**CARLA MALERBA, "La milionesima notte" - Poesie, Fara Editore, Rimini 2023
L’ultimo volume di poesie di Carla Malerba, La milionesima notte, presenta sia caratteri di continuità rispetto alle precedenti raccolte, sia di originalità.
Contrasti cromatici (azzurro / giallo, / nebbia / sole, / luce / ombra) rimandano a un mondo che appartiene alla poesia di Carla Malerba fatto di sogno e realtà, di poesia e di ascolto, di «oniriche visioni» e silenziosi richiami alle atrocità della guerra o all’isolamento in cui siamo vissuti durante la recente pandemia per ricordare a tutti la nostra fragilità. Ma c’è anche un passato fatto di speranza, quello di noi giovani che volevamo cambiare il mondo e che a molti di quegli ideali siamo rimasti legati, quasi un dono che la vita ha voluto farci. Da queste radici nasce la nostra solitudine di uomini sradicati, costretti a vivere in un mondo che non gli appartiene più, ma anche la consapevolezza di aver accettato con dignità un vissuto a volte felice, altre dolorosamente sofferto. A questa visione si ispirano le quattro sezioni che compongono questa silloge, ricca di vissuto personale e di amore per la vita, accettata in tutta la sua bellezza e, insieme, nell’impossibile sopravvivenza che ci è destinata.
La prima sezione Attese si apre con un frammento introduttivo tratto dalla raccolta Vita di una donna (2015) e contiene in nuce il tema centrale della sezione stessa. «Occorre forse una distesa di vento / su una terra senza confini, / occorre che tutte insieme / le cornamuse suonino all’alba, / che di stelle non sia avara la notte / per dispiegare le note della gioia.» Occorre dunque l’impossibile per raggiungere la felicità, perché «L’attesa che incombe / distrugge» e il sonno rischia di chiudere gli occhi al domani, privo com’è ormai di speranza. Compare già qui il grande tema della notte, amica fedele, compagna di ricordi e riflessioni solitarie, dagli anni lontani della giovinezza, fino alla poesia che mette a fuoco la poetica e la visione del sogno di cui la Malerba si nutre: «La notte come uno sposo / mi accudisce / mi circonda / col suo silenzio / mi regala spazi lucenti». Ma vita e notte, dice la poetessa, non sarebbero nulla senza la poesia, la sola in grado di «suggerirle parole» che diano un senso alla vita e al sogno che l’accompagna, unico breve spazio concesso alla nostra illusione d’immortalità. Ma presto scende il buio della sera, metafora del nostro breve cammino sulla terra, che d’improvviso cala a ricordare lo spazio di un giorno, fra finestre che si aprono al mattino e si chiudono appena si fa sera. Proprio fra le «misure imposte», nei «limiti da non oltrepassare» serpeggia l’attesa e mentre l’estate «muta, senza suono, assorta nel silenzio» ci ricorda il tempo degli amori e delle promesse, «la vacuità del conforme / … cancella i legami / ancor prima del tempo». Ma c’è sempre nella poesia di Carla Malerba un filo di speranza che riaffiora pur nella certezza che questa è la realtà, il tempo che ci è stato assegnato. Così nel ricordo del padre torna la forza dell’amore impresso nei suoi «sguardi azzurri» che impediscono alla memoria di distruggere un passato fatto di tenerezza e di pianto a lungo trattenuto, fino alla bellissima poesia che chiude la sezione nella quale si parla ancora del bisogno di vivere una vita che abbia un senso: «Se dopo la notte / ci fosse un giorno estremo / […] e sola mi trovassi / senza amore / né sogni né parole», allora – dice la poetessa – sarei presa da un terribile sgomento né la vita sarebbe vita, senza poter più ascoltare «il percettibile schiudersi di un fiore».
Segnali, la seconda sezione, sviluppa il tema della ripresa e della speranza che, sola, potrebbe dare un senso al creato facendo crescere «tenui steli» capaci di germogliare. Allora si potrebbe vedere «dalle antiche fessure» spuntare l’erba nuova o la luce cobalto del cielo perdersi all’infinito al confine del mondo, fino ad esplodere nell’oro dei girasoli che inondano la stanza di una solarità assoluta.
È l’approdo alla terza sezione, La milionesima notte, che dà il titolo alla silloge, dove, fra ricordi di una gioventù ormai lontana («Di notte / tra luci e caseggiati dalla fama oscura / […] ci avvolgeva la nostra gioventù / in turbini di vita / onde magnetiche / flussi di energia. / Era il 1968.»), si levano le voci di poeti conosciuti e amati, come
Fuad Kabasi, o il ricordo di un amore intensamente vissuto tra Giuseppina e Gabriele D’Annunzio, in quella Villa Mancini le cui finestre ‘mute’ segnano il trascorrere del tempo e della vita: «polvere e terra ormai / i loro cuori / neppure due sillabe intrecciate / a segnarne la storia».
Ne La milionesima notte, la poesia che chiude la sezione, luce e ombra si disegnano ancora nel plenilunio che rischiara «l’astro trafitto / da un nero ramo». L’ombra scivola sui fossati, copre gli argini: è la speranza che non riesce a vincere sull’attesa, mentre la memoria chiude con il suo fardello di ricordi il dolore che invano si tenta di cancellare.
L’incipit di Tracce, l’ultima sezione, apre infine al desiderio di poter ritrovare segni di un passato felice, nella consapevolezza, sempre presente nella poesia della Malerba, che la vita ci ha reso diversi, che la realtà non si può né eludere né mistificare, anche se la speranza non viene mai meno, perché in fondo «siamo stelle destinate / a effondere parabole di luce».
Tracce ci porta nel cuore di un’interiorità vissuta e sentita come condizione della nostra esistenza, sospesi fra realtà e sogno, fra illusione e accettazione, dove soltanto la solitudine dell’anima può essere compagna del nostro breve passaggio sulla terra. Si distendono così le tracce del vissuto, quei «millenni di tenerezze» che portano verso un mondo lontano e mai dimenticato dove si perde l’eco della guerra e i contrasti si fondono nell’armonia del ricordo. Sono «Ombre di sogno / in piazze di sole» e anche se il tempo tutto cancella, «Ritrovare un tempo intatto / e le care stagioni dà conforto.» - dice la poetessa! Torna in questi versi l’eco delle foscoliane illusioni, vissute con la nostalgia di chi sa che «la luce della sera» è ormai incerta. L’ombra, la morte diventano ora il mistero di una creazione che ci vuole avidi di vita anche in quell’ultimo giorno e, come il fiore sente reclinare lo stelo mentre la linfa lo abbandona, anche noi conosceremo «di quell’ultimo giorno / l’estremo suo fulgore». Il contrasto luce/ombra è tutto giocato nell’opposizione: nebbia/sole; vano/breve; metà ombra/metà luce a indicare una visione della vita che, nella sua brevità, aspira all’eterno, tanto che il cuore ormai spento «bucherà la pietra sepolcrale / fino a trovare la gloria della luce» come si legge nella poesia che ha per titolo Nella meraviglia del silenzio.
La sezione si chiude con questi versi che sottolineano l’importanza della poesia, pur nella consapevolezza che forse non ci sarà una sopravvivenza:
Al buio scrivo parole
che la mente illumina
e guida la mano
il pensiero del nulla che siamo.
perché come si legge altrove «Quello che resta in fondo / è la poesia».
Arezzo, agosto, 2023
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Fernanda Caprilli