e rigido e
percorro il contorno del disegno
non accorgi l’essere
privo del divino affranto / forse una consolazione
e i Sogni parlano nell’aria / ingannano e li Vedo.
non sono non spazzano via il Dolore
destabilizzano il centro
sogni che ammaliano / Sono.
Non Sono.
La paura è coprirsi del niente

latenti diventano metafore
di uno stato di infiammazione
Cronica disastrata
luogo immaginario di perdizione
diventa salvezza la vita ottusa
e di orizzonti è priva.

è un dolore indeciso / ambivalente
e in crisi / è MISTICO
distratto sconcertato sfumato
in tensione / è fuori tensione
consapevole forse inconsapevole / mi dice.

nel nostro percorso di vita
il Vagare risuona insoddisfatto
e produce sfumature
sempre nuove di Solitudine / di paura /
NO.

Cerca se stesso il vagare
nel fare il sub-reale
e l’aria intorno ha il colore del rosa
tutto attende ORA.

Lascia che sia
non so il dove
IO SONO il dove.
vaghiamo nell’universo di folgorazioni
frammentarie / casuali nell’ingiustizia
privi nella dignità scegliamo l’Universo
Inverso.
nelle tempeste dei social media / il sovrano ottuso
cerca lo spettacolo
nei cortocircuiti sparsi dell’essere nell’essere
della / nella cultura schizofrenica
assente al meritocratico
testimoni del tempo / lo Siamo
testimoni del non tempo / lo diventiamo
e non ci interroghiamo.
Il senso ha perso senso.

Disperazione Dipendenza
Crollo Esistenziale si prestano a basse frequenze
di disorientamento
un flusso di stimoli interiori
cerca AMORE IN
una umanità che dolente Trasuda
vuoti desideri occidentali.
CERCA.

l’ Acqua Luminosa del Mattino
selvatica e acre
raccoglie il dolore nel rumoroso silenzio
filtra nella fauna del nudo linguaggio
ormai inutile richiesta
del pensare la Realtà.
Agognata. Diversa.
nulla rimane all’orizzonte.
scomoda e imbarazzata
l’Acqua si ritira dal destino dell’uomo.
Raccoglie lacrime STORICHE
ataviche nel dolore
non ha più senso trasformare / Dice. DICO.
*
ROSANNA BUCCI - ORONZO LIUZZI

lunedì 9 gennaio 2017

SEGNALAZIONE VOLUMI = ITALO SCOTTI -

Italo Scotti – “Dee – Idee” - Fermenti Editrice – Roma – 2016 – pagg. 75 - € 16,00

