sabato 31 maggio 2025

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIANFRANCO ISETTA


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Gianfranco Isetta: “L’acerbo dei ricordi” – Ed. La vita felice – 2023 – pag. 116 - € 14,00
“se è vero che nell’intelletto non c’è nulla che non sia filtrato attraverso i sensi, - scrive Carlo Prosperi nella prefazione - altrettanto vero è che sui dati forniti dai sensi l’intelletto è in grado, a sua volta, di formulare ipotesi e congetture che mirano a dare loro un senso, una organizzazione razionale.”
La poesia allora è capace di avvertire le attrazioni che spiccano dalla sensibilità palpabile per organizzare la capacità per un’indagine speculativa che poggia sempre sulle esperienze del vissuto, con la ricostruzione del simbolo per sprofondare nelle spire dell’immaginazione.
In sette sezioni ben titolate: “Parola che s’apre”, “Apparenze”, “Intenti”, “Del tempo”, “Di qualche amore”, “Congedi e approdi”, “Rispondenze e rinascenze” la silloge che ci offre Gianfranco Isetta ha una corretta misura formale che la pervade in ogni pagina creando così un lungo racconto ricamato con cura ed attenzione nella ricca modulazione del quotidiano.
Uno dei temi principi è il ritorno delle immagini di un passato che ha tratteggiato lo scandire delle ore, dall’alba della giovinezza al vigore della maturità, nei caratteri essenziali di un disegno poetico che possa trascinare allo scoperto tutti i segreti del nostro sub conscio.
“C’è una voce che chiede/ il passaggio degli anni/ che si chiudono a maggio. / C’è chi affila col suono/ la canzone d’amore/che addolcisce un ricordo./ Non per questo un sospiro/ è sbadiglio del cuore./ Ci protegge l’estate/ con il sole bugiardo/ che rimuove ferite/ per promesse di un giorno./ Il tuo corpo si frutta/ si propone sincero/ all’incanto di un fiore.”
Vivono immagini che potremmo dire delicate e al tempo stesso originali, nella profondità del dettato che ammicca tra memoria e riflessione. Così che le metafore si susseguono in un ventaglio che accenna all’evocativo, alla distillazione delle figure e delle folgorazioni che scavano nel pensiero e nell’inventiva, spartito improvvisato in tempo reale con improvvisazioni linguistiche capaci di adattarsi alla melodia del discorso.
“Si dispiega sui vetri e alle finestre, / già riverso, questo tondo di mondo./ Reclama dimensioni in corso d’opera./ Si potrebbe pensare con intagli/ di cristalli stagliati sopra il cielo./ Ne ascolterò le istanze col respiro/ già riposto nel chiuso della bocca/ ampliando intorno gli spazi dell’aria/ già matura per i miei intimi voli.”
Molti i messaggi che il poeta inoltra tra i righi, leggermente soffice nel dettato d’amore: “La gelosia dei gatti/ l’ho vista nei tuoi occhi/ gelo d’amore intenso/ non appena ti guardo/ e l’inverno raggela/ solo tra i nostri corpi/ ogni sciolta tristezza/ ogni mancato pianto/ ma tutto è tollerabile.”
Variabilità equilibrata nell’efficienza di un tratteggio personale che offre uno standard culturale di rilievo.
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ANTONIO SPAGNUOLO

UNA PROSA POETICA = NADIA CAVALERA

martedì 27 maggio 2025

SEGNALAZIONE VOLUMI = SILVANA LEONARDI


Silvana Leonardi: “Psicogeometrie erranti” – Ed. Bertoni 2025 – pag. 142 - € 16,00
Titolo accattivante e nel contempo agghiacciante, invadente e nel contempo intrigante! Incidere geometricamente nel nostro sub conscio è un’operazione che nessun chirurgo è in grado di sostenere, ma travestiti da investigatori potremmo rintracciare quelle che sono le emozioni erranti. Indagando nell’immaginazione del vocabolo prescelto la psicogeometria suggerisce che le forme geometriche non siano solo strutture astratte o elementi visivi, ma possano rappresentare stati psicologici, tratti della personalità o dinamiche interiori. Un cerchio potrebbe evocare armonia e inclusività, un triangolo energia e direzione, un quadrato stabilità e concretezza. In questa ottica, la geometria diventa linguaggio dell’anima, o nel caso della poesia esplora i contenuti della mente, tenta di mapparne la struttura attraverso simboli spaziali.
Le forme diventano così strumenti per comprendere l’organizzazione mentale, le tensioni interiori, le inclinazioni profonde dell’individuo. Come un’architettura dell’inconscio, ogni linea e angolo parla di noi, anche quando non ne siamo consapevoli.
Le composizioni di questa silloge hanno la struttura visiva quasi tutte a forma di clessidra, disponendo le riga con l’attenta suddivisione delle lettere in diminuendo ed in crescendo, quasi a voler invitare il lettore a scomporre e ricomporre i pensieri che vagano e fluttuano nella pagina per inseguire il lampeggio delle idee.
Uno scorrere rapido di incisive ispirazioni ricama versi dalla intelligente introspezione: “di tutte le voci di natura nel ritmo vitale/ delle onde incessanti onde di marea/ e di tempesta onde di energia”, “e/ accende/ di splendore segreto/ la seducente vertiginosa/ lontananza dal fatale divino grembo/ inizio e fine di ogni viaggio sulla terra e più in là”, “di scomposta amorfa inerte dolorante materia/ è questo il destino dei soccombenti/ esaurire ogni forma/ di speranza”.
Malgrado le variegate forme di ricerca, dal futurismo all’ermetismo, alla sperimentazione, al neo avanguardismo, al simbolismo, al moderno, post moderno et similia, abbiano giocato il loro tempo negli anni dello scorso secolo, con autori come Marinetti e Sanguineti, Zanzotto e Raboni, Capasso e Stelio Maria Martini, Luzi e Pagliarani, Valduga e Rosselli, lasciando fortunatamente sopravvivere la poesia “alta”, che rispetta il modulare delle sillabe, la musicalità del verso, la capacità di suscitare emozioni, ed il chiarore del pensiero, non dispiace oggi incontrare qualche abile ed attento artefice impegnato nella investigazione della scrittura.
Silvana Leonardi da’ valida prova di operatrice della parola e del simbolo, con la magia delle scansioni e delle invenzioni, tra astrazioni e chiarezza, capace di far sgocciolare il succo dei suoi “fermenti” fra testimonianze e costruzioni fantastiche, utopie che sfidano il quotidiano e tumulti del linguaggio.
Scrive Bruno Mohorovich in prefazione: Silvana è consapevole di vivere qui e non altrove (in questo senso ribalta il verso baudelairiano “Altrove, e via di qui”) e così emerge ancora in lei il suo essere bambina che dice a sé stessa “narravi / i tuoi sogni / solitaria bambina / con figure d’alabastro”; ma, quell’infante che si trova oggi sbattuta in un mondo che la sovrasta e interrompe i suoi sogni, non desiste e va con impeto “fotografando / il silenzio e l’assenza” disegnando “ragnatele d’ombre / trame di trasgressione / di un quotidiano / banalmente / crudele”.
Con il suo ampio spettro lessicale la poetessa avvalora l’autenticità dell’indagine e della perlustrazione, offrendo un panorama policromatico di stile personale.
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ANTONIO SPAGNUOLO

