sabato 30 aprile 2022

SEGNALAZIONE VOLUMI = LUCIO ZANIBONI


**Lucio Zaniboni: “Dissolvenze di una vita” – Ed. Laterza – 2022 – pag.176 - € 18,00-
“Spero che Caronte/ non voglia un lasciapassare/ e che Cerbero si distragga/ al mio arrivo./ Sono tante le ombre/ sul mio viso/ a riflettere le colpe./ Spero che Dio/ abbia misericordia/ e a chi chiede perdono/ apra le braccia.” Nel cerchio magico dell’immedesimazione si riflette un gioco di parole che formano preghiera e illusione, il pensiero assillante del post mortem che ci avvinghia inconsapevolmente per gemmazione spontanea .
Strumenti espressivi sempre fedeli ad una vulcanica ispirazione, all’unisono con il battito cardiaco e con l’affanno, ricamano un disegno architettonico con folgorazioni improvvise e riflessioni profonde, così da realizzare una poesia dal timbro inconfondibile, quella che Lucio Zaniboni offre “come un invisibile orecchio cosmico, teso a catturare l’eco di ogni suono – scrive Carmelo Aliberti in prefazione- lievi bisbigli della cronaca, le veliniche immagini delle cose, i palpiti sottesi dell’alfabeto dei minimi o macroscopici eventi quotidiani in un’umile omogena sinfonia universale, dove la cognizione del tempo si scioglie nel naufragio della luce e il disinganno del paradosso si trasforma in sentimento ferito d’amore appena venato dal tono sottile di un’ironia disciolta e resa evanescente dal vento lieve di una misurata musicalità che fermenta in armonie omogenee tra i minuscoli spazi interni dei versi.”
La sapiente tessitura è per Zaniboni il gioco di un lirismo denso e ricco di sorprese, che accompagna l’insopprimibile culto per la bellezza classica e sfocia nella partecipazione alla sperimentazione.
A volte acutamente ironico, a volte cautamente acceso da una vivissima volizione conoscitiva, a volte sorpreso da quelle istintive allucinazioni del quotidiano, a volte avvinto dal distillato ad oltranza, il poeta, fumigante tra sogno e realtà, riesce a presentare concrete materializzazioni di un invisibile filo che trascina, ma non ci fa smarrire.
E’ la sua poesia, è la sua scrittura,piena e contagiosa, una fermentazione attiva inquieta e caparbia allo stesso tempo, che gioca spesso ad imbrigiliare fantasia e destino esistenziale.
**
ANTONIO SPAGNUOLO

lunedì 25 aprile 2022

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO


** “Silenzi”
Affidare al fondale riverberi inesatti
il peso delle assenze quale semplice
tintinnio delle illusioni,
così prolungo l’attesa come un pugno
a ricomporre gli scaffali del tempo,
mentre i denti sono torce in dettagli.
Sostanza dei silenzi l’ora eterna
insufficiente a domare il numero
che ha dato nome alla sconfitta.
Impazienti di allontanarsi braccia conserte
indugiano agli strappi di un languore
che spaventa avido ancora di luce.
Un’ombra cerca la via della memoria
incrociando sentieri di scadenze
che bruciano nel vuoto.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

venerdì 22 aprile 2022

SEGNALAZIONE VOLUMI = RAFFAELE PIAZZA


**Raffaele Piazza – "Alessia e Mirta" - Ibiskos Ulivieri 2019
Un rifugio, qualcuno direbbe non sicuro, ma spalancato veramente, sguardi di storie tra amore e amicizia, che un po’ ti cambiano, allo specchio della vita. Accoglie così, la freschezza offerta della versificazione, tra un giardino appassionato, sognante, e un giardino fiorito meno, di un fine vita ingiusto.
Si corre tra occhi negli occhi, riflessi di come siamo e di come vorremmo essere, per non vergognarci, o forse, solo per sentirci amati, un po’ per sempre, senza pensieri, né addii. Bastano pochi minuti per percepire il profumo di aria pura, al solito posto la chiave per entrare nella cascina fiorita dei ricordi congiunti alla nostra pelle, marchiati. La poesia di Raffaele Piazza è espressione vera del tempo esatto o estratto, purissimo, il tempo dove in cui tutto nasce e in cui ogni cosa può cambiare e finire. Il tempo di un sempre fotografico, scatto immortalato di gesti, pensieri che non devi scegliere, sono loro che scelgono te, nel tempo del ricordo primo, in cui l’amore scorre come il fiume che lambisce, fiero e senza freni, verso l’anima ampia del mare. Un luogo preciso in fondo – È il 1984, costeggia la 127 una scia di strada / la vita nelle nuvole fiorite, a forma / di pesce o di giraffa / e ci sarà il raccolto – il luogo del cielo sopra il cielo di tutti, il luogo trasognato delle vie, dei parchi e delle stazioni, senza invito e senza far male.
Non mancano riferimenti più nobili e aurei a riportare in vita sere estive quasi dimenticate, in realtà ancora sotto il nostro braccio sinistro, mal custodite dal cuore, che tanto sanno di un balcone al chiaro di luna, un semibuio per ritrovare le generosità di parole immortali, tanto ardenti quanto indimenticabili, come un Ti AMO!!! ricomposto sui vetri appannati di un amore importante.
Perfettamente reinterpretate come nel diario di scuola e con maestria per noi dirette da Piazza, nell’incontro terreno e primordiale di Alessia con il suo Giovanni, fonte di vita e di sangue, un sangue che non secca ma irrora e impone germogli negli anni della giovinezza che non sfiorisce subito, che incontra danze scalze, fantasie estive che muovono treni e accorciano le distanze dei tempi tutti.
E nel ricordare che tutto ha un inizio e una fine, aggiunge balsamica una pioggia fine che scioglie dolore e ciglia finte, di troppo, su una bellezza non distratta e che non dorme, nell’età dei primi corpi. E non solo. Si cade, dall’alto, all’improvviso e senza stelle a cui appellarsi, e il giorno diventa incerto, annuvolato il senso e rabbuiato il domani privato. Mirta, un inciso al ristorante dei vivi, fino all’attimo prima del suicidio, in tenera età. Mirta, a soli 44 anni, che ci porta per mano ad incontrare l’autore che diviene soggetto in prima persona, una Musa che offre l’altro lato del prato, non più margherite da annusare a perdifiato, ma solo terra, e freddo, e prigionia. Una riflessione alla stessa luna, che conosce in Alessia la storia a cui ebbra in amore ogni anima ambisce, ma che, nei panni Mirta (furtiva giusto il tempo di qualche poesia), esprime il cupo tagliente e fulmineo di una storia di vita sgorgata, sgorgata e via. Con dolore e senza Dio a cui chiederne chiarore. Incontro di una forma di amore etereo, superiore, forse chiamato amicizia vera, per un Piazza che spacca così il monte in due, e negli anfratti più profondi raccoglie le forme più diverse dell’adorazione: da un lato dello spaccato l’amor ai primi passi che non vuole essere giudicato ma solo vissuto, e dall’altro, all’opposta metà del nulla, l’amor epistolare alto, che nulla cela oltre i segreti di troppo che non in esistenza sfoceranno.
È in chiusura che le carte vengono nuovamente coperte, quasi balsamicamente, tornando con Alessia nella panacea di un amore che protegge dalle brutture del mondo. All’opposto del buio oltre la morte decisa per mano propria, come a volerci consolare, a riportarci in abbraccio alla materna vita, seppur non più completamente ebbra di immersione viscerale, con un velo di malinconia sulla fronte, verso il turbamento del fato che, prima o dopo, nulla perdona. Arriverà dunque, sembra voler ricordare, il tempo della lagrima a rigar di rughe il viso del dolore, ma a pochi, per fortuna, è dato sapere quando.
Un inno alla bellezza rigogliosa e botticelliana in ogni sua forma, a questa figura prima, sublime, che tanto ha da offrire, e di cui tanto la natura ci vien narrando da secoli nei secoli. Un viaggio senza tempo, al centro esatto delle emozioni che non conoscono punti di separazione e che bucano dritti dritti lo stomaco come - Un cutter attraversa un’altra estate – al pensier turbato di una verginità perduta, così al pari passo di - resurrezioni ad ogni passo – o – è sereno tempo delle fragole al loro posto esatto -. Un incontro al sapore di arancio, fichi, filodendro, cedro, piante, frutti e fiori per dissetarci di un terreno fertile di poesia che inverdisce, graffia ma non lascia. Esiste.
Una Mirta, tanto importante quanto Alessia (entrambe equilibrate nel titolo ma opposte nel simbolismo malcelato che esprimono) per ricordare come anche il sole cancelli, come anche il grano muti in pane e dunque in fondo solo briciole da dimenticare. Un monito alla vita, un’evocazione dei momenti apparentemente felici, istanti rubati anche, se vogliamo, futuri brandelli di lagrima al sapore del sale sulle ferite, pronunciati con la lingua tra i denti, entrambi degni di essere vissuti nel pieno del succo agrodolce di stagione… e ancora più in là – la quinta che oltre gli orologi esiste –.
Consiglio la lettura di questa raccolta letteraria in particolare a chi, sui banchi di scuola, ha tanto assaporato l’emblema dell’amore nell’allora immoralità della lirica “Le Fleurs du mal”, di Charles Baudelaire. E non solo per i temi ricorrenti in rincorsa tra morte e amore e passione e peccato, ma in particolare per questo dono di saper cogliere le esatte corrispondenze tra i profumi e gli elementi della natura, e, non in ultimo, per l’assonanza con la tormentata vita di Baudelaire, che ritrova nell’amata un’amante passionale nonché musa ispiratrice, fino a quando, proprio all’età di 44 anni, dopo aver anche tentato il suicidio senza riuscire nell’intento, perì. E torno allora a Raffaele Piazza, familiare, tra le sue sere, le sue stagioni, la musicalità dei corpi forse non lontana dal dopo che finisce.
*
Barbara Calcinelli

