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Antonio Spagnuolo. "Ore del tempo perduto" - edizione anastatica (La valle del tempo, 2025)- pag.76 - € 12,00
Una lettura di Carla Malerba
Ho letto con interesse e curiosità la raccolta “Ore del tempo perduto “di Antonio Spagnuolo, una ristampa anastatica con lettera di Umberto Saba del lontano 1953.
Conosco da molti anni la produzione in versi di Spagnuolo, poeta notissimo e riconosciuto per la sua inconfondibile, limpida scrittura in cui, accanto a variegati temi, prevale il sentimento amoroso per un’unica donna, l’amata Elena.
Un Canzoniere quindi la sua vastissima opera dove si intrecciano momenti indelebili, paesaggi, natura, considerazioni esistenziali senza che mai si duplichi verso o situazione poiché ogni poesia si connota di particolari originali attraverso l’utilizzo di un linguaggio poetico sensibile ed erudito. Spagnuolo è poeta da sempre, vista la sua lunghissima carriera letteraria che corre parallela a quella di medico.
Alla raccolta della quale si parla in questa nota appartengono le poesie di uno Spagnuolo ventiduenne e in esse si denota quella compiutezza che Umberto Saba evidenzia nella lettera a Spagnuolo del 28 marzo 1953:
… le dirò che c’è davvero nei suoi versi una vena sottile di poesia ed una attenta e collaudata ipotesi di ricognizione che si fa sentire in quasi tutti i componimenti di “Ore del tempo perduto”
In un tempo in cui in poesia riaffiora il solipsismo e fa perdere di vista la funzione comunicativa tra autore e lettore spesso annullando l’empatia necessaria per la fruizione dei contenuti, non si può non ritrovare nei versi del giovane Spagnuolo questa funzione proprio in virtù del fatto che egli riesce a stabilire un legame col suo lettore. Le poesie contenute in “Ore del tempo perduto” hanno come caratteristica principale uno sguardo allargato sul mondo, parlano d’amore, ma anche di stagioni e paesaggi, di mitologia.
Il lettore vede Elena nella sua bellezza, nel suo darsi all’amato, nel suo sguardo e nelle sue lacrime in un erotismo splendidamente velato, come fossero i versi del poeta simili alle carezze date all’amata e soprattutto perché la grande poesia non ha bisogno di ricorrere ad espedienti per arrivare al lettore, ma deve solo far scaturire l’empatia della condivisione, l’universalità dei sentimenti.
Ritornano anche nella produzione successiva i cari temi giovanili: il tempo, la bellezza, l’impeto amoroso, la fede. La vita ha dato e ha tolto ad Antonio Spagnuolo, ma non gli ha mai lesinato l’ispirazione poetica che già si rivela in atto nella silloge del 1953. “Ore del tempo perduto” è un titolo che lievemente unisce amore, rimpianto e coscienza della illusorietà dell’esistenza, altro tema ricorrente quest’ultimo che lo accosta immediatamente a Calderon de La Barca per quell’affermazione su una vita che è sogno e chimera nel tempo umano che ci viene concesso. La raccolta giovanile già in sé custodisce le potenzialità future del poeta Spagnuolo: stupisce la perfezione e la cadenzata musicalità dell’endecasillabo, il metro da lui più amato, quello che nella tradizione letteraria italiana esprime meglio il fascino della narrazione poetica.
“A cosa serve la poesia?” Questa è la ripetuta domanda che il poeta pone ai suoi lettori nella presentazione alla ristampa della sua silloge del 1953 dove le parole di Umberto Saba lo incoraggiano a proseguire sulla strada della poesia. E più volte insiste nella sua aperta provocazione verso la ricerca di senso della scrittura poetica reiterando l’interrogazione: A cosa serve la poesia?
Domanda che il poeta pone mentre si rilegge criticamente a distanza di settant’anni e osserva l’evoluzione della sua scrittura finalizzata alla “corretta ricerca della parola”
e Spagnuolo per ben tre volte si risponde "non serve a niente, ma è la fascinazione del tutto, ma è la brace sotto la quale scopppietta la riflessione, ma è lo scintillio di mille simboli che tentano di ricamare una catena!”
E ancora definisce l’atto creativo poetico qualcosa di sublime che si compie quando dal momento indistinto dell’ispirazione si giunge al suo perfezionamento dove è il poeta ad avere un suo preciso ruolo. Ma qual è la finalità del poeta nell’indistinto tempo in cui viviamo? Oggi egli non può perdere di vista la potenzialità del suo messaggio, come si legge nell’ introduzione della raccolta in cui si scorge l’impegno sociale e personale di chi scrive.
La raccolta, composta da una quarantina di liriche, presenta già ben definite le linee portanti della sua poetica e si apre all’idillio fin dalle prime composizioni, ricche anche nel lessico di richiami classici. Inoltre sono sempre presenti il divino e la bellezza del creato di fronte a cui il cuore del poeta si stupisce e ammira.
Nell’opera si affacciano anche influenze di Lorenzo Stecchetti che tanto piacevano ai giovani di allora (Col teschio, pag.12), compaiono frammenti di rara intensità (Sera, pag.34), irrompono le figure mitologiche, ricordo degli studi classici di Spagnuolo donando al lettore atmosfere particolari, piccole odi alla dea della fecondità e alle divinità silvestri, il tutto immerso nel trionfo della natura.
Ma eccelle il poeta giovane nella poesia amorosa dove la figura di Elena nelle liriche a lei dedicate assume una valenza ispiratrice di ampio respiro. La devozione del poeta verso la donna amata si legge nelle parole che introducono Armonie:
“… io ti sarò accanto nella vita e nella morte, perché non esiste amore se non in ciò che il tempo non cancella…”
Ho scritto nella mia recensione per “Più volte sciolto” uscita nel mese di aprile 2025 sulla rivista Nuovo Meridionalismo: Un uomo, un poeta Spagnuolo che ha continuato ad amare la sua donna trattenendone amplessi e sorrisi nei versi delle sue raccolte…
Elena come Laura? Forse ancor più presente Elena nell’ispirazione di Antonio Spagnuolo perché dettata dal sincero dolore dell’assenza, mai artificio letterario, ma presenza che si dispiega nei limpidi versi a lei dedicati e che pur in sua assenza hanno il merito di riportarla ogni giorno, ogni notte, viva e bella tra le sue braccia.
CARLA MALERBA
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"SEI TU"
Sei tu che a sera
ambrosia
su questi occhi,
lieve sfiorando con le labbra,
spandi.
La tua parola gocciola:
chiara ametista,
che confonde il tatto
delle mie mani
e la tua bocca schiude.
Vicina ,
il buio ti vela ed io ti sento.
Il braccio tuo,
morbido arcano che stringe,
che stringe.
A tratti un respiro:
un gelsomino,
un soffio.
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"Mani"
Strette vorrei tener quelle tue mani
che scelgono tra l'erba i ciclamini,
premute sulla bocca assaporare
il tuo profumo e quello dei giardini.
Inconsci i fiori esalano la vita:
freschezza nelle mani affusolate.
Trema un bocciolo sperso fra le dita
sfiorate da due labbra appassionate.
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Le poesie sono tratte da “Ore del tempo perduto” La Valle del tempo, ristampa anastatica del 1953