giovedì 30 maggio 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = DARIO DE SERRI

Dario De Serri – "Gli anni e la città"-- puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2019 – pag. 73 - € 12,00

Dario De Serri nasce a Ferrara nel 1974. Negli anni ha pubblicato testi su riviste specializzate, scoprendo la propria passione per la letteratura e la scrittura. Dal 2008 vive e lavora a Berlino. Nel 2011 vince il Premio “Laurentum” nella categoria italiani nel mondo. Il 2014 è l’anno di pubblicazione del romanzo poetico Come le nuvole sopra Berlino (puntoacapo Editrice), che vince la prima edizione del “Premio Internazionale Cosimo I De Medici” nel 2017. Nel tempo de Gli Anni e la Città è redattore della rivista letteraria L’Ippogrifo.
Gli anni e la città, la raccolta di poesie del nostro che prendiamo in considerazione in questa sede, è un libro composito e articolato architettonicamente e presenta una postfazione di Emanuele Spano esauriente e ricca di acribia.
Il testo è scandito nelle seguenti sezioni: Ricordi, Giardino del cuore, Diamanti, Amore, Vita, Sonetti, Notte, Epilogo.
Nel libro è inserito un disegno in bianco e nero di Gianni Deserri intitolato Tempo Perduto che in un’atmosfera kafkiana raffigura tre figure vaghe e inquietanti, opera che bene s’intona alle poesie dalle quali è costituita la raccolta con il suo contenuto che evoca storie da onirismo purgatoriale.
Infatti nel suddetto disegno sono rappresentati tre personaggi che offrono l’immagine della stanchezza, una delle quali è quella di un uomo con la testa tra le mani.
Ad accrescere il senso di tetraggine sono inseriti nel quadro un letto sfatto e una sedia sulla quale è appoggiata una sveglia che potrebbe essere la simbolizzazione del tempo perduto evocatore di proustiane sensazioni.
Le sezioni sono precedute da un frammento di prosa poetica diviso in quattro parti che ha apparentemente un carattere programmatico.
Tale frammento fa trapelare inquietudine e in esso sono detti corpi, emigrazione e terrore e l’io-narrante afferma di avere visto la morte sull’asfalto della notte e si parla di foschia di rotte perdute e di una luna che offuscava gli occhi stravolti.
Il tempo, a partire dal titolo dove sono nominati gli anni, è centrale nella raccolta e molto evocativo è l’ultimo verso del componimento Fine di un pianto: - “…/il ritrarsi del tempo alla fine di un pianto/” -.
Densità metaforica e sinestesica connota i versi di De Serri e le composizioni sono a livello formale sempre efficacemente risolte.
Spesso in questa raccolta si nota il senso di un magico mistero nelle composizioni raffinate e ben cesellate nelle quali spesso aleggia un tu, interlocutore del quale ogni riferimento resta taciuto.
In La candela dove sono dette candele che si spengono è inserita la tematica mistica quando è detta con urgenza la calma che parlava degli angeli e quando l’io-poetante afferma che trovò in pace il verso vero di Dio che gli sembrò la voce che tace per una volta una parola felice dopo tanto, troppo buio, immagini che evocano un certo misticismo e che hanno il fascino del non detto dal quale trasudano parole sempre attente e acuminate.
Cifra dominante del libro è quella di un tono sempre alto venato da intellettualismo e le descrizioni naturalistiche sono spesso rarefatte e materiche nell’alternarsi del ciclo delle stagioni.
*
Raffaele Piazza

mercoledì 29 maggio 2019

POESIA = GIORGIA RANIERI

"IL RIFLESSO DI ME"

Scelte
incise su un petalo
che vola via
e lascia un’impronta
nelle lacrime
piene di cose mai fatte
e parole mai dette,
che rimbombano
come passi
su una scala
che porta al mio destino.
*

"SOSPESA" (premio sezione giovani "Tra Secchia e Panaro")

Di tanto in tanto
mi sento trasparente,
come attraversata
da raffiche di malinconia,
accetto le sfumature che trasporta
e ricopio
il suo stesso colore
senza variazioni,
come riflesso
sono resa passeggera,
come inanimata
in un mondo immobile
in cui neanche l’aria
osa graffiare.
*
GIORGIA RANIERI

martedì 28 maggio 2019

RIVISTA = NUOVO CONTRAPPUNTO

NUOVO CONTRAPPUNTO - anno XXVII - gennaio-marzo 2019 -
Sommario
Redazione : Ricordo di Giuseppe Cassinelli
Elio Andriuoli : Rimbaud. Qui tutto è distanza
Guido Zavanone : Foto ricordo, Non voltarti
Lucio Zinna: L'assenza intemporanea , Il dono
Pasquale Balestriere: L'erba di Paestum, Transiti
Marina Martinelli : Solitudine, Scatti
Recensioni : firma di Elio Andriuoli (per Luciano Luisi e per Antonio Spagnuolo), Dante Maffia ( per Guido Zavanone) Liliana Porro ( per Francesco De Nicola)
Opera grafica di Eva Aulmann
*

lunedì 27 maggio 2019

POESIA = KIKI FRANCESCHI

"MELANCHOLY"

A wolf-dog is chasing at me
as far as to my town
as far as my tears
as far as my childish glands
as far as my veins
lifehas dropped down
like a flash
like a fly into the oozy water of the pond
the air is cracking off into comparisons
the earth is mooing into metaphors
the sea is cursive writing
in a greysh chronic twilight
as the very bottom of Time
I sink down into the core of genealogy
I disappear into the metaphisical nucleus of things
just where Prometheus
figure and substance and sublime threat
stays
Out of the indigo blue Ossian sea
the bright evening star
*
KIKI FRANCESCHI

"MALINCONIA"

È il secolo cane-lupo che m’insegue
fino alla mia città
fino alle lacrime, fino alle ghiandole infantili
fino alle vene.
La vita è caduta come un lampo
come mosca nell’acqua dello stagno
l’aria s’incrina di paragoni
la terra mugghia di metafore
il mare è scrittura corsiva
nel grigiore cronico del crepuscolo.
nel fondo dei tempi
discendo al nocciolo della genealogia
scompaio entro il nucleo metafisico delle cose
là c’è Prometeo
figura e sostegno e sublime inganno
nell’indaco mare di Ossian
si prepara splendida
*

POESIA = RAFFAELE PIAZZA


"Alessia e la zona protetta"

È la sua cameretta – porto
a proteggere ragazza Alessia
destatasi al colmo della grazia.
Fuori il sole a entrare dalle vetrate
e giungere a di Alessia l’anima
a rasserenarla. Ed è zona libera
di Alessia nell’interanimarsi
con la resistenza salubre
dell’aria del giardino dove
farfalle volano e si ascoltano
dei gabbiani i versi. Crede
Alessia nella felicità e sicura
allo scoperto esce.
*

"Alessia e il cerchio magico"

Attimi di cielo carta velina azzurra
per Alessia nel salutare il giorno
di salvezza e tutti sono partiti.
Cerchio magico per ragazza Alessia
fino alla conca di tramonto
del raccolto di luce di candele
solari e sta infinitamente nel limbo
della gioia, camera calcinata
a fare l’amore con Giovanni
Alessia nel cerchio della perfezione
dei sensi a levigarsi nel piacere.
*

"Alessia e il solleone"

Cielo di ametista nel calore
della luminosità dei raggi
ad abbronzare Alessia
sulla terrazza dell’attico
dove era già venuta
un anno fa. Piastrelle
azzurre pavimento dove
si distende Alessia
e l’infinito in limine
alla vita vede venire
nell’estasi dai sensi all’anima.
Solleone per Alessia
dove era già venuta
e spera che Giovanni non la
lasci e prega la Madonna.
*

"Tu magica"

Nella gioia delle cose prealbari convalescenze quotidiane
di fragole a ritrovare quel senso che è poesia dietro l’albereto
dove siamo stati a ovest della vita e della città, tu annudata
il tuo tempio verso di te il greto a iridare visioni tranne del tuo
slip rosaconfetto, i seni al vento, il percorso delle mani per ararti
per toccare la felicità che traspare dopo la fisica gioia, dopo il piacere
nel delta tra rosa e margherita gialla o anche amore universale,
delle tue cosce la pelle, il tuo sesso dietro le barriere che di fiorevole
trasgressione danno un dato compiuto del tuo stellante lucore, lume
dei tuoi misteri che si apre alla luna portafortuna di te donna, da
attraversare il culo, l’ombelico nel ventre piatto contro del mondo
il tempo, la vita che mi hai donato nelle fibre tra alberi osservatori
muti in esatta misura di desideri. Vieni di nuovo e cambieremo
il rosaconfetto in nero per la forte trama di ragazza che sei,
se poi in armonia con le parole saremo di nuovo vestiti, la tua
minigonna, le calze, lo sguardo attento che non può mutare dove
sta del tuo mare la perfezione, esistere di gioco e umori
liquidità del frutto dove si asciugano le redenzioni nella splendida
costellazione del tuo sguardo, infine i tuoi occhi che tento verso
l’esultanza immensa.
*
Raffaele Piazza

domenica 26 maggio 2019

PREMIO POESIA = L'ASSEDIO DELLA POESIA 2020 -

PREMIO LETTERARIO “L’ASSEDIO DELLA POESIA 2020”
La casa editrice Kairòs insieme al poeta Antonio Spagnuolo organizzano il Premio per poesie inedite dal titolo “L’assedio della poesia 2020”, ispirato alla collana edita negli anni ’80 del secolo scorso.
REGOLAMENTO
REQUISITI PER LA PARTECIPAZIONE
1) La partecipazione è aperta a chiunque, italiano o straniero, abbia compiuto il diciottesimo anno di età alla data del 3 giugno 2019.
2) Sono ammesse poesie inedite in lingua italiana a tema libero che non superino i trentacinque versi.
3) Ogni partecipante può inviare una sola poesia
4) Le poesie dovranno essere inviate in otto copie di formato cartaceo dattiloscritte con carattere Times New Roman, corpo 12.
Ogni copia dovrà inoltre contenere in calce:
• Le generalità dell’autore (nome, cognome, luogo e data di nascita, indirizzo, numero di telefono, email);
• La seguente dichiarazione: “Il sottoscritto (nome e cognome) dichiara che la presente opera è originale, inedita e non viola i diritti d’autore o di proprietà intellettuale di terzi. Concede sin d’ora, senza avere nulla a pretendere, alla Kairòs edizioni, il diritto di pubblicazione e di diffusione con qualsiasi mezzo”.
5) La partecipazione al Premio è gratuita
MODALITA’ E TERMINI PER L’INVIO
6) Il plico contenente le 8 copie dovrà essere inviato, a mezzo raccomandata o posta prioritaria, entro il giorno 18 novembre 2019 al seguente indirizzo: Segreteria “L’assedio della poesia” c/o Antonio Spagnuolo – Via G. Paisiello, 19 – 80128 Napoli.
Ai fini del rispetto del termine indicato farà fede il timbro postale.
7) Le opere inviate con modalità diverse da quelle indicate al precedente articolo non saranno tenute in considerazione.
PREMI
8) Primo classificato: euro 1.000,00 e pubblicazione della poesia in un’Antologia graziosamente pubblicata e distribuita dalla casa editrice Kairòs di Napoli.
Dal secondo al quindicesimo classificato: pubblicazione in un’Antologia graziosamente pubblicata e distribuita dalla casa editrice Kairòs di Napoli.
GIURIA
9) La giuria del Premio è composta da: Antonio Spagnuolo (Presidente), Carlo De Cesare, Mauro Giancaspro, Maria Alessandra Masucci, Giorgio Moio, Ugo Piscopo, Pier Antonio Toma, Maurizio Vitiello.
10) L’esito della selezione, operata secondo il giudizio insindacabile e inappellabile della Giuria, sarà comunicato personalmente al vincitore e ai finalisti a mezzo email o a mezzo posta entro il 18 maggio 2020.
PREMIAZIONE
11) La cerimonia di premiazione si terrà il giorno 9 giugno 2020 alle ore 17.30 a Napoli presso il Museo Cappella Sansevero in via Francesco De Sanctis 19.
NORME GENERALI
12) Le opere pervenute non saranno restituite.
13) Il vincitore e i finalisti restano titolari del diritto d’autore sulle opere presentate, ma con la partecipazione al concorso concedono il consenso, a titolo completamente gratuito, alla casa editrice Kairòs a pubblicare l’opera nell’Antologia.
14) Gli autori, con la partecipazione al premio, accettano automaticamente il presente regolamento.
PRIVACY
15) In ottemperanza a quanto previsto dal Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196 e dal Regolamento UE 2016/679, la Kairòs edizioni dichiara che i dati forniti dai partecipanti al Premio saranno trattati ai sensi di legge e secondo i principi di correttezza, liceità e trasparenza e di tutela della riservatezza del fornitore. I medesimi dati verranno trattati e diffusi per le seguenti finalità: gestione del premio, invio di informazioni, pubblicazione e/o divulgazione, anche con strumenti informatici, delle opere unitamente al nome, cognome e luogo di provenienza dell’autore.
Il titolare del trattamento è la Kairòs edizioni, con sede legale in Napoli alla Via Bisignano n. 11/B (CAP 80121), email: giomusella@libero.it, a cui l’interessato potrà rivolgersi per far valere i suoi diritti in ordine ai dati raccolti, tra cui il diritto all’accesso, il diritto di rettifica e cancellazione dei dati, il diritto di limitazione e di opposizione al trattamento, il diritto alla portabilità dei dati, il diritto di revocare il consenso al trattamento (senza pregiudizio per la liceità del trattamento basata sul consenso acquisito prima della revoca), nonché il diritto di proporre reclamo all’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.
Con l’invio dei materiali letterari i partecipanti acconsentono al trattamento dei dati personali e prestano il consenso al trattamento, alla comunicazione a alla diffusione dei dati per i fini sopra indicati.
Per qualsiasi informazione inerente il Premio: spagnuoloantonio@hotmail.com

