venerdì 28 marzo 2014

PREMIO POESIA = GIANO VETUSTO

BIENNALE “GIANO VETUSTO” VIII edizione 2014
e
I FESTIVAL DELL’AMBIENTE
*
Scad. 30 giugno 2014
Modalità di partecipazione:
I Sezione (poesia in lingua italiana a tema libero):
I candidati possono partecipare con opere edite o inedite ma comunque non premiate in altri concorsi. Ogni concorrente può inviare un massimo di tre liriche, ciascuna non superiore ai quaranta versi.
II Sezione poesia a tema “L’uomo e l’ambiente":
“Dalle Bucoliche di Virgilio ai tempi nostri, l’ambiente come il complesso degli elementi naturali (la flora, la fauna, il paesaggio) da conservare proteggendolo dalla distruzione, dalla degradazione e dall’inquinamento, con l’uomo che è in un rapporto di scambio, di reciprocità con la natura e l’ambiente”.
I candidati possono partecipare con poesie edite o inedite ma comunque non premiate in altri concorsi. Ogni concorrente può inviare un massimo di tre liriche, ciascuna non superiore ai quaranta versi.
Tutte le opere dovranno essere inviate in 6 copie ciascuna, in calce alla 1^ copia dovranno essere indicate le generalità del concorrente(nome, cognome, indirizzo completo di C.A.P. e numero telefonico), la Sezione prescelta e la dicitura “Autorizzo il trattamento dei dati personali ai sensi del D. Lgs n.196/2003” con firma in calce per accettazione regolamento. Allo scopo di redarre un’antologia del premio i concorrenti potranno inviare le opere, oltre che obbligatoriamente su carta, anche su supporto informatico (floppy disk, ecc)
I plichi dovranno essere inviati a: Associazione Culturale "Panta rei" segreteria del Premio "Giano Vetusto" via Pozzillo n.24 81042 Giano Vetusto(Ce).
Quota di partecipazione: € 10,00 per ogni sezione tramite versamento sul CC Postale n. 21408596 intestato a Associazione Culturale PANTA REI Via Pozzillo, Giano Vetusto(CE) a parziale copertura delle spese di segreteria o assegno/contanti intestato a Associazione Culturale Panta Rei via Pozzillo 81042 Giano Vetusto(CE) , la quota è valida per la partecipazione ad una sola sezione.
Termine ultimo per la trasmissione delle opere è il 30 giugno 2014, farà fede il timbro postale.
La premiazione sarà effettuata i giorni 6 e 7 settembre 2014 alle ore 20.30 presso Giano Vetusto.

PREMI
I sezione:
1° premio 1000,00 euro
2° premio 350,00 euro
3°premio medaglia e diploma
4°premio targa
5°premio targa
3°premio
II sezione:
1° premio 1000,00 euro
2° premio 350,00 euro
3°premio medaglia e diploma
4°premio targa

INTERVENTO = PER FRANCESCA LO BUE

“Quando il dolore diventa lirica o Del problema della traduzione”

Ripete in cifra lirica Francesca Lo Bue la lezione di Borges: “Todo consta en la gran Biblioteca de
Alejandría” e del mio maestro Francesco Matarrese: “Non possiamo far altro che riscrivere sempre lo stesso libro” e quello che ebbi a ripetermi tempo fa: “No hay nada nuevo bajo el sol./Los súmeros han invocado a Isthar…”
Perciò per Francesca il libro è smarrito, sbagliato, nascosto, ubriaco, errante, dei numeri, vissuto, recuperato. Ossia, un libro da correggere sempre, da completare. L’umanità cominciò a scriverlo quando era nelle caverne... lo finirà in qualche lontano futuro di là da venire.
Il libro è un atto corale, è la divinità mitica del principio che si fraziona e si dona scritta su fogli dalla minuta calligrafia, si sparge e si offre all’umanità dolente. Per ciò la poesia di Francesca
Lo Bue non narra né celebra se non la genesi della sua intima e personale intuizione poética. Non narra la strage di “A una desaparecido”. Lascia che il lettore, partecipe già dai primi righi di lettura, si senta in prima persona accusato in veste di Orco: “A quelli che gridarono il nome/quando marciavano verso le porte dell’Orco,…”
A sua volta “A una Desaparecida” è una ri-scrittura di “Susana”, poema pubblicato in “Nada se ha ido/Non te ne sei mai andato”. Un coro di respinti grida e accusa l’uomo-lettore per quella indifferenza che li ricaccia indietro negandogli il permesso d’entrata alla vita: “No nos quisieron./No nos pudimos quedar.” –“Non ci hanno voluto, ce ne siamo dovuti andare,…”
I negati, i respinti, i senza volto nelle liste dei scomparsi, gridarono il proprio nome –si mormorava che prima di ciò avevano bevuto il veleno- per affidarsi alla pietà di coloro che rimangono.
Uno stesso tema e motivo, dunque, visto e ricomposto da varie angolature. Perché definire, completare ed espletare l’idea è la problematica del poeta. Le parole non son chiare a sufficienza: “le parole vennero a me che le cercavo”, le parole sono un geroglifico, formano una calligrafia strana, esoterica.
Le traduzioni
Ho ricevuto “Il libro errant” in estate e “El libro errante” a fine 2013. Si direbbe una traduzione in spagnolo dell’originale italiano. Si direbbe…perché italiano e spagnolo non sono per Francesca due sistemi linguistici ma una sola lingua che si interseca nella etimologia e nelle immagini che suggerisce. Dunque, è ben difficile sapere, e cercare di delimitare in che lingua nasce per prima una sua composizione poetica o se sono contemporanee o se i due canali linguistici si mescolano.
Piuttosto l’autrice si lascia condurre dal suono, dal ritmo e la cadenza che il verso impone… E allora è consono parlare di due composizioni –in italiano, in spagnolo- dello stesso tema. La traduzione non è per Francesca Lo Bue un esercizio, una ricerca di parole equivalenti, ma la ricerca della parola che traduca, dica, definisca alla perfezione l’idea.
Tutt’altro se traduce versi altrui. L’avevo apprezzata in “Infinito”, eccellente traduzione di Leopardi, credo il suo primo amore, almeno letterario
Appendice a “El libro errante” sono le traduzioni di “I ritorni” di Quasimodo allo spagnolo e “Los pasos lejanos”del peruviano César Vallejo all’italiano. Chiude –ed è come se fosse la sua autobiografia: “Lì sarò con i miei compatrioti./E in greco potrò parlare per sempre.”- il breve “Epitaffio di un samio” di Costantino Kavafis.
**
Francesca Lo Bue: “Il libro errante”. 2013. Edizioni Nuova Cultura. Roma.
“El libro errante”. 2013. Edizioni Progetto Cultura. Roma.
“Nada se ha ido/Non te ne sei mai andato”. 2009. Edizioni Progetto Cultura. Roma
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Aurelia Rosa Iurilli
Centro Studi di Americanistica- Perugia



giovedì 27 marzo 2014

PREMIO = APOLLO DIONISIACO

Premio Accademico Internazionale di Poesia e Arte Contemporanea “Apollo dionisiaco”
*
L’Accademia Internazionale di Significazione Poesia e Arte Contemporanea, con sede in Roma, Polo Accademico di Libera Creazione, Formazione, Ricerca e Significazione del Linguaggio Umano, Poetico e Artistico, in Convenzione Formativa con l’Università degli Studi di Roma Tre e con il Patrocinio dell'Assessorato Scuola Infanzia Giovani e Pari Opportunità di Roma Capitale, Presidente Fondatrice la prof.ssa Fulvia Minetti, bandisce la I Edizione a.a. 2014 del Premio Accademico Internazionale di Poesia e Arte Contemporanea “Apollo dionisiaco”, possono concorrere poesie, opere di pittura, scultura, grafica e fotografia d’arte, edite o inedite.
I Primi classificati per entrambe le sezioni di Poesia e Arte, in cerimonia di premiazione il 20 Settembre 2014 presso il Teatro Don Orione a Roma, oltre all’elegante Diploma dell’Accademia, riceveranno la motivazione critica e la medaglia aurea dall’opera originale “Sogni” dello scultore Pietro Malavolta, pregevole effigie del Premio “Apollo donisiaco”. Il Laboratorio Orafo Rocchi di Via Margutta in Roma offre le pregiatissime fusioni dei Trofei.

L’iscrizione, entro 10 Agosto 2014, si effettua via e-mail all’indirizzo: accademia.poesiarte@libero.it

Il bando è pubblicato sul sito dell’Accademia:
www.accademiapoesiarte.it

NUOVA ANTOLOGIA

NUOVA ANTOLOGIA SU TEMI DI IMPEGNO CIVILE

Dopo Nuovi Salmi è venuto il momento di dare ancora la parola a poeti e scrittori ma stavolta con un lavoro URGENTISSIMO d’impegno civile.
Un’operazione culturale per poeti desti e coraggiosi disposti a un lavoro di poesia etico-filosofico-politico-economico-sociale che possa intervenire significativamente con stimolanti proposte, idee, consigli utili, efficaci e costruttivi per trovare possibili soluzioni ai problemi che in questi difficili anni di crisi il nostro paese sta vivendo e con molta sofferenza. Un lavoro di poesia che aiuti a riflettere, a prendere coscienza in modo pacifico e democratico sui problemi del nostro paese, per tutelare dal collasso e dal fallimento tantissime famiglie italiane destinate a una caduta sempre più rovinosa verso la povertà.
Penso sia venuto il momento per poeti e scrittori di uscire dai libri e scendere nelle strade e nelle piazze, armati non con bastoni e pietre né ghigliottine bensì “con le armi della poesia”, per sensibilizzare coscienze e chiedere di aver restituita quella dignità, quella tranquillità economica e lavorativa che avevamo fino a poco tempo fa.
Per le modalità di partecipazione all’antologia poetica di impegno civile e per ulteriori informazione: giovannidino@alice.it o cell. 3409378202.
Colgo l’occasione per ringraziare per l’accoglienza di questo scritto gli autori di questo blog e ringraziare anche tutti i blog che hanno creato una sorta di cenacolo con scambi di idee e serene discussioni attorno all’antologia Nuovi Salmi. Ringrazio anche le Riviste che hanno accolto l’iniziativa di Nuovi Salmi, pubblicando notizie, articoli, recensioni, poesie. Ringrazio gli autori che hanno scritto su Nuovi Salmi con recensioni lettere giudizi e un grazie grande anche alle associazioni e ai poeti che si sono adoperati per presentare Nuovi Salmi nelle loro città e divulgare l’opera.

