giovedì 30 novembre 2017

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIA GRAZIA CABRAS

MARIA GRAZIA CABRAS : " BESTIARIO DEL'ISTANTE" - Edizione Confine - 2017 - pagg.56 . € 13,00
Percorso difficile all' impatto,le pagine della prima parte dal sottotitolo "l'aperto", per lo scorrere inaspettato di brevi poesie offerte in lingua e in dialetto sardo-nuorese , ostico a chi , come me, è abituato al dialetto partenopeo , ricco di musicalità e ritmo. Ma la lettura affonda nei pensieri e nelle figurazioni e scopre anfratti e frammenti che giocano nella luce di fulminanti affabulazioni. Sono pensieri incisi nel marmo , frasi dettate dalla memoria , colori stemperati negli attimi della intimità , quasi eco del mormorio di animali delicati . La seconda parte del volume , dal sottotitolo "l'angusto" , apre pagine in lingua con profili , pitture , sculture , parole , che diventano presenze di un tempo antico , un non-tempo (propone la poetessa) , che si confrontano e sono il controcanto dei nostri tempi , chiusi in gabbie visibili o invisibili , coartati nel labirinto di transumanze e percorsi esibiti o nascosti , suggeriti o imposti. L'inquietudine di un viaggiatore percorre versi fecondi e scorrevoli , sia nelle illusioni che riflettono l'andatura tra le ombre , sia nelle certezze del sogno multicolore. Il linguaggio chiama il mistero del simbolo , perfettamente incardinato in una specie di diario stilisticamente ricamato.
ANTONIO SPAGNUOLO

martedì 28 novembre 2017

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Alessia verso la vigilia di Natale 2017"

Festoni nelle strade e abeti
per la Festa nell’intessersi
i pensieri con l’odore di erba
tagliata nel giardino di Alessia
tra le luminarie messe dalla
sorella ad abbracciare gli alberi
da rinominare. Luci azzurre
e rosse a giungerne la luce a
di Alessia l’anima di ragazza
(16 anni contati come semi).
Freddo a pervadere Alessia
dove era già venuta un anno fa
la via del Centro a comprare
lo zucchero filato con Giovanni
e oltre la vetrina scintillante
il rossetto e il rimmel.
(Dio, fa che non mi lasci).
Di Natale la festa attende a casa
degli amici Alessia nell’iridarsi
dei pensieri del 18 dicembre
nel trarre forza dal vento.
*

"Alessia coltiva i verdi con pazienza"

Verde del salice chiaro
per ragazza Alessia
sotto di dicembre il sole
e quello opaco di eucalipto
nel tessersi del tramonto
la trama di luce a irrorare
l’anima di Alessia di 18
grammi contati comeAlessia verso la vigilia di Natale 2017
semi da piantare nella terra
della vita. E il verde brillante
della begonia a determinare
stupore per Alessia nell’
interanimarsi con le foglie
che entrano dagli occhi
per stupore e magia determinare
e la voglia di un erbario.
E il prato è coltivato con pazienza
nell’infinita scena di Alessia
che vorrebbe tornare vergine
come la luce naturale per rifare
della prima volta l’esperienza.
Il verde acuminato del pino
guarda Alessia nel cogliere
una pigna nella tasca
e sorridere come una donna.
*

"Alessia torna da scuola felice"

E ride Alessia come una donna
nell’entrare nel cancello
del viale che porta alla casa.
Rosso lo zainetto sulle spalle
a contenere di Giovanni il regalo
l’anello d’argento tra quaderni
e alla rinfusa libri. Breve di Alessia
il tragitto. Apre la madre e fa Alessia
un gesto di vittoria (otto al tema
d’italiano) e viene a pranzo
il fidanzato. Anima di luna
Alessia e piove d’acqua
intravisto dal balcone un battesimo
i vetri a rigare e ci sarà
raccolto.
*

"Alessia trova la felicità"

Campo di grano immenso
sotto il solleone per Alessia
(nel rosavestita contemplarlo)
ieri sera vi ha fatto con Giovanni
secondo natura l’amore.
Vede le spighe ripiegate
dove l’hanno realizzato
attenti senza fare figli.
A poco a poco entra in Alessia
un lucore di stella, una poesia
sul bordo delle cose nell’
agglutinarsi il sembiante
terreno e giallo con il cielo,
un volo d’angelo.
Prende un foglietto
e scrive una poesia.
*

"Alessia corre felice"

Nelle cose del bosco
corre Alessia felice
come una donna
(sedici anni nell’anima
di stella). Scalza nell’
erba dopo l’acquata
bagnata nel tessere
l’azzurro con le nuvole
incanti. E prosegue
infinita di Alessia
la vita nell’entrare
nel sentiero già attraversato
un anno fa nell’estasi
leggera sottesa
agli albereti e a trarne
pace il lago alla finestra
dell’esistere nella
forma a iridarsi del tempo.
*

"Alessia nell’aria leggera"

Mattinale nel freddo aria
per ragazza Alessia della
leggerezza a piene mani
nell’ossigenarsi fino all’anima
di 18 grammi. E gioisce
Alessia nell’interanimarsi
alla fine di novembre
nel chiedersi se infinito
sarà il suo amore di fiore
libero dal prato non raccolto
dalla tinta azzurra.
Ride da sola Alessia
come una donna non facile
e al dono del bacio
pensa prima di constatare
che il Parco Virgiliano
ancora esiste.
*

"Alessia e l’illuminazione"

Ed è su quel pezzo verde
di prato nella luce sfolgorante
Alessia a illuminarsi e non
resta chiuso lì il pensiero
di Giovanni tra l’erba dove
ieri Alessia ragazza ha fatto
l’amore. Illuminazione di
Alessia sedici anni contati
come semi sulla ripetizione
dell’atto sensuale per il piacere
che tocca l’anima e infinitamente
la toccherà e giocano le ombre
della sera, Eden di cielo
infiorato da stelle – margherite
sotteso a mistica gioia.
*