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANGELO ANDREOTTI

Angelo Andreotti – L’attenzione---puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2019 – pag. 91 - € 12,00

Angelo Andreotti è nato nel 1960 e vive a Ferrara, dove dirige le Biblioteche e gli Archivi comunali dopo aver diretto per anni Musei.
Per la poesia ha pubblicato: Porto Palos (2006). La faretra di Zenone (2008), Nel verso della vita (2010), Parole come vita (2011), Dall’ombra la luce (2014), A tempo e luogo (2016). È anche autore di saggi.
L’attenzione, il libro del Nostro che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Antonio Prete ricca di acribia.
Il testo composito architettonicamente è scandito in tre sezioni Una soglia di senso, Contro la porta, sigillata e Minima luce.
Il titolo del libro colpisce perché è lo stesso di un famoso romanzo moraviano ma va rilevato che a parte che per i diversi generi le due opere hanno poco in comune tranne la connotazione della parola attenzione che le sottende entrambe.
Attenzione significa applicazione e concentrazione della mente e dei sensi sulla presenza e l’attesa di un fatto.
Quanto suddetto bene si adatta ai componimenti di Angelo nei quali è sempre presente un tu al quale il poeta si rivolge del quale ogni riferimento resta taciuto, presumibilmente un amico, ma quel tu potrebbe essere anche il terzo che ci cammina accanto presente in una certa tradizione poetica: comunque è una figura enigmatica che accentua il carattere magico e avvertito di una scrittura densissima che ha per etimo la bellezza della forma.
Non a caso serpeggia nei versi un vago senso di attesa extratemporale e nell’attimo si concretizza una ricerca che sottende strumenti estetici raffinatissimi che tramite l’ispirazione designano esiti mirabili.
In Gestazione, attraverso parole dette con urgenza, il poeta gioca la carta affascinante della poesia nella poesia e tramite un’efficacissima metafora l’autore paragona le parole in nero sulla carta bianca a orme sulla neve e anche qui c’è il tu che nei versi imprime il ritmo dei suoi passi, immagine veramente suggestiva.
Intrigante anche il gioco dell’avvicinare parole come la nebbia e il gelo degli alberi con parole astratte come silenzio e solitudine.
In un disegnarsi di associazioni di sintagmi che ha il dono del turbamento e la connotazione dell’icasticità nel coniugarsi con la leggerezza le poesie decollano e planano con dolcezza e maestria e ricorrente è una natura rarefatta e altissime sono le sinestesie come quando il poeta afferma che la sera che scivola accanto ha pelle fresca o invita il tu a respirare la luce.
Tra accensioni e spegnimenti procede l’ordine del discorso di Andreotti e il ritmo sincopato produce una suadente musicalità.
Anche se non mancano folgorazioni neo liriche non si può considerare questa materia lirica tout-court.
Infatti la cifra dominante della poetica del Nostro è quella di una vena filosofica e intellettualistica e non quella di un naturalismo elegiaco. anche se non manca una vaga e costante linearità dell’incanto.
*
Raffaele Piazza

venerdì 24 maggio 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIANFRANCO VACCA

Gianfranco Vacca – Se il silenzio se io ascolto, se i tamburi-- puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2019 – pag. 73 - € 12,00

Gianfranco Vacca, caprese, nasce nel 1959 a Napoli e ha vissuto a Genova e poi a Roma.
Nel 2011 ha pubblicato la raccolta di poesie dal titolo Sarebbe stato un ottimo pazzo e nel 2013 Cinepresa mistica (puntoacapo Editrice).
È inserito nel Fiore della poesia Italiana, a cura di M. Ferrari, V. Guarracino, E Spano (puntoacapo Editrice, II ed. aggiornata 2016).
Se il silenzio se io ascolto, se i tamburi, la raccolta di poesie di Vacca che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una postfazione di Gianfranco Isetta esauriente e ricca di acribia.
Il libro è scandito in due sezioni Il viaggio e La casa.
I componimenti della raccolta si possono dividere in due categorie: quelli forniti di titolo e quelli senza titolo e questo crea l’implicazione consistente nel fatto che i secondi restano maggiormente nel vago.
Cifra distintiva della poetica del Nostro è quella di una vena tout-court neo lirica che a volte sfiora l’elegiaco, fatto raro nel panorama della poesia italiana contemporanea.
Tale caratteristica si coniuga con una linearità dell’incanto raggiunta attraverso una parola precisa, leggera e nello stesso tempo icastica.
In ogni componimento è riportato il luogo dove è stato scritto e predominano le composizioni scritte a Capri dove il poeta risiede e altri luoghi d’ispirazione sono stati Roma e Istanbul e c’è una poesia scritta tra Capri e Roma.
Protagonista del testo pare essere una natura idilliaca detta sapientemente tramite una forte densità metaforica e sinestesica.
Il poeta anche attraverso il ritmo armonico e sincopato raggiunge effetti di grande bellezza nelle sue descrizioni accompagnate dalla forte presenza di un io – poetante che si effonde con accensioni e spegnimenti.
Anche il senso del tempo che passa connesso a quello dell’identità è presente nel libro come quando Gianfranco scrive che ieri era egli stesso e che oggi è sempre lui e ieri una rosa era una rosa, la rosa detta frequentemente negli eterni giardini della poesia che per antonomasia diviene simbolo di bellezza e amore.
Gianfranco Vacca fa rivivere nel lettore gli incanti dell’isola azzurra nella quale vive e questo provoca emozioni nel lettore che leggendo i versi, immergendosi nella pagina riesce a rivivere situazioni vissute a Capri che come tutti sanno è considerata una delle più belle isole del mondo.
Stupore, magia e meraviglia trapelano dai versi di Vacca che riesce a produrre composizioni sempre ben risolte e controllate a livello stilistico.
Particolarmente bella e riuscita la prima poesia del libro con il bellissimo incipit Il cielo era un’ipnosi di stelle nella quale, dopo la parte descrittiva iniziale, l’io – poetante afferma che partirà chiedendo perdono da isola a isola, nel lasciare solo un tu del quale ogni riferimento resta taciuto e che presumibilmente è l’amata.
Immedesimandosi nell’omerico Ulisse il poeta continua dicendo che sosterà la terra di un sogno per lasciarsi attendere in ogni Penelope del mondo.
Il linguaggio è sempre misurato, raffinato e ben cesellato nella sua intelligente articolazione complessa e chiara nello stesso tempo: - “Quando sarai sulla cima delle cose/ manterrai il coraggio/ se anche il mare si allontana/via da te? /”-.
*
Raffaele Piazza

giovedì 23 maggio 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = VALENTINA MILANDRI

Valentina Milandri – Perfino le parole (2011-2017)-- puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2019 – pag. 59 - € 12,00

Valentina Milandri è nata il 31 luglio 1972 a Forlì, città dove attualmente risiede. Laureata in Scienze politiche, Scienze della formazione e diplomata all’istituto di scienze religiose nelle scuole dell’infanzie e primarie, oltre a svolgere numerosi lavori. È sposata e madre di due figli. Questa è la sua prima pubblicazione.
Perfino le parole presenta una postfazione di Emanuele Andrea Spano esauriente e ricca di acribia.
Il testo non è scandito è tutte le poesie sono connotate da una notevole brevità nel loro essere concentratissime.
La suddetta caratteristica, nel coniugarsi alla forma compatta e affilata, rende i componimenti connotati da una parvenza epigrammatica.
Poetica prevalentemente antilirica, quella della Melandri, anche se sono presenti spesso accensioni e spegnimenti sottesi a stati d’animo tra allegria e tristezza.
Procurano emozioni nel lettore questi componimenti scabri ed essenziali e i tessuti linguistici sono sempre icastici nella loro leggerezza e precisione.
Hanno anche un’essenza aforistica le poesie nel loro decollare sulla pagina attraverso una dizione armonica e ritmica che ha una sotterranea musicalità.
Poiein intellettualistico, quello che rivela l’autrice, una riflessione sulla sua vita sull’hic et nunc per trarne il senso più profondo e salvifico attraverso la scrittura poetica praticata come esercizio di conoscenza.
Anche la tematica religiosa viene affrontata in una composizione ben risolta nella quale la poeta si rivolge al padre dicendogli di avere ritrovato la sua corona del rosario e che attraverso tale ritrovamento sa che il padre è salvato (non si sa da quale pericolo).
Una natura vegetale e preziosa si rivela in queste pagine con una certa frequenza quando vengono nominati tigli, campi ronzanti di fiori e lo scarlatto del papavero e i primi fiori del mandorlo.
E le varietà vegetali potrebbero simboleggiare l’amore della poeta per la vita e prevale una vena ottimistica.
Sembrano dei flash le poesie di Valentina, nella loro luminosità e velocità veramente insolite.
Anche una vena surreale s’incontra con una certa frequenza come quando è detto con urgenza notevole che gli alberi si stanno abbigliando da spose bianche e rosa.
È la vita stessa la protagonista del libro e molto interessante è intrigante è stata la scelta del titolo da parte dell’autrice, un titolo che porta a riflettere sulle intenzioni nella coscienza letteraria della poetessa stessa nel suo coniarlo.
La poesia Depressione è composta solo da due parole e nel chiamare il libro Perfino le parole si crea un’atmosfera metalinguistica nel riflettere dell’artista sulle sillabe stesse del suo discorso e in questo si potrebbe scorgere qualcosa di provocatorio in un gioco sottile e consapevole.
Frequentissima la presenza di un tu del quale ogni riferimento resta taciuto, figura che presumibilmente, se tutto è presunto in poesia, dovrebbe essere quella dell’amato e c’è anche talvolta il tema dell’erotismo.
Nella sua maturità stilistica questa raccolta di esordio veramente bella fa attendere con ansia ulteriori prove.
*
Raffaele Piazza

mercoledì 22 maggio 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = VELIO CARRATONI

VELIO CARRATONI "PAURA DELLA BELLEZZA" - ED. FERMENTI 2019 - pagg.136 -€ 15,00
Sul dizionario di retorica e di stilistica del grande saggista e critico letterario Angelo Marchese, alla voce aforisma si legge: “breve massima che racchiude, per lo più, una riflessione etica o un ideale di saggezza”.