lunedì 26 maggio 2025

POESIA = GABRIELLA BERTIZZOLO


"Dolcissimo inganno"
Ecco che cresce nel cuore
e nella mente,
questo fragile amore,
rosso come l’amaranto
ghirlanda sacra agli dèi.
L’ attimo fugace accoglie
nella gravida conchiglia
le nostre anime unite
in vertigine di silenzio.
E ricomincio ad amarti,
nella rossa ferita
che ci scalfisce il cuore,
mentre ardo nel fuoco dell'araba fenice:
resuscitata,
alta vola nel cielo,
oltre il mistero del tempo.
Battito e cenere di vita
nutrono la nostra caparbia intesa,
promessa di gioia infinita
che affranca l’oggi
dal domani più crudele dell’ieri.
E di nuovo risucchiati
nel dolcissimo inganno,
impunemente
sopravviviamo alla vita,
risvegliati
dal fruscio dell’attesa.
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"Con ali rigenerate"
Nel tramonto di traguardi fallaci
giunge il grido della Terra violentata,
il gemito dell’oceano e dei coralli,
il trillo mesto dell’allodola
e il farfugliare del gorilla:
chi ci salverà dall’indifferenza,
dal rischio che annienta?
Con mani contaminate d’amore
forgiamo resilienti cerniere,
icastico collante
di etnie, culture, sogni diversi
di un futuro in bilico tra rifiuto e accoglienza.
Con ali rigenerate nel niveo lavacro
noi - anime nude -
librate nel respiro del Dunque,
ritroveremo il senso dell’esistenza.
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"Acrobata di lusinga"
Un aroma pungente, purgato,
desiderio di piacere dannato
mi trapassa corpo e mente
con lenta e straziante agonia:
estasi, delirio, voluttà.
Voglia di sentirti ancora mio,
sfiorarti e assecondarti,
offrirmi a te e sfuggirti,
e ancora poi irretirti nel sorriso
del mio corpo ammaliante,
e percepire il tuo rimorso nelle pieghe
della mia insonne attesa.
Amarti e rinnegarti,
maledirti e poi donarmi,
con astute frecce ferirti,
ladro dei miei sogni,
acrobata di lusinga, secondino;
rinnegarmi e infine aprirmi
come rorida conchiglia
immolata alla tua voracità.
Volerti mi spaventa,
mi inebria e poi mi annienta,
mentre un’eco arcana di viva morte
mi risucchia nella voragine
senza fine né inizio,
dove io non più docile pretesa
sono il boia della tua attesa.
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Gabriella Bertizzolo
www.gabriellabertizzolo.it

SEGNALAZIONI VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO


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Antonio Spagnuolo: "Più volte sciolto" - Ed. La valle del tempo - 2024 - pag.64 - € 12,00
“Ogni giorno noi siamo il passato
perché ognuno di noi è il passato!”
Sin dall’incipit di questa nuova raccolta poetica di Antonio Spagnuolo, “Più volte sciolto”, edita da “La valle del Tempo” a fine 2024, emerge uno dei suoi temi più frequenti: il tempo e il suo scorrere inesorabile… “Il tempo non si allenta…”, non riposa, “Batte la bianca meridiana al galoppo… /oltre spensieratezze giovanili, /oltre i monotoni affanni / rivolti a rimembrar le scosse / di ogni ora che passa”, nell’inutile rincorrere “accenti e aliti di antiche presenze”. Il suo lavorio è “una lunga agonia (che) ha sfigurato / l’incerto sembiante”, non si placa e non si scioglie per cui sembra che possa esistere solo il passato, “perché ognuno di noi è il passato!”, il già accaduto e vissuto, avulsi dal presente e senza più attese per un tempo a venire.
Il titolo, in apparenza oscuro, in realtà rimanda all’oscillare del poeta tra presente e passato in un continuo alternarsi di ritrovamenti e perdite, di memorie vive e silenzi desolati, di sogni, illusioni e sussulti di una consapevolezza che precipita nella quotidianità abitata solo da assenze. Assenze lancinanti quali esistenze reali.
“Più volte sciolto”, come altre raccolte di Antonio Spagnuolo, quindi è ancora una volta una specie di diario poetico che traccia affioramenti luminosi di un passato felice insieme alla donna amata, “Amanti nudi un tempo! Alle pareti / coperte di foglie ancora verdi / e sul seno raffiche di colori”, e ancora, “Nel sogno riappare la tua carne. / Io con violenza la palpo / per accertarmi che sei di nuovo viva, / nuda tra i cuscini roventi.”
Ma la realtà ha sempre il sopravvento perché “quel che ci lascia un amore è proprio un sogno / nella mente che pulsa solamente memorie”, e allora ecco di nuovo il crollo nello sconforto per l’esiguità del tempo umano, “Ereditiamo una condanna a morte / e non ne siamo coscienti / sino a quando il conteggio dell’ora / giunge improvviso!” e dunque: “Il mio soggiorno sta per terminare, / devo chiudere gli occhi e scomparire…”. La vita scorre e nel commiato da essa siamo nudi così come ci siamo affacciati alla sua luce, nel suo infinito andare le generazioni si susseguono le une alle altre come onde rimuovendo le orme del nostro vissuto, “La casa vecchia avrà nuovi inquilini / e l’oblio della notte cancellerà / le tracce che ho braccato.”
Le vicende personali s’intrecciano quindi con quelle universali, comuni a tutti i viventi; interrogativi senza risposta sul senso del nostro essere al mondo, tensione verso la trascendenza, verso la rivelazione del mistero: “L’eterno è nelle nostre mani e riempie / di sgomento l’inenarrabile vicenda, / e non tenta almeno in una volta / di comprendere / cosa sia la trasparenza del Verbo.” Eppure il Verbo - la parola - è il fondamento del vivere di Antonio, la poesia è “l’espressione sublime della vita stessa”, non solo la rivelazione o l’attenuarsi dei travagli interiori, ma uno strumento, quasi un ponte verso l’altrove: “Nel girovagare tra immagini e fantasmi / forse scioglierò l’enigma dell’eterno.” Vita e poesia s’intrecciano perciò in modo indissolubile, anche se non sempre con la stessa intensità catartica, “ecco l’astuzia e il decorso di una misera / rima ed il timore della cruna incrinata / che accetta ancora un embolo di vocali” e “Fra la grande luce e l’ombra profonda / l’arte è soltanto una frazione / della nostra memoria / per estrarre un coltello dal petto”, per cui il poeta implora “Breve pietà per quattro versi / quando rammento abbracci / di un amore smarrito in penombre”.
Come nelle altre raccolte, la pena e la complessità del vivere non mortificano l’armonia e la musicalità dei versi, né il flusso caleidoscopico di immagini che fulminee infondono nel lettore una molteplicità di emozioni. Lo stile di Antonio è rigoroso ma moderno, non si stacca dalla tradizione pur non respingendo la ricerca del rinnovamento. La sperimentazione però non è mai fine a se stessa, non è annullamento della propria etica e della propria interiorità, anzi, il poeta non risparmia i suoi strali verso un tipo di verseggiare vuoto e falsamente innovativo come nel componimento “Interludio”, scherzosamente dedicato alla poesia Kitchen:
“In laparascopia ti osservo dentro
e titillando la punta del centrillo
chiudo l’orgasmo inciso nella mente.
Con la prova del nove le stoviglie
ti condurranno ad un perfetto intarsio
per bollire cloruri in acca due.
Così con l’uovo sodo nel paniere
molti pulcini rimarranno a secco
pigolando tabelle pitagoriche
o riversando scarse proteine.
Il conteggio finale spacca vetro
ha gli spaghetti al sugo e una salsiccia”
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Maria Erovereti
Maggio 2025