Raffaele Piazza

lunedì 27 novembre 2017

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

“Incastri”

Finestre ormai chiuse sugli ultimi tocchi
mentre la tua bellezza crolla
nella dolorosa inquietudine del grido.
Ho perso il gioco dell’avorio , l’incanto,
inseguendo le mani irrequiete,
le domande indiscrete , il rovescio dei colori ,
per recitare assoli negli angoli segreti.
Ora le notti hanno la convenzione dei gesti:
ampie petulanze sfaldate nei riflessi
per la tua bocca incendiata come una tarantola.
Dalla spalla alle reni adagi, elegante nel dirsi,
le immagini fermate dal tempo
quasi a scalfire i miei vecchi approdi
nel ricordo dei margini taciuti.
Attraverso di noi l’ombra del volo
ha il feltro attorniato da arbusti inariditi,
ricuce le ferite illeggibili negli incastri profondi.
*

ANTONIO SPAGNUOLO

domenica 26 novembre 2017

SEGNALAZIONE VOLUMI = EDITH DZIEDUSZYCKA

Edith Dzieduszycka – Bestiario bizzarro
Fermenti Editrice – Roma – 2017 – pag. 161 - € 16,00

Di origine francese, Edith de Hody Dzieduszycka nasce a Strasburgo, dove compie studi classici. Attratta sin da giovane dal mondo dell’arte, i suoi primi disegni, collage e poesie risalgono all’adolescenza passata in Francia. Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive, nazionali ed internazionali e si è dedicata alla scrittura. Ha pubblicato numerosi libri di poesia, fotografia, una raccolta di racconti e un romanzo.
Bestiario bizzarro, che presenta un’esauriente prefazione di Filippo Sallusto e una postfazione della stessa autrice, è un testo di poesia non scandito che, per la sua unitarietà contenutistica e formale, può essere considerato un poemetto.
Il filo rosso che lega i vari componimenti, tutti senza titolo, consiste nel fatto che in ogni poesia l’io – poetante si rivolge, di volta in volta, a svariatissime specie animali. La poetessa fa riflessioni sugli animali stessi in modo da realizzare degli apologhi fondati sull’indole e il carattere delle bestie attraverso il loro relazionarsi tra loro e con l’uomo stesso.
Nella sua galleria di ritratti, con garbata e spesso amara ironia, la Dzieduszycka inserisce raffigurazioni tra le più svariate, da quelle pacifiche e rassicuranti del gatto e del coniglio, a quelle minacciose del serpente e dello scorpione, da quelle repellenti delle pulci e delle piattole, a quelle operose dell’asino e del cavallo.
Così si viene a creare un autentico excursus sul mondo animale, un vero e proprio Bestiario bizzarro, e non si deve dimenticare che anche chi vive sotto specie umana è pure lui un animale, sociale, come affermava Aristotele, e metafisico per il suo discernimento del bene, del male e della morte.
Da notare che il libro inizia con un componimento programmatico intitolato Introduzione nel quale la poeta fa riferimento ai vati e padri della descrizione dell’universo animale in letteratura come La Fontaine, Esopo e Fedro, che hanno raccontato storie esemplari ed educative.
Molto bella la prima strofa della suddetta poesia nella quale Edith afferma che vorrebbe che in qualche angolo divertite volteggiassero le ombre di questi scrittori che non hanno fatto risparmi raccontando tantissime storie edificanti dei tanti loro amici, noti protagonisti a quattro zampe, scaglie, penne, pinne e peli.
A livello formale e stilistico colpisce l’eleganza delle poesie ben strutturate ed armoniche, tendenti alla verticalità, tutte composte da strofe di quattro o cinque versi armonici e misurati.
In essi la musicalità si realizza attraverso il ritmo preciso nel loro procedere per accumulo.
Il libro è illustrato anche in copertina da efficaci disegni dell’autrice, che, attraverso l’intensità e l’icasticità del tratto, interagiscono con il contesto dei componimenti costituendo una cornice molto gradevole.
S’ invera così una continuità tra poesia e arte figurativa che si lanciano rimandi l’una con l’altra in un percorso che diviene un ipertesto, secondo le attitudini della poliedrica autrice che, nella sua produzione, spazia parallelamente in vari campi dell’arte.
A seconda delle circostanze dette dalla poeta emergono nella versificazione situazioni gioiose, come quando viene detta la giocosa e lieta famigliola dei pinguini, mentre altre sono dolorose e toccanti come quando viene nominata l’oca che è fatta ingozzare per il suo triste destino di essere ingrassata, uccisa e mangiata.
A proposito di quanto suddetto è emblematica la poesia, riportata anche in quarta di copertina, nella quale si parla della sorte della blatta che finisce sotto una suola e ed è schiacciata mentre la farfalla svolazza molto ammirata. Parimenti, mentre il gatto sonnecchia beato sul letto, in forno tagliato a pezzi arrostisce l’innocente coniglio e, nel momento in cui un pesce rosso nuota nell’acquario, in padella frigge suo fratello. Quindi anche il tema etico è affrontato e si potrebbe, come scrive Edith, andare all’infinito essendo implicito che in questo modo si toccherebbe per similitudine la dimensione della diversità dei destini umani, del mistero della vita, fatto che sarebbe scontato.
Con Bestiario bizzarro Edith produce la sua opera più originale ed è doveroso ricordare che sono stati scritti saggi sul bestiario in Montale, che nelle sue poesie nominava spesso gli animali.
Le bestie diventano occasioni per simboleggiare attitudini e caratteri dell’essere umano, sono umanizzate e messe in scena e in una poesia si parla degli esseri umani ai quali se viene amputato un arto o un dito non ricresce, mentre, al contrario. se le viene recisa, alla lucertola spunta una nuova coda.
Con la perizia di una naturalista la poeta tratta la sua materia e dai dati biologici parte per una definizione spesso ludica delle caratteristiche non solo morfologiche ma soprattutto psicologiche di ogni singola specie.
Quello che accomuna la raccolta di poesia in questione alle altre dell’autrice è lo stile architettonico dei versi nel loro disporsi sulla pagina sempre ben controllati e cesellati in maniera originale.
A volte c’è ottimismo nei testi, per esempio in quello dedicato alla coccinella, bestiola del buon Dio, che sembra trarre gioia dal suo svolazzare in pace suscitando sorrisi e non a caso a questo insetto è attribuita la capacità, il potere di portare fortuna.
Anche il tema del rapporto tra vittima e carnefice è inserito quando i protagonisti sono la mosca e il ragno sedentario che aspetta con pazienza che la malcapitata finisca nella ragnatela per divorarla.
Pregnante la poesia sul pappagallo perché è sul tema del parlare. In essa è intimato all’uccello di non ripetere quello che dice il suo padrone, ma di farsi un’opinione sulle cose astutamente: così l’autrice fa una metafora sul conformismo e tocca un tema sociale visto che si parla di padroni.
Un libro caleidoscopico da leggere tutto in un fiato, quello in questione, nel quale Edith magistralmente umanizza le varie specie, che però, nello stesso tempo, non perdono la loro essenza di animali.
*
Raffaele Piazza