Italo Scotti è nato a L’Aquila, dove è cresciuto e si è formato. Vive a Roma e ha lavorato per oltre 30 anni come consigliere parlamentare e poi di governo. Attualmente è consigliere della Corte dei conti. Ha pubblicato nel 2011 la sua prima raccolta di poesie: “Il privilegio dell’amore”. Altre sue poesie sono state pubblicate successivamente nella rivista letteraria “Fermenti”. Una prima e parziale anticipazione delle poesie che fanno parte della presente raccolta è apparsa nell’Antologia “Dentro spazi di rarità”, presso le edizioni Fermenti, nell’aprile 2015.
“Dee – Idee” è un libro non scandito e, anche per l’unitarietà tematica e stilistica, può essere letto come un poemetto. Il linguaggio è composito e rarefatto e i testi sono sottesi alla riattualizzazione del mito classico. Il volume presenta un commento finale di Paolo Guzzi intitolato “Dee di ieri, dee di oggi”.
Il libro è illustrato da tavole disegni collages di Bruno Conte in bianco e nero con sfumature di grigio, lavori che si armonizzano con i componimenti, creando un felice connubio tra arte figurativa e poesia.
Ogni singolo verso inizia con la lettera maiuscola e questo contribuisce ad intensificare l’icasticità del tessuto linguistico.
Nelle poesie si individua una vena ironica e ludica anche attraverso il modularsi delle assonanze, delle allitterazioni e dei giochi di parole. L’andamento delle proposizioni è leggero e veloce e produce un ritmo sincopato che ha per effetto una suadente ed efficace musicalità.
I periodi procedono per accumulo e sgorgano l’uno dall’altro e l’aggettivazione è frequente. Caratterizzano il volume magia, sospensione e chiarezza e il dettato è nitido e luminoso. L’andamento delle frasi ha spesso una connotazione affabulante.
Esiste un’eterogeneità nelle strutture delle composizioni, quelle iniziali brevi e verticali, le altre quasi sempre corpose e costituite da più strofe.
Spesso l’io – poetante crede d’interagire con le dee stesse inserendosi nelle situazioni da loro vissute e questo provoca un senso di irrealtà e di straniamento. I “tu” ai quali Scotti si rivolge sono le stesse divinità. Ogni dea nominata ha una peculiare personalità, una propria indole e, nella galleria delle rappresentazioni, si va dalla figura di Diana forte e titanica a Demetra sorgiva e ingenua.
Cifra essenziale della poetica di Italo pare essere quella di una forma elegante e controllata in sintonia con il discorso mitologico, nel suo realizzarsi attraverso l’ideale di bellezza, armonia e compostezza.
In Settembre siciliano anche i luoghi come l’isola divengono mitici attraverso le loro bellezze naturali come la voce femmina del mare, le canne di lato alle fiumare e le erbe selvagge. La natura stessa, detta nei minimi particolari, pare diventare, nella visione di Scotti, l’abito vivente della divinità, per usare un’espressione di Goethe. Quest’ultimo, vissuto tra Settecento e Ottocento, si ispirava infatti ad un ideale neoclassico andando controcorrente in un’epoca dominata dal romanticismo soprattutto nella sua Germania.
Una delle poesie più alte della raccolta è Preghiera in blu, già presente nell’antologia Dentro spazi di rarità. Questa è suddivisa in nove dense strofe, delle quali le due finali sono distici.
Nella suddetta la tinta blu diviene simbolo del sacro nella sua immanenza per la vita in tutte le sue sfaccettature. Tutte le strofe iniziano anaforicamente con il sintagma Blu è. Ogni elemento del paesaggio, interiore ed esteriore al tempo stesso, è blu, dal cielo del deserto alla notte prima degli addii, dall’invocazione al dio alla vertigine panica.
Notevole la composizione “La Settimana Bianca”, suddivisa in tre strofe verticali, che si distacca un po’ dal motivo conduttore della raccolta. In questa il protagonista è un paesaggio montano innevato nel quale s’inseriscono gabbie separate simili a provvisorie gogne che ascendono alla sommità del monte lentamente come uno skilift.
Poesia inquietante anche per un sussurro che invade l’aria con le parole crocifiggi! crocifiggi! scritte non a caso in tedesco. Un elemento della composizione, che si ricollega al tema della classicità, è quello dell’immagine degli alti abeti argentei in processione che potrebbero costituire una ierofania vegetale.
Non manca, in sintonia con l’argomento dominante, il tema della metamorfosi nelle opere “Un granchio” e “Meditazione mediterranea”. In Un granchio il poeta afferma che, poiché fu irriverente verso una potente dea, si scelse il castigo di essere trasformato in granchio. Poi si rivolge ad un’ interlocutrice, della quale ogni riferimento resta taciuto, e le dice che starebbe lì a guardarlo come si guarda un granchio e che se volesse prenderlo prenderebbe un granchio. In questo modo il Nostro usa un modo giocoso nell’assemblare le parole raggiungendo un piacevole effetto. Il componimento è illustrato da una tavola di Bruno Conte costituita, a partire dall’alto, da un volto triste, uno sorridente e uno sereno, inserito dentro un granchio, testimonianza della trasformazione dell’uomo in crostaceo e dell’unione delle due nature.
In un panorama dominato dalla poesia neolirica, dagli sperimentalismi di vario genere e dagli orfismi, “Dee – Idee” si colloca in una posizione appartata e, per i suoi contenuti originalissimi nel loro fascino, costituisce un unicum.
*
Raffaele Piazza





domenica 8 gennaio 2017

UN SAGGIO DI PLINIO PERILLI PER ANTONIO SPAGNUOLO

L’IMMAGINE SCHIZZA VIA DALLE FORME

Omaggio indiscutibile ad Antonio Spagnuolo


"L’armonia di un attimo,
che ritorni al destino…"
*

Incantati come per uno struggimento profondo, evocato a specchio, nomato e rinominato poi con la parola, il verbo incarnato della poesia… Sempre così giungiamo ai testi, ai libri di Antonio Spagnuolo (Napoli, 1931), oramai innumerevoli, solo a pensare che il primo data 1953, ed ebbe il plauso d’un padre burbero e benefico del nostro ’900, come Umberto Saba… S’intitolava Ore del tempo perduto, e paradossalmente salda il cerchio con quest’ultimissimo, felice e denso Non ritorni,( Robin edizioni – 2016 ) in cui il poeta partenopeo arrischia un’accelerazione gnomica e una temperatura “lirica” di altissima pregnanza epocale, e insieme, significazione, profezia escatologica…
L’éschaton, il “fine ultimo”… Ma qual è quello profondo della Poesia?