giovedì 21 aprile 2022

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIORGIO MONTANARI


**Giorgio Montanari: “Abituarsi all’invisibile” – Ed. Giacovelli – 2022 – pag. 70 - € 12,00
L’invito ad abituarsi all’invisibile diviene gioco indiscutibile di probabili allucinazioni, o addirittura di improbabili lampeggi che avvolgono il nostro sub conscio, per avviarci alle immaginazioni policromatiche dell’irreale. Un fantasticare sottoposto al flusso irrefrenabile del quotidiano e alle armonie di un dettato poetico che punta a dei cardini irrinunciabili della mente.
Dobbiamo quindi arrischiare, osare una intuizione momentanea che in fondo è libero fluido di più contese del simbolo, nutrito da ansie erratiche, da controlli dell’ora, da sorvegliate incertezze della emotività, da sottaciute cicatrici.
Il volume si suddivide in quattro sezioni: “L’ingiustizia del tempo”, “Paura degli sguardi”, “Le conseguenze della notte", "Cosa conta davvero”, ma il ricamo della scrittura si presenta concretamente omogeneo in un benevolo approccio di fermentazione per una poesia radicata e sempre in gemma delle immagini, fermate da una camera oscura che poi da sola conduce alla retina radiosa.
“Il tempo divora se stesso;/ la lancetta svolge il suo compito/ nell’indifferenza, mentre domandi/ quante persone sarai stasera:/ difenderai la maschera, il mantra/ di chi accetta che, nel soccombere,/ il vento logori se stesso.”
Soverchiato, annichilito dalle parole che l’assediano da ogni dove il poeta sembra imbrigliare le domande per tastare la spontaneità del sopravvivere.
“Il cemento della nostra volontà/ riporta alla mente i solidi dubbi:/ traballanti fondamenta del corpo/ avranno pienezza per sorreggere/ i pensieri, soliti lamentarsi/ che gli avvenimenti sono prigioni/ nel panorama delle possibilità?”
Scegliere, onorare, staccare, strappare come i fiori selvatici del campo per riparare una probabile sconfitta del tempo. Così pure la luce che acceca diventa canto in un boato, o improvvisamente l’incomunicabile si presenta come “Nelle crepe del muro penetra/ l’edera fra le fessure che si dilatano.”
Giorgio Montanari riesce con il gesto del simbolo a ricamare il metodo che salva l’armonia del verso ed eleva a sistema l’immaginativo e l’emotivo nell’avvolgente proposito di coinvolgere il lettore nel flusso dell’invisibile.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