venerdì 24 novembre 2017

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANNA CACCIATORE

Anna Cacciatore – La linea curva
Pagine – Roma – 2016 – pag. 81 - € 23,00

Anna Cacciatore per quasi quarant’anni ha insegnato nei licei letteratura italiana e latina e scrive poesie fin dall’età giovanile, ma solo dopo la pensione si è dedicata a mettere un po’ d’ordine tra le sue carte, iniziando a pubblicare due raccolte di poesie, la prima nel febbraio 2007, Il pozzo del cuore, la seconda nell’estate 2009, intitolata A tratti. Ha pubblicato poi qualche poesia sull’agenda letteraria Le pagine del poeta, edita da Pagine, a partire dall’anno 2008 e sempre per Pagine ha partecipato all’antologia I poeti contemporanei (2012, 2013) e ad altre antologie In linea con la poesia (2012), Parole sparse (2013). Recentemente nella collana Perle d’inchiostro è stata edita sempre da Pagine una sua silloge di poesia L’eco del tempo (2014).
La linea curva è una raccolta di poesie non scandita che si può definire tout-court neo lirica.
La poetica che esprime qui la Cacciatore ha come cifra distintiva la tensione verso la ricerca della linearità dell’incanto, sia che si tratti delle descrizioni paesaggistiche, sia che i componimenti si rivolgano a persone care all’autrice nel suo effondere verso di esse la sua sensibilità e la sua anima cariche di affetto e amore.
Una capacità di stupirsi coglie nel segno in queste liriche, secondo un percorso originalissimo, che va controcorrente nel panorama odierno della poesia italiana, nella quale dominano gli sperimentalismi e i nei orfismi.
Chiarezza e immediatezza sono sempre presenti nei testi della poetessa che, d’altro canto, presentano anche una complessità intrinseca, frutto di un’avvertita coscienza letteraria e di una vasta cultura (a questo proposito non si deve dimenticare che Anna è stata professoressa di letteratura italiana e latina nei licei).
Colpisce una grande empatia nella genesi in queste composizioni, una riuscita sintonia, dono raro dell’autrice, nel suo relazionarsi con gli ambienti, gli altri, con sé stessa, nonché con i lettori.
La natura sembra essere la protagonista della maggior parte delle poesie, una natura idilliaca e rarefatta che viene colta in tutti i suoi particolari più segreti con attenzione e dedizione.
Per esempio in Il giardino, poesia nella quale il giardino stesso diviene personificato, Anna, nel rivolgersi ad esso, che presumibilmente è frequentato dalla poeta nella stagione estiva, afferma che quando lei sarà lontana, verranno le piogge a sciogliere i grumi di una terra essiccata dal sole d’agosto e a mettere in scena paesaggi d’autunno dei quali lei non conosce i colori, immagine molto bella.
Anche il tema etico è affrontato quando in Spietato cacciatore, parlando del suo gatto, prima ne fa le lodi dicendo che l’animale ha bisogno di calore umano e che è divertente giocare con lui, ma poi constata che può il felino diventare spietato predatore di lucertole e farfalle.
Nella suddetta poesia viene realizzato un apologo sulla condizione umana, sul bene e sul male, soprattutto quando, negli ultimi versi, la poeta afferma che nulla in natura di innocente esiste – uomo o bestia che sia.
A livello strutturale si riscontra nei versi un forte controllo e tutte le composizioni sono efficacemente risolte.
Quello che connota le poesie è una forte leggerezza che si coniuga all’icasticità del dettato. I sintagmi fluiscono nitidi e musicali, in modo misurato ed armonico, producendo esiti sorprendenti di magia e sospensione. Per esempio in Porto azzurro, la poetessa si rivolge ad una presenza – assenza che ha nel cuore dicendo di sapere che con essa mai avrebbe visitato il porto e tuttavia nel fruscio del vento l’autrice avverte questo tu, del quale ogni riferimento resta taciuto, e ne ascolta la rassicurante voce.
*
Raffaele Piazza



martedì 21 novembre 2017

PREMIO = ANTONIO SPAGNUOLO

La commissione giudicatrice della XXXIII edizione del premio di poesia "Libero de Libero" assegna il primo premio assoluto alla silloge inedita "Svestire le memorie" di Antonio Spagnuolo - La cerimonia di premiazione Sabato 16 dicembre alle ore 18 nel Castello di Fondi -

domenica 19 novembre 2017

SEGNALAZIONE VOLUMI = ARIODANTE MARIANNI

"La poesia e la vita"
Ariodante Marianni dieci anni dopo
Fermenti Editrice – Roma – 2017 – pag. 179 - € 18,00