Urlo alle stelle il candido risvolto che corre
ai piedi della solitudine, sgomento ad ogni risveglio
oltre le trasparenze, oltre il tremore ribelle
delle molecole per ritrovare la pelle inaridita,
fossile sgranato nell’incendio della trasgressione.

L’impeto, e insieme l’affilata esattezza d’un lessico che chiede al proprio stesso pathos ogni consenso, una sorta d’ebretitudine celeste rimasta qui in terra a preparare il cielo, prigioniera d’una carne che però libera l’anima – suffragano, nobilitano da sempre l’espressionismo lirico di Spagnuolo a categoria di Pensiero, raggiungimento non meno intimo che metafisico:

Quasi tremante per le distorsioni di un tempo
che cerca, bruciando, inutilmente nuovi artigli,
chissà se durante il pregare non riesca
ad agguantare tutte le bugie che ho sciolto
distillando un alambicco di lacrime
senza la vergogna delle medesime ombre
o le diverse ferite nella carne scomposta.

Anche questo testo (strutturato in un proemio incalzante, tumultuoso, infibrato di versi lunghi, ma giammai prosaico anzi semmai ancor più fervoroso e poiètico – e due parti, due sezioni cadenzate di stanze o meglio blocchi lirici accesi da un ritmo trafelato d’amore eppure quasi immobile per dono pervaso di saggezza, grazia sensibile, credo insomma di Fede, loico e insinuante), noi amiamo leggerlo, percorrerlo – al solito – come un unico poemetto, un compianto vitale, poderosamente intriso e lievitante d’affetto. Addirittura come un moderno canzoniere dell’Amore che è stato, dunque che rimarrà per sempre, da qui all’eternità, in domestico (id est universale!) tempietto di parole:

Fuoco era la fretta degli spazi, leggera
nella meravigliosa tua gioventù,
quando il tuo passo toccava il balzo
dei miei timori e mi rapiva nel bacio.

Nessun uomo è un’isola – diceva John Donne – e la campana suona sempre anche per noi… Questo suono ci chiama, in Non ritorni, questo continuo, inesausto coinvolgimento metafisico, ma infibrato dentro, come un bilancio epocale e corporale nello stesso modo – innervato (io ci credo) nei tessuti trasparenti o nascosti ed esemplari del Puro Spirito, temprato d’esistenza!

Ogni ritorno ha il sapore del mare,
ma tu non torni, sei ansia
che di nascosto adombra il mio respiro
e nei silenzi recita antiche scritture.
L’eucaliptus penetra nel verde rugginoso,
ha sospetti di magie,
troppo nuda incertezza nel misero destino
che partecipa a cadenze.

*********

Compianto, sì, lo evocavamo… Da quando Antonio ha perso la sua sposa, consorte d’ogni destino, umano e forse ultraterreno, la Sua poesia è per incantevole amorosa adesione ancora più vitale e mossa all’anelito… Bizzarro, ennesimo inopinato (aulico) caso di un vigoroso petrarchismo “post-moderno” che mischia, assimila rime in vita e morte di Madonna L’Aura (la sua propria compagna) nello stessissimo modo…

Lasciami ancora uno sguardo
nei giorni in cui non trovo più parole
ed il mio passo ricorda i fili d’erba
che intrecciavano dita, nude per colori.

Ed anche il lessico lirico, che in Antonio Spagnuolo, è sempre stato reboante e densissimo, pulviscolare d’empatie o viceversa distonie, qui si riaggrega in un ritmo e un destino emotivo di ammirevole sicurtà, fedeltà ispirativa. L’Aura è tutto (non più quella dell’autore del Canzoniere, ovviamente, ma semmai quella rimpianta e inseguita a suo modo da Benjamin, col suo zoppo Angelo della Storia, minorato ad una sola ala…).
E come volare se non con due? Può dunque essere un’altra ala, la poesia?

Il geranio, aggrappato alla controra,
tenacemente accompagna la mia storia,
che stilla i giorni senza fantasia,
che ripete il tuo nome inutilmente.

