da Hopkins, con lui, e poi ...
Padre Hopkins, tu che sapevi e sai
tu che hai scritto per i morti per acqua
aiutami a parlare attorno e di fronte all'isola
piccola e felice tra l'oscurità della notte e
le luci della festa, isola del simbolo di chi
Tu riconoscevi, a cui raccomandavi le persone
in pericolo da ogni dissennatezza
errore o macchinazione, soprattutto paura
legandole ad un discorso molto più alto di quanti
sentiamo, voci non di coro ma riti stanchi
di uomini slegati dall'Eterno,
superstiti di Chardin e di Nietzsche.
Parole consumate sull'abisso di
una retorica falsificatrice che anche te,
padre, colpì perchè criticavi quello che già
criticava il Maestro tuo
contro tribunali e curie di ben pettinati crini,
di stiratissime camicie, di non logori abiti e
mani curate lenti dorate che predicano l'opposto,
mentre gente si animalizza sempre di più,
lasciata senza parola piena,
ripiena di possibilità di scegliere la propria vita
verso un obiettivo di amicizia e di contraccambio,
di onore e gloria autentica, non fine a se stessa,
onore e gloria riportate qui sulla terra, regno degli uomini indiati,
di uomini che non potranno avanzare
per la povertà di una o poche persone che pensano alla loro sbornia o
civetteria, al nostro personalismo e narcisismo che
portano alla morte per annegamento,
alla dispersione che non cancelleranno i sogni
cristallizzati ogni sera in mostri e fantasmi.
Non posso seguirti, Padre, nella consonanza di
una poesia dotta, in una lingua e in un tempo diversi,
e data la differenza di intelligenza tra noi
accetta con i silenziosi soccorritori dell'umanità il mentre dico.
So che la poesia oggi non è accettata
come i superiori Tuoi, non calatasi nella nostra gente
che la vede distante e non ad essa destinata ma
per pochi distratti della realtà, gente che non pensa alla pensione,
alla percentuale del profitto, al miglioramento del pil.
Poeti, non comuni mortali che tentano solo di essere
pari al gene proprio, di avvicinarsi alla destinazione
ultima dell'umanità ovvero di ritornare al
punto omega che è anche alfa,
porto di arrivo e di partenza dove il capitano
saluta la nave in allegria dopo aver preparato tutto
per il ritorno, senza nessuna idea di naufragio
perchè confidante nell'amico in plancia
che non tradirà mai, la sua prerogativa di traghettarore
di anime verso lo splendore di
un porto non sepolto ma pavesato a festa.
Se questo non dovesse vedere,
il pianto non sepellirà gli scomparsi
ma rigenererà i disperati e i vili e coloro che sono
nel terrore e nel disorientamento, allungando una mano che
affettuosamente li porterà al ricovero da se stessi.
Padre Hopkins, tutti coloro che hanno aiutato
entrino nella tua poesia, nel Tuo continuo pensiero
legato a quello eternamente generativo del Padre,
e ti chiedo di avere comprensione e
pietà per quelli che agognano di capire.
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Ettore Bonessio di Terzet
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Ettore Bonessio di Terzet è titolare della CATTEDRA DI ESTETICA presso l’Università degli Studi di Genova, Facoltà di Scienze della Formazione. Dal 1982 al 1992 ha diretto il SEMINARIO SISTEMI VIDEO presso la Facoltà di Magistero, Università di Genova, insegnando Teoria delle comunicazioni dei mass media.Dal 1990 è responsabile dei SEMINARI DI ESTETICA dove intervengono artisti poeti filosofi italiani e stranieri.Ha insegnato Estetica alla Facoltà di Architettura e Teoria della comunicazione e Teorie della critica artistica al Master di “Architettura dello Spettacolo”, del quale cui fa parte del Consiglio Scientifico, Università degli Studi di Genova. E’ stato responsabile della rubrica ARTISTI D’OGGI per la rivista STUDI CATTOLICI di Milano.Ha pubblicato numerosi volumi di “filosofia” e di “poesia” . Presente in mostre personali e collettive di grafica. Collabora a periodici di varia cultura per la stampa ufficiale ed in internet.
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