Un abbraccio col cuore

Giovanni Dino

mercoledì 26 marzo 2014

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

ALESSIA E LA FESTA
*
Primevo anelito di Alessia
tra attimi di tegole inazzurrate.
Si prepara per la festa
nuda allo specchio. Poi indossa
uno slip nero, niente
reggiseno, un jeans sdrucito,
una maglietta fucsia.
Scrive con la mano affilata
nel diario Giovanni non mi lascia,
nella mente di Petrarca
il Canzoniere per l’interrogazione.

Poi scende nel freddo ragazza
Alessia fino all’acquario
portineria e piange come una
donna. Non è arrivata la lettera

e all’improvviso un gabbiano
dal balcone prende il volo fino
al mare, pari a un jet.

Immagina Alessia la festa
con Giovanni alle 18
in via Nevio terzo piano,
s’illumina la chiostra del sorriso
nell’accendersi del telefonino
con il numero di lui..
*


ALESSIA NELLA PINETA---

Alberate in forma umana
lungo i confini del Parco
Virgiliano percorse da
ragazza Alessia tra le
braccia della sera.
Svettano altissimi i pini
a intessersi con l’anima
di Alessia nel contemplarli
felice in un rigo azzurro
del pensiero e ci sarà
raccolto di pigne-amuleti.
Sgronda acqua dal cielo
desiderata per detergere
di gioia le lacrime in attesa
che accada ancora un tempo
di fiori (la camera calcinata
dell’amore e della mente
da abitare per gioco
con Giovanni).
*

ALESSIA SUL BORDO DELLA ROSA ---

Ragazza Alessia rosa vestita
in limine con la vita.
Coro di angeli nel panneggiare
di nuvole grandiose
attende la disadorna via
serale della rosa rossa
sbocciata pari a fragola.
Alessia guarda la rosa
o la rosa guarda Alessia?
Nell’incanto di una luna
piena e stelle semispente
accade il tempo di Alessia:
coglie il rosso della rosa
dal roseto, i petali pari a
segnalibri nel diario
della vita dove il sogno
più soave ha trascritto
con mani affilate.
**

ALESSIA E LA GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA --

Chiaro orizzonte che avanza
nel mattino nell’illusione da
volatili solcato per ragazza
Alessia. Si apre il velario
dell’incanto dai blocchi di
partenza della vita nello stadio
nella camera della mente
e scrive Alessia questa poesia
in forma di stella per il giorno
mondiale della poesia ad accadere
in forma umana. Il senso e con la
mano affilata mette sillabe su carta
ragazza Alessia.
Oggi inizia la gioia di essere poeti
in tutto il mondo, compagni
per sempre, viaggiare sempre
elaborare la mistica grafia
terrena, giocare fuori casa
nel campo di grano della
per poi accomunarsi ai poeti
altri nella mano le penne
per vittorie sul dolore
e domani parte Alessia
con Giovanni per Parigi.
**

RAFFAELE PIAZZA --

martedì 25 marzo 2014

RIVISTA = I FIORI DEL MALE

I FIORI DEL MALE - quadrimestrale - N° 57 - gennaio - aprile 2014
Sommario :
- Letterature -
Roberto Siena : Intervista a Hieronymus Bosch
Merys Rizzo : Appunti
Sabino Caronia : Intellettuali e potere
Domenico Cara : Rilettura della poesia di Gilda Trislini
Paolo Carlucci : La poetica di Vittorio Bodini
Francesco dell'Apa : Il peso di "essere" in Giorgio Orelli
Plinio Perilli : Tempi d'Europa / Finalmente quelli della poesia
Daniela Quieti : La Beat Generation tra attese e utopia
Pina Majone Mauro : Mito e realtà nella poesia di Argiroffi
Giorgio Linguaglossa : La grande crisi della poesia italiana
Roberto Pagan : Nevia Di Monte sale in Campidoglio
Fausta Genziana Le Piane : Colette e Company
Francesco De Napoli : Giustino Ferri La Camminante
Ninnj Di Stefano BUsà : La nullificazione del prodotto poetico
Franco Mosino : A chi il Nobel
Antonio Coppola : Il mito del bestseller
Fausta Genziana Le Piane : La poesia di Iole Chessa Olivares
Luigi Celi : Il giorno della memoria
Carla Zancanaro : Icaro.
- Poesie -
Marilla Battilana
Giorgio Bàrberi Squarotti
Luciana Vasile
Raffaele Piazza
Chiara Mutti
Giuliana Lucchini
Lina Furfaro
Davide Cortese
Rita Gatta
-Lo scaffale -
a firma di : Paolo Carlucci, Francesco Dell'Apa, Antonio Coppola, Paolo Carlucci, Fausta Genziana Le Piane ,Mario Melis ,Raffaele Piazza , Plinio Perilli ,Monica Martinelli ,Roberto Pagan ,Carla Zancanaro,Pasquale Montalto, Domenico Cara, Daniele Quieti.
- Riferimento : antoniocoppola_047@fastwebnet.it

lunedì 24 marzo 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = FLORIANA PORTA

FLORIANA PORTA : “Verso altri cieli” – Ed. Digital Book – 2013 – pagg. 92 - € 10,00 –
Una spirale armoniosamente concepita si eleva tra ricordi, figure, illusioni, sussurri, in un impetuoso rincorrersi di versi , quasi sempre brevi e fantasmagorici. La “parola” accarezzata nel ritmo ordinato , si avvinghia prepotente alle acerbe stagioni , ai sorrisi timidi o timorosi , ai ricordi che sbiadiscono , agli ascolti affettuosi , alle memorie che le labbra pronunciano calde, alle melodie del mare, imprigionato o confuso dalle fluide evanescenze, alle solitarie purezze di una poesia incompiuta, al sommesso coro della malinconia. Floriana , tra sogno e veglia , tra brevi gioie e delicati umori , tra il vicino abisso del nulla e la vanità delle assenze, con perizia personale intreccia la sua avventura rifugiandosi nella poesia. Un volume tutto da centellinare , ed arricchito nella sua seconda parte da sedici Haiku , illustrati da ottime riproduzioni di quadri giapponesi.
ANTONIO SPAGNUOLO

venerdì 21 marzo 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIANNI RESCIGNO

GIANNI RESCIGNO : “Un sogno che sosta” – Ed. Genesi – 2014 – pagg. 160 - € 16,00 -
Tra privato e pubblico , tra memoria e illusione, ecco le pennellate che riescono a diradare ombre e liquidità , per incidere nella realtà l’aspirazione ad un canto, nei meandri del pensiero , nei sussulti delle presenze , nelle infinite incertezze del mistero. Il discorso poetico di Gianni Rescigno si adagia con ottima forma ad un bagaglio culturale personale di tutto rispetto , ed è così che la scrittura si avvale di un senso suo proprio, che svicola i luoghi tradizionali per incidere in registri stilistici , in immagini , in ricerche , che rappresentano un lavoro interiore di impegno costante per sorprendere in una luce indelebile. A tratti gli spunti filosofici si aprono a frasi improvvise : “ Da dove venimmo/ là torneremo: questa/ vita un sogno che sosta/ tra acqua e vento/ caduta di foglie/ e festa di fiori.” E le strisce di buio si intrecciano in segni evanescenti, in rantoli di mare , in singhiozzi di nuvole, timidamente angosciato nella “solitudine, amaro pane che ti resta…” , o amorevolmente devoto nella preghiera sussurrata appena.
Antonio Spagnuolo

RIVISTA = IL SEGNALE

IL SEGNALE - N° 97 - febbraio 2014 -
Sommario :
- Letteratura e realtà:
Felice Accame : Vivere da anomali - il poeta come straniero
- Scritture parallele:
Gianluca Bucchinfuso : Ribka Sibhatu e gli italiani nel Corno d'Africa
- Differenze e alterità:
Gigi Gherzi : Antigone nella città
- Soggettività e scritture: a firma di Lelio Scanavini, Giulio Campiglio , Angiolo Bandinelli, Massimo Rizza , Flavio Ermini,Adriano Rizzo.
- Testi :
Zbigniew Herbert, Cristiano Maria Ricci, Marina Giovannelli, Adriano Rizzo, Matilde Vittoria Laricchia.
- Narrazioni :
Pancrazio Luisi : L'appuntamento.
- Letture critiche:
Massimo Rizza : L'inappagato desiderio del corpo
Claudio Cazzola : Esercizio di lettura
Mario Buonofiglio : Per i 50 anni del gruppo 63
- Recensioni opere prime:
G. Bocchinfuso : Jennifer Colangelo , Marcella Leonardi
- Schede critiche
- Rassegna delle riviste
- Libri novità
Riferimento : segnale@fastwebnet.it

giovedì 20 marzo 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIUSEPPE VETROMILE