Ariodante Marianni, poeta e pittore, nacque a Napoli nel 1922. Ancora bambino si trasferì a Roma dove visse per molti anni. Abitò successivamente in età matura a Castel Giuliano di Bracciano e, negli ultimi anni della sua vita, a Borgo Ticino dove morì nel 2007. I suoi versi sono stati raccolti in vari volumi. Marianni fu anche impareggiabile traduttore di poeti moderni inglesi e americani quali Dylan Thomas, Emily Dickinson e dell’intera opera poetica di William Butler Yeats. Negli anni Sessanta e Settanta del Novecento Marianni, con lo pseudonimo di Ario, si dedicò con successo alla pittura esponendo le sue opere in mostre personali e collettive in molte città italiane. La sua attività in questo campo è stata ampiamente documentata dal volume Pagina picta. Il caso l’allegoria e la volontà nella pittura di Ariodante Marianni (Comignago 2005, a cura di Eleonora Bellini). Marianni fu segretario di Giuseppe Ungaretti e addetto stampa del Festival dei due mondi di Spoleto, sempre negli anni Settanta del Novecento. Collaborò a lungo a trasmissioni radiofoniche e televisive e recitò come attore in rappresentazioni teatrali ed in sceneggiati per la RAI.
Il testo su Marianni, pubblicato a dieci anni dalla sua scomparsa, include inediti, contributi critici e testimonianze, raccolti a cura di Eleonora Bellini ed è strutturato in quattro sezioni che seguono la breve presentazione della stessa poetessa, narratrice per l’infanzia, traduttrice e saggista.
Le scansioni sono le seguenti: ARIODANTE MARIANNI, Inediti, rari, riproposti, SAGGI, AMICI e ALCUNE ISTANTANEE.
Come scrive la curatrice l’intento dell’opera è quello di contribuire a costruire una stabile memoria del segno da lui lasciato nella poesia e nella traduzione poetica italiana.
In questi scritti avvertiamo sempre che in Marianni il lavoro letterario si affianca alla passione e alla tenacia, all’acume e alla necessità quasi fisica di pensare il proprio lavoro, e specialmente la poesia, come progetto di vita e soprattutto come ineluttabile destino.
La scrittura è sempre vissuta da Marianni come attività alta, di valore in sé “civile” nella consapevolezza sia della grandezza pressoché inarrivabile dei maggiori che del dovere della fedeltà alla propria visione del mondo, da nutrire di sagace ironia e di misurata utopia. I suoi versi, all’apparenza semplici si rivelano ad ogni rilettura assai complessi per il loro continuo interrogarsi, attraverso il quotidiano – l’umile perfino – sui concetti ultimi, sui meandri inesauribili del pensiero e dell’essere.
La figura di Ariodante, dunque, è quella di una personalità di artista eclettica a tutto tondo nel suo praticare sia la letteratura che le arti figurative, ambiti tra i quali si realizza una forte osmosi, una grande continuità a livello formale e stilistico.
Quanto suddetto si è realizzato anche in maniera contenutistica quando il Nostro, ossessionato dal tema del labirinto, l’ha rappresentato sia con disegni sia con la realizzazione di testi poetici.
Uomo caratterizzato da una forte apertura ai contatti sociali con molti letterati, anche inseriti nel mondo accademico, ed artisti, teso sempre a fare interagire la sua opera e il suo pensiero con quelli di altri nel campo dell’arte, come dimostrano le testimonianze di molti amici inserite nel volume.
E il suo relazionarsi fu sempre di segno positivo, basato sulla stima e l’affetto, contrariamente a quanto si realizza spesso negli ambienti artistici nei quali prevalgono spesso, tra i suoi rappresentanti, rivalità che divengono spesso odi, disamore e litigiosità.
Per quanto riguarda la poetica di Marianni si può senza dubbio definire tout-court neo lirica, come emerge dalla silloge del Nostro contenuta nel volume, raccolta che ha per titolo Poesie sparse Una parziale retrospettiva. Dominano gli squarci naturalistici e si evince un certo ottimismo di Ariodante. Questo s’invera attraverso una struttura dei versi sempre perfettamente controllata, attraverso la capacità di stupirsi dell’autore di fronte alla luna, le lucciole, gli alberi e tutte le piante. Per esempio, in È ancora l’incanto della luna, nella quale sono dette notti serene, già dal titolo possiamo evincere che l’io – poetante si riferisce ad un eterno ritorno, ad una ciclicità della bellezza del creato che si rivela in scenari incontaminati.
In Come sarà quest’albero il poeta si chiede quale sarà la sorte dell’albero stesso quando legioni di architetti scaveranno città sotterranee e la linfa gelerà nei suoi condotti. Nell’ultima strofa è presente una riflessione sulla temporalità quando viene affermato che è assurdo piangere per i giorni che passano troppo in fretta per la nostra ingordigia.
In Mattino inverno, composta da tre quartine libere, è di nuovo protagonista la natura rappresentata da un cielo nel quale la testa calva di un sole si solleva da un cuscino di nuvole. Questo va contro le previsioni atmosferiche nelle quali era previsto “bello stabile” a conferma che la stessa natura non si lascia prevedere da calcoli umani.
Altre tematiche e un tono differenti si riscontrano nelle tre poesie che costituiscono la breve sequenza intitolata L’esperienza, edita per la prima volta nella rivista Fermenti n.245 (2017).
Nella prima di queste poesie è detta l’attesa di un treno alla stazione per la prossima vacanza. Il poeta legge il giornale che reca notizie di rapine, uccisioni, violenze, corruzioni e molti annunci economici e sente che la pienezza della mente è lontana e che la vita è una lotta quotidiana contro il male. Tuttavia, evento positivo, in un vocio vago di alcune donne (in una lingua incomprensibile) trova l’auspicio consistente nel fatto che almeno questa parte del cammino sarà di pienezza, calma e amore.
Nel secondo componimento della serie l’autore descrive una ricerca della felicità affermando che per curare i nostri malesseri chiediamo segni rassicuranti anche dal cielo e che la stessa felicità ci è dovuta tra le altrui sofferenze e i dolori del mondo.
Quindi qui il poeta, abbandonando le visioni idilliache, tocca temi esistenziali sul senso della vita che è degna di essere vissuta.
La terza poesia è enigmatica e misteriosa in quanto in essa viene descritta la corsa di un carretto traboccante di carbone, veicolo guidato da un cocchiere grasso, enorme e fiero somigliante a Vitellio, che torna alla testa dei suoi legionari a prendere Roma. Quindi si evidenzia qui il tema storico.
Una linearità dell’incanto domina nella maggior parte dei casi nel poiein dell’autore e anche il tema del tempo e della caducità delle cose e della vita viene affrontato in componimenti sempre controllati nei quali, oltre alla liricità, si riscontra una vena intellettualistica.
Una figura volitiva, quella di Marianni, che, nella sua lunga vita, ha dimostrato, con l’intelligenza e la sensibilità del suo operare, che la letteratura e le arti figurative sono salvifiche e necessarie per colmare la vuotezza del nostro mondo caotico e consumistico, divenendo strumento salutare e necessario esercizio di conoscenza.
*
Raffaele Piazza