E’ esattamente quanto possiamo leggere negli aforismi raccolti da Velio Carratoni sotto il titolo "Paura della Bellezza" (Fermenti, 2019). A farla da padrone è, in particolar modo, una sorta di j’accuse nei confronti della sostanziale volgarità della vita attuale, in senso lato, della sua aridità cui, suo malgrado, ancora si oppone una frangia di resistenza/ostinazione che tenta di mantenere in vita cultura e senso della comunicazione.
Prettamente più che di comunicazione vera e propria si potrebbe parlare di un contatto potenzialmente continuo che contraddistingue la nostra società ma che molto spesso si trasforma nel suo contrario, giacché così come è facile raggiungerci ed essere raggiunti lo è altrettanto divenire irraggiungibili, allorché talvolta, sempre in modo più pervasivo, scegliamo l’assenza di contatto, decidiamo di non mostrarci, di non rispondere e quindi anche di vivere rapporti interpersonali svuotati di concretezza.
In molti degli aforismi dedicati al tema della comunicazione Carratoni se la prende con la tecnologia attuale che spesso ci porta a schermarci dietro un sistema di dispositivi i quali ci conducono verso un modello di società fantasmatica. Sembrerebbe che ci sia una tendenza a difenderci al contatto, che sia diventato normale non esserci, non rispondere, professare sentimenti realmente non vissuti.
Forse anche da questa problematica si innesca la paura che spicca nel titolo del volume, una paura consistente anche nello svelare ciò che ciascuno, per riserbo, finzione o falsità stenta ad ammettere. La paura è anche timore che la bellezza che difendiamo in noi possa improvvisamente scomparire, che diventi un ricordo, che si riduca ad un’illusione. Nella bellezza, ci mette in guardia l’autore, non c’è infatti soddisfazione ma un coinvolgimento che comporta sgomento e sofferenza.
A proposito di bellezza, Velio Carratoni scrive: “La bellezza si estingue. Il fascino resta. A far rivivere la genialità delle ombre.” Questo mi sembra l’aforisma-principe dell’intera raccolta. La bellezza, massimamente coinvolgente, è soggetta a deterioramento, come tutto ciò che è dotato di vita, quindi si logora e anche chi la possiede è destinato ad una perdita ed ecco quindi anche la sofferenza; del resto la sofferenza interviene ove ci sia stato prima un piacere, derivando essa dalla mancanza di un piacere. Ma attenzione al repertorio lessicale utilizzato: la bellezza non muore, non finisce, si “estigue” e questo lessema ci conduce in un’atmosfera quasi incantata nella quale il lettore intravede un movimento funambolico ove in un intervallarsi di apparire e scomparire un essenza importante svanisce in modo leggero ma al tempo stesso definitivo. A fare da contraltare c’è il fascino, l’anima interiore della bellezza, il quale invece non si estingue ma “resta”. In tale suo restare possiamo osservare una forma di resistenza, di impegno, in qualche modo, quasi ineludibile e finalizzato ad una sorta di resurrezione, di qualcosa che in realtà non è mai morto: la genialità delle ombre. Leggerei queste ombre come la parte, per assurdo, più consistente della vita dell’uomo, il cui percorso esistenziale si compone sostanzialmente di ombre, talora più vivide, tali altre meno appariscenti ma sempre presenti. E allora chiediamoci qual è il significato di “genialità”. Probabilmente potremmo rispondere: un nascere con un talento (gignere/genium) il talento che ciascuno di noi, perseguendo la bellezza e soffrendo (quindi patendo per essa) attua nella fascinazione dell’ entità dell’ essere.
Carratoni distingue nel libro sette sezioni: cultura, politica, psicologia, costume, attualità, collettività, prassi. Colpisce come da un termine onnicomprensivo come “cultura” si finisca con uno concreto e definito come “prassi”. Se nella prima leggiamo aforismi come “Gli altri non sono competitori ma nostro collegamento. Sia pur sgradevole. Preferibile al gelo del non contatto” o “Chi non crede a se stesso, non calcola gli altri. Repellenti ma necessari.”, nell’ultima sezione troviamo per esempio “L’umanità è un ricordo sbiadito”.
Cosa è accaduto nel passaggio dalla teoria/cultura alla pratica/prassi? Risponderei con un altro aforisma: “ Moine. Sorrisi. Ammiccamenti. Per far scattare tanti muoviti e seguimi. Prefissati.” E’ intervenuta la FINZIONE, è sopraggiunto il gioco umano del vedo/non vedo, del sono/sembro, del dico/nego, della eterna bilancia tra il sì e il se, l’incessabile movimento che ci sballotta tra ciò che è vero ab Aeternum e ciò che è rappresentazione. La finzione si produce per assenza di contatto.
Scrive Carratoni “Volgarità e finzione seppelliscono la poesia” e “L’ambiente è finto. Noi siamo figuranti. Veri sono i contorni che non riusciamo a decifrare” e ancora “Lo scudo delle parole. Ci coinvolge nelle finzioni d’obbligo”, “Il benessere è tutta una finzione, soprattutto se di sapore cellulare”.
Trasversalmente alle varie sezioni leggiamo, poi, i riferimenti alla politica, che non è più servizio sociale e civile ma attività svolta in funzione autoreferenziale “Padroni della politica. Non ci avevano abituato a pensare che ogni suo esponente dovesse essere un servitore?”. Qui si innesca anche una costruttiva critica ai giovani, oggi detentori di una status di unicità che li slega dal passato e dal futuro comune, apparentemente facendoli sembrare liberi, in realtà sprofondandoli in un caos di indeterminatezza. Si legga: “E chi non si sente seguito da vivi o morti è come se non ci fosse” o “ I giovani sono cresciuti come se ci fossero sostegni perenni, pur biasimando le dimore d’origine”. La visione profetica del futuro, che finalmente accomuna tutte le generazioni, ci vede inermi: “Dove ci porteranno certi padroni della Terra? Coloro che credono di dominare cielo acqua mare. Come se tutto fosse loro.”
E infine la predizione: “Sarà la nostra conoscenza a conservare o approfondire. Anche se si tenterà di ignorare o dimenticare”.
Conoscenza per conservare, il progresso per custodire ciò che è stato, per cercare ciò che sopravvive al contingente ovvero la BELLEZZA.
Di bellezza si tratta non soltanto in questa ricerca profonda del lessico e del significato intrinseco delle parole ma anche nella struttura del discorso posta in rilievo da un uso, direi, filosofico della punteggiatura, che in questi aforismi segue lo stesso ritmo del pensiero piuttosto che il banale uso comune.
Velio Carratoni prende per mano il lettore e lo conduce in un mondo composto di riflessione, di ostinata vitalità, di non resa alla volgarità del vivere che si rivela per “non vita”, alla luce dell’amore che è conoscenza vera, di mistero che è anima della conoscenza stessa, di apertura verso l’incognito che è paura ma al tempo stesso bellezza.
*
Antonella Calzolari

lunedì 20 maggio 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = ALDINO LEONI

Aldino Leoni – Fra aria e pietra-- puntoacapo Editrice – Novi Ligure (Al)- 2019 – pag. 83 - € 12.00

Aldino Leoni, l’autore del testo che prendiamo in considerazione in questa sede, è nato ad Alessandria nel 1949 e cura fin dalla fondazione, nel 1981, la Biennale di Poesia di Alessandria.
La sua poesia è pubblicata da puntoacapo nei volumi A mani ferme, La piazza delle scintille, Uno: fotopoesie. È autore dei teatralconcerti Il bambino della Cittadella e L’insopportabile esplosione. Si è occupato di didattica della poesia e di teatro – scuola.
Fra aria e pietra presenta una prefazione di Barbara Viscardi Balduzzi esauriente e ricca di acribia.
Cifra distintiva della poetica di Aldino Leoni espressa in questo libro è quella del riuscito tentativo di creare atmosfere magiche nelle quali predomina la tematica della natura (animata quando sono detti animali e piante) o inanimata (quando, evento ricorrente, è nominata la pietra che è anche nel titolo della raccolta).
Le forme dei testi che qui incontriamo sono rarefatte ed è sempre eccellente il loro controllo e si constata costantemente una notevole eleganza stilistica.
Il versificare a volte è chiaro e luminoso mentre in altri casi s’invera in tessuti linguistici vagamente anarchici ed è sempre sotteso a una innegabile visionarietà.
Predomina quasi sempre un vago senso di mistero e una vena neo – orfica che rende le poesie ricche di fascino.
Protagonista pare essere il tempo che passa e non a caso la prefatrice scrive che morte e vita sono i due grandi temi della poesia di Aldino Leoni, affrontati da diversi punti di vista. Piccole e grandi esperienze del quotidiano ispirano versi che hanno in comune la consapevolezza della fine e la speranza in un Oltre che si profila al di là del tempo.
I versi sono sempre ritmici e armonici di un’armonia che crea un’avvertita musicalità.
Prevale un poiein descrittivo nel quale emerge talvolta la voce dell’io-poetante tra subitanei accensioni e spegnimenti.
I componimenti sono sempre raffinati e ben cesellati e sempre risolti con leggerezza nella loro icasticità senza il minimo sforzo.
Composita e intrigante la struttura architettonica del volume suddiviso nelle seguenti scansioni: Il monte, Con quali passi, Volano di più, Lento respiro, La danza del drago, Mai viste, Aria e pietra, Parlale.
C’è, come si accennava, una vena religiosa in questa scrittura come ad esempio in questa breve composizione senza titolo: - “Prego l’angelo/ che ben levata stia/ la sua spada/ fra aria e pietra” -.
Quindi l’iterativa pietra diviene simbolo di quello che è senza vita, della morte, nulla dal quale sporge forse ontologicamente l’essere se l’autore ipotizza l’esistenza degli angeli nominandoli.
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Raffaele Piazza

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIANFRANCO JACOBELLIS

Gianfranco Jacobellis : “I vuoti del mosaico” – Ed. Biblioteca dei leoni – 2019 – pagg. 192 -- € 12,00
“Ci sono ancora/ cose da fare/ tra i vuoti del mosaico/ mi scusino le ombre/ con i loro sipari/ chi si muove accanto/ è solo riflesso/ non ancora distacco.” Così apre la silloge Gianfranco Jacobellis nel proiettarsi tacitamente in un crescendo, che potrebbe essere la ricerca di segnali da incidere nel vuoto della pagina, per rincorrere il ritmo di una musicalità percepibile soltanto se in armonia con il quotidiano. La sua è scrittura piana, delicatamente plasmata nel verso, che si alterna dalle valenze universali alle circostanze dell’oggi, dalle memorie ricche di colori alle occasioni di un presente immaginoso o felicemente particolare.
“A palpebre chiuse/ lo sguardo di labirinti/ e di memorie/ non ha gli incontri/ ed è l’enigma/ in una notte volontaria/ sospeso nel dubbio/ credere all’illusione del chiarore/ o alle promesse delle ombre/ che, nascondendo, proteggono.”
La luce, che è di specchio, non è illusione, non è speranza, ma una struttura magica con una maschera ed una raggiera aperta, che ci procura a volte la vertigine capace di diventare preghiera consapevole e sussurrata. Una preghiera che sostiene il difficile equilibrio della ricerca filosofica, in un percorso che vaga tra il suggerimento del subconscio ed il pulsare della immaginazione. Qui le figure si stagliano nei confini della parabola e le immagini inseguono il passo della speranza per diventare esse stesse un alone del pensiero dominante.
ANTONIO SPAGNUOLO

domenica 19 maggio 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = BRINA MAURER

Claudia Manuela Turco (Brina Maurer), "Il Centauro malato", Torino, Robin Edizioni 2018, pp. 264, 15 euro

Una voce poetica potente che non ha paura di riaprire ferite dell’anima, perché sa farsi forte delle proprie cicatrici. Brina Maurer ci propone liriche dal 1998 al 2010. Non mancano veri e propri poemetti post-moderni, in cui la parola si illumina di volta in volta di luce fredda o di riflessi sanguigni (il rosso è un colore adatto), la poesia si fa bisturi per dividere da noi le illusioni, gli abbagli, e donarci una verità affilata che non rende liberi ma consapevoli. Non mancano immagini visionarie e metafisiche: “Suoni metallici / volteggiano / lungo le stecche / di ombrelli / dall’argenteo puntale / di mecca dorato, / ombrelli accolti / da invitanti vortici / ambrati di viole e rose” (tratta dall’“omaggio al pittore torinese Gianni Sesia della Merla”).
Le citazioni di altri poeti e artisti non mancano, a delineare un percorso sinergico, che attraversa la poetica degli ultimi decenni. Fra tante sfaccettature è interessante cogliere ciò che l’autrice dice della poesia in sé: “Slaccio la metrica / come un fastidioso busto, / che crea facili illusioni / di nitide e abbondanti forme. / Nulla è nitido, stabile. // E nell’incertezza / m’incruno nell’ago poetico, / per ricucire i lembi dell’eterna ferita, / cuocendo spiedini di stelle, / carni infilzate nell’arcano”. In questi versi c’è tutta la filosofia dell’autrice che si manifesta in ogni componimento. E poi però sa scrivere anche: “La poesia accende scintille / in sogni perduti, / riporta sul prato / un fanciullo cresciuto, / regala brividi lontani e amori vicini. / Gli occhi si bagnano di rugiada, / mentre le lacrime arginano il dolore”.
Dunque la stessa forza che scoperchia le ferite regala istanti di plenitudine.
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-- Federico Caldera
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Pubblicato in “Bacherontius” – Periodico di attualità, cultura, politica e satira fondato nel 1969, Anno L, Numero 2, Maggio 2019, pp. 34-35, in “Il Giardino delle Muse”, Rubrica di recensioni librarie a cura di Federico Caldera https://it-it.facebook.com/pg/Bacherontius/posts/
“Bacherontius” nasce nel novembre 1969 ed è un periodico bimestrale che, da 50 anni, esce ininterrottamente senza proventi pubblicitari e senza sovvenzioni pubbliche.
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Federico Caldera è nato a Novara. Insegnante in quiescenza, si occupa da tempo di giornalismo e di letteratura, con particolare attenzione alle recensioni librarie. Oltre alla collaborazione con un settimanale della sua zona, segue la “terza pagina” della rivista “Bacherontius”, edita a Santa Margherita Ligure dalla “Tigulliana”, associazione culturale che è anche casa editrice.

sabato 18 maggio 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = FIORINI / RAIMONDI

Ornella Fiorini – Daniela Raimondi - Furestér-- puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2019 – pag. 73 - € 18,00

"Furestér" è una raccolta di poesie, tra le poche nel panorama letterario odierno,scritta da due poetesse, Ornella Fiorini e Daniela Raimondi.
Si viene a creare un rapporto interattivo tra le autrici nell’affrontare entrambe la tematica dell’emigrazione.
Il suddetto tema è attualmente al centro dell’attenzione massmediologica quando in Europa voci di politici molto contrastanti, alle quali si aggiunge quella autorevole di Papa Francesco, danno il loro parere, che spesso diviene decisione storica, sul tema dell’accoglienza dei derelitti, che come tutti sanno, partono disperati dall’Africa in guerra per trovare un’incerta salvezza in altre terre.
Qui è toccata soprattutto la tematica dell’emigrazione, connessa a quella del viaggio ad essa sottesa, a livello privato, descrivendo in versi le due scrittrici le loro esperienze di vita che le hanno portate lontano dai luoghi di nascita e che hanno profondamente segnato le loro esistenze.
Tutte le poesie sono scritte sia in dialetto che in italiano e, a rendere intrigante l’opera complessivamente, sono i brani di prosa di entrambe sempre sullo stesso tema e un CD allegato di canzoni della Fiorini, che è anche pittrice e cantautrice.
Deve quindi essere letto "Furestér" come un ipertesto nel quale trasversalmente s’incontrano le tre linee di codice.
Il testo presenta una presentazione di Franco Loi ricchissima di acribia che nella sua brevità espone le ragioni dell’opera.
Preliminarmente s’incontrano due note, una di Ornella Fiorini e una di Daniela Raimondi, che rendono il libro ancora più felicemente composito a livello architettonico.
Le poesie di entrambe le poetesse sono caratterizzate da narratività e chiarezza e possono essere definite tout-court come neo liriche.
Lasciare i luoghi di origine nell’infanzia è stata un’esperienza dolorosa ma nemmeno minimamente diviene occasione per gemersi addosso.
Come scrive la Raimondi qui prosa, poesia e musica si sono trasformate in un atto d’amore per le nostre origini: un atto d’amore per il Po, per le sue tradizioni e per la sua terra.
Anche il tema della natura è centrale quando, per esempio, la Fiorini scrive della sua casa senza luna, di un pezzo di cielo senza fortuna senza il profumo del fieno tagliato e dell’odore del mare.
Una certa comunanza di stili accomuna Daniela e Ornella che hanno in comune l’esprimersi leggero e nello stesso tempo icastico attraverso parole magiche dette con urgenza sempre raffinate e ben cesellate.
È detto l’argomento degli affetti familiari e delle generazioni che si susseguono incessantemente.
Il ritorno tramite ai versi al luogo natale diviene riattualizzazione del passato e mai inutile e sdolcinata nostalgia e ancora una volta la poesia svolge il suo ruolo salvifico.
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Raffaele Piazza

