**Floria Bufano: “Ialine trasparenze” – Ed. La valle del tempo – 2024 – pag. 94 - € 14,00
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Negli ultimi anni il mondo digitale della rete ed i social media in tutte le loro forme e declinazioni sono diventati un supermercato al quale troppi sprovveduti attingono a piene mani, senza porsi domande culturalmente valide, fra interventi di comune accettazione e proposte che rasentano quotidianamente il vuoto. Nessuno si chiede quanto sia valida la immissione in internet di qualsiasi tipo di scrittura, molto spesso dagli estremi talmente lontani dalla vera cultura da rasentare il risibile.
Fortunatamente la poesia sopravvive ancora con la perseveranza di quei generosi autori che cercano di realizzare gli ultimi sguardi della comunicazione genuina. Tentando di raccogliere molti saperi, molte incisioni di creatività, corroborate dalla fermezza di un nutrito studio e di una preziosa chiave di richiami.
La poesia secondo me deve sempre e comunque dire qualcosa di elevato. Il disvelamento di un amore sopito ed improvvisamente esploso fra anime elette, il sussulto delle emozioni incise dall’incontro di personaggi sull’orlo del sobbalzo, la rabbia focosa innanzi agli eventi bellici, che pur senza una evidente ragione politica distruggono cose e bambini, villaggi e donne, uomini e coltivazioni; il palpito ritmato che investe il pensiero nell’ascolto di una musica sublime, il fervore dei vari sentimenti che nutrono l’animo umano.
Una grande conca profonda ricca di suggestioni che illuminano speranze, illusioni, memorie, emozioni, in una rappresentazione che coinvolge ed avvolge nel battito delle sillabe, in una visone della realtà che si fonda molto spesso sulla fermentazione dei segreti del nostro sub conscio.
La semplicità con la quale Floria Bufano ricama questa sua scrittura, in un rincorrersi di periodare con eleganza, è decisamente densa di significato, per la realizzazione di un canto che si sviluppa fra memorie e desideri, sussurri ed incisioni, considerazioni e disincanti. Si avvia così un compendio tra la indeterminatezza ed un vago sentimento dell’assoluto, per il quale la sospensione tra il tempo attuale e lo spazio dell’immaginazione coinvolge nella creatività, che da sola può determinare quella particolare predisposizione d’animo che diviene realtà fantastica e fonde lo straniamento con la fuga nel sogno.
Non dispiace imbattersi in pagine schiette ed ingenue come l’adagio di questi pochi versi: “Amori sbagliati,/ amori uccisi,/ amori traditi./ Quanto costa l’amore, cara non amata?/ Uno schiaffo, un calcio, un pugno/ o ancor più terribile al pensiero,/ una parola…seppellisce il tuo fragile corpo, e ammutolisce il tuo spirito./ E piano piano,/ con implacabile spregio/ ti raggela la mente,/ ti rivolta lo stomaco,/ ti trattiene il respiro/ ti ferma il cuore!!!/ Lub dub,/ lub dub, lub dub/ Fiiiiiii.” Una dichiarazione dalla limpida e consapevole dolcezza, afferrata all’angolo per poter vibrare con tenerezza.
I processi di percezione sono al centro dell’attenzione dell’autore e rappresentano egregiamente la sperimentazione del linguaggio, del suo rapporto con le cose della vita, dei suoi valori, delle sue probabili mistificazioni.
La parola, al di qua o al di là di ogni idea di scrittura, è la testimone dell’esistenza dell’uomo, la sua giustificazione o la sua condanna, il desiderio di essere o la linea della fecondità, la scoperta o l’illusione. Per mezzo della parola il poeta è o non è, comunicando il possibile della sua presenza, dal quotidiano all’assoluto, dalla rivelazione ai limiti dell’apparenza e nella misura delle precisazioni. Il destino della parola è comunque qualcosa che segue lo scrittore come un’ombra che non lo abbandona mai. E Floria sa accortamente scegliere bene la parola per incastonare con fervore il simbolo ed il significante nell’impasto ottimamente lievitato dei suoi versi.