martedì 14 novembre 2017

POESIA IN VERNACOLO = ANTONIOSPAGNUOLO

"NISCIUNO"
Nun songo cchiù nnisciuno pe ttramente,
so' addiventato ll'ombra di me stesso,
pure p' 'e figli mo nun conto niente:
me pigliano ogni vvota comme a ffesso !
'A gloria d' 'o passato ggià nuje sapimmo
sparita, comme fosse na maggìa,
pe ccomme vanno 'e fatte songo 'o primmo
a ccosere 'e ricorde e 'a pucundria.
'E juorne se ne vanno una vutata!
Natale, Pasca, primmavera e vvierno
volano senza luce, una nuttata,
scucchianno tre pparole a 'o Pateterno.
Mo cu 'e ddenocchia faccio paro e sparo,
songo nu superchiuso indifferente,
me sento comme fosse munnezzaro
e vveco 'a morte ca me tene mente.
*
Antonio Spagnuolo

sabato 11 novembre 2017

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

“ STUPORE”
Vibra ancora una luce nell’attesa
mentre le spade incidono macerie,
come quando il tuo sguardo volgeva altrove
e ripeteva l’opacità di una strana risposta.
Dubbio imperfetto , incantato , silenzioso,
nell’ingenuo attrito di un prodigio e di armonie,
che forse volevi ricucire nel donarmi
parole inconsuete , sgocciolio di azzurro
nel nostro impaziente ritoccare.
Tra il cuscino ed il lume ascolto lo stupore
che spacca quasi tutto il mondo,
in un solo momento , per divenire polvere,
o nel sottile velo di malizie
avvolge il mio ricordo nel segreto.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

venerdì 10 novembre 2017

POESIA = RAFFAELE PIAZZA




"Alessia gioca alla fiorevole vita"

Tra i campi del grano
per dell’anima il pane
va Alessia ragazza
sotto una luna surreale.
Intorno degli albereti
il verde tesse un’infinita
polifonia di sfumature
da nominare in silenti
istanti di bellezza
pervicace. e la pace
del lago s’intesse con
il cielo e la marina
per Alessia vestita di rosa
pari ad albero il canto
libero di Alessia nell’
azzurrità a disperdersi
in lieta meraviglia
e di modulazioni incanto.
Voce di volatile di Alessia
dopo l’acquata e da
rinominare l’amore
e la vita.
*

"Alessia al timone felice"

Mattino di novembre
di candele solari per
Alessia al timone nel
mare di Napoli, barchetta
azzurra a interanimarsi
con l’amore per le acque
fredde e calme a raffreddare
di 18 grammi l’anima
di stella e luna di Alessia.
Cala la nebbia e tira
la lenza gettata con
devozione e un grosso
pesce mette Alessia
nel cestino a bordo.
Viene Giovanni vicino
in motoscafo salta
sulla barca e bacia
Alessia dall’estasi rapita
(allora mi ama!!!).
*

"Alessia nell’albereto della meraviglia"

Nell’attimo tra dolore e gioia
c’è di pini il verde per ragazza
Alessia nell’albereto dell’amore
profano con Giovanni. Sottesa
al cielo ragazza Alessia
nell’intensificarsi della tinta
da pastello a cobalto sul farsi
della sera di luna ostia di platino
e di stelle – margherite ad infiorarlo
in inesausta di colore sinfonia
a giungere a di 18 grammi
l’anima. E meraviglia tra i rami
in forma umana e le linfe invisibili
a irrorare di Alessia il pensiero
stellato da aghi vegetali – amuleti
per la vita in versi e non in versi
da scrivere le iniziali sulla corteccia
arborea A e G per vivere felici.
*

"Alessia e il cielo intenso"

Cielo d’intensità d’azzurro
da turbare di Alessia l’anima
nell’interanimarsi la ragazza
alla sorgente delle cose di sempre.
Nessuna nuvola a stellarlo polita
lastra di carta velina su di Alessia
la vita in versi e non in versi.
E viene sera e si fa cobalto
e poi pervinca su Alessia più
forte della tinta dell’ombretto
vicino alle ciglia dello sguardo
sull’orologio del telefonino
nell’attesa che Giovanni chiami.
*

"Alessia alla mostra di pittura"