SEGNALAZIONE VOLUMI = ALBERTO SODANI

ALBERTO SODANI : "COME IL MARE D'INVERNO"-- Edizioni Emersioni - 2018 - 200 pagine

C'è molto da riflettere, da estrarre, da condividere a proposito di questo primo romanzo scritto da Alberto Sodani, medico dentista romano (dopo alcuni racconti e mini racconti). Fa parte di quei libri che non si lasciano una volta aperti, perché regala momenti di lettura intensa e drammatica. Infatti la storia che ci viene raccontata si può definire proprio attraverso questi aggettivi, più che mai adatti alla trama.
L'Ing. Giorgio Pollini, tranquillo uomo di mezza età, conduce una vita privata regolare, con una moglie insegnante, in attesa del primo figlio. Manager serio e preciso, molto rigoroso sull'etichetta, lavora in una importante società internazionale. Dà del Lei ai suoi colleghi e non li frequenta. Si potrebbe dire che ostenta una leggera "puzza sotto il naso".
La coppia si vede piombare all'improvviso nella disperazione più assoluta alla nascita della figlia, affetta da una grave malformazione dal nome barbaro, non riscontrata durante la gravidanza. Cade su di loro come un gigantesco macigno. Infatti da quel momento la loro vita diventa una lotta senza quartiere per strappare ad una morte quasi scontata e quasi augurabile - almeno per la moglie - l'esserino minuscolo che condizionerà la loro esistenza.
Intorno a Giorgio, gravitano diverse donne: Giulia, questa figlia "diversa" poi voluta, disperatamente curata e dal padre amata malgrado la sua menomazione; la moglie Carla; mentre il padre lotta accanitamente per la salvezza, lei viene trascinata in una cupa depressione di tipo post-partum, esacerbata dalla malattia della neonata, che sfocerà in una violente crisi di rifiuto e rigetto; la sorella Gianna, medico, confidente e approdo sicuro nella tempesta, ma anche fonte di consigli e raccomandazioni non sempre ben accolti; Irene, l'altro aiuto prezioso, la dolce dottoressa logopedista, diventata ormai indispensabile; segue le tappe e i miglioramenti a singhiozzo dello stato della bambina dopo i vari interventi; insegna ai genitori a come comportarsi durante le sue crisi di apnea; infine Clelia, "l'ingegner Bersani", collega di lavoro dallo sguardo d'acciaio e mare, montata su tacchi dodici, personaggio da fumetto sofisticato, con la quale intreccia un rapporto ambiguo e problematico. Unico uomo di qualche importanza, emotivo ed apparentemente scialbo, ma efficiente e devoto, l'assistente dottor Cosimi.
Ulteriori presenze consolatorie in quest'arido panorama: la musica lirica, Verdi, Puccini, Mascagni, di cui ascolta appena possibile i brani preferiti, l'architettura, la pittura, l'arte in generale, come nel titolo del libro, ispirato ad un quadro di Turner, e da lontano alla celebre frase di Ungaretti: "Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie".
Mentre da un lato Pollini arranca faticosamente nella sua vita di marito e padre, dall'altro, riversa le sue residue energie nel lavoro che va invece a gonfie vele, diventando lui, con uno strano fenomeno di contrappasso il personaggio di spicco della sua società. Arrivati a questo punto del romanzo, viene da chiedersi, con molta partecipazione e curiosità: come proseguirà la sua vita? Si separerà da Carla? Irene o Clelia entreranno invece a farne parte? Quale percorso prenderà il suo cammino? Certo è che non sarà più lo stesso "Information Technology Director" di prima. Sarà cresciuto, nell'angoscia e nella sofferenza alle quali niente lo preparava.
Bivio e svolta. Alle soglie dell'estate viene organizzata una grande festa in suo onore. Nella casa lussuosa e lussuriosa che Clelia Bersani condivide col suo amico Frank, ricco americano dall'aspetto da viking e tendenze al "voyeurismo". Casa "nave spaziale in bianco legno e cristallo", e specchi, tanti specchi, il massimo di un glaciale erotismo e kitsch che si pretende raffinato. Preponderante a questo punto è lei, la "Wonder Woman", la donna dagli occhi grigio-mare, desiderata respinta desiderata ancora in un balletto ansimante di sensazioni contraddittorie.
Questo evento doveva segnare la resa dei conti. Di più, un'esplosione nella mente, nel cuore e nel corpo di Giorgio Pollini. E così è stato. Tensione accumulata, disorientamento, il non sapere più chi fosse, dove andasse, come sarebbero finiti il suo matrimonio, la sua carriera di manager - diventato troppo prezioso dunque troppo costoso -. Ma soprattutto cosa sarebbe stato di quella cosa incomprensibile e sbrindellata: la sua nuova vita. Tutto questo lo spinge dentro un turbinio di sesso non sesso, di speranza e rabbia, uno sfogo liberatorio e disperato che lo lascia esausto. L'unico punto fermo è il suo amore per la piccola bambina che gli sorride sempre, gli afferra il naso con le sue manine calde e ha bisogno di lui come lui ormai di lei. "Tu e Giulia.
Fino alla fine." Tu, cioè io, Giorgio Pollini. Perché il racconto viene fatto da una voce narrante, ma non in prima persona attraverso l'"io" classico di chi espone i fatti propri, ma con il "tu". Come a sdoppiarsi, a nascondersi, a prendere le distanze da quell'altro "io" che lo sovrasta e schiaccia. C'è l'uomo del prima e quello del dopo.
Il racconto, subito coinvolgente, è affannoso e trafelato. Come di uno che corre contro vento sulla spiaggia e rimane "à bout de souffle" , estenuato da quel percorso ad ostacoli cosparso di continui alti e bassi. Violenza e tenerezza s'intrecciano e si rincorrono sul filo della storia come le onde del mare così spesso evocato. S'incontra in queste pagine un lirismo contenuto, non lacrimoso o soltanto quando occorre davvero, ma senza commiserazione, sostenuto dalla speranza: ce la faremo, Giulia mia, usciremo dal tunnel. Insieme. La parte più nobile del Va tutto bene nei film americani...
"Vieni amore mio.
Si va a casa.
Andiamo."
L'insieme è composto da 50 capitoli più Prologo ed Epilogo. Le frasi sono brevi, il tutto frammentato, con molti punti, accapo, certe volte una parola a riga due tre poco di più. Diventano perfino poesia, in alcuni casi decrescendi visivi come ad esempio nel Prologo, nei capitoli VI, XII, XL, XLVII, L, ultimo capitolo prima di un Epilogo dal gusto amaro come tutto il libro.
"Perché esserci è importante.
Tu lo sai, l'hai già provato.
Il vuoto totale vicino a te.
Tranne Giulia, lei no.
Lei c'è, e basta.
Per sempre.
Sei sicuro."

(capitolo XL)
*
Edith Dzieduszycka
Maggio 2019

giovedì 16 maggio 2019

POESIA = RAFFAELE PIAZZA -



"Alessia amante del sole"

Luminosità ad accendere i sensi
e l’anima di Alessia nel soleggiato
mercoledì di maggio e la candela
solare la pervade rendendola
felice come di sedici anni una donna.
Ama il sole Alessia per guardarlo
meglio negli occhi. E li legge
quegli occhi Alessia e ne trae gioia.
Vola un jet sopra la nuvolaglia
e lassù nell’aereo immagina
Alessia suo figlio non ancora
generato nel mondo.
*

"Alessia nel soleggiato paesaggio"

Doveva piovere e c’è il sole
per Alessia nell’inebriarsi
felice di luminosità. Paesaggio
iridato a Parco Comola per
Alessia e ad Agnano il giardino
di Mirta ancora esiste. Attimo
tra dolore a emergerne gioia
ai blocchi di partenza della vita
infinita e ci sarà raccolto.
Bocca illuminata di Alessia
a baciarlo mentre brillano
i lumi degli occhi di ragazza.
*

"Alessia e l’amore mistico"

Il visibile luogo è di Mirta
il giardino per Alessia
nell’interanimarsi con le piante
(gli aranci, i limoni, i melograni
dai rossi fiori). Amore per la natura
buona per Alessia che qualcuno
avrà creato, pensa la ragazza
e nel sentire del fiore del limone
il profumo s’intessono di Alessia
con l’azzurrità i pensieri
e sta infinitamente. Poi un pensiero
per Giovanni, felice che abbia
avuto il posto in banca.
E la fabula avrà lieto fine
con due cuori quattro pareti
e un letto
*

"Alessia sfoglia la margherita rosa"

Sera di plenilunio d’estasi
nel controllo del tempo
di ragazza Alessia e della
temperatura nella casa
del mare. Si irida la stella.
Alessia pervasa da inaudita
felicità ride nella vita nuova.
Tutto accade ai blocchi
di partenza del campo
animato che è l’esistere,
in arcobaleni di bei sogni,
con affilate mani nei diari
trascritti. pari a verdi
coltivati con pazienza
di esotiche piante oltre la mente.
Sfoglia la margherita
rosa Alessia
(il numero dei petali è dispari).
*
Raffaele Piazza

mercoledì 15 maggio 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIACOMO LERONNI

Giacomo Leronni : “Scrittura come ciglio” – Ed. Puntoacapo – 2019 – pagg. 192 - € 15,00
Con l’accattivante e ricca prefazione di Daniele Maria Pegorari ecco una raccolta di poesie che offre il canto affascinante del verso, ricamato con l’attenzione e la passione di chi si abbandona quotidianamente alla ricerca della parola per bisbigliare al fremito della vertigine. Di Giacomo Leronni abbiamo altre volte ammirato la elegante tessitura della sua scrittura, sottolineando che “le sue pagine sono un viaggio orfico e innanzi tutto un rapporto simbolico con il mondo che circonda, nelle molteplici attrazioni morali e culturali, una continua luminosa sequenza di conquiste del porto sepolto, di colorate dinamiche del segno, sempre in marcia nella formazione dello spazio e del sospeso.” Le poesie partono dal silenzio, dal tacito socchiudersi delle palpebre per agguantare improvvisamente l’ascolto del sussurro, che diviene suono e musica nella rivelazione delle figure cromatiche. Un alone mistico si rivela a tratti per siglare versi che hanno il palpito dell’ignoto e “Lì sospesi, riluttanti/ attendiamo la ruga estrema/ il tempo che non ha bisogno/ del tempo.” Così come la preghiera si avverte intrecciata al canto quando “Sarà giorno di pastosa spiga/ sangue a bruciare con la polvere/ fitta ricalcitrante il pensiero./ Non l’invocazione per la colomba/ del dolore/ il miglio beccato voracemente/ e neanche una scheggia/ per appendervi/ la sera colma di tracce/ il suo buio insoluto.”
Il volume è suddiviso in quattro sezioni , e diciassette capitoli, ma la corda che si distende nelle pagine lega tutti i testi in una vera e propria antologia, serratamente registrata e ricca di una estetica culturale di notevole levatura. Una girandola policromatica realizza il turbine che la poesia, intesa nel suo esplodere del segno e della metafora, riesce ad offrire nella febbrile lusinga del canto.
ANTONIO SPAGNUOLO

SEGNALAZIONE VOLUMI = RAFFAELE PIAZZA

LA FAVOLA BAROCCA di RAFFAELE PIAZZA
“Alessia e Mirta” Poesie, di Raffaele Piazza, Ibiskos Ulivieri 2019