sabato 24 maggio 2025

SEGNALAZIONE VOLUMI = CINZIA COPPOLA


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Cinzia Coppola: “Un astro piccolo piccolo” – Ed. Delta3 2025- pag. 80 - € 12,00
“Scrivo d’amore./ Lo faccio senza barare./ non leggerai amore e fiore, ma sangue che si mescola.”
Improvvisa ed umana si riproduce un’armonia che cerca di stabilire apertamente quale sia la sequenza di un vincolo affettivo con la necessità inestinguibile del riferire. Le storie quotidiane si illuminano in un linguaggio universale che accomuna ogni vibrazione al ritmo della poesia, e Cinzia Coppola intreccia i vari simboli, i diversi valori, le identità indiscrete, le malcelate storie per scolpire garbatamente quei versi che scaturiscono da un impulso vitale o dalla evaporazione dei segreti del nostro sub conscio, con il susseguirsi coloratissimo del simbolo e delle sillabe.
“La dimensione domestica, con i suoi oggetti minimi, compare in filigrana come tessuto quotidiano – scrive in prefazione, con la sua ben nota attenzione culturale che la distingue, Eleonora Rimolo – in cui l’essere umano cerca di ridefinirsi: cerca, piega, sistema i vasi rotti. Ecco, dunque, che il gesto assume un valore rituale, definendosi come strumento per salvaguardare la nostra identità dai rumori che logorano, dalle disillusioni che indeboliscono le speranze. Nelle poesie prende forma la necessità di guardarsi dentro con coraggio per affrontare il vuoto e la vertigine, e per non dimenticare la nostra capacità di germogliare.”
“Brevemente illumina il percorso la sorte/ gioca a palla con i desideri/ ci tamburella le gote/ soffia negli occhi come si fa/ con le bolle di sapone/ e ride.”
La naturalezza con la quale la pulsione viene connessa alla parola fa si che la musicalità del verso conservi quella scansione che avvolge il pensiero.
Queste sezioni in cui si suddivide la silloge: La parte e il tutto (natura che guardi), Una strofa in una stanza (ridurre l’esperienza), Raccontami una storia d’amore (in passi lenti mi attardo), Padre, non sono blocchi a sé stanti, chiusi in un solo dettato, ma si concatenano in quella determinante maturità del pensiero che si collega indissolubilmente ai diversi carichi di emozione, spesso sigillati in una compiaciuta meditazione senza veli.
Capace di “ricomporre un nuovo corpo, / perché questo è fatto a pezzettini/ come carta da riciclare” Cinzia sussurra “la tua faccia era un sole caduto/ e il sorriso pendeva dalle labbra/ come un graffio” nel ricordare momenti di tenerezza “per un secondo, / per un click di ala rotta, / ti sembrerà di avermi amata tanto.” E se “guardare l’universo con la poesia/ non con le equazioni/ è una trappola e/ una grazia” “il vento fa degli alberi/ un dizionario. / Racconta parabole/ e storie di miti, / sembra la maestra buona/ che ci salva.” Anche perché “bisognerebbe coltivare boschi/ tra le pieghe delle ossa, / farsi allargare le arterie dai campi irti di stoppie/ neri freschi di incendio.”
E’ proprio il succedersi della vita, tra intimi ricordi e scandagli dell’inconscio, che apre il sentiero alle parole/poesia per ricamare tutte quelle tracce rinchiuse nella fantasia, per impregnare ogni componimento di un ritornello che dalla melodia affonda nell’improvvisazione.
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ANTONIO SPAGNUOLO