Quadri campiti nel bianco
di pareti per ragazza Alessia
nell’interanimarsi a quelle
tinte. Fuori piove acqua fredda
dal cielo per Alessia al colmo
della grazia salvata dai dipinti
di marine e corse di cavalli.
Scendono le scene fino
a di diciotto grammi l’anima
e stupore di fronte alla verità
dell’arte che è vita e battesimo
perenne. E scrive Alessia
una poesia ispirata alla scena
delle ninfe nel lago della pace
sottesa a redenzioni ad ogni
sillaba detta o non detta
a farsi parola.
*

"Alessia esce con Martina"

Sera di plenilunio su Napoli,
al bar del porto ragazza Alessia
con Martina confidenze a farsi.
Sedici anni entrambe le fanciulle,
fragola vestite per redenzioni
ad ogni passo. Pensieri a incielarsi
nella dell’aria leggerezza,
ad avvolgerle di protettivo panno.
Chiede Martina: tu, Ale, lo fai
con Giovanni? Non risponde
Alessia, il bicchiere macchiato
di rossetto. S’intesse il tempo
con la risata di Alessia
nell’accendersi intermittente
delle luci per le navi.
Ride anche Martina e i cellulari
squillano. Urla un gabbiano:
attenzione!!!
*

"Alessia sopra le nuvole"

Nel jet ragazza Alessia
sopra le nuvole nell’
intravedere il bianco
sfioccarsi campito nell’
azzurro mattinale che
domina, attende di Giovanni
la telefonata nel mattino
di pace occidentale.
Ansia a stellarla Alessia
nell’iridarsi della storia
infinita dai sedici anni
contati come semi
nel pensare alla storia
dei baci in sparsa meraviglia
dello squillo e le sue
parole ti amo Alessia
*


"Alessia allegra al bar"

Allegra al Bar Celestiale
ragazza Alessia nell’attraversare
la vita infinita nel bere
una coca cola fredda
per rinfrescare l’anima
di 18 grammi. Allegra
Alessia per dei limoni
il giallo captato con l’azzurro
degli occhi mentre beccano
i passeri le briciole lanciate
con l’affilata mano in prossimità
della vita e della gioia.
Una polifonia di verdi
scorge Alessia, quelli
degli aghi di pini, dell’oleandro
e della magnolia nella tinta
a intensificarsi per gioco
naturale e appare il mare
per un gioco di riscoperta.
*
RAFFAELE PIAZZA

giovedì 9 novembre 2017

SEGNALAZIONE VOLUMI = RIVISTA CRITICA LETTERARIA


Recensione di Ugo Piscopo su “Critica letteraria” (Loffredo), dir. Da Raffaele Giglio, n. 177,
Carlangelo Mauro, "Liberi di dire. Saggi sui poeti contemporanei", Avellino, Sinestesie, 2017, pp. 286.

Carlangelo Mauro, accreditato studioso di letteratura italiana moderna e contemporanea soprattutto sul versante poetico, dà un seguito al primo volume col medesimo titolo, pubblicato dalla medesima casa, e ne svolge, integra e allarga i reticoli di analisi e di sistemazione critica della poesia italiana contemporanea.
La maggiore e più significativa novità, che introduce questo secondo libro non solo rispetto al precedente, ma anche sull’orizzonte complessivo degli scandagli critici a livello nazionale, è la scommessa sull’importanza e sulla consistenza della produzione e delle proiezioni di gusto, di sensibilità e di creatività della poesia a Napoli e nel Sud oggi: su quattordici autori esaminati, nove sono di quest’area geografica, sollecitati (in maniera esplicita o implicita) nel loro immaginario dai rapporti con la terra di provenienza e con i suoi linguaggi.
Oggettivamente, questo nuovo lavoro di Mauro, senza farne dichiarazione, per un forte senso di pudore, ma facendo parlare i risultati e le prospettive degli autori, delinea in controluce un’effervescente e persuasiva situazione della letteratura e della poesia nel Mezzogiorno, sul cui conto circolavano e circolano come gettoni di uso giudizi sommari e preconcetti, secondo cui la nostra letteratura nel Sud degli ultimi decenni del secolo scorso e dei primi due – ammesso che si possa dire – del XXI secolo sia una piccola, povera, mortificata cosa, se considerata sullo scenario nazionale.
Più complessivamente, poi, la prospettiva, che è questa volta dichiarata, è quella dello scandaglio di una vicenda che riguarda anche il Sud, ma entro una situazione più ampia: il dialogo tormentato nella poiesi di questi anni di consonanza e di dissonanza dalla neoavanguardia, dall’epigonismo, dalle grandi narrazioni unilineari e ottimistiche di un nuovo sempre più nuovo all’infinito.
Nel libro gli autori non meridionali sono Elio Pagliarani, Maurizio Cucchi, Giancarlo Pontiggia, Umberto Piersanti, Loretto Rafanelli.
Per quanto concerne i meridionali, non è possibile, per l’economia della nota, soffermarsi dettagliatamente su tutti e nove gli autori analizzati da Mauro, ma ci si può velocemente affacciare su alcune situazioni.
Su quella, innanzitutto, di Antonio Spagnuolo, che appartiene alla generazione dei nati negli anni Trenta, e, dopo aver fondato la rivista «Prospettive culturali», è attualmente direttore di una collana editoriale per Kairòs. Autore di testi di poesia, di teatro, di narrativa, a molti dei quali sono stati attribuiti premi e sono stati dati riconoscimenti significativi da Saba ad Asor Rosa, si connota per strappi e spaesamenti della scrittura in omologia con le esperienze traumatiche e sconvolgenti del mondo di oggi.
Vengono, poi, scrutinate le ricerche suggestive e motivate da lucide e coerenti ragioni intellettuali, insieme con una scrittura lavorata al bulino, dei poeti delle generazioni successive. Come Luigi Fontanella, in ascolto della bouche d’ombre, come diceva Breton, e dei richiami dell’Altro. Come Sebastiano Aglieco, che disocculta il lontano nel vicino. Come Luigia Sorrentino, impegnata in tessiture aracnoidee di testi nel testo. Come Domenico Cipriano, preso dalle malie dell’appartenenza che chiama in causa la storia. Come Mario Fresa, assorto nelle trame delle analogie. Come Stelvio Di Spigno, attentissimo e coerente nel lavoro di spegnimento del sublime e dell’oratorio. Come Vincenzo Frungillo, che si ricollega a Pagliarani, ma per narrare in densità di rarefazioni.
Ugo Piscopo