Quando l’abruzzese don Benedetto Croce si affacciava alla finestra del suo studio a Palazzo Filomarino nel cuore di Napoli, vedeva palazzi, campanili e mura di monasteri di una città a cui era legato da una profonda passione. Rievocava storie e leggende partenopee che impregnavano l’aria dei luoghi, passeggiava attraverso i secoli e lo spirito di quella città così composita. Tra le sue “storie e leggende napoletane” il Croce definiva il Pentamerone del napoletano Giovan Battista Basile <> che poi tradusse dal dialetto nel 1925. Era il secolo del barocco napoletano che cercava “terra nuova”, sentiva cioè la necessità di escogitare e sperimentare, come in questa silloge recente, più marcatamente che nelle precedenti dove vediamo il poeta Raffaele Piazza decidere di avventurarsi nei suoi esperimenti linguistici, sperimentandone moduli espressivi nuovi, capaci di suscitare sorprendenti eccezioni formali. Nel suo scenario “barocco”, animato dalle due muse Alessia e Mirta, ci sembra di tornare in quella Napoli del Seicento per meglio raffigurare un affresco diverso della realtà attuale, visto oltre il filtro obbligatorio di una visione razionale del quotidiano. Il poeta guarda le sue giovani Muse agire in una chiave che vive tra il fantastico e il meraviglioso. Alessia e Mirta, soprattutto la prima, sono creature attuali, fisiche e chimeriche in sorprendente allineamento alle regole dell’imprevisto formale e del perpetuo mutamento che è proprio del pluralismo prospettico dell’antica esperienza barocca. Consapevole o no, Raffaele Piazza, ci sorprende per una rara costruzione intellettuale delle due Muse che vivono la loro vita come esperienza mutevole e contraddittoria rispetto alla comune riflessione sulla vita. Gli amori, il sesso, l’attesa e lo stesso dolore che ha travolto Mirta, la Musa che morì suicida, segnano il gusto barocco del maggiore “ascendente” napoletano, proprio quel Gian Alessio Abbattutis, anagramma di Gianbattista Basile, che Piazza riproduce nell’attualità con i modi metaforici, la ricchezza dei traslati e con le variazioni più capricciose. Come nella poesia barocca del Seicento napoletano, la poesia attualistica del nostro poeta, conferma un merito duraturo e antico: l’aver profondamente innovato il canone estetico del rappresentabile. Infatti il poetare barocco consente anche il brutto, il deforme, l’oltraggio al bello obbligato, all’interno anche più intimo del vissuto di Alessia, tanto che, quasi nella stessa pagina poetica risuona un’orchestrazione di improvvise dissonanze. Ci troviamo a seguire le storie di Alessia (intime, dolorose, dubbiose) nel suo vivere quotidiano (che sia la città di Napoli oppure New York) non più secondo un criterio obbligato di armonica bellezza e di razionalità. Al contrario è proprio nella virtuosità lessicale del Piazza, nei suoi neologismi, nelle metafore e nelle immagini che Alessia si raffigura (càmpita) nella mente che, nel barocco del Seicento, possiamo “leggere” in una chiave utile, “l’antenato” dell’espressionismo moderno fino a Belli e Gadda. Dunque Raffaele Piazza, nello scenario di una Napoli assolutamente reale e contemporanea, sta raccontando, in senso figurato, un’illusione. Nel dramma creato dalla vita stessa sono protagoniste Alessia e Mirta. Sono in risalto con la loro bella illusione insieme a quella degli altri esseri umani nella fase arborescente. Ma il poeta ricorda che di favola cioè di fiaba si tratta e si tratterà sempre, come scrisse il Carducci dell’illusione: <. Nella silloge, già premio speciale della giura al 13° concorso internazionale “Autori per l’Europa” 2018, la favola delle due Muse napoletane è illuminata da vistose figure retoriche (tropi, traslati, metafore, allegorie, simboli, analogie) in gran parte inondate da fiumi di esperienze emozionale e spirituali, nate sì dalle esperienze quotidiane, ma espresse con metodi nuovi e antichi che hanno il potere, a volte sotterraneo, di una forte accentuazione cromatica, tipica dell’espressionismo più attuale teso ad esprimere fatti e stati d’animo ricorrendo all’uso combinato di simboli ed analogie che portano i versi del testo a trovare relazioni di somiglianza, affinità, parentela, spostando il reale, dato dall’esperienza vissuta, nella sua configurazione traslata, cioè favoleggiando il reale attraverso l’uso sorprendente delle immagini. Nella precedente silloge (“Del sognato” 2009) un “Aprile in verde esce di scena ci lascia/ il tavolo di lavoro con le copie dell’anima/ una mela addentata a dare una gioia rimasta/ nel trasmigrare dei pensieri/ (pag. 15) e poi luci e colori della sua Napoli “Estive fragole” (pag. 21), “foglie colte tra le piante del giardino del porto/ a miscelare l’erbario della vita” (pag. 22) e “un filo prealbare di preghiera” (pag. 23) e “dietro brani di tramonti conche azzurre/ di pensieri (pag. 23), e “le finestre dell’adolescenza” (pag. 35) e “si chiama Alessia, ama il mare, studiava medicina/ aveva avuto ventun ragazzi” (pag. 37), poi ancora “fragole, conchiglie, selva di piante, il sogno dell’arancia, mail rosapesca, attimi di margherite (la domenica) e infine (da “tavoli di lavoro”, leggi “Poi, tra i tavoli di lavoro/all’estate: lo scheletro/ di un prato o della vita o di/ un innamoramento:/ attendi l’epifania di pagine/ dal tempo il sentiero nella città/ che porta al mare/ (pag. 64). Ma con “Alessia e Mirta” (2019) nello scenario di Partenope, è definitivamente esplosa una Napoli barocca nel verso “tutto accade ai blocchi/ di partenza del campo/ animato che è l’esistenza” (pag. 9) dove il traslato raggiunge i suoi vertici e prosegue con “scia bianca campita/ nell’azzurro del cielo/ quando Alessia, nel jet sta volando” e raffigura (càmpita nel cielo) una sua storia infinita” (pag. 11). La sua adolescenza è tinta di fragole, la sua attesa dell’amore (del suo Giovanni) è fiorevole e con lui c’è un interanimarsi/ con di aprile il verde arboreo (pag. 14). Alessia ora è Selenica/ è di luce vestita (pag. 16) immersa nel seno fiorevole del mare. L’attesa stessa della giovane Musa partenopea è fiorevole per attendere un esame di italiano, e comunque è sempre con il suo Giovanni ad interanimarsi, con dell’amato voce (pag. 17). Mirta, la Musa suicida, è pensata con rimpianto e compassione, mentre Alessia è a campitare, cioè nell’atto di raffigurare il ricordo di Mirta nella luminescenza del plenilunio che però resta duale per lei e/ Giovanni (pag. 24). Volano gabbiani in un mistico prealbare lunare, visti dal poeta con gli occhi della sua Musa mentre vanno candidi d’ali fuggenti nell’inceliarsi, fino all’ultima pagina, dove l’autore della “favola bella”, conferma che si dovrà comunque viverla, accompagnando Alessia in un ferragosto del 2016 mentre la vede andare per il suo destino sempreverde: Frontiera di vento l’autostrada/ per del ferragosto l’evento/ Alessia e Giovanni in fiorevole/ verso Formia viaggio per/ l’albergo degli angeli.

Franco Celenza

martedì 14 maggio 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = FELICE SERINO

Felice Serino – "Vita trasversale e altri versi"-- (poesie 2017 – 2019)-- Copyright 2019 by Felice Serino

Felice Serino, nato a Pozzuoli nel 1941 e residente a Torino, autodidatta, è un poeta che ha ottenuto numerosi consensi critici e che ha vinto molti premi letterari. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia da dio boomerang del 1978 a Quell’onda che ti tiene lieve, 2019.
Gestisce svariati blog e tre siti su Internet di ottimo livello e qualità, che ospitano anche poeti prestigiosi. È stato tradotto in otto lingue.
Cifra essenziale, che connota la poetica del Nostro, di raccolta in raccolta, è una vena originalissima che parte da una visione del sacro, visto sia in maniera trascendente che immanente. Serino si pone nei confronti della realtà, del mondo, del cosmo, che nella nostra contemporaneità spesso diviene caos, inizialmente come creatura che anela ad un essere superiore tramite una religiosità che supera e va oltre le forme confessionali e ritualistiche della Chiesa. Sono spesso nominati da Felice Dio, Gesù, la Madonna e soprattutto gli angeli, ma il poeta non cade nel dogmatismo, credendo in un amore interessato per Dio, in un rapporto con Lui non mediato, tipico dei mistici, e che trova la sua realizzazione, il suo inveramento proprio attraverso, le sue poesie, che presentano unitarietà del discorso e coerenza. Proprio in questo modo e in tal senso egli da creatura si eleva a persona, che vive criticamente in una società, relazionandosi con essa secondo una sua personalissima visione del mondo. Tema essenziale del suo riflettere in versi è quello dell’amore per la vita, che lo porta ad una certa forma di ottimismo. Per Serino l’esistenza umana è degna di essere vissuta e anche la morte non è considerata come la fine di tutto, ma come il passaggio dalla transitorietà all’eternità. Non solo i contenuti sono originali nel poiein dell’autore, ma anche la forma dei suoi testi in massima parte brevi. Il poeta attraverso gli occhi si rivolge alle cose che lo circondano, che vengono trasfigurate in versi, divenendo cariche di senso e di pathos.
In "Vita trasversale e altri versi" la frequenza di componimenti mistici si attenua, pur rimanendo centrale la tematica del sacro. Rispetto ai libri precedenti si realizza qui una vena filosofica del poeta se per vita trasversale si può intendere un’esistenza che ne attraversa un’altra. Vengono in mente le vite parallele e Serino vuole farci intendere che pur essendo ogni persona una sola cosa può vivere contemporaneamente anche un’altra vita che sembrerebbe realizzarsi nel solipsismo, quando non ci si relaziona agli altri.
Forte il senso della corporeità, una fisicità che contiene il pensiero della mente e l’anima. Rispetto ai libri precedenti, che erano già alti, nei componimenti che prendiamo in considerazione in questa sede, si realizzano una maggiore icasticità e luminosità nei tessuti linguistici di Serino che procedono per accensioni e spegnimenti e a volte i versi sembrano delle vere e proprie folgorazioni.
Felice è alla ricerca del vero senso della vita e partendo dal corpo compie uno scatto e uno scarto ontologico per cui ogni poesia è un vero e proprio esercizio di conoscenza.
Il libro presenta un’acuta prefazione di Donatella Pezzino e racchiude alcuni scritti critici su Nostro.
*
Raffaele Piazza

lunedì 13 maggio 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = MICHELE MICCIA

Michele Miccia, Il ciclo dell’acqua – Parte del ristagno, Casa editrice L’arcolaio, 2019

Giunge alla sua quinta tappa l‘importante progetto poetico di Michele Miccia intitolato complessivamente Il ciclo dell’acqua e che si articola in diversi momenti e fasi tuttora in fieri. L’ultima recente raccolta, Parte del ristagno, procede in continuità con le precedenti Parte di sotto, Parte di dentro, Parte di mezzo e Parte di fuori, ma allo stesso tempo evidenzia una autonomia che la distingue, una personalità che la differenzia. Il complesso e ampio progetto dell’autore si dimostra dinamico e in evoluzione, capace di generare nuovi capitoli collegati fra loro ma dotati di una loro parziale autosufficienza. I cinque libri sono accomunati dal tema del corpo ma possiedono ciascuno una parola chiave che li contraddistingue. Nella Prefazione a Il ciclo dell’acqua – Parte del ristagno Giovanna Piazza nota che nelle novanta liriche che compongono il libro l’immagine dominante è quella della porta.
La porta è una metafora intramontabile e potente, ricca di significati anche opposti, di sfumature e di suggestioni. Ha a che fare con il rapporto duale fra dentro e fuori, inclusione ed esclusione; la porta si apre e si chiude, accoglie e respinge, divide e collega, è limite invalicabile e varco spalancato, è soglia che separa e che unisce, è “…un incontro nello scontro”. La soglia è vista da Miccia non come una linea-frontiera rigida e definitiva, ma come “un luogo di opinioni / sempre in evoluzione” che nasce da uno scambio e da un confronto dialettico, è un confine attraverso cui passa e transita ogni cosa (“per diventare commercio ogni cosa / deve passare da una soglia”). La porta è un oggetto formato di parti (cardini, serratura, ingranaggi); attorno alla porta cresce una casa con le sue stanze e camere (“prima è nata la porta / e poi le stanze”), i suoi arredi, con la famiglia che vi abita, le persone che la frequentano e i corpi che si incontrano e si toccano (“carne contro carne che nuda / si ammutolisce in un abbraccio”).
Serrare la porta, chiudersi dentro, allontanare e lasciare fuori la minaccia, si rivelano dei palliativi e delle illusioni: “Sprangare la porta non è / necessario, l’altro è già / dentro e lei non lo vede, / era qui prima di ogni / altro inquilino…”. “La porta”, scrive lucidamente Miccia, “è un’idea / smarrita di sicurezza…”, nemmeno blindata riesce a garantirla.
La casa è per l’autore un corpo (“corpo casa”) che si restringe e si dilata, un organismo vivente che respira (“la stanza respirava”), uno spazio fisico e mentale, spigoli e superfici, soffitto e pavimento, “muri ricoperti dalla brezza / della tappezzeria infiorata”. La casa può essere anche soffocante, una specie di tana opprimente dove lo spazio si stringe e impedisce ai corpi di allungarsi e crescere, un rifugio angusto e posto sotto assedio: “Notizie da altri fronti / s’infiltrano sotto la porta, / diventano spifferi che / gli mutilano le caviglie, / chiude tutte le fessure sigilla / le finestre e gli scuri, / applica giornali sui vetri, / provviste sparse dappertutto”.
Quelli di Miccia sono versi visionari che si esprimono con toni misurati e distaccati e che sanno trasformare incubi, labirinti, allucinazioni, angosce e paure, in originale e profonda poesia.

Giancarlo Baroni

POESIA = LIDIA POPOLANO

"Giano"

L’innocenza dell’anima esiste
solo nel breve e illusorio istante
in cui pretendiamo che sia lo sfondo
dell’anima degli altri
(e mai del nostro).
Ma il tramonto dura solo un istante
anche se si ripete ogni giorno.
Vorresti il sole sempre di fronte
ma all’alba -se ti volgi indietro-
ce l’hai giusto alle spalle
ed è l’ombra a essere il tuo sfondo.
Sì, proprio lei.
*

"Cosa te ne fai?"