GIUSEPPE VETROMILE (a cura di) : “Ifigenia siamo noi” - Ed. Scuderi – 2014 – pagg. 96 - € 12,50 –
Mini antologia poetica di sole donne : Lucianna Argentino , Gaetana Aufiero , Victoria Artamonova, Floriana Coppola , Ulrike Draesner, Federica Giordano , Anila Hanxhari , Giovanna Iorio , Amalia Leo , Ketti Martino , Vera Mocella , Rita Pacilio , Vanina Zaccaria , Regina Celia Pereira de Silva, Anna Tumanova , Monica Rink, in un vorticoso rincorrere la mitologica figura di Ifigenia, figlia di Agamennone e Clitemnestra , o secondo altra versione figlia di Teseo e di Elena. Per la narrazione Ifigenia doveva essere sacrificata agli dei per concludere la spedizione contro Troia , ma Artemide riuscì a sostituire la donna con una cerva, rifugiando poi la fanciulla in Tauride. Qui a tratti le composizioni poetiche prendono il colore della narrazione , quasi ( come per Argentino ) il tono discorsivo che abbandona consapevolmente l’armonia del verso. Il prevalere dell’illusione tra le scie dei sogni per una terrazza aperta sull’abisso (Aufiero). O il duro sorseggiare delle figure che giocano con la pelle e le pietre (Artamonova). Come egregiamente sospesa la tastiera lirica del verso per un canto quotidiano e domestico (Coppola) . Nell’ aspra versione tedesca lo schiudersi dei minuti è una ninna nanna leggera che riflette un sussurro (Draesner). Ed i testimoni desiderosi di luce nel tempo dell’ara insanguinata (Giordano). Ancora le parole diventano favole violacee in nome dell’amore (Hanxhari). O le dolci pietre chiudono incredibilmente ferite nel riflesso argentato della luna (Iorio). Per un candido velo sbocciano emozioni nel fantasioso rintocco dell’amore (Leo). Nel cigolio del tempo ricerca il tepore della primavera, nel disordine delle immagini e nella ridondante tenerezza (Martino). Non c’è carezza che non sappia filtrare le nostalgie di un fremito (Mocella) . O lo scivolare attento di una rivelazione risucchia taciturne illuminazioni (Pacilio). Per una visione di vele nere o per la tremolante luce il vento ripose all’orizzonte per il ritorno di fiamme (Zaccaria). Una valida incisione in momenti di emozione o di risvlamenti (Pereira de Silva). Nell’orgoglioso perdono della spensieratezza l’ornamento dei libri e dei sogni (Tumanova). La vanità e l’abisso , l’umiltà e il perdono fra i registri di miele (Rinck). Un tentativo , questo di Vetromile , che merita particolare elogio , in questo momento buio nel quale la “poesia” cerca di sopravvivere e di offrire un delicato arpeggio di speranze.
- ANTONIO SPAGNUOLO -

mercoledì 19 marzo 2014

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

UN VIRTUALE ARPEGGIO--
*
Fuori tempo , ascoso , dimeno le scintille
a rendere supine le parole.
Lo scattare di trappole che inseguono
l’ombra di un varco e non sai se resta
uno spazio strappato agli orizzonti.
Ultime briciole nel vuoto del mio tempo
sono vocali in crisi , come segni.
Così rincorro gli attimi che incastri
fra i clip delle illusioni della rete:
vertiginoso inganno del tuo volto
nella finzione magica del video.
Al suono triturato queste le immagini
rubate al corpo.
Egualmente lusinghe in apparenze
nel giro di scommesse
per quella eternità che si dilania
sull’ultima presenza delle attese.
E non mi hai detto : "io vado!"
Perché possa inseguirti
nell'invenzione del tempo
sino a sciogliere ancora la rugiada
che l'alba ha in tradimento.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

ALESSIA E LA CESTA DI FORTUNA
*
Entra ragazza Alessia nello
spazio scenico nella vita,
pervasa dal variare della nebbia
fino al suo diradarsi e ad
apparire il sembiante polito,
per prendere una cesta di fortuna
dove era già venuta,
il Parco Virgiliano.
Nel canestro le mele rosse
e le pigne dei desideri.
Si ricompone l’affresco
del paesaggio aranciato
in una conca di tramonto.
Viene Giovanni, occhi negli occhi,
(non mi lascia pensa Alessia)..
Poi lungo dei pini l’alberata
avviene la liquidità del bacio
a poco a poco oltre i
confini del lago della pace.
Trasale Alessia.: vanno
nell’auto bianca dell’amore.
*
Raffaele Piazza

martedì 18 marzo 2014

POESIA = LUANA FABIANO

I COVONI DELLA SPERANZA---
( dalla raccolta "I covoni della speranza" Ed.Lepisma 2013)
**
In un gioioso mattino di giugno,
saltella all’orizzonte una bambina,
scalza sul campo di grano,
chioma dondolante sotto la tenera spazzola
che lugubri falci con un guizzo strappano.
L’intenso profumo incipria il rosso vestitino
e i lunghi capelli che il sole scioglie
dai nodi dei sogni.
Stringe a sé una bambola di cenci
che una mano operosa
con bionde spighe ha ornato;
sul suo viso, oasi d’infanzia,
fertile è la pace.
Danze e canti intrecciano i contadini
per il paziente grembo
che, sotto una coperta di luce,
il sacro chicco concepisce.
È tempo di mietere il grano benedetto
che, dalla terra alla tavola,
percorre le sue eterne stagioni;
è tempo di cogliere le mie parole,
fasci di steli sulla carta senza età,
che con l’allegro astuccio delle lettere e dei suoni
compongono l’anima del mondo.
Fuggono i graffi sui piedini
che una scala di legno titillano,
dalla torre dorata sulla promessa riversa
occhi infiniti rimpiccioliscono il paesaggio.
Svettano con eleganza i covoni,
cappelli a cilindro sulla trama della fatica,
palpita il sudore sul fazzoletto orgoglioso
e d’incanto fioriscono
i percorsi della speranza;
frattanto, dalla spoglia materia del foglio
s’ innalzano i versi,
sulle cime del cuore si posano
e gocce di felicità rilasciano.
Poi, arrossisce il sole
e, sulle ali dei grilli,
la nota incessante dell’amore
al riposo della notte fa compagnia.
**
LUANA FABIANO
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Luana Fabiano nasce a Catanzaro nel 1978 e vive a Squillace.
Dopo aver conseguito la maturità linguistica ha svolto attività di docente di madrelingua presso alcuni licei francesi della cittadina di Beauvais.
Nel 2003 si laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne presso l’Università della Calabria e nel biennio 2003-2005 consegue la specializzazione all’insegnamento secondario.
Dal 2005 insegna lingua e civiltà francese nella scuola secondaria di secondo grado.

domenica 16 marzo 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = BRUNO GALLUCCIO

Bruno Galluccio – “Verticali” -- Einaudi – Torino – 2013 – pagg. 113 - € 12,00

Bruno Galluccio è nato a Napoli. Questo è il suo primo libro. Quella del nostro è una poesia che tende a fare affiorare “il lato rovescio del pensiero” attraverso vari modi: slittamenti semantici, spazi deformati, visionarietà onirica. In questo contesto entra in gioco anche una serie di metafore tratte dal linguaggio matematico che rimandano a un mondo di certezze e di perspicuità continuamente disatteso. Come nella poesia dedicata a George Cantor, vera e propria cerniera aperta a metà del libro, dove alcuni aspetti del pensiero del grande matematico diventano l’occasione per una percezione diretta e acuta della complessità e del “confronto terreno tra infiniti”. I versi di Galluccio muovono da una ferita esistenziale che trova espressione in varie forme di linguaggio quotidiano, dilatandosi e trasformandosi in simboli capaci di spostare verticalmente le immagini, le distanze, i nodi irrisolti. Senza fare esplicitamente una poesia metafisica. Galluccio recupera tutta la pregnanza di scorie e residui della realtà interiore ed esterna, come se il prolungamento di questi dettagli potesse condurre, non tanto a risposte pacificanti, ma a nuove domande, a nuovi problemi che nessun teorema sembra in grado di risolvere. Il fatto che le poesie di “Verticali” siano tutte senza titolo, ne accresce il senso di sospensione. La raccolta, compatta dal punto di vista espressivo, è scandita in tre sezioni, intitolate: “Piano di emersione, Proiezioni e Verticali”. Tra la sezione Proiezione e quella Verticali, incontriamo la poesia intitolata “George Cantor matematico”, componimento, da una parte a se stante nella raccolta, ma per altri versi, centrale e inserito in modo forte nel tessuto dell’opera complessiva. In tutte le scansioni incontriamo un “tu” femminile, al quale il poeta si rivolge, un “tu”, che, presumibilmente, è quello della figura della donna amata dal poeta, cosa che si può evincere dal tono colloquiale e anche connivente, con il quale l’io-poetante Galluccio le si rivolge. E’ un “tu” di una donna che non risponde al poeta, creando una zona di non detto. Quasi tutte le poesie del libro sono costituite da brevi strofe. Riscontriamo nella poetica di Galluccio, espressa in questo libro, un costante onirismo purgatoriale, fattore costante in tutte le sezioni, una luminosità lunare e non solare e, leggendo i componimenti di “Verticali”, pare di attraversare un territorio misterioso e sfuggente. Si può considerare del tutto antilirica la scrittura di “Verticali”, e, in essa, la natura, rappresentata attraverso vari elementi, soprattutto vegetali, ha una notevole importanza. Il tono della raccolta è sognante e, spesso, vengono dette “atmosfere del freddo”, che fanno da sfondo ai componimenti. In molte poesie di “Verticali” si avverte il senso di un’ imminenza, di un’ansia controllata che pervade i versi scattanti. Galluccio ha, studiato matematica; per questo molte poesie della raccolta, hanno per contenuto temi prelevati tout-court dal linguaggio matematico. Questo insieme di “poesie matematiche” è caratterizzato da una grande originalità e costituisce un unicum nel panorama della poesia italiana contemporanea.
**
Raffaele Piazza

venerdì 14 marzo 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO

ANTONIO SPAGNUOLO : "COME UN SOLFEGGIO" Ed. Kairòs - 2014 - pagg.52 - s.i.p.
*
Il napoletano Antonio Spagnuolo pubblica una nuova silloge di versi, "Come un solfeggio" (Kairòs
Ed., NA, 2014), a tema dedicato e obbligato: il rammemorare l’amatissima moglie, scomparsa nel novembre 2012. Ma stavolta senza più l’urgenza del dolore che si avvertiva nelle tredici liriche a lei ispirate, diciamo così “a caldo”, che apparivano nell’ultima parte del libretto "Il senso della possibilità" (Kairòs Ed., NA, 2013). Stavolta l’amata figura viene rievocata con un distacco che vuole tendere verso un’eternità con valenze metafisiche – come dice peraltro lo stesso autore nell’introduzione – in un “possibile desiderio di trascendenza”. Anche se – ahimé – questo sperato risultato non viene raggiunto. Sicché “l’abolizione dei vincoli del tempo e dello spazio è […] fuga fantastica dalla prigionia del finito”, ma resta solo fuga, perché “la suggestione […] continua a infiammare il grembo che ha custodito un legame intimo e viscerale con la persona amata”. E quanto e come abbia contato per l’autore questo legame intimo e viscerale, vale a dire la “via” erotica per la ricomposizione dei suoi frammenti psichici in superiore unità della personalità, sa bene chi conosce la precedente produzione del poeta (vedere l’antologia del 2011, "Misure del timore").
L’autore afferma: “Vorrei sfiorare il tuo labbro in altro modo, / nell’abbandono di un Dio che ci ha divisi” (p. 39). Qui viene infatti registrato solo l’abbandono di Dio, e non la lotta con lui, come avviene a esempio nei sonetti del secentista John Donne ispirati anch’essi alla morte della moglie.
Anche se, come nei "metaphysical poets", la realtà è rifratta in contrasti netti (il linguaggio astratto si accompagna a quello di una fisicità concretistica a volte esibita). “Sotto l’unico cielo che più non splende / ricerco la tua stella” (p. 25), ricerca peraltro che trova conclusione in: “non sei per me altro che l’eco / della mia voce, diventata roca” (p. 24). Ecco dunque che si torna nel “destino soccombente della solitudine” (introduzione citata), giacché “il destino / […] continua a spezzare / ogni illusione per un tuo ritorno” (p. 42). E l’autore conclude: “Tu sei altrove, dove non posso anch’io”(p. 28).
Purtuttavia, “senza di te ogni parola è vana” (p. 17). L’autore non può che rimestare le tenebre
dell’Ade (p. 16) per tentar di rintracciare le care ombre, "quella" in particolare: “L’ombra tua vagante / regna per gli altri doni di una luce / nel ritorno incerto della memoria” (p. 15). Infatti “abbraccia la tua ombra ogni sospiro” (p. 18).
Rievocazione e stimolo memoriale, evanescenza e nebbia, buio e luce, sono gli “infingimenti” che l’autore ripercorre, come denunciano a volte i titoli delle singole liriche: "Solfeggi, Luci, Nebbia, Ombre, Riflessi, Sussurro, Messaggi, Frammenti, Richiami (2 volte)".
Il linguaggio di Spagnuolo non ha in questo libretto termini ripresi dalla medicina. Esiste solo un neologismo che si fa ammirare per inventività: “Gli alberi […] >nidiavano< di uccelli”.
*
SERGIO SPADARO