Giunto non alla fine dei tempi (lasciamole ai filosofi fin troppo contemporanei, o ai sociologhi à la page, queste romanzesche teoresi sulle modernità liquide, i secoli brevi e la fine della Storia!), ma alla controra ripetuta e irripetibile d’ogni sua giornata, ormai Antonio scrive a tutti noi come scrivesse semplicemente delle poetiche missive alla moglie: e noi ci rispecchiamo, perché il suo coniugio è esattamente quello che vive e “scompare tra la pagina bianca ed una sillaba / che sussurro nel timido violino”…

Ora frantumo lo specchio che deforma
La mia immagine di vecchio,
e finisco nell’ossessione della tua assenza.
Prigioniero solo della prossima morte
indosso una maschera tribale.

Maschera tribale. Pare un appunto, uno scorcio d’un diario di Jung… Qui lo Spagnuolo dottore di Psiche, scienziato di Animus e Anima, torna a farsi (a farci!) coraggio… E noi non dimentichiamo che questo poeta, già caro a figure diversissime ed egualmenti eminenti, laiche o d’educazione cattolica che fossero (da Raboni a Pomilio, per intenderci), ha impostato tutta la sua vocazione letteraria, ansia espressiva, sull’“adesione a un’idea psicanalitica della poesia,” – scriveva Franco Pignatti Morano già nel 1992, incoronando e rubricandone la voce nel Dizionario della Letteratura Italiana del Novecento, curato per Einaudi da Alberto Asor Rosa – “intesa come affiorare di un elemento prelogico nell’esperienza mentale, comporta in Spagnuolo il rifiuto di una sintassi vincolante, sul piano del linguaggio come su quello del senso. È costante nella poesia di Spagnuolo la rappresentazione di nuclei tematici come la centralità dell’eros, la relazione eros/ thanatos e libido/morte – cui risponde il ricorso a una terminologia clinico-psicologica, evidente soprattutto in ‘Melania’ (sezione centrale di Candida, Guida, Napoli, 1985)”.

È tempo che io raggiunga altri spiriti
per raccontare meraviglie del passato, di presagi
che nessuno comprende, quasi fantasia di un filo
confuso a quegli attimi sospesi della delusione.

Praterie freudiane da percorrere e investigare – poetare poi a occhi aperti come se una Gradiva volesse infine raccontarci le gesta vere dei suoi sogni, i romanzi che vive alle radici, nel limbo onirico del sub-conscio, questo sì, prelogico; dunque, sommamente, sottilmente poetico… Perché va in scena il lutto e ogni rinascita; il rimpianto e l’essenza che resta; la perdita e l’immutabile; l’amore che fu e quello identico che è, dunque che resta:

Ricordo l’orizzonte arrossarsi
prestato ai colori dell’amore,
e il tuo concedere al cucirsi della favola
per fermare il frammento.
Improvvisa la sera mi dilania
nell’imminente disfarti.

Ma ora il lutto, l’attesa, il rimpianto, lo stillicidio (e la salvezza) memoriali… sono ancora elementi “prelogici”, o non invece bilanci e slanci definitivi, infinitesimi approdi – scorci – concessioni superne di una rinnegata/ritrovata infinità?!…

L’infinito non ha segni per il mio gioco
e le incertezze strappano attese
nel turbinio delle figure.

*********

Ma ci sono i versi belli, come stelle, a guidarci nella notte dei tempi, nel periglioso ondeggiare, turbinare del Cuore.
Endecasillabi a costellazioni per capire, pellegrinare il cielo…

Nei giorni in cui non trovo più parole…
Il geranio, aggrappato alla controra…
Cede al pensiero e frantuma il meglio…
L’abbandono delle forme del nulla…

C’è questo insorabile, iterato verseggiare in continuum, che è come un monologare (o se vogliamo dialogare), discettarsi il cuore, le emergenze minime o i massimi sistemi tra vita e poesia…
C’è un abisso che “ha squarciato ogni tempo”, ed ora “l’immagine schizza via dalle forme”… (Che poi è il destino schietto, vero ed eterno dell’Arte)…
Ci sono esclamazioni cocenti, ansie insopprimibili: “Ecco l’inganno!”; “Esiste l’urlo!”. Ansie irredenti e purissime, che sommuovono e il testo e l’animo – fra marosi spezzati d’infinito, scogli aguzzi di dubbi, e spuma iridescente, evanescente, magniloquente e cruda come l’ultraismo dei migliori poeti spagnoli della generazione del ’27, da García Lorca ad Alberti…
C’è la Natura trasfigurata non come sfondo, ma come Deità e figurazione delle figure, affresco interiore che si denuda ad abbronzarsi di sole, battezzarsi di luce:

Ogni ramo si inclina a cercare la terra ancora desideri
rubati all’accanita volontà di energie, mentre si allontana
la fragile presenza del tuo amore.