martedì 19 aprile 2022

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIA EROVERETI


**MARIA EROVERETI: UN PICCOLO MONDO - poesia e fotografia - ATB Edizioni (Torino) - 2020 - pagine 65 - € 28,00
PREFAZIONE DI ROSA SORDA
Ispirate dallo stato di grave malattia della propria madre, le poesie di “Un piccolo mondo” di Maria Erovereti esprimono la complessità di sentimenti, emozioni, riflessioni che scaturiscono da una partecipazione profonda, quasi empatica, alle condizioni di sofferenza del proprio familiare.
Nel linguaggio misurato che le è proprio, ma nello stesso tempo colto, Maria ci consegna una sorta di diario, quasi una confessione, spietata e sincera, in un’apertura direi totale del suo animo, rivelando inoltre una disponibilità incondizionata alla comprensione e all’ascolto. Non c’è più spazio per i propri bisogni, desideri, ora le urgenze sono altre, ora è il tempo, in una sorta di trasmutazione alchemica, del superamento del proprio io con le sue recriminazioni, esigenze e richieste. Ora è il tempo di assolvere ad un compito forte, intenso: accompagnare l’anziana madre malata verso il compimento dell’esistenza, la conclusione della sua parabola di vita, seguirla nell’inevitabile declino, assisterla nei momenti in cui più inequivocabili diventano i segnali della fine. Esperienze a cui Maria non si sottrae, spinta dal suo senso etico, ma soprattutto dall’amore; esperienze che considera, paradossalmente, una sorta di privilegio perché le danno la possibilità quasi di condividere uno dei momenti più alti e misteriosi della vita.
E così vediamo snodarsi, sfogliando le pagine del libro, insieme ai bellissimi scatti analogici realizzati da lei stessa, ricordi, momenti intimi, rammarico per ciò che non è stato e avrebbe potuto essere, in versi di toccante sincerità in cui non si avverte mai una nota falsa, stonata, né tentativi di costruzioni artificiose. Il tutto in un linguaggio quasi di uso quotidiano, eppure colto, incisivo. Del resto questa è la cifra stilistica di Maria, che accomuna queste composizioni a quelle pubblicate di recente in “Frammenti di emozioni”, cifra stilistica che nella sua essenzialità fa maggiormente risaltare il dato poetico. L’analogia, però, tra queste poesie e quelle del precedente volumetto si ferma qui; diversa infatti è l’atmosfera, le esperienze vissute, il percorso compiuto e, se proprio si vuole trovare un punto di contatto, lo possiamo individuare nell’apertura all’arte, nell’approdo ad una dimensione quasi contemplativa che permette di guardare all’esistenza con animo persuaso, nella consapevolezza della problematicità del vivere.
Molti sono i nuclei tematici che affiorano nelle composizioni di “Un piccolo mondo”, coprendo un’ampia gamma di vissuti ed esperienze.
Alla visione della madre sofferente si sovrappone, quasi per una forma di compensazione, l’immagine della fanciulletta felice che correva spensierata per le stradine del borgo “quando bambina / Uccellaccio / volavi agitando le braccia” e che poi, divenuta giovinetta, ha iniziato a sognare la sua vita di sposa e di madre. A tal proposito Maria la ricorda quando giovane e bella giocava al crepuscolo con la sua bambina. Ma poi col passare degli anni il rapporto è diventato meno sereno: i condizionamenti sociali hanno iniziato a frapporsi al libero fluire degli affetti, tanto da vedere nella propria madre una nemica da combattere “per non essere la tua argilla / da plasmare “. Da qui il rammarico per non aver potuto o saputo creare complicità, “il silenzio è calato / su sogni inseguiti / e attese tradite /…il silenzio è calato / sui tuoi giorni incantati / fluiti nella mia vita / che ha supplito la tua”. Quindi i sensi di colpa e “tanta pena per il …tempo donato”, per quello “sguardo / consumato dal tempo / che di tutto ti ha derubato senza nulla concederti”. Quella madre così pronta a donarsi e così poco compresa “La mia mente / altrove protesa / non ha mai varcato / il mistero dei tuoi pensieri”, quella madre sollecita ora è sempre più sofferente e indifesa e allora la tenerezza prende il sopravvento e con essa il bisogno di trasmetterle energia e di accudirla. I ruoli si sono invertiti, adesso è la figlia una volta ribelle che, con infinita pazienza e amore, si accinge ai rituali gesti giornalieri dell’accudimento, scoprendone la bellezza e il significato e accorgendosi che il suo “animo si rigenera e il cuore trabocca d’interezza”. Anche una carezza, un abbraccio possiedono un valore taumaturgico e così le mani si cercano “per afferrare / e trattenere l’esistenza. / S’intrecciano le dita /si propaga la vita…” E ancora: le mani “si congiungono / ma non sono due / una sola linfa alimenta / le stesse cellule.”
A volte, però, nonostante i tentativi di infondere energia e di suscitare risposte vitali, si è accolti dalla sua “fievole voce” mentre il suo sguardo si schiude “sul vuoto del nulla” e i giorni “brancicano faticosi nell’angusta prigione …del corpo ferito”. È talmente angosciante questo stato di assenza e di vuoto, “Mamma / il tuo golgota / ha spento il piacere / e annegato la vita”, che si teme di “cedere all’abisso viscido e oscuro che annienta” e così, per non cadere risucchiati in questo gorgo, ci si aggrappa “alle altrui visioni”. Si cerca quindi di reagire, appigliandosi a ciò che per se stessi è importante: l’arte, la scrittura, coltivando quegli interessi ai quali Maria ha dedicato la vita sottraendosi ad un destino che la voleva appiattita sul modello consacrato dalla tradizione.
Le poesie e anche le foto di questo libro, infatti, oltre ad essere una testimonianza d’amore, assolvono essenzialmente a questo compito, quello cioè di preservare la propria incolumità spirituale, filtrando attraverso la comprensione e uno sguardo consapevole i sentimenti e i vissuti sperimentati. Perché il potere salvifico della scrittura e dell’arte consiste proprio in questo: nella possibilità di realizzare quel distacco necessario alla rielaborazione ed espressione delle nostre esperienze in modo tale che esse, assurgendo ad un valore universale, non ci facciano troppo male. Niente più ci fa paura, neanche la morte, quella nostra e quella dei nostri cari e così possiamo riflettere sulle “effimere luci” che “nel Nulla sconfinato / nell’infinito silenzio …accendono e declinano / lo sguardo / sull’immensità del Tutto”. Ormai consci della realtà della vita, dell’inevitabilità della malattia, della sofferenza, della morte possiamo contemplare “…Miliardi di labili luci / noi /scintillio continuo/ di nascite e morti/ che sfavillano/ fugaci/ frammenti di Coscienza."-
*
ROSA SORDA