SEGNALAZIONE VOLUMI = DAVIDE CUORVO

DAVIDE CUORVO : "LA MISURA DEL SILENZIO" ed. Manni 2017 - pagg. 78 - € 12,00
Le figure che il giovane poeta tratteggia , temperando un equilibrio di scrittura di lodevole impegno , rincorrono la luminosità esistenziale che si affaccia timidamente ad una componente onirica allusiva , pensosa , per illimpidirsi tra i versi nell'inseguire il senso troppo spesso illusorio della nostra presenza temporale.
"Fin dai primi versi - scrive Wanda Marasco nella prefazione - una dichiarazione di poetica : si richiede al fare poesia la restituzione dello stato intuitivo e dello shock memoriale per connetterli alla figura di pensiero e alla ricognizione dei significati....Si inizia a leggere guidati da un verso-rivelazione che in qualche punto si accosta alla tensione oracolare"
Figure colorate, in attesa del sussurro , ricamano trepidazioni , modellando e modulando il presente a volte per una semplice percezione estatica, a volte per una vibrazione musicale , così che la notte , il cielo , un tramonto , un paesaggio irragiungibile , un sussurro, sfiorano gli accenti e incidono nella memoria . Il rigore della parola poetica allora emerge nella pagina , così come tratteggia l'affiorare di un sentimento cosmico folgorante nella cifra. "Desiderai pattinare nei tuoi occhi / mentre tu chiudevi le imposte. / C'è sempre un esilio / a doppia corsia / nei passi che si involano alla luna, / una pupilla di di fiume presa in prestito / più leggera del fumo. / Dole l'anima al mancato appuntamento/ senza senso, senza sogno / sulla riva di un'altra silloge / di sassi."
Rievocazione e stimolo memoriale , registro di abbandono e trepidazione , evanescenza e nebbia , luce e colori , sono gli infingimenti che Davide Cuorvo riprende nel flusso di una suggestione musicale che si palesa fuori dalle astrattezze , ed oscilla per intrecciare analogie fulminanti.
ANTONIO SPAGNUOLO

RIVISTA = NUOVO CONTRAPPUNTO

NUOVO CONTRAPPUNTO - anno XXVI - luglio-settembre 2017
sommario :
Profilo d'autore : Adriano Sansa
Elio Andriuoli : La samaritana al pzzo ; L'adultera
Silvano Demarchi : Nell'oblio della notte ; Vi è cosa più dolce della sera
Guido Zavanone : Poesia , Ore notturne
Antonio Spagnuolo : Il segno ; Immagini
Dante Maffia : A imitazione del sonetto 55 di Shakespeare ; Il falchetto
Nazario Pardini : Il fiume ; Ottobre
Piera Bruno : Amicizia
Viviane Ciampi : Paese ; Lo specchio
opera grafica di Roberto Lanari
Recensioni a firma di Elio Andriuoli , Giorgio Galli
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domenica 5 novembre 2017

SEGNALAZIONE VOLUMI = MAKSIM GOR'KIJ

Maksim Gor’kij – Minacciosi schiumano i flutti
Versi tra fine ‘800 e inizi ‘900
Fermenti Editrice – Roma – 2017 – pag. 93 - € 15,00