mercoledì 21 maggio 2025

POESIA = CLELIA MOSCARIELLO


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"Ho ucciso il mio cuore"
“Sono una donna che ha ucciso il suo cuore,
sono colpevole, ebbene sì,
ho commesso questo delitto in un giorno come tanti,
Adesso io vorrei sapere solo dove è finito il mio cuore,
è finito forse sotto una coltre di polvere
che non tolgo da tempo,
distratta dal mondo e delle sue occasioni?!
Oppure è finito sotto i cuoricini di Messenger e di Whatsapp,
tanti cuoricini rossi pronti per l’uso,
comodi ed impacchettati,
pronti per l’uso?!
Eppure, il mio cuore io non l’ho sentito,
non l’ho udito,
e non riuscivo a trovarlo qui,
troppo distante da me,
Troppi schermi e scudi si frapponevano tra lui e me,
sepolto dalla retorica,
dalle frasi fatte e dai luoghi comuni,
Ed io sono colpevole,
ed allora voi ora mi chiederete il motivo della mia colpevolezza,
Ebbene, io sono colpevole
perché il mio cuore è annegato in questo mare di niente
ed io nemmeno l’ho salvato,
e nemmeno l’ho soccorso,
Perché non ho udito le sue grida,
perché la verità è che io non me ne sono accorta,
perché anche a me, Vostro Onore,
ha fatto comodo che il mio cuore per qualche tempo morisse”.
_ (Tratta dalla raccolta “Se ne frega la luna, stanotte”, pubblicata da PAV Edizioni.
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"Déjà vu"
“Mi hai chiesto quando tutto sia iniziato
E mi hai domandato perché non vivessi semplicemente.
Forse tu non lo sa
i e nemmeno lo immagini questo
ma vivere è proprio ciò che non riesco a fare semplicemente
Perché il mio battito è diverso da quello degli altri
Perché il mio cuore batte ad una velocità differente
Perché io non riesco a non parlare
anche quando non apro bocca,
Perché mi sembra di andare sempre troppo piano
o troppo forte,
Perché questi maledetti clacson mi fanno venire voglia di vivere
ma altrove,
e penso anche che questo dolce alla vaniglia sappia di tutto
fuorché di vaniglia,
Perché mi sembra tutto un cibo confezionato a volte,
Perché tutto mi sembra un eterno déjà vu senza te,
un film visto troppe volte
di cui conosco già il finale
e conosco tutte le battute a memoria tra l’altro,
E ancora, sono qui e mi tremano sempre le mani
quando devo parlarti
E ancora, non riesco a discernere il boato di un tuono
da un rumore della mia mente
E ancora leggo Eraclito mentre ascolto i Depeche Mode
E nel frattempo fumo un Marlboro light,
e tutto va lento, lentissimo, al suono di rock ed al sapore di nicotina,
E ancora, bevo distratta menta, ghiaccio e limone
e leggo della morte della regina Elisabetta,
ma tutto mi sa di finto,
Perché sono io che forse vado ad un ritmo diverso,
Perché questa volta va tutto alla velocità della luce invece,
eppure, inutilmente,
Perché tutto ha lo stesso sapore
se tu non torni qui,
e questo mondo ha sempre lo stesso colore
se non ci sei tu,
se non ci sei tu a disegnarlo
e a colorarlo con me
di tutte le sfumature possibili:
le mie, le tue,
insieme finalmente”.
_ (Tratta dalla raccolta “Se ne frega la luna, stanotte”, pubblicata da PAV Edizioni.)
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"La nebbia"
“Ho sempre avuto ben chiaro chi fossi,
ho sempre visto nitidamente il mio posto del mondo,
ma fuori c’era la nebbia, c’era tanta nebbia che mi impediva di farcela,
m spaventava al solo pensiero di doverla attraversare per abbracciare tutti voi che stavate aldilà.
Che mi aspettavate al varco,
ma io non ci riuscivo all’epoca, non vi vedevo neppure,
forse, sapete, erano le vostre ombre che vedevo, i vostri fantasmi, i vostri dilemmi irrisolti, ma non voi.
Eppure, voi eravate lì, e mi sorridevate, ma io vedevo solo spettri, chissà se erano i miei o i vostri, non l’ho ancora capito,
so solo che la nebbia era tanta ed era proprio inquietante tutto quel bianco,
a volte bevevo e ci davo giù dentro per non averne paura,
a volte dormivo per dimenticare dove fossi,
ma al mio risveglio la nebbia c’era ancora, io ero ancora lì, non mi davo per vinta e la nebbia…lei mi pareva ancora più fitta,
per tutto il tempo che mi trovavo lì devo dire che vi ho pensato, ho pensato a tutti voi indistintamente,
con diversa intensità ma ho pensato davvero ad ognuno di voi,
ed immaginavo la mia vita futura, immaginavo di farcela, anzi ne ero certa,
non ho mai avuto dubbi su questo, sono sincera,
ma non sapevo come avrei fatto a scalare quella montagna di nebbia che mi divideva da voi,
che mi impediva di vedere e di sentire quello che vedevate e sentivate voi,
che non mi faceva percepire la realtà come accadeva a voi.
Mi siete mancati tutti e pure tanto,
non c’è stato giorno che non desiderassi raggiungervi,
volevo dirvelo adesso, dopo tanto tempo.
ed adesso che sono con voi aldilà della nebbia,
quella nebbia esiste ancora, ma non ha alcun potere di influire sul mio umore,
è solo un muro bianco, abbastanza insignificante,
ed ora mi chiedo soltanto come abbia fatto a pensare alla nebbia per così tanto tempo”.
_ (Tratta dalla raccolta “Io non amo le rose”, pubblicata da PAV Edizioni.)
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"L’odore della neve"
“Dicono che io non abbia la testa,
ma a molti ha fatto comodo spesso fingere di non scorgere i miei pensieri,
dicono che io sia imprevedibile ed inaffidabile,
ma pochi hanno deciso di prendere sul serio i miei propositi,
dicono che io sia una stupida perché sorrido,
e nessuno però conosce la neve sul cuore come la conosco io,
nessuno l’ha toccata mai veramente ed ha sentito il suo odore nelle notti gelide e senza luna,
e nessuno ha poi mai saputo raccontarlo quell’odore,
Dicono di non credere alle mie promesse, perché sarei una cialtrona,
ma quando qualcuno li ha messo alla prova li ha scoperti solidi come rocce i miei valori,
Dicono che io sia una bugiarda,
Eppure, chi ha avuto l’audacia di guardarmi negli occhi senza abbassare lo sguardo sa che sto dicendo il vero,
Dicono che io non lasci tregua,
Eppure, ho lasciato andare tante di quelle volte che solo il mio animo sa quanto si sia lacerato di me in quello strappo,
e nonostante tutto ho mollato la presa più volte per liberare chi ne avesse abbastanza di me e chi non volesse più restare,
Dicono che avrei fatto tanto chiasso per nulla,
ma soltanto alcuni sanno cosa si prova ad essere invisibili ed a dover strillare per far sentire la propria voce,
Dicono, ne dicono tante su di me, ma io resisto, perché in quelle voci non c’è nulla che mi appartenga, nemmeno un mio
frammento, non esiste nemmeno un pezzo di me in quel vociare indistinto, malfidato e sgraziato,
è solo il belare di un gregge…
di un gregge che non conosce l’odore della neve sul cuore nelle notti gelide senza luna e che soprattutto non l’ha mai saputo raccontare, come lo racconto io”.
_ (Tratta dalla raccolta “Io non amo le rose”, pubblicata da PAV Edizioni.)
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"La danza"
“Avevo voglia di danzare,
volevo ballare impavida
e più audace che potevo,
per svegliare tutto il creato dal suo torpore quotidiano,
per allertare tutti che la primavera stava arrivando,
che la bella stagione stava iniziando
e che era ora che il mondo uscisse dal suo letargo,
ma il mondo, invece, desiderava continuare a dormire
ed allora io iniziai a saltellare su e giù, più forte che potevo,
come una mia sorella gitana mi aveva insegnato, un tempo,
illusa e disperata,
delusa e agguerrita,
volevo apparire leggiadra
e librarmi in volo come una vera farfalla
volevo volteggiare sublime,
mentre il mondo stava affondando piano ma inesorabilmente nel suo lungo abisso
e volevo anche essere brava a risorgere dalle mie ceneri da abile fenice,
ma il mondo non era pronto, mi dissero,
lui voleva ancora sonnecchiare,
ed a me pareva di sentirli tutti quei discorsi ottusi della gente,
sulle guerre, sul calcio
e sulle cose che le donne dovevano, oppure, non dovevano assolutamente fare
e di riuscire anche a planarci sopra con le mie piroette soavi,
mentre il mondo indifferente non si voltava nemmeno a guardarmi
ed io allora mi misi a mirarlo da lontano il mondo
e pensai a quanto sarebbe stato bello
se tutti all’improvviso avessero smesso di dormire,
di trattare ingiustamente le donne e di farsi la guerra
e poi, infine, avessero cominciato a danzare”.
_ (Tratta dalla raccolta “Fuoco sacro”, pubblicata da PAV Edizioni.)
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CLELIA MOSCARIELLO

UNA LETTURA = DINO BUZZATI

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L’Associazione Culturale “San Ginesio” e il Centro di Lettura “Arturo Piatti” di San Ginesio (MC), in occasione della Campagna Nazionale di promozione della lettura “Il Maggio dei Libri 2025”, e seguendo il tema proposto dalla stessa per quest’anno Intelleg(g)o, presentano all’interno della pagina social https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/ (a partire dal 26 Maggio 2025) una lettura dello scrittore Dino Buzzati che ci ricorda l’essere e il sentire. L’evento online è curato da: Alba Piatti, Presidente dell’Associazione Culturale “San Ginesio” e dagli operatori culturali Rita Bompadre e Matteo Marangoni.
Nella foto Giovanni Battista De Andreis e Dino Buzzati

martedì 20 maggio 2025

SEGNALAZIONE VOLUMI = NICOLETTA NUZZO


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Nicoletta Nuzzo: “Imprevista” – Ed. Rupe mutevole- 2022 – pag. 84 - € 10,00
Un tono vibrante e nel contempo pacato scorre fra le pagine che si rincorrono come in un carosello di pensieri e dettati, per una sincerità che cerca il rapporto delicato fra profondità culturali e fragilità dell’essere.
“Da imprevista, o delle risonanze ritrovate, della prima Sezione si scorre fino alla seconda Sezione, Rupestre o dell’istinto per il segno dove il graffito/parola è risorsa ineludibile dell’umano “mancante di essere” e per questo sempre alla ricerca di una forma che è il bene, il sapere dell’anima, la piena umanità.- così scrive nella sua prefazione- Rupestre sono le righe dei millenni che portano l’impronta degli occhi stupiti, il cuore in gola come una lucertola inseguita, è trovare il verso giusto allo sbieco, è l’anima che muove le molecole, sentire stellata ad ogni istante il fruscio della vita, è stata la pazzia di pensare che tu volessi me, sono i flutti che depongono creste infatuate, il piccino e smemorato elettrone che ripete l’orbita, è Miner va che provoca i desideri e persiste nel dono dell’inquietudine, il gemere del perchè inarrestabile silente e in sottovoce. Rupestre è l’azzardo maestro delle donne.”
Sembra quasi un racconto, scandito in numerosi fotogrammi che descrivono momenti di scoperte immaginarie o approcci carnali nel quotidiano. Un susseguirsi di quadretti colorati ed ammiccanti per tornare silenziosamente all’essenza della vita, con le braccia sicure del pensiero.
I personaggi che si affacciano tacitamente hanno il pregio della corposità palpabile:
“in un improbabile cappotto
uscito dalla fantasia di mia madre
e con altrettanto improbabile cappuccio all’uncinetto
inanellato dalle sue mani senza posa
arrivavo davanti alla vetrina illuminata a festa
il presepe già apparecchiato
la carta blu a stelle come cielo
e oltre la stella cometa
lei Nume Elfo remoto e onnipresente
con gli occhi neri neri che non ti mollavano un attimo
io rotonda come una mela rossa e lucida
dove ti potevi specchiare.”
La poetessa si denuda e ricama improvvisazioni del simbolo o riflessi di memorie per questa vita che scorre come un fiume ed ogni cosa è soggetta a continui cambiamenti che riescono a dare un senso profondo del vivere, nella sua bellezza e nella sua eleganza, nel suo sapore incerto o nella inconsapevole magia del sogno, o nell’allegro farfuglio del richiamo.
Scrittura elegante, ricca di richiami culturali e attenta alla ricerca del vocabolo, per versi che si alternano graziosamente tra il classicheggiare ed il rinnovare.
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ANTONIO SPAGNUOLO .