lunedì 18 aprile 2022

SEGNALAZIONE VOLUMI = SERGIO MESSERE


**Sergio Messere – "Fibre di possibilità" - Ed. Lea Publisher - 2021- € 15,00
Sarebbe bene stringere uno e più fasci di nervi, come se fossimo stati dati alla luce da una durevolezza esterna, per la quale si avanza morbosamente e in alternativa si aleggia, bestemmiando nella speranza di nutrirci dell’essenziale. Messere inquadra un’euforia segnata dallo sconforto come dalla liquidazione di una libertà non affatto introvabile nei percorsi che tracciamo; incuriositi d’anime trascinanti, che ci consigliano di distinguere la sostanza dalla forma per ogni bene primario, consumato da criminali perdonabilissimi, che preparano in complicità con le loro prede un pasto rappacificante.
“Siamo decadenti: sempre e poi sempre insaziabili
(…)
ove è la vita sterminato biliardo”.
Succede allora di assistere lungi dall’identificarsi allo scorrimento altrettanto non evidente di entità, esseri disperati, dotti, folli, combattenti, malati, vittime estremizzate e dittatori, tutti uguali dacché irriconoscibili!
Sergio armonizza la parola rievocando una stagione come quella autunnale, arrotondando a suo modo d’immaginare per sempre ciò che l’umano si riserva; per una forma di detenzione scioglibile con la novità esprimibile da un nostro simile, purché umile e solidale volendo masticare la vita e quindi sacrificarci prontamente per l’estraneità pulsante, come se capaci di attrarre e basta. “vita mia, sei stata la nota più squillante in uno spartito mai suonato”. Effettivamente l’osservazione dell’Io si estende su un vetro di riflesso spiazzante, e se ne accresce il dolore tra il cuore e l’idea di ascoltarlo, almeno per chi come Messere, che si muove cogliendo in sé desolazione, invocando il divino per i poveri, a ricostituire, irremovibile, la naturale sortita.
Il mondo fa venire i brividi ai sentimenti che s’imbestialiscono, fedeli alle loro origini tanto da rinchiudercisi, per una chiara esasperazione, agevolante l’alimentazione e l’animazione di ogni cosa (soffermatevi pure sulle raffigurazioni di Pietro Tavani all’inizio dei capitoli). Per il poeta, fibrilla una clessidra, come a dover numerare l’infinitesimale, quasi a offendere degli esserini, innocentemente incapaci ancora di tendere la mano come lo sguardo, di una delicatezza inconciliabile.
“l’ozio fiuta l’inganno e non ne vuol sapere
(…)
Bimbo dai pugni chiusi e dalle palpebre di seta
(…)
La tua voce (…) lenta e incessante emorragia dell’anima
(…)
Voglio vedere un questuante saltellare (…) nuvole di desideri volteggiare”.
Successivamente il nostro rimarca quel dono reintegrativo, elevato al femminile, di una Lei che ha sofferto, però fatto salvo il candore; proporzionale all’intervento anch’esso imprevisto, elevato al maschile, eseguito in modo rinsaldante, affettuoso.
“La mia mano ruvida sulla tua fronte”.
L’ascolto consiste in un percorso interiore, languido, di una rigidezza da sciogliere, a fronte dell’annunciazione in grande stile se non addirittura insensibile degli strumenti che ricominciano a rendersi efficaci.
Un sentimento convincente dà luogo a nessuna condanna, in particolare a quella del rosicare… piuttosto agevola l’indipendenza, quella buona per ritornare prima o poi a confortare, con un vissuto duro, quando dall’altra parte si è in stato febbrile. C’è spazio pure per i ricordi, quando si era bambini e ci accartocciavamo fuori dalle lezioni, giocando indiscutibilmente in mezzo a una natura chiusa e decadente, con un filo di sguardo da garantire alle pretese ormonali. Ma oggi soffriamo della mediocrità altezzosa, carta straccia in preparazione dell’Io; come se sicuri di limitare un elemento sovrumano, emarginando così soggetti insipidi, in fondo capaci di starsene isolati, a costituire il chiaro desiderio di rivalsa sull’oggi alquanto irrefrenabile, potendo far battere il cuore per istinto animale, senza perdere di mordente, con umiltà.
“È il dominio degenere del surgere ansimante di fantocci di possibilità”.
La più grande delle falsità si determina con l’imbarazzante insieme di principi circa il buonsenso, mentre dell’autorevolezza s’espande uscendo dal proprio essere spontaneo… da qui al bisogno di precisare una condizione vitale al calar del buio quotidiano il passaggio pare unico, obbligato.
È come stare dentro a una chiesa incantevole benché intima, aldilà degli effetti salutari, con l’ispirazione a levarsi fuori ancora per la prima volta, immortale, per bagnare di luce possibilmente un viso di persona che si confessi a pelle. Affermazioni irrilevanti, miste agli attimi d’approfondimento e al pomeridiano infinito, comportavano la maturità per chi come Messere, che aspetta d’essere smossa nel bene come nel bene come nel male male, umanamente… poeticamente.
CATTEDRALE
Nulla
ti porta a danzare
all’estremo
come quando si è soli con se stessi.
Un silenzio incessante,
imponente,
che è musica.
All’interno di una cattedrale,
la propria.
O stai bene o stai male.
Tecnicamente, generalmente lo stile di Messere è malinconico.
Egli mostra d’essere cosciente della necessità di adattare il verso alla situazione vissuta o immaginata; dunque è aulico nei temi che tocca più che nei termini che impiega.
La sua esperienza individuale diventa certamente universale, tra scorrevolezza, intima direzione ed essenzialità.
Figure e atmosfere di attendibilità sociologica o di rappresentatività antropologica assumono un’intensità visionaria ma anche realista. I profili, tracciati con familiarità e imprendibilità, affascinano per l’estremo, lo straziante e il passionale. La simbiosi con i lavori ad arte di Tavani da primo impatto “possibilista”, orbene, è di un’apologia morale, meccanica. Le citazioni, ma soprattutto i riferimenti musicali classicheggiano velatamente, alla fine di alcune singole poesie. Fisicità e sacralità sono intrise di parole spesso e volentieri lapidarie, perciò efficaci e dirette, a evitare inutili percorsi verbosi dilatanti le sensazioni fino all’annientamento. Lieve come il vento o evocativa come un’opera d’arte, la poetica interessa strutturandosi quasi in maniera ipnotica.
Parole allora persino potenti e dure, se nella loro radice di fedeltà e nell’ansia di bellezza e giustizia.
Implicazioni di simbolica forza cercano di accendere la luce sul senso del destino… di parole che in fondo passano e legano, di un autore che sa bene del suo onore.
*
VINCENZO CALO'