Maksim Gor’kij nasce nel 1868 in una città della Russia centrale nella famiglia di un falegname. Rimasto orfano, trascorre l’infanzia con un nonno dispotico e una nonna legata alla cultura popolare. Ben presto è costretto a guadagnarsi da vivere con lavori umili (garzone, lavapiatti, aiuto fornaio…). Grazie all’eccezionale memoria, acquista grandi conoscenze come autodidatta. Nel 1884 a Kazan’ tenta di iscriversi all’università; non ci riesce, ma si avvicina ai circoli populisti e marxisti. Dal 1889 viene arrestato varie volte per propaganda rivoluzionaria. Tra il 1895 e il 1897 pubblica testi neoromantici e realistici, che attirano l’attenzione del pubblico. Svolge una vita avventurosa viaggiando molto in tutto il mondo e nel 1917 accoglie negativamente la rivoluzione d’Ottobre. Nel 1932 torna in patria e viene riconosciuto come importante autore della letteratura sovietica. Nel 1936 muore in circostanze misteriose.
“Minacciosi schiumano i flutti” è una raccolta di poesie non scandita del Nostro, curata da Paolo Galvagni, con testo originario a fronte, costituita da componimenti prelevati da varie fonti, riviste in massima parte.
Gor’kij narratore, drammaturgo, pubblicista e critico, anche nella poesia riesce a dire la sua. Così asserisce nell’introduzione lo stesso Galvagni, aggiungendo che della sua passione per i versi parla quasi con un senso di colpa. Si sentiva come uno che sottrae tempo all’occupazione principale (la prosa), scrivendo poesie ogni giorno.
Cifra essenziale della poetica di Maksim è quella di una limpida e avvertita liricità. Nel suo poiein domina la rappresentazione di una natura spesso idilliaca ma a volte anche minacciosa e numinosa soprattutto quando è detto il mare.
Non a caso il poeta riprende la tradizione letteraria nella quale il mare e la tempesta hanno un significato simbolico.
Da notare che tutti i versi iniziano con la lettera maiuscola, elemento che ne accentua l’icasticità e che crea un ritmo avvincente.
Il primo componimento senza titolo, databile tra il 1880 e il 1890, ha un carattere programmatico. In esso il poeta usa un tono colloquiale, immediato e spontaneo nel rivolgersi ai suoi lettori pregandoli di non rimproverare la sua musa. Chiarezza, luminosità e leggerezza connotano questa poesia ed è interessante e ottimistico che qui il poeta affermi di comporre un canto non al passato ma proiettato nel futuro.
Intriganti i versi nei quali dice di nuotare provando una forte inquietudine causata dai minacciosi flutti che si stagliano dietro di lui, onde che costituiscono la via marina che è ignota all’anima. Il mare per l’io poetante potrebbe voler significare anche un inconscio collettivo e personale sempre dominato. Di fronte alla potenza terribile del mare stesso il poeta prova la profonda fiducia che da dietro le nubi brillerà un raggio del sole glorioso, metafora di un avvenire felice.
I temi toccati dall’autore sono eterogenei: si va da quello amoroso, quando la voce poetante si realizza sia dal punto di vista maschile che femminile, a quello etico, da quello religioso a quello della morte.
Si deve evidenziare, nella scrittura di Gor’kij, la forte osmosi tra la produzione narrativa e quella poetica, un notevole interagire tra i due generi, elemento del quale il russo è pienamente consapevole.
Non a caso una delle sue principali opere, “La fanciulla e la Morte”, pubblicata nel 1917, poesia molto corposa e affabulante e che ha un vago andamento teatrale, è sottotitolata Favola.
Il suddetto componimento è suddiviso in sette parti e potrebbe essere considerato un poemetto autonomo.
Nell’incipit della composizione è detto un re che vaga per le campagne provenendo dalla guerra, sovrano che sente una fanciulla ridere forte. Lo stesso re, già triste per essere stato battuto dal nemico, diventa furioso perché considera la risata della ragazza un’offesa alla sua persona. Allora la stessa figura femminile ordina al re di allontanarsi perché sta discorrendo con il suo amato. Lo stesso re viene preso da una rabbia selvaggia e ordina al suo seguito di gettare la fanciullina in carcere. Allora, come diavoli, stallieri e scudieri del re si gettano su di lei e la consegnano alla Morte, che viene raffigurata come una vecchietta che amerebbe Satana.
Si tratta quindi di una Morte umanizzata, simile a quella dell’immaginario artistico medievale. Qui i temi sono proprio quelli dell’amore e della morte perché la terribile Morte alla fine, dopo un’articolata serie di vicissitudini, risparmia la ragazza che raggiante può vivere la sua storia. La Morte quindi dimostra di avere un potere sui destini delle persone maggiore di quello dello stesso re.
Di genere e tematica completamente differente il componimento Dal diario, pubblicato nel 1924, che costituisce un apologo in versi sulla Prima Guerra Mondiale. Si tratta di una poesia che sfiora la prosa poetica nella quale sono evidenti magia e sospensione. Qui sono dette in modo traslato le atrocità della guerra che genera odio e dolore e il poeta lancia strali contro il diavolo che ha saputo bruciare tutta la stupidità umana, riducendo la felicità in polvere.
È presente sempre una vena di pathos nelle poesie di questo autore che crea continuamente atmosfere in bilico tra gioia e dolore qualsiasi siano gli argomenti trattati. Ma c’è anche una tensione verso la ricerca di un atteggiamento di fondo positivo nei confronti della vita che è degna di essere vissuta.
Si riscontra, spesso, nel versificare una notevole linearità dell’incanto attraverso le descrizioni di una natura idilliaca che vive una sua vita umana. Ma la natura stessa spesso emerge come impervia e dominatrice. A questo riguardo in Sul Mar Nero, pubblicata nel 1895, dopo l’incipit, che è un inno alla vita e alla bellezza, seguono immagini inquietanti come quella delle rocce che hanno sepolto i pensieri.
Protagonista della lirica è il mare e, in un’aurea di sogno ad occhi aperti, con l’icona di una chiara altitudine azzurra, nella quale ghirlande di sogni sfrecciano. Al poeta sembra di vivere proprio un sogno stupendo. Bella anche l’immagine del cielo e del mare che si abbracciano, si uniscono e dormono.
A livello strutturale si riscontra una grande eleganza della forma e si produce una misurata musicalità.
C’è sempre un controllo estremo in questi versi che sgorgano in modo naturale senza il minimo sforzo da parte dell’autore con un’apparente scorrevolezza che sottende una grande coscienza letteraria legata ad una raffinata cultura.
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Raffaele Piazza


sabato 4 novembre 2017

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANDREA ROMPIANESI

Andrea Rompianesi : “Quote di non proletariato” – Ed. Scrittura creativa edizioni . 2017 – pagg. 80 - € 14,00 –
Una voce insistente e rapida incide versi cadenzati da una sottile ansia di citazioni , di imperativi colorati , di sollecitazioni , nel magma incandescente del potere materiale o del vertiginoso incalzare politico . Il tocco sociale è evidente tra le capacità di acquisto di un denaro sempre barcollante e l’abbrutimento di un lavoro incostante, che si dilania tra una morale in penombra e una organizzazione economica dalla lunga onda. Poesie asciutte , fulminanti , queste di Rompianesi , che riescono a illuminare e mettere in gioco le precarietà , le derive , di una quotidianità che ci avvolge , anche se non la inseguiamo. Privato e pubblico si alternano conquistando musicalità martellanti , scalpellando una individualità mai convenzionale , mai trasfigurata , che potrebbe perdersi , travolta dal corso caotico e inconcludente dei giorni . Spigoli e torsioni frenano o addirittura arrestano il flusso del tempo cercando di illuminare ambienti e personaggi che si presterebbero facilmente a un gioco crepuscolare , ma che invece riescono a tratteggiare un autentico mondo da rivisitare.
ANTONIO SPAGNUOLO