lunedì 19 maggio 2025

SEGNALAZIONE VOLUMI = LUCIO PACIFICO


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Lucio Pacifico: “Per l’artista è un dovere sperimentare” LFA Publisher 2024 – pag. 89 -
“Le cacate dei cani sui marciapiedi/ è l’arte contemporanea che meritiamo/ gratis di fruire/ slalomeggianti stallazioni metropolitane/ tossico inclinato sun lato/ scalinata malfamata/ fobia di pestare rifiuti/ urbani e siringa infettata/ Maritiamo pance scambiate/ divorziamo amate sciupate/ la pasta sciapa bolliamo/ spiriti masturbiamo/ autodafé quotidiano/ flagello mio ti amo….” - Potrebbe sembrare un non senso, dopo questa dichiarazione intorno all’arte contemporanea e nel caso intorno alla poesia che viene proposta in questi anni, immergersi, come tenta di fare Lucio Pacifico, ancora una volta nella vertigine di una sperimentazione che a tratti arranca e a momenti stupisce.
Come artista, dichiara, è sempre opportuno tentare di smembrare tutto ciò che è classico e determinato nei canoni per accostarsi ad un probabile nuovo equilibrio del “dire” per essere “ascoltati”.
Il poeta allora diviene giocoso, spezza la frase, interrompe ogni catena, sballottola le sillabe, introduce neologismi, provoca interrogativi imbarazzanti, bisbiglia segreti, scardina le immagini del sub conscio, si aggrappa a sgambetti di sfida contro chi riesce ad inseguirlo.
La mistura è composta! In queste pagine, alternate da riproduzioni colorate di gradevole effetto, troviamo accordi ritmici che trascinano verso l’ondeggiare dei pensieri, verso la curiosità che sussurra “vediamo come va a finire”, tra un verso lungo ed un verso breve, tra creazioni astratte e inventive che la fantasia ricama tra i simboli.
“PECCATO CHE NON CI SIA/ NESSUNA RIVOLUZIONE/ DEL PENSIERO in atto/ La camorra non si sconfigge/ con gli eroi/ la camorra non si sconfigge/ con la politica/ la camorra non si sconfigge/ con l’arte/ la camorra non si sconfigge/ E BASTA/ Endemica ignoranza e povertà/ humus di violenza e corruzione/ la morte tua è la vita mia UOMO…”
Qualche tocco morale avanza non più timoroso ed indeciso, cercando di penetrare nell’intimo di chi riesce a ricomporre ogni frammento.
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ANTONIO SPAGNUOLO

giovedì 15 maggio 2025

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIA RITA BOZZETTI


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Maria Rita Bozzetti: “L’altro ed io” – Ed. Manni – 2025 – pag.160 - € 17,00
Nella prefazione al volume “Segni del tempo” (primo premio assoluto al concorso L’assedio della poesia 2024) scrivevo: “Bozzetti tira fuori i suoi versi come se rovistasse dentro un enorme sacco dal fondo permeabile, sgocciolando di volta in volta tutto ciò che è superfluo, ma arricchendo in policromie il dettato, per cogliere con sagacia una tessitura che possa essere sufficientemente tenace e resistente.”
Ancora una volta questa sua poesia è una rigogliosa piantagione di fiorenti ideazioni, che fanno della pagina una poderosa fonte di ricami colorati, fra tutti i ritmi che riescono a comporre quel canto avvolgente del tempo, scorrevole ed inesorabile, ma plasmabile e coinvolgente.
Il quotidiano solfeggia le membra: “…La mia pelle mi difende/ dalla ferocia dei tuoi sguardi, / mi salva da mani che vorrebbero/ maneggiare l’anima, / una cosa propria di diritto;/ la mia pelle è come la tua/ vive di pudore,/ di paura, di seduzione/ ma io sono il materico oggetto/ che tu commerci a peso/ di anni, di lavoro, di organi, di silenzi…”
Il canto sommesso e penetrante è il tepore della passione che “intessuta negli anni/ è stabile colore d’accordo, / e dimentico del tempo/ rincorre il quotidiano senso/ con la mano in conforto di discesa,/ senza storie nuove/ ma vecchie eco del vissuto amore.”
Anche se suddiviso in quattro sezioni (Tempo che spegne la voce, Tempo che accende l’alba, Tempo che cammina insieme, Tempo che chiama Dio) il volume è un granitico intreccio di incursioni dal sottofondo filosofico speculativo, dall’amalgama di un variegato sub conscio, ricco di folgorazioni, capaci di realizzare il ritmo affascinante della poesia.
La memoria riporta momenti di vissuto, tra sguardi furtivi, illusioni congeste, visioni minuziose, incontri sfaccettati, emozioni in germoglio, bisbigli di preghiere, tutto con la scrittura piana e coinvolgente che caratterizza il tocco personale della poetessa.
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ANTONIO SPAGNUOLO

mercoledì 14 maggio 2025

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIA CARLA BARONI


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Maria Carla Baroni: “Onda da cavalcare” – Ed. Manni 2025 – pag. 80 - € 13,50
Pathos non significa che c’è qualcosa che agisce su di noi, e tanto meno che qualcosa è compresa e interpretata come movente di un atto ribelle. Significa, infatti, al tempo stesso molto meno e molto di più di tutto questo, visto che si sottrae all’alternativa di causalità e intenzionalità in tutte le sue forme tradizionali, un concorso di emozioni che condizionano improvvisamente anche il nostro operato.
Pathos significa invece sospensione involontaria perché colpiti da sensazioni intense tra inconscio e sub conscio in maniera tale che tutto appare avvolto da una nebbia sottile formatasi per qualcosa di anteriore, non risolta dalla quotidianità. Il pathos è un evento, ma un evento di tipo particolare che accade a qualcuno. La poesia, nella costante attenzione di un’interrogazione, ecco che diviene “onda da cavalcare”, una meravigliosa esperienza che trasporta la nostra immaginazione tra i flutti del simbolo, della parola, della scansione.
Nelle quattro sezioni in cui è diviso il volume (“Cieli e formiche”, “Parole di cambiamento”, “I luoghi, le vie, le città”, “Epilogo”) Maria Carla Baroni ricama una tessitura che avvolge e svolge nel tempo, tra la quotidianità che a volte scoraggia e la speranza che spesso riesce a nutrire gli ideali.
Un tragitto poetico che si avvale di una lunga militanza, di un impegno sociale brillante, di un bagaglio culturale di notevole spessore, capace di stilare il verso con la personale cadenza del ritmo e della musicalità delle sillabe.
“Amore è il non sapere nulla/ né come nasce/ né perché finisce. Talora/ anche un amore profondo/ è insicuro/ come sabbia di fiume/ inconsistente/ come carezza di vento” ma “Lancio ponti fra sponde lontane/ che si sentono avversarie/ annebbiate da origini diverse/ da pretese di primogenitura/ e di verità esclusiva. Compagne/ di diverse politiche sponde/ solo una rete di un’unica coscienza/ e di una forza unita/ ci potrà liberare.”
Il contrasto benefico tra un tenero sentimento e l’impegno politico riesce ad elaborare attimi di quell’unico intervallo che sembra sottrarre il dubbio alla inventiva.
Scrittura amalgamata tra la trasparenza delle sensazioni ed il gioco dell’incognita.
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ANTONIO SPAGNUOLO