POESIA = MARIANO MENNA

TRA ANGELI E DEMONI --
--Dedicata ai poeti simbolisti francesi: i “Poeti Maledetti"

Cade la pioggia sull’inquietudine,
coprendo le ombre di uomini gloriosi,
morti in quei versi fin troppo impetuosi;
la loro penna scrisse con forza d’incudine.

Flashback di peccato ed estrema lussuria,
uomini e specchi che mostrano dolore,
poetato da sudice parole d’amore,
che al giorno d’oggi emanano goduria.

Rumori di passi nelle vie permanenti,
Parigi stereotipo d’età vittoriana,
tra angeli e demoni sotto ogni sottana,
poeti e parole come mani e fendenti.

Spiriti infestano libri impolverati,
entrando in artisti sempre ispirati,
donano testamenti dei sogni passati,
chiedono vendetta per i libri bruciati.

La loro speranza riecheggia negli anni,
trova ristoro in locande deserte,
lascia che altre penne vengano offerte
per smascherare la vita e i suoi inganni…
**
IL CREPUSCOLO

Muore lentamente tra le acque un bagliore:
è fuoco che si spegne all’imbrunire.
La luce indietreggia al cospetto del tempo,
s’inchina alla notte, elegante signora,
lasciando nel buio le sue lacrime lucenti:
lucciole cosmiche che danzano nel cielo.
Nell’immensa quiete crepuscolare
prendono vita i melanconici pensieri,
infinite tracce dell’umana ragione:
la loro notte calerà col nuovo giorno,
con il risveglio di spaventosi automi,
con i rumori del quotidiano incedere.
**
MARIANO MENNA-
**
Mariano Menna è nato a Benevento nel 1994. Ha conseguito la maturità scientifica presso l’istituto Polispecialistico Gandhi di Casoria. E’ iscritto al primo anno del corso di laurea in Filosofia presso l’Università Federico II di Napoli. E’ risultato vincitore del Concorso Nazionale “Scrittura attiva” di Tricarico, nella sezione giovani, con la poesia “La ballata del vagabondo” nel 2012. E’ membro cofondatore della corrente artistico-letteraria del Labirintismo. Ha pubblicato due raccolte di poesie, “La grande legge” e “ La pagina bruciata”, edite entrambe da Marco Del Bucchia editore. Nel 2013 è risultato secondo classificato nella sezione “Giovani” del concorso Nazionale “Città di San Giorgio a Cremano”. E’ stato inserito nell’antologia “Poesia per Dio” curata dalla casa editrice “La Ziza” con la poesia inedita “La scelta”.


SEGNALAZIONE VOLUMI = LUIGI DURAZZO

Luigi Durazzo – “Frangenti e Nuovi approdi” - Valtrend editore – Napoli – 2013 – pagg. 101 - €12,00

Luigi Durazzo vive a Monte di Procida, è professore di lingua inglese e cultore della filologia germanica e neogreca; collabora a varie riviste culturali e ha scritto saggi sul teatro espressionista, sulle Avanguardie architettoniche in Germania e sulle problematiche che riguardano il sud del Paese. Tra le raccolte di poesia ricordiamo “Esodo” (1998), “Poesie del Mediterraneo” (2000) e “Rosa dei venti” (2003). Il testo di Luigi Durazzo, che prendiamo in considerazione in questa sede, comprende tre raccolte, tra loro collegate, che, insieme, costituiscono un libro unico, composito e articolato, molto unitario: le raccolte, che compongono il testo sono” Frangenti sui cortili I”, “Frangenti sui cortili II” e “Nuovi approdi”, costituite, rispettivamente, da dodici, ventitré e sedici componimenti poetici. La scrittura di Durazzo, in “Frangenti e Nuovi approdi”, è sempre scabra ed essenziale, formalmente tersa e nitida, sorvegliata e scattante.. Usare l’aggettivo lirico, per la poetica, che Durazzo esprime in questo testo, ci pare quanto mai azzardato, in quanto, in questi versi, non incontriamo la presenza di un io-poetante che effonde i propri sentimenti, le proprie idee. Tutte le poesie che compongono il testo sono senza titolo e sono numerate con numeri romani; nella sua totalità si può affermare che il testo ha una valenza poematica, in quanto, ogni frammento può essere considerato una tessera musiva, che s’incastona perfettamente con le altre, formando un complesso unitario. C’è molta coesione in tutto il libro, anche perché, ogni poesia, che potremmo denominare frammento, ha in sé una grande compattezza espressiva. “Frangenti e Nuovi approdi” è un libro complesso non solo architettonicamente: infatti la sua forma alta e ben strutturata, si coniuga efficacemente con un compiuto sistema filosofico, in cui il senso, il fondamento, viene giocato sul piano del tempo e della natura, della politica e della sociologia e della storia. Al centro del libro c’è quella che si può definire la visione del mondo critica dell’uomo occidentale del nostro postmoderno, uno sguardo penetrante sulla realtà che lo circonda, sulla direzione in cui si è incamminato il mondo, sia che questa realtà venga esperita e introiettata dallo sguardo sulla natura tout-court, sia che venga percepita attraverso i limiti culturali ed etici dei mass-media. Programmatico, a questo proposito, il componimento che apre la raccolta e che ci introduce alla compiuta poetica dell’autore, poesia che va controcorrente, in quanto consiste in una critica alla disumanizzazione che l’essere umano subisce dai mass-media, in particolare dalla televisione:-“ /Senza ritagli e amputazioni/ dissotterrare il filo del discorso/ dalle valanghe di inutili messaggi/ e ricucire le ferite/ i sensi massacrati nei veloci terminali/ proiettati in passaggi privi d’ombre.// Oltre l’anestesia del digitale/ accendere lo sguardo e ritrovare un lasso/ un fiore/ e il panorama di una storia comune/ da raccontare ad un infante/ schiacciato dallo schermo accattivante/-/” . In questa poesia viene detta la ricerca di un filo del discorso da dissotterrare per ritrovare una dimensione più umana della vita e della persona, sommersa dalla valanga di inutili messaggi che, potremmo presumere, sono quelli della televisione, con i suoi telegiornali, i scuoi talk-show e la sua martellante pubblicità, una televisione, definita dagli intellettuali spazzatura e che, per molti versi, ha instaurato, nellla nostra società una dittatura mediatica; da sottolineare i due versi finali, con la rima baciata, infante/ accattivante, che crea una felice ridondanza. Colpisce l’armonia di questi versi caratterizzati da una cifra che media il soggetto che è davanti a delle immagini, che potrebbero provenire anche da Internet, e le immagini stesse; a questo riguardo c’è da aggiungere che, dato come postulato che, tra i mass-media, in particolare la televisione è sostanzialmente un fenomeno negativo, spetta allo spettatore filtrare i contenuti di quello che osserva, senza subirli passivamente e acriticamente. In sostanza tra soggetto e oggetto di conoscenza si deve stabilire una barriera, una forma di esercizio di conoscenza, per conservare e, nei casi migliori, arricchire, la propria concezione del mondo, la propria cultura. Bisogna aggiungere che tutto il discorso del libro è caratterizzato da una notevole e originale bellezza, per quanto riguarda la stesura dei versi. A questo proposito è illuminante il testo introduttivo a “Frangenti e Nuovi approdi” di Giovanni Pugliese che, efficacemente ci dà le coordinate, a livello stilistico, dello stesso libro. Infatti Pugliese afferma che questo testo è caratterizzato da lucidità e ostinazione coerente, da chiarezza e insistenza nel disvelamento del senso del proprio tempo, del tempo di tutti, e dalla bellezza di una comunicazione che della cifra poetica ha la bellezza e non il narcisismo. C’è da aggiungere che “Frangenti e Nuovi approdi” presenta una forte densità metaforica e sinestesica e che, se c’è un protagonista nel libro, questo è il mare. Già nel titolo si parla di frangenti, di onde che arrivano sui cortili, immagine molto alta per descrivere un mare che permea della sua sostanza, della sua essenza ogni cosa, un mare interiorizzato che, metaforicamente, arriva perfino nei cortili. Vengono dette navi che trasportano corpi, corpi che potrebbero essere quelli di clandestini o extracomunitari, che ammassati, cercano asilo sulle nostre coste e sono soccorsi da santi pescatori e naviganti; vengono detti marinai e registri di bordo, navi e pioggia. E’ una poesia meditativa, quella di Durazzo, nella quale la natura, al di fuori degli elementi del mare e della pioggia, non viene quasi mai nominata. Nella raccolta “Nuovi approdi” emerge, talvolta un io-poetante.-“/Passo dopo passo crepa su crepa/ sulla memoria getto le mie fondamenta/ rigo d’inchiostro i bordi di una foglia/ le linee di confine sul palmo della mano/ aperta al frutto e al prezzo della pace-//”: in questa occasione il poeta svela se stesso con una riflessione sul proprio vissuto e manifestando un forte anelito alla pace, tensione che è costante nelle tre raccolte, che possono anche essere lette come un solo libro di poesia.
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Raffaele Piazza
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II
L’altro linguaggio un codice
naviga sulla linfa
resiste ed organizza senza posa
suture ed erba sullo sferrar dei cingoli
sul suolo battuto sul piombo del silenzio.