SEGNALAZIONE VOLUMI = EDITH DZIEDUSZYCKA


***EDITH DZIEDUSZYCKA: "ALGHE E FANGHIGLIA" Poesia – Genesi – 2021 - pag. 156 - € 15,00
“Alghe e fanghiglia”, il titolo della nuova silloge di Edith Dzieduszycka, nella prefazione definita da Plinio Perilli, “fumigante tra sogno e realtà”, mi ha fatto meditare a lungo sul suo significato al primo approccio enigmatico. Poi, leggendo i componimenti poetici, con lentezza è apparso nella mente uno scorcio di paesaggio marino, o per lo meno acquatico, che mi ha incantata col fluttuare leggero, coi moti sinuosi della vegetazione avvolta e sospesa nell’amniotico elemento vitale. I ricordi della primissima infanzia, i sogni, le parole della poetessa aleggiano lievi come le alghe accarezzate dall’acqua, ma radicate nella fanghiglia della realtà, una realtà e un passato piuttosto grevi.
Perilli definisce le parole di Edith, “sogni, fanghiglia onirica e detriti di archetipi”; e spesso, infatti, le parole nascono nella notte, come i sogni: “…Una parola sola / solo quella ricordo / di una poesia comparsa nella notte / l’inizio lacunoso / l’indizio insufficiente // all’alba stamattina / ...è sparita anche quella / risucchiata nel gorgo in cui spariscono / d’una memoria labile i ritrosi detriti”. Detriti “morali e mentali” secondo la definizione del prefatore.
La silloge è suddivisa in cinque sezioni, la prima, “L’affiorare”, è legata proprio alle parole, al mondo creativo della poetessa che dalla vita reale fluisce nel sogno: “…mi do cinque minuti / minute briciole rubate alla ragione / per estrarre / furtiva / dalla mia cesta / un frutto / un fiore // perché no / un pensiero / con cui giocare / inventare una storia / risvegliare i tizzoni / e se non ci riesco / spengere la candela / per nel sogno afferrare / l’invisibile filo che mi ci porta”.
L’atto del creare è un viaggio in un mondo incontaminato al di fuori di ogni limite reale: “Mai / − me ne accorgo – / quando scrivo / che sappia dove vado / né quale strada prendo // ché potrei camminare / incauta / sui fili tesi alti sopra le nuvole / costeggiare le rive di laghi senza fondo / varcare soglie segrete verso luoghi incantati…”. Ma è anche un viaggio faticoso all’interno di se stessa alla scoperta della propria anima tuttora sconosciuta: “…scendere / sul fondo irraggiungibile / e nel mentre raspare / incrostazioni / ruggine / asperità e nodi / frugare ogni livello / senza tregua forare // fintanto si riesca / a strappare alla melma / filamenti / scintille / del sé l’essenza / ancora ignota”.
La seconda sezione è dedicata all’infanzia, ma è di breve durata il tempo spensierato e felice dei “verdi prati” del “…bicchiere di schiuma / lattiginosa e tiepida che i baffi perlacei /sotto il naso tracciava”, del regalo dei cinque anni, una colomba bianca “bestiolina gentile”. E anche la gioia del dono viene turbata dalle raccomandazioni degli adulti: “Se gente sconosciuta incontrata per strada / ti fa domande strane sulla nostra famiglia / …devi fare la stupida e dire: / Non lo so, io sono piccina”. Infatti, presto il mondo della piccola Edith viene sconvolto: “Successe una mattina plumbea di novembre / mai più adatto il giorno / − due, quello dei Morti − / che rimarrà per sempre nella mia memoria. // Calzata da stivali / serrata in vert-de-gris / irruppe a mezzogiorno abbaiando / una squadra feroce / che alla vita vera e a noi tre sorelle / strappò all’improvviso padre e madre”. Solo la madre, nel 1944 rinchiusa nella prigione militare tedesca di Clermont-Ferrand, tornerà a casa dopo quattro “mesi d’incubo”, presentandosi alla bambina “Curva e fragile / sotto l’immane peso della Storia”. Ma, anche se “Sfumano / nella nebbia / piano piano / gli anni indifferenti. // Uno dopo l’altro / se ne vanno / esausti ma necessari / i testimoni / di un passato atroce / e sempre in agguato”. Tuttavia “…non può / non deve morire / cancellata dalla memoria stanca / la verità / perché la Verità va curata / annaffiata / raccolta / tramandata”, anche se è un fiore pregiato dalle radici marce e dall’odore pungente. Il passato pesa sulla vita di Edith come una ferita non cicatrizzata di cui non bisogna staccare la crosta, anche se a volte sembra che questa stia per cadere perché “ostinato invece un suo lembo ancora / ombra di un ricordo / alla fragile pelle sottostante / aderisce testardo”.
La terza parte, “La nuova vita”, rivela i sentimenti che hanno accompagnato l’incontro e la storia con Michele, l’anima gemella. La sezione si apre gioiosamente col “canto soave e puro” di un usignolo sulla cima più alta di un cipresso, prosegue con l’abbandono ai profumi inebrianti, erba tagliata, tiglio, mentuccia, gelsomino, su cui la notte stendeva una cupola disseminata di gemme, mentre la vita pulsava “lenta / interminata”; narra lo sprofondare nella musica di Richard Strauss come “dentro una caverna / pozzo di armonie dalle pareti soffici” in cui Edith, trasformata “in liana ondeggiante / un lazzo d’arpeggi dai flussi rinnovati”, volteggiava e si dissolveva. Ma la felice parentesi della “…tana del piacere / sotto la coltre calda dell’amore” sarà chiusa senza pietà da un “accanito silenzio”: “Da due /…in uno / ricomporsi / …e ritrovarsi / in mare aperto / sulla scialuppa vuota”.
Nella quarta sezione, “L’ego”, Edith affronta la nuova solitudine, “…da sola preferisco / girare per conto mio / smarrirmi / ritrovarmi / non importa davvero…” e il rapporto incerto e altalenante col mondo e con se stessa: “…con me la sera trascorrerò // In fondo ci sto bene / gli stessi gusti abbiamo…” ma conclude il componimento: “A ripensarci bene / non so se rimarrò insieme a me / da sola / questa sera”. La poetessa e la sua mente sono inseparabili, fanno “bon ménage”, ma “certe volte mi capita di dirle / …fatti un po’ da parte / lasciami respirare…”, e la compagnia di se stessi può diventare insopportabile: “…di me mi son stancata / con me non sto più bene / da me vorrei staccare…”. Eppure, nonostante ciò, nonostante lo stretto rapporto con se stessa, Edith ancora continua a cercare la propria essenza, che rimane impenetrabile: “a dire il vero – vi confesso − / ancor non ho capito / in realtà chi sono…” e tutto quel che sa è che sarebbe contenta se potesse lasciare una traccia di sé, “anche se minima” per vincere l’oblio.
Nell’ultima sezione, “Le somme”, Edith riflette sul senso della vita e la sua caducità, sull’inutile sforzo di penetrare il mistero dell’esistenza, sul nostro essere insignificanti di fronte all’universo: “Lontano firmamento popolato d’ignoto / a soltanto pensarti viene una vertigine / la misura imprecisa del nostro breve corso…”. Tentare di trovare il senso del proprio essere al mondo è una pura illusione: “Riempirsi la vita / che così sembri tale / che così sembri vita / e fingere di credere abbia questo / un senso nel tracciato segnato / da non si sa che cosa”. Ci sforziamo di lasciare una traccia del nostro passaggio sulla terra ma siamo solo “Speranzosi bambini / illusi di sopravvivere / in una bolla d’oro / all’ottusa valanga che senza fine / rotola”.
Maria EROVERETI