Mi piace immaginare che il poeta abbia usato il pennello al posto della penna, così dettagliatamente colorati sono tutti i fotogrammi che appaiono negli oggetti e nelle figure e nelle fluttuanti parole ricamate per queste liriche. Il tutto amalgamato alla riconquista del desiderio. Un desiderio che contemporaneamente è emozione che vibra sorda ed è preludio che annuncia l’impulso corrispondente. E ci dice:
“Potessi far tornare indietro il tempo/ ti porterei in spazi che non conosci,/ in posti mai vissuti:/ per verdi prati di dolci colline/ farti aspirare forte l’odore di un fiore,/ e, trattenendo poi il respiro,/ subito ti lascerei abbandonare/ inebriato, interamente pervaso,/ dalla fragranza del suo profumo./ Tenendoti poi la mano,/ ti condurrei su selvaggi lidi/ dove batte vigoroso il vento/ e le onde del mare, ruggendo/ ingoiano la riva/ e il loro alito di salsuggine/ viva energia in te profondono./ Sotto il braccio ti accompagnerei poi,/ per le strade, per i vicoli,/ là dove il fango melmoso inghiotte l’asfalto/ il putrido rigagnolo scorre lento/ e l’aria fetida del pattume inquina il respiro,/ e pur là soltanto potresti ammirare/ la bellezza della vita,/ la forza dell’amore,/ che ormai è diventato pietra nel tuo cuore.” Una strana confessione che racchiude il bisogno di rifugiarsi nelle utopie del fabuloso, del malizioso, del fabulante.
Il luogo della rigenerazione è allora tra le mura domestiche che proteggono quotidianamente il dialogo incrociato che approfondisce sempre più il bisogno di amore, o questo luogo ricercato è tra la sospesa metafora dell’invocazione. -. Tra le vicissitudini improvvise e le cadute nell’oblio, così come quando si affonda nel proprio impulso e la frammentazione della visione onirica diviene parte risolutiva per un galleggiamento che possa ridonare fiato.
Sono, queste poesie, frammenti carpiti da occhi vigili e sempre accesi, segreti presenti tra forza e passione, escursioni che talvolta serpeggiano nella mente come attimi di irrequietudine e di permeabilità. Anche il sonno ha momenti intimi nei quali carezzare il velo sottile che si presenta dolcemente, e un crescendo di trepidazioni fonde il tragitto poetico che qui viene mostrato in vibrazioni, in tenerezza, in fede, affascinati anche da tentennamenti per una malcelata paura del subconscio. Subconscio che non teme di avviluppare fatalmente la ricerca spasmodica che il poeta sostiene. E Floria ha arricchito e approfondito i suoi strumenti di scrittura cercando di ricavare effetti di maggiore sottigliezza e lusso nella continua rappresentazione degli sguardi collegati costantemente a una riflessione sullo strumento comunicativo, al prodotto genuino della notazione, al di là dell’astrattezza e collegato sempre al limite della presenza benigna.
“Ma che fatica quest’amore:/ rincorrere il tempo/ affannoso, vorticoso,/ e ritrovarti in fine/ in brevi attimi di felicità.”
La vita delle parole si costruisce come una realtà che alla fine si concretizza nell’idea colorata che appaga la potenza di una identità facilmente vulnerabile.
Avvenimenti di ritornanze riempiono il luogo del verbo capaci di varcare la soglia dell’inconscio in un intenso sommarsi musicale, che suggerisce in armonie variegate l’interezza di quell’inciso tempo-sussurro, sottraendo distanza alle distanze di quegli squarci magici che soltanto il simbolo riesce a concretizzare.
Qui anche l’invocazione si aggrappa e protende verso orizzonti che varcano i confini della terrenità, nella scioltezza dei motivi che cercano l’apertura verso l’infinito, non azzerando mai passioni, sentimenti, esultanze, fedeltà, per scavare di volta in volta, tra l’immaginazione e le calde effusioni, così come l’intreccio tra asimmetrie e delineate presenze.
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ANTONIO SPAGNUOLO