martedì 13 maggio 2025

POESIA = VALERIA GIRARDI


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"Temporizzare"
Persa nella galassia dei sentimenti,
soffia una nuova ondata di innocenza,
che regala a chi non sa nemmeno pregare
nuovi bandoli e sprazzi di vita.
Ma è appena tra le ciglia,
mentre sfiora i nostri occhi aperti,
che il tempo scorre via.
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"Chiedersi l’amore"
Cadde nel silenzio
una goccia di rumore
densa di tormenti,
sporca di piacere;
chiese il nostro aiuto,
troppo cieco per vedere
che lenta poi moriva,
dispersa dalle ore.
Quel grido ormai lontano,
quel candido fulgore
strozzato e soffocato,
reso ignoto alla coscienza,
lasciò una storia sempre uguale,
diversa in apparenza.
E siamo ancora qui,
a chiederci l'amore.
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"Amore su di un cielo bagnato"
Ingorghi di parole,
spezzati sul nascere
dal mare della notte
nel limbo del destino
mentre i nostri occhi si cercano
si trovano
e si perdono.
Le vele bianche dell'amore,
posate sul morbido cielo bagnato
dal sudore di mille volte
dal calore di tante volte
e amanti di due sole anime.
Le nostre.
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VALERIA GIRARDI

lunedì 12 maggio 2025

SEGNALAZIONE VOLUMI = CESARE VERGATI


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Cesare Vergati: "Mètro, in scampolo di tempo" (da crepuscolo a crepuscolo) - Ed. ExCogita 2024 - pag. 132 - € 15,00
Volume impregnato dalla valanga di pensieri ed illuminazioni, che rendono la scrittura una vertiginosa corsa tra la realtà quotidiana e le folgorazioni della fantasia, capace questa di creare un incessante effluvio di varipinti vapori, trattenuti a volte dall'incipit filosofico e sgranellati a volte da intimi segreti.
Per completezza di commento ci piace proporre quanto lo stesso autore scrive nel presentare il suo ardito "poema"
"Mètro ( anagramma di morte ) dimora, per arte e passioni ( affetti ): in ampio vasto campo a geometria losanga. Vive a percezione di regno animale, vegetale e minerale. Inizia il suo personale singolare percorso dal primo lato della losanga fino all’ultimo: quello della finitudine. Incontra nei quattro lati : l’intemerato, il caos, il caso e la Dame en rouge ( morte ). Nei tre regni : ha visioni di nefandezze e piaceri. La comare secca si presenta inizialmente in qualità di chiacchierona e predicatrice: quindi trasmuta in entità dal portamento elegante e rispettosa del destino di Mètro. Nel suo viaggio visionario Mètro conosce il suicida, l’omicida, l’annoiato, l’indolente : personaggi dalla ambizione sconfinata in strano intento di conquistare la fama. Ha con sé un piccolo incompleto mosaico con tessere per diversi colori; da portare ( in aggiunta d’ultimo tassello ) a compimento all’arrivo presso l’ultimo lato di losanga. Audace, vigile al mondo, questo personaggio si sa estraneo a origine e fine d’umani e cose. In compagnia di minimo sasso ( monolito in simbolo d’imbuto di tempo ) si approssima alla meta: per più molteplici curve. Mètro è infine grato alla Dame en rouge e al caso di morire a scanso di miseria e malattia. In agonia sta accanto alla sua opera, alle sue opere poste su stretto, corto scrittoio: presso la soglia senza porta. In piena finitudine ( nel teatro di campo ) Mètro elegante, beneducato stringe la mano alla beneducata elegante sobre mort in segno di dipartita : di sé naturalmente inconcluso, naturalmente incompiuto in opere."
Singolare racconto dalle subitanee espressioni stilistiche, in esemplare riproduzine di albori e nebbie, miraggi caleidoscopici e palpabili sussurri.
Degne di segnalazione le avvincenti immagini interne di questo libro disegnate dall'ertista Bimba Selvaggia Landmann.
ANTONIO SPAGNUOLO

domenica 11 maggio 2025

POESIA = GLORIA DONATI


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"Chi sei?"
Ti osservi allo specchio e ciò che vedi è solo l'ombra di te stesso. Cerchi un riflesso ma non lo trovi. Sei solo, di giorno indossi una maschera mentre dentro urli e piangi.
Ti mostri per ciò che non sei realmente convinto, sapendo che nessuno vedrà mai le crepe disegnate sul tuo viso, una maschera senza sorriso.
Bella, stupenda con il trucco sei un paradiso. Ti mostri sicura, sei una donna, ma non corrispondi all'immagine che hai di te stessa e indossi un volto che non ti appartiene. Un'illusione di tutto ciò che vorresti essere ma che non potrai mai raggiungere.
Sorridi falsamente a chiunque incontri sul tuo cammino, non sei te stessa ma solo il frutto di una società malata.
E mentre ti specchi ti interroghi su chi sei veramente?
Una maschera o un nome? Un velo, è tutto ciò che riesci a vedere. Una lacrima, un amaro sorriso, ti confondono e non riesci più a distinguere tra reale e irreale.
Una maschera cade e si infrange l'illusione. Alla fine, dietro quelle maschere si nasconde la realtà e si dà vita alla finzione.
***************** "Pittore"
Vorrei essere un pittore per dipingere Il sole che, illumina il verde dei campi.
Vorrei dipingere il sole che, trafigge
Le alte chiome degli arbusti del bosco, Per arrivare giù in basso e, cogliere l'attimo delle creature che lo vivono.
Vorrei dipingere i raggi del sole che
Pungenti, penetrano nelle acque dei
Mari.
Vorrei essere un pittore per dipingere
Il disegno della vita.
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GLORIA DONATI