Cosa te ne fai di questa donna che ti ha invitato
a sentire il profumo delle profondità
del suo dolore? Hai bisogno di leggerezza tu
Hai bisogno di annegare nella superficie
del vaso appena modellato le gravità
delle tue amare delusioni e delle attese cadute.
Questo ti auguro, di non ricadere nella tua,
di profondità, senza accorgerti, senza voler vedere
che qualunque vaso è sempre l’esito
di un amorevole e formale restauro
e che quando si tengono chiusi gli occhi
si riesce ad annegare anche in una sola lacrima.
*

"Lo sguardo"

E nel disperato tentativo
di non farsi uccidere
dagli impeti della vita degli altri
né di uccidere le persone
amate con il proprio dolore
gli anni lentamente volano
e neanche chiudere gli occhi
può bastare a fermare lo scempio
che si rappresenta davanti a noi
né ad attenuare la struggente
bellezza dell’amore, attraverso
cui vediamo il mondo.
*
LIDIA POPOLANO
*
Lidia Popolano, Biologa e cultrice di Neuroetica, vive a Roma, dedicandosi all'attività creativa. Dal 2007 al ’13, ha scritto e diretto i monologhi itineranti “Di notte per i vicoli di Roma antica”, “Il Grande Cinema per le strade di Roma” e “Di notte per i vicoli di Firenze antica” patrocinati da Roma Capitale, dalla Regione Lazio, dalla Fondazione Cinema per Roma e, negli anni 2008 e 2009, dal Comune di Firenze. Ha scritto liriche, racconti e due romanzi, di cui Come l’impronta di un quadro pubblicato da 96, rue-De-La Fontaine, 2017 TO, vince il Premio Speciale della Presidenza, nel Premio Wilde 2019 e il 2° Premio nel Concorso Poeta per caso 2018. Alcune opere, edite o inedite sono vincitrici, segnalate o finaliste in concorsi letterari, quali ad esempio il Premio Nabokov 2019 con il I premio alla silloge Abitare mura diroccate; il Concorso Tre colori 2019, in cui è finalista con la poesia Missing House; il Premio Zingarelli 2018 finalista con la poesia Alla processione; il Premio Città di Virgilio 2019 segnalazione alla poesia Gioco d’ombre.





SEGNALAZIONE VOLUMI = PATRIZIA RISCICA

PATRIZIA RISCICA, Andar per versi, Castelfranco Veneto (TV), Biblioteca dei Leoni, 2018, 112 pagine, 12 euro

La poetessa ed esperta in Medicina delle Dipendenze Patrizia Riscica, nata a Padova e residente a Treviso, nel 2018 ha pubblicato Andar per versi, libro inserito nella Collana di Poesia dell’Editore Biblioteca dei Leoni, diretta da Paolo Ruffilli.
In quest’opera attraverso la poesia viene riscoperta la dimensione del viaggio, inteso sia in senso fisico che metaforico. A introdurre alla lettura di ciascuna delle quattro sezioni che compongono il volume, è ogni volta “un’altra Patrizia”.
Patrizia Riscica è abile nel catturare le diverse sfaccettature del sentimento che dovrebbe essere dominante, ovvero l’amore. Con una notevole varietà di toni, governati da una scrittura semplice e al tempo stesso pregna di significati, ella offre al lettore pagine intense e vibranti, sorvegliate da un’efficace regia. La scrittura a tratti diviene persino corrosiva, comunque bilanciandosi grazie alla presenza di passaggi più distensivi.
Nella prima sezione del libro, “L’andare dell’amore”, (questa parte dell’opera potrebbe intitolarsi Un viaggio chiamato amore), l’autrice ci ricorda che questo forte sentimento, più di tutto il resto, può riuscire a trasformarci (nel profondo) nel corso del nostro viaggio esistenziale. Pertanto, malgrado il persistente senso di precarietà che caratterizza la vita quotidiana in generale, Patrizia Riscica può affermare: «il tempo rinunciò. / L’amore rimase».
In effetti, esso sopravvive anche se a volte appare «camuffato da finto addio», e nonostante il fatto che «Mai capirai perché» … «continui ossessiva / a percorrere i malintesi dell’amore» (Patrizia Cavalli ha scritto: «non so bene a chi mi devo dichiarare»).
Talvolta si ha paura di amare e, nonostante ciò possa sembrare assurdo, anche di essere felici: «Cosa ne faccio di questo amore, adesso? / Se non posso più tormentarmi / e soffrire nella notte di desiderio?» … «Allontanati, ti prego / non rispondere più al mio richiamo».
Il viaggio interiore si inserisce in un ricco e stimolante intreccio di esperienze sensoriali ed emotive. Tutti i sensi vengono vivificati: «vorrei toccarti subito, / tanto che i miei occhi divengono mani».
Inoltre, viaggiare può aiutare a superare le condizioni di disagio e a ritrovare se stessi: «i pensieri compromessi dall’altro / non mi appartengono più».
Tra le immagini più belle di Andar per versi, destinate a restare impresse a lungo nella mente del lettore, possiamo ricordare la seguente: «Ti aspettavo in cima / a quella scala a chiocciola / su cui tu salivi lentamente / e io guardavo ogni tuo passo, / come se, senza questo sguardo, / tu potessi perdere equilibrio e cadere.» … «ora in un tempo / non più giovane per noi / ancora ti vedo così, / mentre sali verso me, / i tuoi capelli ondeggiano / e il volto si alza in / un sorriso improvviso».
La seconda parte del libro reca, invece, il titolo “L’andare delle donne”. Patrizia Riscica riesce a trasferire sulla carta non pochi aspetti della complessità esistenziale e della condizione femminile, poiché ogni donna potrebbe dire: «non sono solo come sono» (Patrizia Valduga).
Come ha dimostrato nei suoi libri Javier Marías, anche se sappiamo già quali potranno essere le conseguenze di certe nostre azioni, non riusciamo a fermarci, andiamo comunque incontro alla nostra disfatta o al nostro insuccesso. In linea con tali considerazioni, risultano pure alcuni versi di Patrizia Riscica: «continuerai per sempre / a vivere così / dentro a un inganno consapevole».
È vero che non di rado persiste «quell’impulso irrefrenabile a perdersi la vita», tuttavia in mezzo alla natura, tra animali fiori e piante, è possibile «trovare energia e saggezza».
Sicuramente Andar per versi dona al lettore un esempio di poesia femminile in grado di esprimere grande forza e carattere.
Nella ricerca della propria identità, rimane fondamentale il rapporto “Madre-Figlia”, affrontato dettagliatamente dall’autrice in una staffetta tra generazioni, mentre si tramandano esperienze e racconti: «Intanto tu cercavi in me ciò che era in te / ormai sbiadito, quasi illeggibile».
La psicologia maschile, considerata in generale, differisce da quella femminile soprattutto per una «geometria di risposte / a domande mai poste, / sempre in attesa di conquiste e ricompense».
In più punti la poetessa riesce a sorprendere e a strappare un sorriso a chi legge, come nel caso dello specchio magico di Biancaneve, così reinventato: «Una pozzanghera per specchio» … «Specchio, specchio delle mie brame / sono io oggi la più bella / del pantano?».
Lo specchio è protagonista pure di questi segmenti di versi: «Donne al passo, / intelligenti e produttive» … «con lo specchio in mano / per controllare velocemente» se regge ancora «l’imitazione di se stesse».
Proseguendo nella lettura, nella terza parte del libro, che si intitola “L’andare dell’andare”, la poetessa afferma: «sono un pellegrino / toccato dal destino» … «parto in prestito / ma un giorno / mi restituirò».
Senza proporsi una destinazione precisa da raggiungere, tra inciampi e imprevisti, immettendosi in un flusso di movimento continuo (anche nei momenti di stasi, quando nulla sembra accadere, in realtà qualcosa muta), è possibile rinvenire i frammenti mancanti del proprio puzzle.
Il disincanto affiora in più occasioni, per esempio parlando dell’India: «gli incensi, / il lercio e i fiori di loto» … «finirà questo popolo perso / tra mille incroci scuri, / ma che ancora sa pregare / per sordi e bugiardi?».
Per poter viaggiare ottenendo gli auspicati benefici (e soprattutto il giusto nutrimento per l’anima), o per immergersi in un’atmosfera al tempo stesso rasserenante e stimolante, non è necessario andare lontano o contrapporre l’Oriente all’Occidente. Infatti, la città protagonista della poesia “Urbs Picta” è Treviso: «Cerco ancora tracce di colore / sugli intonaci crepati e difformi, / scopro con stupore affreschi magici: / ghirlande di fiori e foglie, delicate fanciulle, amorini, / personaggi e animali fantastici».
Giochi di parole con interessanti effetti sonori sono racchiusi nel “Dilemma” di un nulla che «gonfia il cuore di attesa», in prossimità delle battute finali.
Il tomo si chiude con “L’andare della vita”, quarta parte dell’opera. L’avvicinarsi alla conclusione del viaggio più lungo rattrista l’anima, per i troppi errori accumulati nello zaino delle proprie esperienze, per i vuoti non riempiti e per il tempo sprecato. Tuttavia essa vive ancora attimi di accensione e curiosità, nel timore che l’ultimo capitolo si possa chiudere all’improvviso, senza essere riusciti a fare tutto ciò che era veramente importante per noi. Le pagine finali risultano piuttosto movimentate.
La poetessa, che ci ha donato versi generati «dalla pancia / senza neppure passare per il cervello», senza autoassolversi appellandosi al fatto di aver sempre cercato di dare il massimo, con quella schiettezza e spontaneità che pervadono l’intera opera, ammette: «non sono certa / di aver fatto tutto il possibile / per capire la vita».
*
Claudia Manuela Turco

Pubblicata su: Literary nr. 5/2019 http://www.literary.it/dati/literary/t/turco/andar_per_versi.html