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VI

Da qualche parte dell’Egeo
s’incrociano profumi
l’incenso il mirto gli altri fiorii
non dicono se sei vicino oppure ti allontani.

Un altro orientamento
afferra le narici fiuta il sale della sponda
dove vanno a infrangersi le icone della pace
e la pupilla insonne scruta
nel vortice la caduta il suo preludio di tempesta
________________________
XXXII

Ronza una strana frenesia
comprime il tempo affila i meccanismi
e ci balbetta favole
storie di numeri intriganti
e di monete d’oro
piombo per soldatini e facili macelli.

Non vogliono saperne i nostri figli
di comunelle del gatto e della volpe

giovedì 13 marzo 2014

PREMIO DI POESIA---

VI CONCORSO INTERNAZIONALE DI POESIA
“CITTÀ DI ACQUI TERME”
Sezione A: poesia in lingua italiana a tema libero, edita o inedita, per singoli autori di età
corrispondente alla frequenza della scuola Primaria.
Sezione B: poesia in lingua italiana a tema libero, edita o inedita, per singoli autori di età
corrispondente alla frequenza della scuola Secondaria Inferiore.
Sezione C: poesia in lingua italiana a tema libero, edita o inedita, per singoli autori di età
corrispondente alla frequenza della scuola Secondaria Superiore.
Sezione D: poesia in lingua italiana a tema libero, edita o inedita, per singoli autori adulti.
Sezione E: “Le donne sono una vite su cui gira tutto” (Lev Tolstoj).
poesia in lingua italiana a tema, edita o inedita, per singoli autori.
Regolamento:
Gli autori possono partecipare con un massimo di tre poesie di lunghezza non superiore ai
50 versi ciascuna, titolo ed eventuali dediche esclusi.
É possibile partecipare a più sezioni.
Ogni componimento dovrà essere tassativamente dattiloscritto o digitato al computer, su
foglio in formato A4 ---
Richiedere il Bando completo a :e-mail: archicultura@gmail.com ---
--- www.associazionearchicultura.it

mercoledì 12 marzo 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCESCA LO BUE

--Francesca Lo Bue, "Il libro errante", Nuova Cultura, Roma 2013.
El Libro errante, Progetto cultura, Roma, 2013.


L’autrice ripropone attraverso la tematica del libro errante un percorso poetico che affronta in modo diverso l’itinerario che è stato oggetto di precedenti componimenti, quali quello sviluppato in "L’emozione nella parol"a e in "Moira", nei quali il linguaggio e i reperti archeologici veicolano, attraverso codici proteiformi, i vissuti, le emozioni e i sentimenti sedimentati nell’inconscio collettivo dell’umanità accomunata nel cammino delle civiltà.
Nel presente volume, ad esempio, il foro romano è un’occasione per evidenziare in un reperto archeologico il tentativo dell’uomo di ripensare l’avventura delle civiltà. L’idea dell’immagine della copertina è completata in una prospettiva dinamica nei componimenti poetici del libro stesso attraverso il personaggio misterioso del rabdomante che cerca e permette di far trasparire il senso e il significato di un’avventura sommersa nel mistero.
Quindi dopo l’esperienza della parola intesa come strumento di riflessione e di comunicazione, il pensare poetico dell’autrice tematizza il suo viaggio esistenziale attraverso una nuova metafora, quella del libro che intraprende il suo viaggio nell’autonomia di un messaggio che si stacca dal suo autore. Così, il centro delle considerazioni si condensa sul mistero evocato dalla parola poetica.
In vari componimenti emerge un vissuto costante, quello della nostalgia, la quale evoca un sentimento che coinvolge la patria ma soprattutto la mamma lontana. Di fatto, in senso complessivo va senz’altro tenuto presente che la sequenza dell’itinerario creativo comprende la poesia, la parola e il libro in un percorso processuale nel quale il pensiero innesca una catena di metafore.
In effetti, tra le diverse metafore prevale l’immagine più espressiva dell’itinerario aperto al mistero che è quella di scrivere sulla pagina vuota.
In questo quadro prospettico, il libro si compone e si scompone nello spazio e nel tempo, nei luoghi e negli eventi, attraverso una narrazione ininterrotta fatta di pause e di riprese.
Il libro dunque viaggia nei luoghi, nelle stagioni, nella storia e nelle culture. I suoi veicoli sono i colori, i profumi, i fiori, le stelle, gli animali, i fiumi, ecc.
La fine del libro, ma soprattutto dei percorsi evocati dalle immagini poetiche, in senso metaforico sarà nel nulla e nella terra.
Quindi il libro evoca i ricordi e li fa rivivere. Così la tristezza, la nostalgia e i sogni perduti riprendono forma, senso e significato nella poesia.
Di fatto è da ribadire che il libro racconta nella lingua o, meglio, nelle lingue una solitudine inquieta. Pertanto gli oggetti della creazione poetica sono quindi i sogni, le solitudini, le occasioni mancate, le situazioni perdute, le illusioni svanite, le morti sofferte, le paure e i misteri dell’esistenza.
Questa recente produzione poetica della Lo Bue si compone di due lingue e due libri simili e diversi.
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Aurelio Rizzacasa

martedì 11 marzo 2014

INTERVENTO = PER GAETANO SALVETI

"Un poeta modernissimo in un’aura di classicità"
-Tra spazio, tempo e luce: una scelta di poesie di Gaetano Salveti-
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La personalità di Gaetano Salveti è ricca e complessa e un discorso sul nostro, in sede critica, risulta particolarmente difficile da affrontare; la scelta delle poesie, che vengono qui presentate, costituisce solo un minimo prelievo dalla sua opera complessiva e, in ogni caso, riesce a darci un’idea, anche se vaga, del suo Poiein, della sua multiforme e variegata attività di poeta. Si tratta di testi estratti da tre raccolte del nostro, che rappresentano tre tappe del suo iter creativo, e che si differenziano abbastanza tra loro, pur essendo tutte sottese da una certa cifra comune, cifra che può essere identificata nell’emergere costante di una forma elegantissima, per cui tutti i componimenti risultano perfettamente risolti. Inoltre si riscontra, nella stessa forma, elaborata da Salveti, una velata astrattezza, che si coniuga con una forte esattezza.
Da Orizzonte di eventi, del 1977, è tratta la splendida e originale composizione intitolata "E spazio e tempo e luc": in questo testo, suddiviso in tre parti, predomina il tema del cronotopo, del tempo nello spazio, ai quali si aggiunge la dimensione della luce. Si tratta di testi nei quali mancano, quasi del tutto dei riferimenti concreti e, al contrario, qui tutto è giocato sulle tematiche delle principali categorie e compare, talvolta, un tu, al quale il poeta si rivolge. In Orizzonti ed eventi incontriamo versi che sgorgano gli uni dagli altri, come in una melodia infinita, in una lunga ed ininterrotta sequenza. Si riscontra un contrasto tra quello che appare e quello che è. Ci sono i tratti della sospensione e del mistero e s’ intravedono venature neoorfiche. Riscontriamo un procedere dei versi per accumulo,versi che presentano un tono narrativo e affabulante e sembrano scolpiti sulla pagina.
Da Il caso Lucifero, del 1982, è tratta la composizione eponima Il caso Lucifero. Qui lo stesso Lucifero non sembra essere un simbolo del male:-“…Solo come Lucifero, solo qui rimasto/ il cielo ora contemplo, il deserto contemplo/ di stelle rilucenti, armonia declinata nell’inverso…/-“.Si tratta di un Lucifero che guarda e scruta, al quale l’io poetante si accomuna. Il poeta è assorto in una contemplazione estatica della natura, della quale coglie ogni elemento con la massima precisione, con la perizia di un naturalista: infatti molte specie vegetali vengono dette in questa poesia, composta da due parti. Le specie vegetali sono dette con i loro nomi precisi e non in modo vago e generico; i versi presentano un carattere ontologico e c’è una precisa immersione nella natura stessa; anche qui è presente un tono vagamente neoorfico e il poiein è più nervoso e scattante di quello di Orizzonti ed eventi. Il poeta pare qui in una fusione ,del suo essere, anima e corpo, con la natura;-“ Rannicchiato tra sterpi/ il sogno infranto da memoria distorta/ lumache e sterpi su rocce incesellate/ divelti rami tra muri fumiganti/ rannicchiato Lucifero qui caddi:/ dall’uomo spinto e fremiti d’orgoglio/ testimone del tempo, testimone/ dell’angelo perduto. C’è in Il caso Lucifero un forte pessimismo, quando il poeta parla di sogni infranti e distorte memorie ed è presente un tono onirico, sotteso ad una vaga bellezza. Emerge, in queste composizioni, una grande leggerezza che si coniuga ad icasticità Colpiscono il lettore anche la precisione e la velocità del dettato, insieme ad uno stile sorvegliato.
In Una notte con Ulisse del 1982 i versi presentano una forte verticalità e un tono neoepico; il testo può essere letto come un breve poemetto. Si riscontrano qui il tema e il senso di una percorrenza e il poeta immagina di compiere una navigazione come Ulisse; nell’ordine del discorso emerge una complessità del tessuto linguistico, che di coniuga a chiarezza; ad un certo punto è nominato Leopardi, che viene detto Giacomino, in un susseguirsi incalzante dei versi. Qui si incontra un dolore sublimato, senza che il poeta si gema addosso. C’è un paradosso nel fatto che Ulisse sia vinto e avvilito in questi versi, proprio lui che, nel poema omerico, è una figura vincente, con la sua astuzia e la sua intelligenza. Nei versi c’è sospensione, magia e mistero
Un poeta complesso, Gaetano Salveti, che merita una maggiore diffusione della sua poesia, anche se molti critici importanti si sono già occupati della sua opera.
( quest'articolo è apparso nella rivista "Fermenti" Numero 237 / 2011 )
*
Raffaele Piazza

POESIA = SIMONE DAPELO


"A volte..."
A volte credo di essere un alito di vento
nient’altro che una foglia, trascinata qua e là
senza che nemmeno lo voglia.
Cerco di sondare l’esistenza alla ricerca di risposte
ma trovo solo pause fugaci,tracce elusive,
visioni scomposte.
A volte credo di essere un albero
che si erge solitario sul ciglio della strada
senza nome o contrada, un volto
in divenire
senza destinazione o
fissa abitazione.