POESIA = RAFFAELE PIAZZA


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"Nuvole e Alessia"
1
Da dove tu sei, in via Petrarca,
vedi la stessa nuvola, mi dici,
nel mio da Piazza Dante
scorgerla e
2
il telefono a unirci in voci
nel coro di questo postmoderno
occidentale e .la nuvola
si sfiocca in forma di cavallo
candido il cielo sopra Napoli e
3
sarebbe bello se fosse Roma
o Firenze, mia Alessia rosavestita
come le nuvole di Ischia della
villeggiatura duale delle conchiglie e
4
oltre le cabine telefoniche incielate
dove ridesti come una donna
a inizio primavera nel deserto
riseminato che ora è il segreto
giardino e
5
non chiedermi, Alessia, tra i campi
di grano profani se è solo un cobalto
ad accentuare la voglia nel fieno
l’incanto duale e poi viene la nuvola
in forma di pesce, nuvole, nuvolette e
6
piove, Alessia, amniotica pioggia
sul tuo grembo per redenzioni
ad ogni passo e resurrezioni e c’è
dio che cammina in lontananza e
7
invita alla gioia, che poi ne sporga
anche felicità per quella foglia
d’alloro sul tuo braccio che prendo
per un erbario nuovo, dopo quello
archiviato per le teche e
8
dietro la densità dell’aria in splendore
del tuo volto, Alessia, attimi fantastici
e spicchi di melarancia sul tuo amore
di viso di madonna barocca
in un incrocio di forme, a iridarti
degli occhi la bellezza ad estendersi
in quel bianco agglutinato e
9
allo sguardo dove traspare di fiume un greto
e di scalinata un’altra nuvola, stavolta
grandiosa che ci ingloba in un’unica
messe che dà pane in salite fino al cielo e
10
vedi, Alessia, sgronderà la pioggia e il tuo
di gioia pianto bagnerà i miei occhi per seminare
pari a gioco per della nuvola la forma
mutarla da geranio in rosa.
*
Raffaele Piazza

venerdì 9 maggio 2025

RIVISTA = NUOVO MERIDIONALISMO


NUOVO MERIDIONALISMO -- N° 247 (Marzo-Aprile 2025) - In distribuzione in questi giorni sotto la guida accorta ed intelligente di Giuseppe Iuliano.
Firmano questo numero : Generoso Benigni, Emanuele Macaluso, Amato Michele Iuliano, Teodoro Russo, Paolo Saggese, Franco Mangialardi, Gerardo Iuliano, Gennaro Iannarone, Aldo De Francesco, Mino Mastromarino, Luigi Mainolfi, Michele Vespasiano, Giuseppe Iuliano, Carmelo Sichinolfi, Teodoro Russo, Clara Spadea, Gennaro Iaverone, Gaetano Troisi, Ugo Cioffi,Paola De Lorenzo Ronca, Nicola Prebenna, Michele Falco, Mirella F. Iannaccone, Antonio Pulcrano, Vincenzo Napolillo, Vincenzo Aversano, Raffaela Vallese, Carla Malerba, Anna Gertrude Pessina, Michele Sessa, Riccardo Sica, = Vignette di Malatesta.
Per contatti : giiuliano@tiscali.it

SEGNALAZIONE VOLUMI = EDITH DZIEDUSZYCKA


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Edith Dzieduszycka: “In fondo” – Genesi editrice – 2025 – pag. 144 - € 15,00
Premio I Murazzi per l’inedito 2025 (dignità di stampa) la motivazione precisa: “Appartiene a Edith Dzieduszycka l’eleganza inquieta della parola inquisitrice, che interroga nei generi del Plurale e del Singolare, occasioni, ragioni, incantamenti e disillusioni delle esperienze realizzate o semplicemente sognate. La vita si condensa di ricchezza e di immaginazione, quest’ultima in forma ancora più estesa e profonda, come attività spirituale di trasformazione e di dilatazione di ciò che ci circonda: ritroviamo sempre nei suoi versi una straordinaria densità del vissuto. Poetessa di lungo corso, nella crescente significazione dei risultati raggiunti negli anni, Edith Dzieduszycka, quasi con stupore sospeso tra ironia e ansia, propone ora una sorta di ricapitolazione poetica, che è invenzione e attesa di un finale di là da venire.”
Il tempo scandisce i suoi momenti che offrono tra le pagine della poesia un susseguirsi di incantate apparenze che rendono luminoso il sussurro, armonioso il dettato, lirico il tratteggio delle figure e degli avvenimenti.
Edith unisce questi suoi componimenti ad un rosario che va centellinato nota dopo nota, un vero e proprio lungo poema che scandisce andature tra il memoriale e l’illusione, tra il lampeggio e il metro musicale, tra il racconto e il fotogramma.
“Quanto lunga sarà/ fuggiasca titubante ancora/ quella strada/ quell’incerto cammino dall’esito scontato/ sul terreno fangoso dentro cui affondiamo/ erranti nuvole/ incagliati velieri/ insetti privi d’ali?”
Interrogazioni numerose e lampeggianti “in questo fluttuare di vele boreali/ scenari ingannatori d’illusoria bellezza/ oasi trappole miraggi nel deserto/ in questo crogiolare di lava sotterranea/ in questo martellare di cavalcate nere…”
Affondare perigliosamente nella sabbia o incastonare perle nelle circonvoluzioni cerebrali?
Vagare in luoghi senza tempo o sgomberare le incerte strade del pensiero?
Riscoprire le mille luci notturne al di là dell’orizzonte o raccontare sempre le stesse cose con poche variabili prevedibili?
Sostanziosa scrittura ben salda nel persistere del verbo e splendente per l’attento ritmo che la sostiene.
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ANTONIO SPAGNUOLO

giovedì 8 maggio 2025

SEGNALAZIONE VOLUIMI = MARIA CARLA BARONI


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Maria Carla Baroni: “Piazza dei sogni incarnati” – Ed. Manni 2019 – pag. 128 - € 15,00
Il percorso che si stempera nella personale esperienza che il poeta affila nella quotidianità è quasi sempre un tragitto che rielabora o approfondisce le pieghettature che il tempo riesce ad incidere nell’inconscio, tra il divenire multiforme ed il perdurare memoriale. Un alternarsi fluttuante di visioni fulminee capaci di seghettare la storia suddivisa in sequenze, una ripetizione ciclica delle differenze che il pensiero riesce ad elaborare tra immaginazioni e realtà palpabili.
“I due punti essenziali di questo libro – scrive Maurizio Cucchi in prefazione- sono nella parte meditativa e di pensiero e nel sentimento privato e pubblico che ha guidato la storia personale di Baroni. Una storia dove è centrale la vicenda politica di cui è stata ed è protagonista e che è sorretta da una tensione morale e ideale davvero importante. Esiste una linea interna forte di pensiero che guida l’intero percorso della poesia dell’autrice.”
I titoli delle numerose sezioni in cui e suddivisa la silloge danno un’idea delle sequenze che accompagnano il ritmo serrato dei versi: “Canti del divenire”, “Omaggio a Milano e alla pianura Lombarda”, “Per la mia famiglia”, “Canti d’amore”, “Canti di morte”, “Ai luoghi che amo”, “Alle donne del mondo”, “Canti politici e per il comunismo”, “Punto rosso con autoritratto”, “Segmenti sparsi”. Un teorema che si sviluppa passo dopo passo tra l’intima capacità di sussistere nelle incalcolabili evenienze e la brama di riuscire a completare i progetti tatticamente astuti.
“Il mio è un dissodare una terra/ ingrata, compenetrata/ con la mia vita. Un continuo/ lanciare semi senza sapere/ se germoglieranno e quando/ le messi d’oro del cambiamento. / Amare è vivere di sole/ che inonda di calore la terra/ dà guizzi di luce alle cose/ risalto di vita ai colori.” Dall’impegno politico alle immagini di annientamento: “Dal televisore lampeggia/ immensa una pioggia di bombe/ Gaza sventrata divelta/ sangue polvere pianto,/ dalla stampa trasuda/ un lungo assedio di fame/ per rovesciare un governo eletto/ sterminare un popolo solo.” Dall’inno liberatorio: “Un lungo corteo di rosse bandiere/ multifiammato tra vento e sole/ di striscioni e stendardi/ trascorso da ondate di canti/ contro la guerra e la povertà che umilia/ chi coltiva cibo e genera vita. / Unica anima dalle molte forme/ aleggia su tutte l’Internazionale/ delle donne futura umanità di pace.” Alla tenerezza di figlia: “Io esisto perché mi hai voluta/ a dispetto di un padre ingannato. / Nel ventre di una notte senza sonno/ penso a te perduta in un morbo senile. / Due volte mi donasti la vita: / quando uscii dal tuo liquido grembo/ alla luce e quando mi strappasti, / bimba incauta, dal mare in tempesta. / A te madre il mio canto d’amore.”
Il concetto di realtà stringe vigorosamente la scrittura di Maria Carla Baroni, la quale destreggia con acume ed ottimo bagaglio culturale nel ritmo musicale delle sillabe, che fanno del verso l’abile portavoce di quei termini necessari alla dinamica filosofica sociale.
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ANTONIO SPAGNUOLO