sabato 16 aprile 2022

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO


**“Mutevole”
Mutevole il battito senza partita
da oscurità a oscurità ripreso
abitato dal verbo più che mozzafiato.
Lungo il muro dell’orto anche il tramonto
ha le braccia che scivolano sui fianchi
ed ho intrecciato il sentiero dei frantumi
nel ricordo del tuo corpo rosso di febbre:
comprammo piccoli fiori per la nostra stanza,
perché un tempo conoscevi il manto delle stelle.
Guizza un lampo di quanto più vago
mentre io parlo di nubi leggere
e con amplesso ricucio respiri.
Vibrerà dubbioso anche il trionfo
di un ultimo soffio.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

venerdì 15 aprile 2022

SEGNALAZIONE VOLUMI = PASQUALE BALESTRIERE


**Pasquale Balestriere “Glosse alla vita” – Ed. the writer – 2022 – pag. 70 - € 12,00 –
Esplorare le fasi del giorno e della notte, indagare sul quotidiano e inseguire variazioni sociali significa tentare di capire l’ordine indiscreto che regna nel vissuto, quasi un immergersi nei flutti che il susseguirsi dei giorni batte contro il nostro arrendevole sub conscio. Il pensiero errante non è mai stanco di scendere dentro la cavità dei sentimenti alla ricerca del dicibile, tra insicurezze confidate al vento o inseguire illusioni, impegnato poeticamente nel ritmo che diventa pagina dopo pagina musicalità del verso.
“Venite qui, poeti, qui venite/ al grido doloroso. Già il Paese/ è preda di corrotti e se ne muore/ per pavida indolenza. Su, poeti,/ la voce di rampogna su levate,/ parole di rivolta e di speranza/ o che vi colga l’afasia più bieca./ Senza paura dite la vergogna/ e lo squallore del potere ingordo/ d’uomini adunchi, ditene la lue/ o vi si secchi ogni corda vocale.” Anche il sommesso urlo politico/sociale ha, in questo poeta avvezzo alla cultura elevata, un suo ben centrato verbo intellettuale che esige il suo diritto a spronare contro il malcostume che impera. Poesie dettate dal gioco degli avvenimenti, anche quelli che potrebbero apparire banali, come una semplice applicazione di Holter.
“Occasioni”, “Di terra, di cuore”, “Memorie”, “Luoghi” sono i quattro capitoli che compongono questa silloge.
“Sempre s’avverte comunque nelle poesie di Balestriere – scrive Elio Andriuoli in prefazione – una diffusa gioia di ritmi, che ognora ci vengono incontro con immediata freschezza, sull’onda di una musica piena ed intensa o anche sommessa e sfumata, ma che sempre colgono momenti di sereno abbandono al canto.”
Scrittura densa e viva, direi palpitante che non trascura di annotare momenti della realtà e ripropone sentimenti che diventano ragione dell’imponderabile, nello scorrere di avvenimenti e di memorie.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

giovedì 14 aprile 2022

POESIA = FRANCISCO MUNOZ SOLER


6 poesie in italiano, tradotte da Stefania Di Leo
Francisco Muñoz Soler, Málaga, España
*A VOLTE I POETI
A volte i poeti
dalle loro incertezze,
sono tentati a comprendere
la condizione umana,
cercando di catturare gli echi
elocuzioni di silenzi,
lo splendore dei baci,
infinità di sguardi,
senza la certeza della scienza archeologica
in grado di riscattare l’origine
delle nostre anime.
*INFINITO SENZA CONTINENTE NE LIMITI
"L’universo entra in un granello di sabbia"
William Blake
Infinito senza continente ne limiti,
questo è che dicano i cosmologi
cercando sempre di trovare l’origine,
mentre i poeti guardano la terra
e fanno loro l’aventura
di un minuscolo granello di sabbia.
*CHE COSA É ESSERE UN POETA A PERCHÉ ESSERLO?
"La poesía è un modo di essere e di esistere nel mondo"
Antonio Colinas
Che cosa è essere un poeta a perché esserlo?
Non mi sono mai posto le domande
scorre dalla vena della mia anima
forgiando la scelta di vita
la mia posizione nel mondo,
mi manifestó nella parola
e nei silenzi
con belleza e con umanità.
*LA MOGLIE DI LOT
"Per la disobbedienza dei miti"
Wislawa Szymborska
Per propia dissobbedienza,
per bandire il senteiro sottomesso
e la figura giustiziera
da cui tutto le è dato,
per meantenere i suoi passi
e vomitare collera
sulla tyua miseria,
per difendere i propia sogni
un minuscolo eterno,
perché sarà la sua esperienza,
e che né Dio né la norte
qlielo potranno strappare.
*COSI PRESSANTE DOMANDA
Cosi pressante domanda
produceva silenzi eloquenti
che svuotavano di contenuto
i sogni di convivenza.
"Come vivere?,"
Formulavano ingenuamente
afferrrati da una mano invisibile
in una rete di assurditâ,
mentre I ragionamenti
cedevabo al vuoto e allá stupiditâ
insensibile al danno,
Wislava osservava dal davanzale
L’impotenza degli indifesi
a Cracovia del mille novecento ottantasei.
*CI SONO TOMBE CHE NEL LORO SILENZIO
"Ci sone tombe che nel loro silenzio parlano del mondo"
Rainer Maria Rilke
Ci sono tombe che nel loro silenzio
parlano del mondo
mantengono una gioiosa armonía
ed emettono una música che trafigge
muri, spine, mascelle.
che mantengono freschi i sogni,
in cui l’amore cura le ferite
con equilibrio e conzolazione;
ci sono tombe che sorgono,
sulla solitudine, e sull’infamia,
la loro fronte di allegria
purificando piogge acide.
*
FRANCISCO MUNOZ SOLER