**
"A lungo ho ascoltato."

Pazienta mi han detto: avrai il risultato
Quanto più sulla soglia ti sarai trattenuto.
Ho aspettato i sentieri riempirsi di neve
e sotto il peso del mondo
squassarsi l’albero della vita.
Mi aspettavo risposte
ho trovato domande
eternizzate nel marmo ancestrale,
intessute di pietra e impastate di sangue.
Gelido inverno, arcigno scultore
di anime tese,
da te non ho più pretese.
**
SIMONE DAPELO ---
**
Simone Dapelo è nato il 17 luglio 1993 a genova,ho compiuto gli studi classici ed ora studia filosofia.

lunedì 10 marzo 2014

POESIA = NINNJ DI STEFANO BUSA'

DENTRO LO SMARRIMENTO---
*
L’incontenibile fluire della goccia al mare

è come il giorno che in un lampo muore,

perde la freschezza sorgiva,

si sfalda in mille gocciole luttuose.

D’immemori rotte si compiace

il sogno-bambino che lo guarda.

Ha fiumi d’erba svuotati dell’infanzia,

vena incorruttibile di luce l’innocenza.

Ma apre a tempi nuovi il giorno

che il terso mare accoglie,

lo sconfinato ardire, il fuoco fatuo,

la reliquia possente d’acqua.

Estingue il labirinto, gli atomi ossidati

dalla sete, sicuro attracco furono i tuoi occhi.

Tu non chiedermi se questo è il testamento,

il fiotto sonoro delle stelle che svuota

i nostri sogni. Noi accenderemo

ventagli d’illusioni, ali di un lampo azzurro

dentro lo smarrimento della morte.
*
NINNJ DI STEFANO BUSA'


SEGNALAZIONE VOLUMI = ADELE DESIDERI

ADELE DESIDERI : "STELLE A MERZO'"
*
Il meccanismo della ring composition, la composizione ad anello, caratterizza “Stelle a merzò”,il volume di Adele Desideri recentemente pubblicato per i tipi Moretti & Vitali di Bergamo,conferendogli un senso di pienezza paradossale, in qualche modo amaramente ironica.
Perché se è vero che la rotondità del percorso racchiude in sé un senso di completezza, è altrettanto vero che al termine del tragitto ci si ritrova al punto di partenza.
Il percorso, il tragitto, in questo caso è l’amore.Un amore , un tentativo di amare,quindi ci troviamo di fronte al più misterioso e intricato dei percorsi, un vero salto nel vuoto.
Adele Desideri racconta questa breve ma intensa escursione conclusa con un fallimento, tramite un linguaggio adeguatamente sospeso tra concretezza e riflessione, corporeità e spirito, come recita la lirica di pag.35-37 indicata con la data “20 agosto, Merzò” in quanto ogni componimento viene contraddistinto dalla data e dal luogo di composizione:
Sette colpi ai fianchi,
sette verghe - i capelli strappati-
sette voragini,ogni notte di più.
Una per ora, finché non tornerai tu.
(…)
ti aspetterò qui, sul colle di Merzò,
quando il sole all’imbrunire
colora i prati, l’erba selvatica,
le panchine divelte.
(20 agosto, Merzò)
La parola è il mezzo privilegiato in grado di mettere in contatto queste due dimensioni, trasformando gli accadimenti e le sensazioni in racconto in versi: la parola come essenza di tutto ciò che si può conoscere e anche di ciò che va oltre la coscienza e la conoscenza. Quello che, alla fine del tragitto, resta misterioso, come recita la lirica di pag.56:
Io non so di te,
delle tue convulse ire,
del tuo persistere nella rivolta.
La mia pelle, però, è incisa
con i graffiti delle delusioni,
con i solchi dei tuoi no,
dei tuoi forse, dei tuoi almeno”:
(28 settembre, Milano”).
Un libro sincero dunque , questo di Adele Desideri,scritto con passione ma anche con lucidità.
Un resoconto autentico di un amore breve ma intensamente vissuto, espresso e raccontato con versi nitidi e veri.
*
VALERIA SEROFILLI
Caffè Storico Letterario dell’Ussero di Pisa, 7.03.2014.

SEGNALAZIONE VOLUMI = GILBERTO ISELLA

ISELLA E I SUOI METAFORICI FIORI
"Nota di lettura di Valeria Serofilli al volume Caro aberrante fiore (Edizioni Opera Nuova Lugano 2013) di Gilberto Isella"
*
Già dal titolo del volume, caratterizzato dall’accostamento quasi ossimorico, come sottolineato da vari acuti critici emerge la capacità di scavo di Isella nell’ambito della parola e la sua bravura nel rappresentare ma anche nel trasfigurare la realtà. L’autore cerca lo scarto, per dirla con il titolo di un altro suo libro, cerca lo spazio compreso tra la denotazione e la connotazione, ciò che viene descritto e ciò che resta sottinteso, alluso, percepito come attraverso un velo.
Come indica lo stesso autore, il fiore aberrante a cui fa riferimento il titolo richiama vagamente i fiori del male, cari a Baudelaire, ma, in realtà rappresentano i fiori metaforici della memoria.
Come evidenzia anche Rosa Pierno nell’ampia e circostanziata prefazione, la poetica di Isella è individuale e riconoscibile, costruita in modo solido, ma anche densa di voli interni e fuochi e acrobazie di parole, effettuate però su una struttura salda di riferimenti concreti che spaziano anche in ambiti diversi tra cui scienza e tecnologia. Un autore interessante, Gilberto Isella, i cui lavori hanno attirato l’attenzione di critici e giurie di valore tra cui quella del premio Giuseppe Dessì:
(…)
"Dardo profumato
il galoppo d’allora
oggi petalo di un’eco,
falena
che trasvola sullo specchio,
il fuso lido"
(da “A Leonardo da Vinci”)

VALERIA SEROFILLI, Pisa, Caffè storico Letterario dell’Ussero-7.03.2014

giovedì 6 marzo 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIO FRESA

Mario Fresa –"Alluminio" (prefazione di Mario Santagostini) - LietoColle - Faloppio (Co) – 2013- pagg. 41- €10,00

Mario Fresa è uno dei poeti italiani che si sono affermati, nonostante la giovane età, nel panorama poetico del nostro Paese: tra i suoi successi riscontrati, oltre alla vittoria di numerosi premi di poesia, spiccano la pubblicazione di testi su “Nuovi Argomenti” e su “L’almanacco dello Specchio” mondadoriano.
“Alluminio” è quasi un poemetto che tocca temi del tutto nuovi e inediti nell’ambito della sua recente produzione poetica. Già il titolo ha qualcosa di primordiale e evoca un senso d’indistinto, nostalgico ed algido. La scrittura di Fresa è sinuosa e articolata e caratterizzata dalla fortissima densità metaforica e semantica. È presente il tema della fisicità, della corporeità che si fa sogno. Tutti i componimenti poetici sono privi di titolo e contrassegnati da una numerazione progressiva in numeri romani. La partenza, lo scatto, avvengono partendo da una zona amniotica e prelogica. Rispetto alle sue precedenti prove, tra cui ricordiamo “Il bene” e “L’uomo che sogna”, la scrittura qui diviene più narrativa e prosastica, con un minore scarto poetico dalla lingua standard. È presente un paesaggio dell’evanescente, dell’indistinto e dell’empatico. Tutto il discorso è racchiuso in diciannove componimenti. Citiamo il primo componimento che ha una valenza programmatica:-“Così noi siamo rimasti al fiume,/ sulla strada confinante di carezze, nella lotta/ della gioia/ nel mutamento degli adagi si è caduti/ su quell’immenso faro e nella vaga, trascinata bianchezza/ di quegli anni// Qui mormorava il nastro della gola/ c’era l’immensa porta che inghiottiva i nostri passi, in un istante solo;/ e invece più nessuno ha ricordato le parole/ che migravano stupite, nel cielo retrocedendo/ con una dolce danza/ ma guarda/ ”; poesia veramente alta, sorvegliatissima e originalissima, questa di Fresa, inquietante, ma nello stesso tempo nitida. In questa poesia iniziale c’è il filo rosso che lega tutte le poesie della raccolta, un fattore x di indistinto, magico e misterico. Sembra di scendere negli albori dell’esistere, nella genesi, nell’unione di spermatozoo e ovulo e poi nel viaggio nel liquido amniotico. Le immagini sono rarefatte e c’è un grande senso di sospensione. Anche cimentandosi in un scrittura del genere, Fresa dimostra di avere una chiarissima coscienza letteraria e una capacità di maneggiare i versi oltre la mera ispirazione tout-court. Dimostra, il nostro, intelligenza e profondità nel dire e nel dirsi, in un discorso del tutto antilirico ed antielegiaco. Niente è affidato al caso e ogni singola parola, s’incastona perfettamente con le altre. Il prezioso volumetto di LietoColle, editore raffinato e attento, è corredato da due bellissime illustrazioni a colori di Umberto Boccioni. La chiave interpretativa del testo si trova proprio in quel limbo di indistinto, di mare in cui naufragare, per dirlo con Leopardi con immagini che potrebbero avvicinarsi a quelle di alcuni racconti di Italo Calvino. Il momento forte di Fresa sta nel suo essere sospeso tra io e inconscio, tra materia e apparenza della materia, vita e apparenza della vita, essere e nulla. Tra buio e aspirazione frustrata alla luminosità. In effetti, contrariamente a come avviene nei volumi dell’ultimo Mario Luzi, in questo libro non c’è traccia di luminosità né lunare, né stellare né solare.. Chiuso il libro e in attesa di riaprirlo (accadrà spesso, ai lettori) resta la domanda: dove siamo stati? Dove ci ha accompagnato Mario Fresa, che è anche un ottimo critico letterario? Forse nella caverna di Platone, dove gli effetti della luce riflessa venivano scambiati per realtà, le ombre per figure viventi.
È un esercizio di conoscenza, quello del poeta salernitano, dove tutto è imbevuto di un alone di magia e di struggente bellezza.
*
Raffaele Piazza

POESIA = NEVIO NIGRO

NESSUNO VIDE
(gioventù)
*
Nessuno vide.
Ma tutte tue
furono le carezze.

