“Dodici racconti libertini non dozzinali”-- di Antòn Pasterius -- Fermenti editrice - 2018 --
Le caratteristiche artistiche di Antòn Pasterius mi sono ben chiare: una prima parte di queste è costituita dalle immagini (il Pasterius.pittore, che espone tra Parigi e Roma) ove si scatena una forte vivacità espressiva, probabilmente resuscitata dalle sue latebre di post-adolescente.
Proprio di recente ho visitato presso la galleria romana “Arti e Pensieri” la sua mostra “Le Esplosioni Universali 2018” e ne sono rimasta emozionata e colpita, scoprendo come alcuni accostamenti di forme, colori e soggetti, apparentemente in contrasto tra loro, trovino una loro sintesi del tutto armonica.
Uno stile fortemente personale ed unico che mi sembra trovi continuità nel secondo versante della sua espressività artistica, dove l'altro-Pasterius si colloca, alternativamente, all'interno del campo del linguaggio scritto.
Qui la consolidata metafora erotica dell'Autore si mescola sapientemente con una cospicua dose di un umorismo, il noto antidoto atto a raffreddare qualsiasi estasi, che abita sia il testo sia il sottotesto.
Quindi, un po' come nei suoi quadri, caldo e freddo, rosso e nero, élan vital e paralisi, vita e morte.
Ed è all'interno di queste coppie di contrari che si situa lo spazio espressivo dell'antico ma molto contemporaneo
scrittore. E, fra queste contraddizioni ossimoriche, Pasterius si muove agilmente, con ubiqua e costante disinvoltura.
L'ottantacinquenne sembra aver fatto proprio lo slogan principe della sua giovinezza, “l'immaginazione al potere”, e lo applica nel suoi brevi ma variegati racconti. Tutti quanti, cosa rara quanto per me personalmente molto importante, sono improntati ad una sorta di rispetto antropologico per il femminile. Questa sua collocazione sembrerebbe promanare da un suo profondo e non-paradossale “femminismo di marca maschile”.
Come se dicesse, rispettosamente, “le donne sono come gli uomini, solo che sono di sesso femminile”
Questa volta i racconti sono dodici, e si connettono idealmente ai “Nove pazzi facili” del 2016 e ai quattro racconti che danno vita e corpo alla Sezione Narrativa del recente numero 246 della Rivista Fermenti, del 2017.
Ma allora, in un prossimo futuro, dovremo attenderci “Le mille e una novella”, scritta da un unico autore? Non mi sentirei di escluderlo, se la sua lunga vita offrirà ad Antòn Pasterius, come mi auguro, quella ulteriore chance.
Intanto qui, i dodici acconti si inseguono con grande facilità e disinvoltura, facendo sfoggio d'una fantasia immaginativa ricca e rutilante di sapori e di colori.
Niente pennellate drammatiche, tutto scorre liscio, patinato e lussuosamente gradevole dal primo all'ultimo dei dodici brevi racconti. Anche i dubbi che possono animare i vari personaggi che vi compaiono sono trattati con leggiadria e leggerezza.
Per motivi di spazio non posso commentarli tutti, ma voglio almeno ricordare le avventure identitarie di “Se invece di essere me stesso” (una leggera e impeccabile costruzione iper-razionale sulla identità individuale) e “La voyeuse” ove - in maniera spiccatamente surreale - il presente, il passato e il futuro si alternano in maniera garbata e intrigante.
Dal mio punto di vista di donna mi sento adeguatamente rispettata, mentre da quello professionale posso affermare come sia assente ogni sfondone psicoanalitico, dimostrando il Pasterius una certa conoscenza teorica della materia.
Forse, attraverso i loro scambi, deve aver assorbito qualcosa da Antonino Lo Cascio, Past-President AIPA e suo Agente Generale per l'Italia, oltre che curatore e traduttore dal francese.
Concludo questa segnalazione scegliendo alcuni degli squisiti ex-ergo che precedono ogni racconto e che la dicono lunga sul continuo doppio sguardo sulle realtà narrate messo in campo dall'Autore (cfr. i primi due racconti):
il futuro è arginato / dal presente / che è compromesso / dal passato
se ti deve cadere / una tegola sul capo / è meglio che tu / lo sappia soltanto / a cose fatte
le favole erotiche / incarnano / le cronache / del proibito.
E, personalmente, mi permetto di aggiungere, traendola dal
suo recente “Blasfemie Concettuali e Aforismi (2017)” questa chicca:
Grazie a Magritte / sappiamo che / le foto / non sono mai la realtà / Sono le foto
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Aprile 2018 - Cristina Brunialti, psicologo-analista AIPA