martedì 12 aprile 2022

SEGNALAZIONE VOLUMI = MICHELA ZANARELLA


**Michela Zanarella: “Recupero dell’essenziale” – Ed. Interno libri- 2022 – pag. 100- € 13,00 –
Riappropriarsi del senso del reale segmentato e ricamare il significato della parola diviene armonia, eleganza, e perfezione, nel modello che recupera la consapevolezza della molteplicità dell’esistente con tutti i risvolti di una partitura che testimoni l’importanza di vedere e insieme di immedesimarsi in un cerchio perfetto, che sia lo specchio della quotidianità.
“Il moto del tempo e delle stelle – scrive Anna Santoliquido in postfazione – si affianca al silenzio che recupera frammenti di giovinezza quando si era liberi di guardare la gioia alla radice.
Esplorare le fasi del giorno e della notte significa tentare di capire l’ordine discreto che regna nel firmamento e sintonizzarsi con il visibile e l’invisibile. Aprirsi all’infinito con la pazienza che la vita ci chiede, dilata lo sguardo che abbraccia il cielo del pianto d delle stelle morte, la tristezza delle rose, partecipando il lettore del dolore cosmico a cui nessuno può sottrarsi.”
Qui le parti narrative del verso lungo sono intercalate da flash compatti, solitari, come visioni / evocazioni dove c’è qualche volta la pausa agognata che cerca di avvertire l’ignoto.
“Ma si, eccoti sulla fune tra le ombre del tempo/ a dimenticare le ore, ha curvare gli occhi tra le cupe lune./ Non ti rallegravano le albe e nemmeno il transito dei tram/ non ti accorgevi nemmeno del vento eppure lo dicevi/ che eri un uccello – io ti ho visto sul davanzale/ mi guardavi come si guarda chi è libero/ e canta e va tra un sogno e l’incenso.” (Sono ancora là / a Marina Cveteava).
La memoria rincorre la luce e converte ogni illusione, ben avvinghiata ai sentimenti più alti, spesso come testimonianza di assenze, spesso come tentativo di valorizzazione delle dimensioni interiori che non costituiscono una gabbia, bensì tentativo di evasione.
La terra, le nuvole, la notte, la luna, il tepore, i mesi, le stanze, il crepuscolo, l’infinito sono gli attimi che la poesia incide nel verso, sempre ritmato in un’armonia culturale che scandisce il dettato. Testimonianza che si riflette come filigrana, per contrasto di tensioni e bagliore di confronti.
ANTONIO SPAGNUOLO

lunedì 11 aprile 2022

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIORGIO MOIO


**Giorgio Moio – "Poeti in Campania" (Ventisette interviste)- Bertoni editore. pag. 190 - € 16,00
Una mappatura densa, profonda e ricca di acribia della poesia in Campania attraverso lo strumento dell’intervista, quella che ha realizzato Giorgio Moio con quest’opera poderosa e completa.
Colpisce e coglie nel segno l’intelligenza connessa incontrovertibilmente alla competenza e alla cultura dell’Autore nell’entrare in sintonia con le figure dei poeti e delle poetesse di varie generazioni con il comune denominatore della residenza in Campania.
Moio con geniale perspicacia sa chiedere le cose più opportune e calzanti per ogni singolo poeta e per ognuno ci sono domande personalizzate per risposte parimenti intelligenti e selettive nel cogliere l’etimo e l’essenza di ogni singola figura di versificatore.
Sembrerebbe che la Campania stessa non sia una delle province più importanti e accreditate dell’impero dell’Italia contemporanea della poesia che troverebbe il potere a Milano o anche a Roma e a Torino.
Rispetto alla suddetta affermazione si deve mettere in rilievo innanzitutto un dato generale che riguarda il fenomeno – poesia visto nella sua globalità, fenomeno antico, catartico e salvifico. Infatti è certo che la poesia all’inizio del terzo millennio è vivissima e anche il fenomeno Covid ne ha accresciuto i praticanti. Contro la previsione di Adorno e Celan dopo la Seconda Guerra Mondiale e l’Olocausto la poesia non è morta e con la rivoluzione del verso libero come ha scritto Montale bastano un foglio e una penna per scrivere poesie. In un panorama nel quale proliferano piccoli, coraggiosi e intraprendenti editori nonché siti e blog di poesia, produzioni copiose di raccolte poetiche e tantissime antologie quello dell’intervista è un fenomeno meno diffuso. Con l’intervista il poeta esprime a trecentosessanta gradi la propria interiorità in una forma che è simile a una confessione nel rivelare lo stile della propria bottega di artista, le proprie ambizioni e la propria interiorità. Si tratta di scandagliare a fondo le personalità dei poeti intervistati ognuno con la propria peculiarità tutti diversi tra loro nell’esprimere tutte le gamme espressive della poesia contemporanea dalla forma neolirica ed elegiaca a quella neo orfica a quella tout – court sperimentale o verbo visuale. Emergono ventisette ritratti di poeti incorniciati nel tempo in cui vivono e portatori di valori salienti se è vero nella massima parte dei casi il parallelismo etico – estetico. Da Renato Casolaro a Dario Zumkeller, da Prisco De Vivo a salvatore Violante, da Francesco Filia ad Antonio Spagnuolo, da Mario Fresa a Marisa Papa Ruggiero, per citarne soltanto alcuni.
Di sicuro nel mondo della poesia non mancano e mai sono mancate invidie e gelosie tra gli autori tuttavia anche se ogni poeta è un rivale tramite la poesia anche con il fenomeno sotteso della competitività si possono cementare amicizie e sodalizi di grande importanza anche se le poesie non cambieranno il mondo.
Tuttavia se non possono cambiarlo possono migliorarlo.
*
RAFFAELE PIAZZA

mercoledì 6 aprile 2022

RIVISTA = MALPELO


**E' in distribuzione il numero 4 della rivista "Malpelo", diretta da Demetrio Salvi. Un volume di 206 pagine (€ 10,00) che offre in lettura una sezione dedicata al racconto ed una sezione dedicata alla poesia (redatta questa da Bernardo Rossi). Le pagine scrorrono rapide e con grande luminosità, per interventi di pregevole fattura nei quali più di un messaggio contiene i valori intimi della esperienza umana. Un dinamismo moderno puntualizza pienamente la fusione tra realtà ed illusione, nella piena libertà della simbologia che costruisce con garbo il dettato.
Sono presenti Renato Bonanni, Raffaele Acunzo,Elisa Bondavalli,Bruno Billwiller, Federico Capuano,Anna Grazia Cervone, Antonio Avossa, Francesca Erriu Di Tucci,Giancarlo Brancale, Djani Mirchev,Demetrio Salvi, Bruno Schiavoni,Giuliano Tomarchio, Rosanna Gaddi, Fabrizio Battisti, Maurizio de Magistris, Sebastiano Diciassette, Elio Pecora, Antonio Spagnuolo, Enrico Fagnano, Wanda Marasco,Antonio Marocco, Irene Duboeuf, Francesco Papallo, Ciro Tremolaterra, Flavia Cidonio, Nicola Maddalena, Luigi Franzese, Bernardo Rossi. Chiude il tomo la ricca raccolta di schede biobibliografiche.