Ci sono ascendenze classiche, meditanti rivelazioni diremmo lucreziane:

Rapido il registro del cancello stride per la speranza
di ritrovare oltre, un’altra parte, l’incertezza
delle figure interrotte, un’iride delusa dal luccichio
delle allegorie.

E pennellate d’un pittore di prima grandezza – non importa ora periziare se è in capriccio brioso d’impressionismo o arcano rancore, plumbeo lucore espressionista:

Poca luce il mormorio della vecchiaia, intrattabile…
La ferita è come luce carica di dolore, nelle sere…
Tra le tempie imbianchite ed il cuore ormai oscurato
gli attimi del chiarore sono ingannevoli…
Tutto diventa ombra nei lacerti
della mia solitudine, per sfiorare il tempo
che soffoca il mio singhiozzo.

Ci sono vigorosi echeggiamenti dei poeti più amati…
Estri insomma à la Rimbaud!: “Anche le radici inventano l’antico naufragio / sull’orlo delle sorprese, caleidoscopio / di sterminate aurore, spezzettate / nelle follie degli affetti”…
Sentenze marcescenti à la Baudelaire!: “Nebulosa la tenera tessitura delle tempie / per il corrotto sembiante del tuo viso”…
E finalmente, teoremi fulgidi, elegiaci, degni del miglior Rilke: “Beffarda e dolorosa l’ossessione / che corrode per insegnarmi il perdono / nel rincorrere affanni dell’addio, incontenibile gioco, / e condanna il rimorso che perseguita il tempo.”

Ma è l’inesauribile dono d’esistenza – questo giudizioso sperpero di gioie e dolori, illusioni e certezze, amenità e rimpianti, questa cascata inesorabile di colori caldi e stigmi raggelanti, languori carezzevoli e atrocità dell’Essere, che fanno di questo libro davvero un caleidoscopio di sterminate aurore, duttile e sognante, eppure anche rigoroso, fiero, imperdonato e imperdonabile per positura d’integrità, deriva pronta a vincersi, a lasciare, rinnegare ogni mora irrisoria, ogni irrisolutezza mondana in nome veramente di “Dimensioni” più degne ed eccelse, più alte e abbacinate vertigini…
Quando l’immagine schizza via dalle forme, e dentro o dietro la Poesia noi ritroviamo la nostra libera idea di Dio, la nostra certezza, le nostre vertiginose, appunto, nozze d’amore con l’Amore – tutto l’amore, l’amore di tutti:

Vertigini
nello stacco che intende il frullio dell’arteria,
soltanto la parola che inceppa
corteggia il pensiero sbiadito in fantasmi di gioco,
perduto lo sguardo al magico colore
dei frammenti del fato che incide.
*

Plinio Perilli

venerdì 6 gennaio 2017

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

“L’apparenza e la verità”
*
Terrore antico vivere senza memorie,
quasi tradimento in clandestine profezie,
sorteggiando la bonaccia di schiena
in una tregua malferma
traforata di rughe.
Irripetibile grembo il disinganno
rispettando gli spazi intercostali
per apparire imbrigliati in chiassosi intrecci
o precoci rappresentazioni
che illudono l’accenno sabbioso del nulla.
Quando fende il cielo inerpica punte di corteccia
custodisce l’ostinazione dello sguardo,
bocconi a grandi labbra per succhiare saccheggi:
così scopri la sabbia scardinata
in discorsi più che vani,
impigrito in veggenze e tregue
che nulla possono catturare all’incisione.
Così ricomponi apparenze
nel turno segreto delle impazienze
e catturi improvvise filigrane
di facili arabeschi.
La verità rimanda il vento alle tue ciglia
in quegli ultimi accordi
dalle guance alle dita innamorate,
sbriciola vendette frettolose
ricucendo figure e congiunzioni,
anche nei simboli dell’ultimo silenzio.
Avvoltoli colori e concessioni
nell’innocente rapina della fantasia.
*
ANTONIO SPAGNUOLO