Forse quei fiori
lungo la strada
dove sorridevi.
Forse quei fiori...

E gli occhi
e le mani
e le carezze
furono là per sempre.

E tu non c’eri.
E’ rimasta un’ombra
ferma sull’acqua.
Di te soltanto.
*
Nevio Nigro

martedì 4 marzo 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = BENEDETTO CACCHIONI

Benedetto Cacchioni: “La morte mi ha salvato la vita” - Fermenti Editrice, Roma, 2013, pagg. 89, € 14,00
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Benedetto Cacchioni è nato a Subiaco nel 1959 ed ivi risiede da sempre. “La morte mi ha salvato la vita” è una sceneggiatura che, per i suoi caratteri, tra i generi teatrali, potrebbe definirsi una commedia.
L’autore, con questo testo, ha vinto il Premio teatrale “Angelo Musco 2000”, sezione Teatro inedito.
Come è scritto nella motivazione del premio il nostro gioca la sua carta vincente utilizzando un canovaccio ricco di possibilità che rendono fresca e friabile l’opera sin dalla prima scena, che si avvale di un prestigioso gioco di equivoci ben dosati.
I Personaggi sono anch’essi ben delineati, figure di un oggi che evidenzia virtù e vizi del nostro tempo.
L’autore ci fa soffermare su un tema abbastanza serio quale è la morte che tuttavia viene trattato in modo accattivante al punto di farci sorridere e ridere.
Le battute sono cesellate con naturalezza e versatilità, il gioco di parole è ben dosato e sa colpire al momento giusto.
Le varie scene sono precedute da precise e accurate didascalie e tutta l’opera è pervasa da una forte ironia, che la potrebbe far definire tragicomica.
Protagonista è La Morte stessa, che nella sua raffigurazione e rappresentazione in forma umana, può ricordarci quella del film in bianco e nero del regista svedese Bergman Il settimo sigillo.
Nell’atmosfera semiseria della messa in scena La Morte stessa, viene caratterizzata come goffa e maldestra.
Lo stile è connotato da grande chiarezza e il tono della scrittura è colloquiale e immediato.
Uno dei personaggi fondamentali dell’opera è Sor Antonio, un usuraio di mezz’età, un uomo senza scrupoli, che si avvale anche della violenza, per riscuotere il denaro prestato a povere vittime della sua avarizia.
I molti personaggi sono delineati con fine introspezione; è esilarante il rapporto tra l’usuraio e sua madre Immacolatina, che è una donna molto bigotta, che prega ogni giorno inginocchiata per terra fino a ferirsi.
La dialettica tra madre e figlio si basa su discussioni sulla fede e sull’esistenza di Dio, nel quale Sor Antonio non crede.
Buffo il personaggio della badante dell’anziana signora, che parla russo e che capisce poco l’italiano; alla badante Immacolatina vuole impartire un’educazione cattolica e il miscredente Sor Antonio, invece, è convinto che la ragazza debba per prima cosa imparare l’italiano.
Molto suggestiva l’entrata in scena della Morte che penetra dalla finestra nella casa dell’usuraio.
In una delle didascalie leggiamo che Sor Antonio, rimasto solo, si mette a scartabellare le sue pratiche apostrofando il suo rammarico per essere costretto a vivere con una madre decrepita e bigotta e con una extracomunitaria.
Vicino alla scrivania c’è un bicchiere pieno. Il personaggio lo prende e sta per berlo, quando all’improvviso si sente un rumore proveniente dalla finestra. A questo punto l’uomo salta in piedi spaventato.
La triste figura si presenta impacciata ed esitante e Sor Antonio, inizialmente, non la prende sul serio, pensando che sia una persona qualsiasi, in realtà del tutto innocua, mandata dalla madre per farlo convertire: questo crea uno dei vari fraintendimenti presenti nell’intreccio.
Avviene nella sordida camera un dialogo tra l’usuraio e La morte ben diverso da quello che accade nel suddetto film di Bergman tra la triste immagine e il cavaliere Block, tornato nel Medio Evo dalle Crociate.
Se nel film la figura della Morte appare spettrale e crudele, La Morte, nella sceneggiatura di Cacchioni, è maldestra e spaventata e presenta tratti di umanità, come quello del gesto di chiedere un bicchiere d’acqua.
Molto diversi tra loro anche Sor Antonio, uomo ateo e insensibile e il cavaliere Block, figura vulnerabile e tormentata dal problema dell’esistenza di Dio.
Al termine della storia Sor Antonio fa una partita a carte con La Morte e vince una forte somma giocando d’azzardo; a questo punto La Morte esce di scena e, paradossalmente, per sbaglio, l’usuraio beve dell’arsenico e muore. La Morte ha quindi di nuovo vinto come quella bergmaniana nella famosa partita a scacchi.

Raffaele Piazza




SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO

Antonio Spagnuolo: "Come un solfeggio" - Kairós edizioni. Napoli. 2014. Pagg. 52. € 10,00 --
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Mi è giunto oggi 26 febbraio un dono, una gradita sorpresa: una plaquette delicata, gentile, contenuta come grandezza, ma espansa come spiritualità, come foga di un uomo tutto intento a tradurre in parole battiti diastolici di un cuore intenso, generoso, esplorativo; e già ci avvisano la dedica (In memoria di Elena), il titolo (Come un solfeggio), la copertina (un bosco fitto, quasi impenetrabile, che si apre a spiragli di luce). Una plaquette tascabile come misura, e bella a vedersi, a gustarsi per veste grafica, impaginazione, composizione, risvolti; insomma, come si dice, un buon libro, piacevole da sfogliare, da palpare, da annusare per il suo profumo fresco di stampa, da ascoltare per l’accattivante sfrigolio delle sue pagine. E tutto contribuisce a ben predisporci a una lettura attenta; a capirne i nessi, le intenzioni emozionali, gli intrichi stilistici, gli assemblaggi, le accentuazioni, le intensificazioni, le asciuttezze, insomma il possibile quanto impossibile arrembaggio del verbo ad agguantare gli azzardi verticali dell’anima. Un prodromico avvio, dunque, che fa da antiporta ad un poema coinvolgente per disarmante nitore, per sostanza e potenzialità creative che scopriamo fin dalle prime battute. Fin dai primi versi che ci dicono chiaramente delle qualità di un autore che da una vita dà tutto se stesso all’arte del dire, all’ars inveniendi, al generoso e quanto mai inspiegabile mistero dell’intarsio poetico. Sì!, è Antonio Spagnuolo a metterci sull’attenti, a chiederci una intonazione a un poetare di fine fattura. A un poetare vòlto a tracciare una specie di redde rationem di una vicissitudine dolorosa che riguarda tutti noi. Anzi, per precisione, ognuno di noi in quanto mortali, in quanto esseri soggetti al dolore di un abbandono, alla precarietà di una vicenda che ci è toccata. Anche se, forse, dobbiamo esserne felici; felici di tale sorte, unica e irripetibile; fatta di ombra e di luce, di gioia e dolore, di Caini e Abeli; di polemos fra i contrari che ne costituiscono una simbiotica fusione detta vita. Che pur vita è, anche se una scalata verso vette difficilmente raggiungibili; verso vette che richiedono scarpe chiodate, appigli ben saldi per scoprire, poi, che da quelle sommità ci sperdiamo in orizzonti offuscati da nebbie. E leggiamo, qui, la solitudine, il mistero del vivere, lo sforzo impellente di fare della notte un gioco di luci a illuminare volti e incontri di una immaginazione ri/tornata viva e concreta. Due realtà: quella che ogni giorno si snocciola sulla sua via crucis, e quella che la nostra storia lascia indelebile, corposa, e vitale nella memoria; tanto concreta da alleviare i crucci della solitudine, i tormenti di un esistere di cui non capiamo più nemmeno l’essenza, lo sterminato suo dolore. Ed è un volto a rinascere con tutto il suo potere. Sono quegli occhi, quelle mani, quegli incontri con tutti i paesaggi a farsi complici; a farsi avanti con le loro cospirazioni sentimentali di dolce virulenza fino a divenire motivo di conforto. D’altronde cosa è la nostra terrenità senza quella parte di noi che abbiamo speso per amore. Ed è lì; è lì presente chi ha avuto la grande fetta del nostro esser/ci; è lì anche nella sua assenza; e c’è con una presenza talmente forte da farsi indispensabile nelle nostre quotidiane abitudini. Dice un poeta: “Noi viviamo frantumati nel mondo che ci circonda”. Ed è il mondo a sottrarci o a restituirci le schegge che riunite compongono il nostro involucro esistenziale. Il dolore più grande consiste nel non riuscire a riprenderci quella fetta focale di cui natura ci ha privati. Al solo pensiero della sua perpetua mancanza nasce in noi, spontaneo, una specie di anticorpo a difesa della nostra umile mortalità. Ed è la memoria con tutto il suo bagaglio zeppo di foto, di gesta, di amorosi incontri, di fughe e ritorni a riportarci quelle “viscere” asportateci inspiegabilmente. E’ qui che entra in ballo la poesia. La poesia/parola. La nostra menomanza ha immediato bisogno di completarsi. Di rifarsi. E va alla ricerca frenetica e passionale - irrazionale direi - di quegli involucri emotivi che combacino con l’assenza di quelle schegge che fuggirono impazzite. Sì!, la parola. Quel misterioso sintagma, quell’insolito fonema, quel groviglio di suoni che cercano intarsi per combinarsi con i patemi delle nostre sottrazioni. Ed è soprattutto l’amore ad animare la storia del nostro romanzo. E’ l’amore che ci trascina su una strada fatta di quietudini riposanti, di edeniche stasi erotiche, di abbracci generosi alla vita. Ma anche di inferni, di dolori sconquassanti, di tristezze e solitudini disumane. Ed è nel dolore che raggiunge le cime più alte del suo potenziale emotivo, come scrive un poeta francese: “C’est dans le douleur le cri le plus puissant de l’amour”. E quando la solitudine si fa stella polare della nostra navigazione, i pensieri si ammucchiano senza ordine nella mente; creano una nuova realtà fatta di armonie, di solfeggi musicali, di panorami contaminanti per amorose attrazioni. Sì, c’è in noi questo potere di vincerlo il malum vitae. C’è. Può esistere anche se:

Misteriosa è la notte fuori del tempo,
che sappiamo scomporre, e a volte grida
all’ultimo rosario.
Incredibili note e multiformi gorghi
per ascoltare una poesia che trabocca,
mentre la fiamma è un guizzo di ricordi
incomposti
ove nascondere l’unica promessa
della gioventù spinta al passato… (Misteriosa la notte).