martedì 5 aprile 2022

POESIA = MICHELE DE LUCA


**INVOCAZIONE**
Questa pace translucida
che non si vede non si sente
è ingarbugliata nella biosfera martoriata
giunge a sibilo di ieri
festa funesta ottusità di pensiero
Dove sei
nell’asperità del tumulto
Dove sei
nella comoda vacuità presente
L’informe della specie si applica
in tortuose memorie in lidi lontani
in maniacali parodie d’inganno
Siamo pieni di minacce frasi gesti
di disadorna inumanità
i pazzi del potere gesticolano
da pulpiti ornamentali
da schermi lontani e irraggiungibili
Questa terra di tumulto che trema
sotto passi pesanti che non colgono
la sua delicatezza
I boati equatoriali
le spaurite misure del massacro
e la lontananza dall’ordine di Dio
Un’invocazione plurima ci bacia inafferrata
sfugge come un cavallo impazzito
non la troviamo non la cerchiamo
non risulta condivisibile
Questa lenta parola che è nostra pace.
*
MICHELE DE LUCA

lunedì 4 aprile 2022

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIORGIO MOIO


**Giorgio Moio - Contrappunti variabili (Poesie con dediche 1986 - 2019)-Bertoni Editore – Perugia – 2020 – pag. 139 - € 16.00
La raccolta di poesie Contrappunti variabili di Giorgio Moio è introdotta da una postilla dell’autore stesso, scritto utile per il lettore per addentrarsi nella comprensione della poetica di Moio e delle ragioni sottese all’esigenza della forma della sua scrittura che si esprime con opere verbovisuali.
Nella suddetta nota scrive il Nostro che il presente volume racchiude quasi tutti i suoi testi dedicati ai suoi cari, ad eventi e situazioni di matrice letteraria, a personaggi della poesia, dell’arte e della musica, contemporanei o del passato. Si tratta di testi inediti in generale prodotti negli anni che vanno dal 1986 al 2019 e l’autore ringrazia coloro che hanno stimolato e/o arricchito in questi anni la sua poesia.
Il volume non è scandito e per la sua unitarietà formale, stilistica, semantica e contenutistica potrebbe essere considerato un poemetto.
Si tratta di una maniera personalissima di sperimentazione del tutto antilirica e anti elegiaca e uno dei tratti fondamentali dell’espressione creativa del poeta consiste nel sarcasmo e nell’ironia delle quali le composizioni sono permeate cariche spesso di nonsense nella loro sospensione e visionarietà.
Perché Contrappunti variabili? Il contrappunto è un termine che si riferisce a una particolare tipo di espressione musicale ed effettivamente in questi prodotti della creatività c’è qualcosa che tra le righe pare riferirsi alla musica contrappuntistica con i rimandi tra un sintagma e all’altro in una caotica e calma armonia dalla quale si è pervasi.
Il termine variabile si riferisce presumibilmente alla varietà delle strutture di senso prodotte da Giorgio che hanno una fortissima dose d’ipersegno e la variabilità si rivela nei diversi livelli di espressione delle singole parole sulle pagine attraverso tastiere analogiche complesse che spiazzano il lettore che non può non rimanere affascinato dalla disposizione delle parole che superano la poesia tradizionale e si aprono a vertigini anarchiche e spesso alogiche.
È inevitabile che il lettore s’identifichi con un io-poetante scisso e frammentario che tra illuminazioni, accensioni e subitanei spegnimenti dà luogo ad una fantasmagoria che rende ammaliante, magico e misterioso il piacere del testo che pare scaturire da un inconscio controllato.
È presente una riflessione in versi sulla poesia stessa quando il poeta dell’orfico riflette nella sua poesia che nel titolo vede gente contenta, in contrasto probabilmente con la personalità del poeta stesso, nell’atto stesso dello scrivere che si specchia e riflette su sé stesso.
E l’abilità di Moio sta proprio nel creare un mare magnum di senso potremmo dire post postmoderno che renda vivibile la vita, il mondo nell’abitare poeticamente la terra anche nel terzo millennio.
E altra costante della forma espressa dal Nostro s’individua nella creazione di neologismi tutti da interpretare empaticamente.
Una vena ludica e giocosa sottende l’intero ordine del discorso e pare che Moio sappia giocare con le parole stesse per divertire il fortunato lettore che è anche il destinatario delle dediche.
*
Raffaele Piazza

sabato 2 aprile 2022

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCO CAMPEGIANI


**Franco Campegiani: "Dentro l'uragano" - Ed. Pegasus - 2021- pagg 88 - € 10,00
Il tessuto spiccatamente filosofico con il quale viene ricamata la poesia offre la vertigine di una lettura tutta intrisa di illuminazioni ed approfondimenti, tutta tesa al rapimento del pensiero per metafore e suggerimenti in una sorta di intreccio della parola stessa. La memoria in alterni sussulti fonde le visioni del presente e accende l’impasto delle sembianze con il fluire delle figure.
“Nel Principio vivrei,/ negli inizi perenni dove albergano/ passato e futuro,/ seme e frutto, radici e chiome./ Se oggi muore, rinascerà domani/ il fiore nel crepaccio, bianco/ sotto l’azzurro sempre uguale.” Un sussurro del ritmo del verso capace di intendere odio e amore nello stesso tempo, così come la fede riesce a gestire l’armonia dell’esistere.
Valenza storica nella sua portata, che rende a pieno la versatilità di una penna che non si abbandona a tracimazioni incontrollate ed accoglie stati d’animo che premono per riuscire a sopravvivere. Alla ricerca di quei sentimenti mediati dalla solitudine o dalla meditazione e che danno compattezza alla linearità delle espressioni.
“Da lì venne il Messia,/ era dentro di me,/ era il Principe dei Principi./ Lo misi in Croce,/ non sapevo del sole oltre le spine./ Caddi lungo i dirupi/ e fu dolce caduta/ nel fiume di sangue dell’agnello.”
Madide le cromatiche allusioni del poeta dove tutto è morbido e fuggitivo, coerente negli appigli verbali, dentro la saggezza che cerca di mantenere sempre la misura umana, quasi rievocazione palpabile della sintonia fra scosse emotive e testimonianza dell’esserci.
ANTONIO SPAGNUOLO

NOTIZIA = UGO PISCOPO


E' MORTO UGO PISCOPO ,(1934) - intellettuale genuino, poeta, critico, drammaturgo, uomo dalle molteplici vite e dalle numerosissime pagine.
Tenero amico con il quale la parola si innalzava al ritmo della musica sublime.