SEGNALAZIONE VOLUMI = ROBERTO FASSINA

ROBERTO FASSINA, Historia Medica, Verona, Anterem Edizioni, 2019

Nel mese di marzo del 2019, a cura di Flavio Ermini, è uscito il volume numero 53 della Collana “Via Herákleia”, dedicata alle “Forme della poesia contemporanea”, ideata da Ida Travi e dallo stesso Flavio Ermini (per le veronesi Anterem Edizioni), recante il titolo Historia Medica (in nomine diagnosi et prognosi), scritto da Roberto Fassina.
L’autore è nato nel 1950 a Curtarolo, in provincia di Padova, dove vive e lavora come Medico di Famiglia, specializzato in Ginecologia. Nel corso del tempo egli non si è limitato a scrivere e pubblicare poesie. Infatti, tra le sue opere figura anche qualche romanzo, oltre ai suoi saggi e alle note critiche che vengono inserite nella pagina riservata alla Cultura del Bollettino dell’Ordine dei Medici di Padova.
"Historia Medica" può essere considerato libro di poesia alquanto insolito. Roberto Fassina aveva già trattato l’argomento del mondo medico, elaborando testi teatrali satirici, che poi sono stati rappresentati a Padova e a Piove di Sacco in più occasioni.
L’opera edita da Anterem si colloca anche nei territori della narrazione, essendo stata concepita in forma di poema. Accompagnano il testo poetico, un’immagine di Leonardo Rosa e la prefazione, scritta da Carlo Rao (“La lingua e il respiro della vita”).
Del contenuto di questa pubblicazione era già stata data qualche significativa anticipazione, con l’inserimento di alcuni testi allora ancora inediti, nel numero del mese di gennaio del 2018 di “Versante Ripido”, insieme a una nota dello stesso autore.
La Storia della Medicina in versi non è di certo argomento facile. Tuttavia Roberto Fassina riesce a rendere accattivante la lettura, offrendo un libro che può far riflettere sulla complessità e sul fascino della nostra lingua, sulle sue origini e i suoi sviluppi e sulle sue potenzialità, calando il racconto in una densa stratificazione di significati.
A dimostrazione di ciò, l’Introitus genera subito un certo tipo di attesa. La premessa introduce immediatamente il lettore a un percorso poetico al di fuori degli schemi, all’insegna di una stimolante ricerca di nuove o inconsuete modalità espressive: «Dei figli d’Asclepio narrami o Musa / l’historia peccatosa d’anime ribelli // audaci eretici curiosi / furiosi Orlandi imbisturati // cavalieri di ventura e razziatori / clisterici acclamati et venerati // a volte Don Chisciotte inturmentati / a volte Sancio Panza di verzura // truppe cammellate sparaballe / inquisiti massoni e predatori // di melodiose poppe auscultatori / dissoluti guardoni intemerati // di carne ai raggi X / segugi medicali in calzamaglia // moderne macchine d’assalto / strafugliano il codice genetico // novelli Kocco-Bill dal grillo facile / puntano all’eterno senza sconti».
Chi legge viene trasportato in epoche e luoghi lontani con rapidità e disinvoltura, mentre vengono ricostruite le tappe principali della storia della medicina e dei suoi progressi.
La prima parte si intitola “Dal mythos al logos” (“dalle cause divine alle cause naturali delle malattie”). Così il lettore può imbattersi nelle figure reinventate di Alcmeone di Crotone, medico e filosofo della Magna Grecia (quando si procedeva ancora «per ignoti saperi»), Democede (di area pitagorica), Ippocrate «il primo medico eretico» (forse il medico più famoso tra gli antichi, grazie al Giuramento di Ippocrate, il primo testo deontologico della storia della medicina, risalente al 430 a.C., al quale si ispira anche il moderno giuramento che viene prestato prima di poter iniziare la professione), Galeno (la galenica, ovvero la preparazione dei farmaci, gli deve il nome). Dopodiché ci viene presentata la Schola Salernitana ed è occasione per ricordare Trotula de Ruggero, prima dottoressa, della stessa scuola, a seguire le partorienti. Il Medio Evo viene descritto tra «Impiastri e cataplasmi / sanguisughi e clisterici // emetici et calidi intrugli / contra bubbonica influentia»; poi in queste pagine incontriamo Avicenna e Averroè, e viene ricordato il «connubio islamico / de fide cum ratione».
Successivamente il percorso ci conduce “Dal logos all’experimento”, nella seconda parte del libro, «dal testo galenico al cadavere, dalla metafisica alla fisica secondo forma e funzione». Incontriamo Paracelso, Vesalio, l’anatomista e fisiologo Girolamo Fabrici d’Acquapendente («in cadavere manus / s’inviscera et apprende»), Gabriele Falloppio, e molti altri, sino a giungere a Ignac Semmelweis.
Nella terza parte, si prosegue “Dall’experimento alla clinica”, «dal cadavere al malato, / dal conscio all’inconscio». Tra gli aspetti e argomenti più interessanti su cui ci si sofferma, la psicosomatica e il concetto di “medicina narrativa”. In particolare, sulla figura di Sigmund Freud, l’autore si è così espresso: «Analista d’assalto / cocaìna isperimenta // strafuglia per ipnosi / la mente inturbolata // diagnosta psicoanale / fallico e orale // censura il sogno baro / insegue l’alibi tradito // (che Bertha filava il suo filo / edipi in transfert // tra cesti e incesti, / lapsus lapidata)».
Nella quarta sezione del volume, viene affrontato, sotto vari aspetti, l’argomento “Dalla clinica alla tecnologia”, ovvero “Dall’arte al rigore metodologico”.
La più moderna strumentazione medica offre anche nuove possibilità espressive, per esempio possiamo rammentare per intero la pagina dedicata alla “TAC et magnetiche risonanze (… o della diagnosi per campi quantici)”: «Come segugi in traccia / occulto puntano lo sbavo // periodici incursori / l’idioma tissutale // sottili filamenti / radianti e incantamenti // per tic e tac e tomo / discoprono lo slurpo // stregatti ammaliatori / zompano lo cagno bieco // (positroni ed elettroni / sezionano obbedienti // li corpi demoniati / in dischi silicati) // encefali divelti / et speculati // annudati li sensi tutti / inconscio e conscio appenetrati // (risonanze e personanze / devianze e conturbanze)».
Tra il serio e il faceto (l’ironia e il senso dell’umorismo di certo aiutano la salute), il verso breve, durante l’intera lunghezza del libro, rende più agevole la lettura, la alleggerisce con un forte e variegato impatto sonoro.
Se da un lato, come sosteneva Umberto Veronesi, «Bisogna tornare alla “Medicina della persona”», dall’altro, come diceva Enzo Jannacci, «La Medicina moderna ha fatto veramente enormi progressi: pensate a quante nuove malattie ha saputo inventare».
In questa Historia Medica la complessità della vita viene catturata costantemente, verso dopo verso, attraverso una molteplicità di toni e soluzioni espressive; tuttavia ciò forse si rivela con maggior evidenza nel quinto capitolo, “In meo parvulo horto”, “dal metodo rigoroso all’empatia creativa”.
Limitandoci a soli due esempi, qui di seguito ricordiamo prima un personaggio maschile, Gian Vito, e poi uno femminile, Alice.
Gian Vito «il secondino / mi chiede un mese dopo l’altro // “tutti l’esami kà moro se nò / lu fegato catorcio // un sorcio dritto al petto / na scatarrata pertussiva // lo sfiato manco / la sincope paonazza // m’aiuti dòctor!”» (quest’ultimo segmento di parole isolato, e non elemento di una coppia di versi, rappresenta uno dei punti di rottura di uno schema ipotizzabile).
Alice «pavoncella / a papera s’avanza // la panza d’otto mesi / inorgoglita mostra // feconda et fecondata / mi porta l’eco eco… // è masculo dotto’! / la mi futura verga // perfetto scodellato / plasmato homo mio // (Pollicino in bosco / saltella la marea // capriole in onde tonde / svirgola il cordone // naviga in solitario / brigantino a la ventura)» (in questo caso, risulta ravvisabile un certo contrasto di colori e toni, tra la prima parte, più accesa, e la seconda più delicata, essendo stati caratterizzati i vari personaggi con tratti ben identificabili in tutta l’opera).
Nel susseguirsi delle pagine, viene ribadita la centralità del rapporto che si instaura tra medico e paziente, ricordando che ogni caso e ogni soggetto vanno considerati nella loro singolarità.
Per le inevitabili implicazioni sia di ordine etico che scientifico, questo libro può essere utile per stimolare ulteriori riflessioni e dibattiti sia in poesia che in altri ambiti.
*
Claudia Manuela Turco

Pubblicata su: Literary nr. 5/2019

sabato 11 maggio 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = AGOSTINA SPAGNUOLO

Agostina Spagnuolo : “Il tempo giusto” – Ed.Controluna 2018 – pagg. 72 - € 9,90
Il rapporto tra la melodia di un verso sbrigliato da ogni condizionamento metrico e la euritmica misura della consonanza si propone in questa raccolta di poesie con l’azzardo degli scarti, che pretendono sempre armonia e pluralità di vicinanze, quasi intensità che si eleva dal sentimento e dal sussurro. La tensione della parola, all’occhio e all’orecchio del lettore, si rifrange in tanti riflessi, che sono i versi e le pagine del libro. Il poeta continua a scrivere e a parlare: ma la sensazione, ancora una volta, è quella di un ardente e rigoroso autodafé, come un rito sacrificale in cui suono e senso ardono mescolati insieme, «trasmigrammo col pensiero/ tra voli di farfalle,/ un’altra pagina osammo/ a piedi nudi/ sul tappeto incolto/ del libro della vita.». Domina il sentimento potente e incontrastato di un gorgo dal quale non potere e non volere sfuggire, in alcune riprese che dal ripetersi di una foto sbiadita giungono al sorriso in bianco e nero del fuori campo.
“Agostina Spagnuolo è infatti una poetessa della speranza e della centralità del sogno in un mondo – scrive Giuseppe Cerbino nella prefazione- caratterizzato tutto da forme devastanti di spersonalizzazione controllate dal mondo turbocapitalistico dove abbiamo perso le nostre sembianze di esseri umani”. Ed è per questa sua aspirazione che “La musica di fondo tenta/ di condurmi ad altri spazi./ Io sono e non sono: / in bilico tra pensieri astratti/ e il carrello da colmare.”
Un dialogo serrato che sembra non interrompersi, alimentato dall’illusione e in contemporanea dalla fede che tiene viva la metafora.
ANTONIO SPAGNUOLO

SEGNALAZIONE VOLUMI = MICHELE BRANCALE

Michele Brancale : “L’apocrifo nel baule” – Ed. Passigli – 2019 – pagg. 96 - € 12,50
L’atto ricamato del dipingere, nelle sfumature che compongono il senso della figura immaginaria, ripropone tra verso e verso l’assonanza della parola, incarnata nella sottile identità poetica dell’autore, tra osmosi di sensazioni e rincorsa dei simboli. Le vibrazioni che emergono dal contatto improvviso con i ritagli del tempo trascorso, e ritrovato nel cassetto, diventano motivo sorprendente per un canto sommesso di memorie, che riemergono da “uno spesso velo di irrilevanza”. Le otto sezioni che compongono la raccolta altro non sono che tappe di un percorso che parte dal ritrovamento di carte, ormai ingiallite ed abbandonate nel segreto di un cassetto, e giunge ad avvenimenti della quotidianità che palesa il suo gioco, da un racconto di guerra ad una esperienza editoriale, dal tocco dell’amico ciabattino al riflesso debole di un lume di candela che si propone timidamente al fondo di bottiglia. Michele Brancale ha nella sua penna il fervore che lo precede e sostiene, una velocità del dire che è vera febbre che percorre il dettato , in pagine ancorate a ricordi, con il complesso intreccio dell’attesa e della meraviglia, come ombre sulle quinte di un teatro in procinto di lampeggianti urgenze che scorrono all’unisono.
ANTONIO SPAGNUOLO

venerdì 10 maggio 2019

POESIA = GIORGIA RANIERI

"PENSIERI NASCOSTI"

Silenzio
per descrivere
il tutto ed il nulla,
per capire
le crepe ed i sorrisi,
per ordinare le idee e disordinare il mondo,
per provocare brividi
anche a bocca chiusa.
Silenzio
la forza delle parole
che si pronunciano con l’anima,
capite solo
da chi ti completa.
*
GIORGIA RANIERI

POESIA = EDITH DZIEDUSZYCKA

"Alessia di maggio"

Ossessiva ragazza
Alessia ancora
invadendo i sogni di
Raffaele-Giovanni
Alessia della luna
ma dal sole di maggio
confortata baciata
e strappata allo spleen
ragazza nuova
di vita vera avvolta
dalle tinte azzurro
e rosa
e dei limoni il giallo
Alessia ancora
ragazza inquieta
innamorata di
Giovanni-Raffaele
non mi devi lasciare
dopo l'amore sbuca
nel tardo pomeriggio
dal suo piumone culla
svegliandosi soltanto
per abbracciare
l'avvio della sera
della luna il ritorno
di là dall'orizzonte
lo sbocciare di giugno.
*
EDITH DZIEDUSZYCKA
10 maggio 2019

giovedì 9 maggio 2019

POESIA = PIERANGELO RUSSO

"Non mi paura"

C’è una cosa che non mi puoi dare
E allora
Solo con le braccia conserte aspetto
Dietro l’angolo sgocciola la vita lontana
Le insegne illuminano le vostre notti folli
Passo dietro passo continuo a tornare a casa
Continuo a dormire continuo a svegliarmi

Nuova vita contende alla morte
Strafottente vecchia attende ansiosa
Il fato è ribelle al nostro volere
Bicchiere di acqua frizzante disseta
Ora divago per distogliere il pensiero
Non l’amore ne la rabbia nulla ora basta
Neppure io basto e il di più non c’è
È un buco di insoddisfatta tensione
Anelito di scandaloso desiderio
Pane e vino nutre e appaga Vorace desiderio si placa
Dominio del nulla di vanità vuota
Calpesto con fragore ciottoli di vita
È giunto il momento di sedersi
Sazio solo dei giorni passati a cercare farfalle
Volgo lo sguardo oltre
Arrendevole ma non arreso sto
Chiudo gli occhi
Poi il buio più nero del nero di seppia
E nuoto come feto in grembo
Tra le alghe della vita
cerco
oltre la morte non mi paura.
*
"Taci e ascolta"

Taci ascolta
Trattieni il fiato e cogli il momento
Giubilo e candore amoreggiano
L’odore della carne che brucia di desiderio
Nell’angolo qualcuno spia
Poi l’istante è scaduto
Ed ora già ricordo
L’arlecchino piroetta sul palco
*
PIERANGELO RUSSO

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO

Antonio Spagnuolo, "canzoniere dell’assenza", Kairòs Editore, Napoli 2018 - pagg.92 - € 12,00

Nel "Canzoniere dell’assenza" di Antonio Spagnuolo la poesia assume i toni di un’elegia senza appesantimenti, in ricordo della donna amata, moglie e compagna di una vita. Posta al centro di un fluire incessante di immagini che, mentre tentano di restituire lampeggiamenti appena visibili di antiche memorie, sfumano in contorni indistinguibili, Elena è l’algos ed il nostos, la lontananza infinita e l’infinito ritornare, cui il poeta offre i suoi versi.
L’assenza si tramuta così in una presenza pervasiva, ma intangibile, si svela come un’epifania quotidiana, eppure rivelatrice di significati sempre ulteriori, perché grande ed inesauribile è ‹‹il mistero del dopo›, che il poeta non smette di interrogare. Un’interrogazione a cui non è mai anteposto il sentimento della rassegnazione: che non possa proprio Elena, anche per una sola ultima volta, riappropriarsi della parola e rispondere a chi la invoca, rompendo il silenzio dello spazio domestico, ‹‹dove tutto è memoria››? Come l’Ulisse cantato da Tennyson, che tornato a Itaca dopo tanto peregrinare sa di doversi preparare al più imprevedibile dei viaggi, il poeta sfiora l’idea che ci sia ancora una terra da conquistare, un ignoto da rischiarare, e che la morte non sia la fine di tutto (‹‹Death closes all:/ but something ere the end,/ Some work of noble note,/ may yet be done››). Il tempo del calendario, su cui è segnata ‹‹…con matita a colori/ una data per non dimenticare/ la stagione che ripete l’inganno››, appare tuttavia come un conto alla rovescia, non per stanchezza della vita - una vita lungamente e pienamente vissuta, e da cui, certo, non si potrà trarre che un felice resoconto -, ma perché quel tempo tutto interiore, quella distensione dell’animo che è l’esistenza spirituale dell’uomo, sembra cristallizzato, fermo ad un’attesa, sebbene ancora capace di scandirsi in entusiasmi, in accensioni improvvise, in nuove illusioni.