Lo si può conquistare con giochi di repêchage:

“Meraviglioso amore” è stato il tuo
per quelle primavere che rubammo
al segreto, rincorrendo illusioni (Meraviglioso amore).

E tutto si fa più armonico, più lirico, in questo slancio verso la beatitudine della luce. La forma stessa diviene ancella di queste espansioni al tutto, al completamento del nostro essere, ricorrendo a sinfonie, ad assonanze, a rime, a costruzioni endecasillabe che tanto si avvicinano alla quiete di una rinascita interiore.
Appagamento? Sì, appagamento dell’io nell’agguantare quella parte di sé che ora ri/vive nel sogno, nell’immaginifico:

I luminosi assoli della luna
non hanno colpa alcuna
nella dolcezza che non so tradurre
nel profondo mistero del tuo sguardo,
che in penombra sparisce… (ibidem).

La natura stessa si fa complice. Sembra che voglia accompagnare il poeta per offrirgli i mezzi visivi adatti ad esprimere il suo tourbillon sentimentale. Dato che le parole mai saranno sufficienti indicatori del nostro sentire.
Qui ci troviamo di fronte ad una delle poesie più avvincenti del poema. Una lirica che basa il suo dipanarsi su giochi sonori che tanto sanno di romanza pucciniana. Uno Spagnuolo nuovo, direi, che si distacca dal prosastico antilirismo. Qui è la musicalità che vince. E lo fa anche con malizia tecnica alternando misure brevi a più ampie per far risaltare cascate di armonie endecasillabe, per far risaltare anche una quiete ritrovata nell’immagine della donna amata. E la sinfonia continua con arpeggi di strumenti verbali intonatissimi:

Tra i libri dei miei vent’anni
già c’era il tuo sorriso
(…)
C’è ancora un canto a fine orizzonte
per le mie palpebre ferite dal silenzio (Pagine).

Continua con metafore, iperboli, giochi allusivi di grande effetto significante:

Come un solfeggio scandiscono le note
melodie
che sapesti donarmi ancora in vita…
è sempre meraviglia l’immagine trascinata
agli incastri,
o il lamento che interroga le stelle,
(…)
Senza di te ogni parola è vana (Solfeggi).

Ma anche con invettive contro quell’Ade artefice di un dolore febbrile:

Maledette tenebre dell’Ade
per avermi venduto alle febbri,
per avermi svuotato il ventre carico di lamenti… (Ade)

E Sospiri, Gemme, Luci, Nebbie, Armonie, Sguardi, Ombre, Riflessi… si alternano fino a:

Questa è l’ora che rintraccia vampate
nella vacuità dei ricordi:
mi annullavo nel tuo sorriso,
nel mulinello evanescente della tua verità
ed ogni traccia folgorava le immagini
del tuo piede sigillo (Vela),

fino ad un imperfetto che sa tanto di vita mortale, di vita aggrappata a una storia, aggrappata ad un’estasi, ad un sorriso che domina incontrastato, imperituro, sulla fragilità delle cose umane; sul dramma della scomparsa della donna amata; su quello della solitudine.

NAZARIO PARDINI--

01/03/2014

lunedì 3 marzo 2014

NOTIZIA = L'INVASIONE DEGLI STORNI

La Libreria fiorentina “Salvemini”, invasa da una nuvola di storni il 5 marzo -

Le pagine de “LaRecherche.it” – www.laRecherche.it - sono un felice porto di approdo per chi coltiva l’interesse per la poesia e per l’opera di Marcel Proust, in particolare. Le parole di benvenuto per il navigatore internet sono chiare: “Questo è, prima di tutto, un luogo di partenza, di aiuto reciproco, di lavoro comune e di confronto sulla scrittura: da qui si parte, non si arriva, o meglio, qui si arriva soli per partire insieme”. Si tratta di uno spazio dove ogni servizio è gratuito, curato dall’associazione, senza fini di lucro, presieduta dal poeta Roberto Maggiani. Ogni autore può proporre la pubblicazione di testi (poesia, prosa/narrativa, aforismi, articoli, saggi), recensire libri, promuovere eventi.
LaRecherche.it cura dunque “la promozione di scrittori e scritture altrimenti invisibili nel panorama culturale italiano dominato e indirizzato a proprio piacimento dalle grandi case editrici e da un potentato di letterati e autori che decidono”. Questo può dare, mi sembra, un senso di libertà in una prospettiva nazionale: aspetto interessante, specie se si parte da una realtà “ingessata” come quella di Firenze, spesso dominata da personaggi autocelebrativi, ripetitivi, “signori” degli spazi pubblici e privati.
“LaRecherche.it” prende chiaramente il nome dall’opera di Marcel Proust (À la recherche du temps perdu) e svolge un lavoro costante per la conoscenza dei testi e dei lavori critici. Al momento sono presenti 4050 documenti e i libri pubblicati (trasferibili anche su Kindle) sono: “Dalla parte di Swann, All’ombra delle giovani figlie in fiore, La parte di Guermantes, Sodoma e Gomorra”.
Particolare attenzione merita la sezione de LaRecherche.it “il libro libero (e-book) ” nella quale sono pubblicati gratuitamente i libri proposti dagli autori, che dopo la valutazione della redazione, sono posti gratuitamente online a disposizione di chiunque, all’esame dei lettori che si potranno esprimere con un commento o con un messaggio personale di suggerimenti e di valutazione critica.
Più volte sono ricorso a questa possibilità di pubblicazione e mi piace ricordare, in particolare, che per l’ebook Itinera si sono registrati, dal luglio 2010 a oggi, 1400 accesi (download).
Nei giorni passati “Larcherche.it” ha posto in linea l’ebook “L’invasione degli storni” – ( di Roberto Mosi ) - già pubblicato nel 2012 da Gazebo Libri -, un libro di poesia e immagini, illustrate dal pittore Enrico Guerrini, rivolto a fissare un intreccio fra testo e illustrazioni dipinte. Un obiettivo difficile da perseguire, per gli alti costi, con la carta di un libro tradizionale.
La Raccolta “L’invasione degli storni” – come dichiara Caterina Bigazzi nell’ultimo numero della rivista internazione Semicerchio – “appare come
una rivisitazione della Commedia dantesca. Un percorso ascensionale che, tripartito nelle sezioni Valle dell’Inferno, Via del Purgatorio, Nuovo Cinema Paradiso, dà vita a un affresco a forti immagini”.
Un viaggio dunque con molte “stazioni”, ognuna illustrata con i colori della pittura e il suono delle parole della poesia. Il prossimo 5 marzo nella Libreria fiorentina Salvemini, in piazza Salvemini, saranno festeggiati i due anni del libro pubblicato da Gazebo Libri – la casa editrice di Mariella Bettarini e Gabriella Maleti – e la recente uscita dell’ebook de LaRecherche.it. Dalle pagine del libro e dai bit, byte dell’ebook, si alzeranno nuvole di storni, accompagnate dalla musica dell’organetto, dalla voce degli attori e dalla proiezione multicolore del testo/immagine. Sarà la festa della televideopoesia e della “Libreria invasa degli storni”.
ROBERTO MOSI--

domenica 2 marzo 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = ROSSELLA LUONGO

Rossella Luongo -“ Canti metropolitani” - Samuele Editrice – Fanna (Pn) 2013 – pagg. 55 -€9
Dopo “La fata e il poeta”, accolto favorevolmente dalla critica, testo che già rivelava la ricerca della poeta di dare un senso alla vita, a partire dal quotidiano, dal mondo degli affetti domestici, senza però rimanere protetta da un microcosmo di tipo pascoliano, ma rivolgendo lo sguardo al mondo esterno, nel bene e nel male, per uscire allo scoperto,. la giovane Rossella Luongo con “Canti metropolitani”, raggiunge il suo risultato più maturo con una poetica dalle tonalità spesso intrise di crudezza, ma senza compiacimenti o manierismi, una crudezza che rende efficacemente a livello espressivo ed estetico, tutti gli aspetti piacevoli e spiacevoli di una vita, che merita comunque di essere vissuta. Il testo, del tutto antilirico, è armoniosamente orchestrato architettonicamente nelle sue tre scansioni, intitolate “La città, Portraits e Resurrectio”. La metropoli in questa raccolta viene intesa in tutte le sue sfaccettature: è mappa studiosa, arteria luminosa, vicoletto sbrogliato, ed anche fogli di calcolo e gruppo anatomico di pecore smussato a tergo::come si evince non c’è la minima traccia di elegiaco in questi elementi che vengono detti dalla Luongo: infatti le tinte adoperate dall’autrice sono molto forti e intense e hanno qualcosa di vagamente surreale. L’-io poetante della raccolta è molto autocentrato e sa proiettarsi verso l’alterità, con un occhio attento che si getta sulle cose e sui fenomeni, per coglierla in tutte le loro sfumature e anche negli oggetti: la poeta riesce a cogliere un senso complessivo dell’esistere, quando, per esempio, dedica una bellissima poesia al padre scomparso. Al centro dei “Canti metropolitani” si pone la mitologia del quotidiano, l’epica e l’etica del quotidiano, già espresse efficacemente da Roberto Mussapi nella raccolta “Luce frontale”; qui la quotidianità è colta nel suo paesaggio privilegiato, quello urbano con i suoi interni (case, negozi, bar) ed i suoi esterni (strade, piazze, quartieri)., dove acquistano rilievo le estensioni di quella società dei consumi e dell’apparire che ci assedia e che tende a svuotarci di ogni personalità dentro l’inarrestabile implosione del fenomeno della globalizzazione che passa attraverso la televisione, i mas media, la rete. Rossella Luongo, immersa in questo ambiente, non vuole stigmatizzare questa realtà, che ha anche aspetti positivi, come il lato libero di Internet, ma vuole rapportarsi ad essa criticamente e, da questa visione acuta e acuminata sgorgano i versi. Dominante in questa poesia è una componente angosciosa (anche se continuamente esorcizzata attraverso le immagini); quella appunto che deriva da una lucida analisi della realtà, dalla conoscenza e dalla consapevolezza del suo degrado da una progressiva alienazione che s’impadronisce dell’uomo nel suo insieme.

Raffaele Piazza