Strettamente congiunto al tema fondamentale della memoria è, pertanto, il tema dell’inganno. Se il ricordo è il solo possibile varco attraverso cui tentare un ricongiungimento con l’amata, d’altro canto esso riemerge continuamente dalle polveri, e giorno dopo giorno si assottiglia, sbiadisce in dissolvenze, e forse tradisce la verità delle cose in configurazioni imprecise, quasi irreali. Ma se la memoria è ripetizione ingannevole del passato nell’illusione del presente, è proprio nel ripetersi dei ricordi che il poeta ritrova il filo conduttore dell’intera sua vicenda interiore, sorprendendosi di scoprire che qualcosa è pur sopravvissuto al tempo: ‹‹Non immaginavo che l’amore / avesse il potere di sopravvivere anche dopo, / dopo che il tuo profilo abbandona le forme…››.
Una lirica moderna la poesia di Spagnuolo, in cui il racconto di un’interiorità inquieta è restituito con una sincerità non comune, e in versi altrettanto limpidi, misurati, affidati ad un linguaggio musicale, su cui viaggiano rapide sovrapposizioni di immagini. E proprio nel punto in cui lo sforzo introspettivo coglie tutta la fragilità della condizione umana, nessun artificio interviene a mascherare ciò che ‹‹a tanto caro sangue›› lo Spagnuolo poeta - e dietro di lui lo Spagnuolo medico - ha potuto comprendere di sé e dell’uomo, attraverso quell’esperienza privata del dolore e della separazione, in cui ogni altro lettore potrà dunque ritrovarsi, ‹‹perché l’assenza è universale››.
*
MARTINA DELL'ANNUNZIATA

mercoledì 8 maggio 2019

POESIA = RAFFAELE PIAZZA


"Domenica di maggio di Alessia"

Poi nell’attraversare le vie
per Agnano con Giovanni
nerovestito al volante troverà
Alessia leggerezza nell’anima
sottesa a gioia senza paura.
Le insegne e le vegetazioni
e l’ingresso per le Terme
saranno il segnacolo della
felicità nello giungere alla
casa di Mirta e ci sarà raccolto.
Interanimata al roseto
le coglierà con gli occhi
senza reciderle.
*

"Alessia non ha paura"

Poi trepida sulle ali del giorno
coltiva del giardino
segreto le cose Alessia
e non ha paura campita
nell’azzurro albare con gli albereti
del Parco Virgiliano nell’anima.
Ringrazia di essere viva Alessia
e sa che lui non la lascia.
Ceste di fortuna arrivano ad Alessia
(le telefonate degli amici
e per giugno la promozione
e il viaggio a Parigi).
Si veste Alessia nel sorridere
al platino delle rondini
e ha delle farfalle la leggerezza.
*
Raffaele Piazza

POESIA = DANIELA PERICONE

da L’inciampo (L’arcolaio, 2015)

*

Ora che tutto è chiaro
in questa selva di forme
se il vento distoglie
i corpi alle orme e le ombre
si accalcano in seno ai compagni
sotto le pietre affocate della rocca
e le sue caverne deliranti
s’intrama un rodio
di deserto che a folate assale
la sola strada tracciata
di sale che abrade i confini
al lentissimo cuore
alla sua linea stracciata.
*

da Distratte le mani (Coup d’idée, 2017)

*

Più non incalzo
anche quando apparenze
del tempo trascinano rallento, quasi m’intesto.
L’immagine in corsa sui vetri non sa
di che vive, vorrebbe un vibrare quieto
di mare. Sarebbe il tempo di un settembre
ancora stento – storce un cappio d’afa
incostante. Pure invadono strade, si tracciano
malgré nous vie di legami che a trepide pause
rinviano un riflesso di gote che non s’attendeva
come di gratitudine o amorosa
considerazione.

*

Un nido di sillabe tenui
e tenacia di voci distoglie
dal gelo e accade che i fiumi
non vadano soli, breve
durata di sguardi al timore
non crescano i volti né siano
di luce. Luce che tua ho lasciato
partisse, non salga a lenire
il perdono, è tanto quel tempo
ed è steso sul dorso, le foto
sbiadiscono rughe e distanze.
Quel che non vedi, intatto
un incendio d’aria.
*
DANIELA PERICONE

martedì 7 maggio 2019

POESIA = PREMIO MARIO ARPEA

PREMIO NAZIONALE MARIO ARPEA - Il Comune di Rocca di Mezzo indice il premio per poesia edita o inedita sul tema della montagna, libro di narrativa o saggistica sul tema della montagna. Non è richiesta tassa di lettura - Premiazione agosto 2019 - Richiedere il bando completo telefonando : 3687166386 ---

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

"32"
Geloso di allusioni
stingo le coronarie
mentre scopri gabbie a fatica,
vangano profonde le tue leggi
doppia identità.
Hai tentato
una lenta paura di morire
rasente alle bagarre,
vendichi
indifferenze di bambino
accordi un'emozione
da stoma.
Rovescio la consistenza
delle valvole
opposte alla mitrale,
sbrano l'inverno alle sorprese
mentre tu disperato
presenti il diapason randagio.
*
ANTONIO SPAGNOLO
da "Fogli dal calendario" Edizioni TAM TAM - 1984

lunedì 6 maggio 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = RAFFAELE PIAZZA

AA.VV., Inquiete indolenze, a cura di Raffaele Piazza, Fermenti, Roma 2017, pp. 280, € 22,00

Raffaele Piazza firma l’attenta curatela di questa antologia, "Inquiete indolenze", che si appoggia nel titolo su un bell’ossimoro, uno dei tanti che possono fertilmente ritrarre l’attività poetica di oggi e, forse, di sempre. Diciotto autori, diversissimi tra loro, consegnano i propri testi che vanno a formare un volume ampio ed interessante, che forse proprio per l’eterogeneità dei materiali bene ritrae almeno uno dei possibili spaccati della poesia odierna: se è vero che si tratta in buona parte di poeti maturi e noti, la difformità delle provenienze geografiche e soprattutto delle linee poetiche fornisce infatti un ampio campionario delle tante possibilità che si offrono al poeta contemporaneo, nella babele degli stili e delle poetiche oggi imperante, e che tuttavia per i poeti può essere uno stimolo a trovare la propria via al di fuori degli schemi delle poetiche più o meno canoniche (e, sia detto per inciso, più o meno milanocentriche).
Quanto agli stili, si passa così (solo per citare alcuni esempi) dal parlato affabile di Loris Maria Marchetti alla levità lirica di Silvia Venuti, dalle incursioni nel prosastico di Pietro Salmoiraghi al lirismo di Antonio Spagnuolo, dagli interessanti esperimenti ritmici di Marco Furia all’alone surreale che riveste il discorso di Liliana Ugolini, fino al dialetto piemontese colto di Dario Pasero. La stessa varietà si riscontra nelle tematiche, che spaziano dall’intimismo esistenzialista alla polemica politica, dalla riflessione filosofica alla tensione erotica, come pure nella provenienza geografica, essendo idealmente rappresentate un po’ tutte le zone d’Italia, con le rispettive influenze dominanti a livello di macropoetica.
In apertura, Raffaele Piazza difende con onestà le sue scelte, presentando i vari autori per sommi capi ma con precisione critica, e rimandando ovviamente alla lettura dei testi, che sono ulteriormente preceduti da una nota bio-bibliografica e da una seconda succinta nota che apre alla vera e propria lettura.
"Inquiete indolenze" è in sostanza un volume interessante per la qualità delle scelte effettuate, che non di rado permettono anche allo specialista di rinvenire voci degne di grande attenzione, e al lettore meno esperto (ammesso che questa categoria ancora esista, ahinoi) di gioire della grande varietà che costituisce il miglior viatico per la poesia contemporanea.
*
Mauro Ferrari

domenica 5 maggio 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = FABIO BARBON

FABIO BARBON, Femminili Impronte – Poesie d’Amore, Castelfranco Veneto (TV), Biblioteca dei Leoni, 2018, 112 pagine, 12 euro

Nel mese di ottobre del 2018 l’Editore Biblioteca dei Leoni ha pubblicato le Femminili Impronte di Fabio Barbon (autore nato nel 1951 a Spresiano, in provincia di Treviso, dove tuttora abita). Il libro è stato inserito nella Collana di Poesia diretta da Paolo Ruffilli ed è stato scritto tra il 1995 e il 2018.
Le singole poesie d’amore che compongono la silloge non compaiono esattamente in ordine cronologico di stesura, anche se è stata rispettata la sequenza degli anni.
Nelle Femminili Impronte troviamo molte connessioni tra la sfera materiale e quella spirituale, mentre vengono donate al lettore non poche immagini e descrizioni che poggiano su osservazioni inconsuete. Tutti i sensi vengono coinvolti e sollecitati nella lettura, «coniugando l’ethos e l’eros», come dimostrano i seguenti segmenti di versi: diviene «Voracità del vivere intenso / questo degustare le tue labbra di caffeina»; «i tuoi fianchi riversano conchiglie / si curvano al vento, / fluttuano nella voluttà»; «So portare il tuo corpo / all’apice del mondo / quando rotola nel piacere / come frutto caduto lungo il pendio».
Lo scorrere del tempo, in rapporto alla forza del sentimento che pervade, ha peculiarità tutte sue: «gli attimi del cuore / fluiscono dolcemente / nell’imbuto capovolto dei sogni», mentre «le lancette del cuore / ritmano i sogni / e ancora il giorno / desidera la notte», poiché «l’amore sintetizza l’infinito»; «nella parola “amore” / si va oltre il mortale»; «nel traguardo dell’amore / s’apre la spirituale porta».
Pertanto, l’amore carnale e quello spirituale si fondono in un equilibrio capace di portare l’esperienza terrena a un livello divino: «ogni mio pensiero è un cuore / un frusciare di dolcezza, / una dichiarazione d’amore / alla tua presenza pensante», ed è «il tuo regale sorriso / ad incoronare le fauci del tempo, / a colorare i miei sogni, già ingialliti, / del riverbero di un tramonto d’estate, / a regalare il sublime alla decadente intimità»; «sulla tua distesa impronta femminile / ritrovo il mio maschile», mentre «la carezza prolunga l’estasi», poi «rimane l’ermetica traccia».
La fisicità dell’amore, dunque, non fa sentire l’autore Inadeguato all’eterno, concetto invece sviscerato più volte da Ivano Mugnaini, con il quale comunque Fabio Barbon condivide il concetto di tempo salvato (facendo riferimento al titolo di un altro libro di Ivano Mugnaini). Infatti, grazie all’amore, che consente di far sentire vivi persino nelle situazioni più disperate, con assoluta certezza Fabio Barbon può dichiarare: «Allontanerò la morte / sentendoti vicina».
Ci sono diversi punti di contatto, e per vari motivi, anche con alcuni versi scritti da Corrado Calabrò, per esempio: «T’amo di due amori // e amo dunque due donne, anche se / non ho altra donna all’infuori di te» … «e se ne sovrappongo le impronte / come due rette possono passare / per uno stesso punto se a tracciarle / è la mano incosciente d’un dio».
I ruoli della donna (e dell’uomo) vengono esaminati in rapporto alle metamorfosi prodotte dall’inarrestabile divenire, ovvero le diverse fasi della vita (fasi dell’esistenza individuale, e persino della poesia: «Se fossi Dante / ti chiamerei Beatrice») e le diverse dimensioni temporali si intrecciano (talvolta il futuro si insinua nel presente sotto forma di dubbio o timore, ingarbugliando le situazioni) rendendo pure l’età senile ricca di occasioni per sentirsi ancora vivi. Questo perché il cuore segue sue regole e compie suoi percorsi, e anche invecchiando può restare giovane e ritrovare la fiamma della passione: «la bellezza del mio amore / sfida il tempo degli uomini» ed equivale al «tempo sollevato / dalle miserie umane», mentre «nell’amplesso cibernetico d’occhi / ho varcato i confini del tempo». Sono sempre possibili «piroette del mio cuore fanciullo / continuamente malato di attese», poiché «leggo le pagine del tempo / con gli occhi del cuore / senza avere ancora l’età / per gli occhiali della ragione».
Muovendosi tra le incertezze, gli errori, la lontananza, le incomprensioni, gli abbandoni («il viaggiatore incerto non ritorna in patria»), le paure, gli intrecci imprevedibili, il discontinuo fluire delle storie, le relazioni che a volte si interrompono anche se non hanno una vera fine, l’autore scrive e ammette: «L’amore non mi prende / per il suo verso, / è quasi sempre / capoverso o controverso» … e quindi «ho scoperto chi sono, / un poeta in viaggio / che vola solo».
Però osservare l’amata mentre riposa, regala attimi e immagini colmi di appagante serenità; il tempo pare fermarsi e il mondo essere tutto lì, senza la possibilità di brutte sorprese al risveglio (vengono alla mente splendide immagini, come l’opera Endimione dormiente di Antonio Canova): «ciò che ho consumato / e mi ha consumato / ritorna ricostruito / dal tuo amore, / dal sogno reale», «fino all’essenza divina che ci appartiene».
A ben vedere, come canta Tiziano Ferro, L’amore è una cosa semplice e, come ha scritto Lucia Gaddo Zanovello, Amare serve. E solo amando risulta possibile vivificarsi (cfr. Vittorio Alfieri: «il raggio vivificante della Donna mia»).
Anche secondo Fabio Barbon, occorre donarsi, perché «l’amore è l’anello del dare», per annullarsi e ritrovarsi, e superare le crisi di identità ed esistenziali: «Ti amo, / per quella parte di te / che mi appartiene / e mi fa impronta d’amore».
*
Claudia Manuela Turco

-----Pubblicata su: Literary