CARLA MALERBA = PER "ORE DEL TEMPO PERDUTO"


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Antonio Spagnuolo. "Ore del tempo perduto" - edizione anastatica (La valle del tempo, 2025)- pag.76 - € 12,00
Una lettura di Carla Malerba
Ho letto con interesse e curiosità la raccolta “Ore del tempo perduto “di Antonio Spagnuolo, una ristampa anastatica con lettera di Umberto Saba del lontano 1953. Conosco da molti anni la produzione in versi di Spagnuolo, poeta notissimo e riconosciuto per la sua inconfondibile, limpida scrittura in cui, accanto a variegati temi, prevale il sentimento amoroso per un’unica donna, l’amata Elena.
Un Canzoniere quindi la sua vastissima opera dove si intrecciano momenti indelebili, paesaggi, natura, considerazioni esistenziali senza che mai si duplichi verso o situazione poiché ogni poesia si connota di particolari originali attraverso l’utilizzo di un linguaggio poetico sensibile ed erudito. Spagnuolo è poeta da sempre, vista la sua lunghissima carriera letteraria che corre parallela a quella di medico.
Alla raccolta della quale si parla in questa nota appartengono le poesie di uno Spagnuolo ventiduenne e in esse si denota quella compiutezza che Umberto Saba evidenzia nella lettera a Spagnuolo del 28 marzo 1953:
… le dirò che c’è davvero nei suoi versi una vena sottile di poesia ed una attenta e collaudata ipotesi di ricognizione che si fa sentire in quasi tutti i componimenti di “Ore del tempo perduto”
In un tempo in cui in poesia riaffiora il solipsismo e fa perdere di vista la funzione comunicativa tra autore e lettore spesso annullando l’empatia necessaria per la fruizione dei contenuti, non si può non ritrovare nei versi del giovane Spagnuolo questa funzione proprio in virtù del fatto che egli riesce a stabilire un legame col suo lettore. Le poesie contenute in “Ore del tempo perduto” hanno come caratteristica principale uno sguardo allargato sul mondo, parlano d’amore, ma anche di stagioni e paesaggi, di mitologia.
Il lettore vede Elena nella sua bellezza, nel suo darsi all’amato, nel suo sguardo e nelle sue lacrime in un erotismo splendidamente velato, come fossero i versi del poeta simili alle carezze date all’amata e soprattutto perché la grande poesia non ha bisogno di ricorrere ad espedienti per arrivare al lettore, ma deve solo far scaturire l’empatia della condivisione, l’universalità dei sentimenti.
Ritornano anche nella produzione successiva i cari temi giovanili: il tempo, la bellezza, l’impeto amoroso, la fede. La vita ha dato e ha tolto ad Antonio Spagnuolo, ma non gli ha mai lesinato l’ispirazione poetica che già si rivela in atto nella silloge del 1953. “Ore del tempo perduto” è un titolo che lievemente unisce amore, rimpianto e coscienza della illusorietà dell’esistenza, altro tema ricorrente quest’ultimo che lo accosta immediatamente a Calderon de La Barca per quell’affermazione su una vita che è sogno e chimera nel tempo umano che ci viene concesso. La raccolta giovanile già in sé custodisce le potenzialità future del poeta Spagnuolo: stupisce la perfezione e la cadenzata musicalità dell’endecasillabo, il metro da lui più amato, quello che nella tradizione letteraria italiana esprime meglio il fascino della narrazione poetica.
“A cosa serve la poesia?” Questa è la ripetuta domanda che il poeta pone ai suoi lettori nella presentazione alla ristampa della sua silloge del 1953 dove le parole di Umberto Saba lo incoraggiano a proseguire sulla strada della poesia. E più volte insiste nella sua aperta provocazione verso la ricerca di senso della scrittura poetica reiterando l’interrogazione: A cosa serve la poesia?
Domanda che il poeta pone mentre si rilegge criticamente a distanza di settant’anni e osserva l’evoluzione della sua scrittura finalizzata alla “corretta ricerca della parola” e Spagnuolo per ben tre volte si risponde "non serve a niente, ma è la fascinazione del tutto, ma è la brace sotto la quale scopppietta la riflessione, ma è lo scintillio di mille simboli che tentano di ricamare una catena!”
E ancora definisce l’atto creativo poetico qualcosa di sublime che si compie quando dal momento indistinto dell’ispirazione si giunge al suo perfezionamento dove è il poeta ad avere un suo preciso ruolo. Ma qual è la finalità del poeta nell’indistinto tempo in cui viviamo? Oggi egli non può perdere di vista la potenzialità del suo messaggio, come si legge nell’ introduzione della raccolta in cui si scorge l’impegno sociale e personale di chi scrive.
La raccolta, composta da una quarantina di liriche, presenta già ben definite le linee portanti della sua poetica e si apre all’idillio fin dalle prime composizioni, ricche anche nel lessico di richiami classici. Inoltre sono sempre presenti il divino e la bellezza del creato di fronte a cui il cuore del poeta si stupisce e ammira. Nell’opera si affacciano anche influenze di Lorenzo Stecchetti che tanto piacevano ai giovani di allora (Col teschio, pag.12), compaiono frammenti di rara intensità (Sera, pag.34), irrompono le figure mitologiche, ricordo degli studi classici di Spagnuolo donando al lettore atmosfere particolari, piccole odi alla dea della fecondità e alle divinità silvestri, il tutto immerso nel trionfo della natura.
Ma eccelle il poeta giovane nella poesia amorosa dove la figura di Elena nelle liriche a lei dedicate assume una valenza ispiratrice di ampio respiro. La devozione del poeta verso la donna amata si legge nelle parole che introducono Armonie:
“… io ti sarò accanto nella vita e nella morte, perché non esiste amore se non in ciò che il tempo non cancella…” Ho scritto nella mia recensione per “Più volte sciolto” uscita nel mese di aprile 2025 sulla rivista Nuovo Meridionalismo: Un uomo, un poeta Spagnuolo che ha continuato ad amare la sua donna trattenendone amplessi e sorrisi nei versi delle sue raccolte…
Elena come Laura? Forse ancor più presente Elena nell’ispirazione di Antonio Spagnuolo perché dettata dal sincero dolore dell’assenza, mai artificio letterario, ma presenza che si dispiega nei limpidi versi a lei dedicati e che pur in sua assenza hanno il merito di riportarla ogni giorno, ogni notte, viva e bella tra le sue braccia.
CARLA MALERBA
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"SEI TU"
Sei tu che a sera
ambrosia
su questi occhi,
lieve sfiorando con le labbra,
spandi.
La tua parola gocciola:
chiara ametista,
che confonde il tatto
delle mie mani
e la tua bocca schiude.
Vicina ,
il buio ti vela ed io ti sento.
Il braccio tuo,
morbido arcano che stringe,
che stringe.
A tratti un respiro:
un gelsomino,
un soffio.
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"Mani"
Strette vorrei tener quelle tue mani
che scelgono tra l'erba i ciclamini,
premute sulla bocca assaporare
il tuo profumo e quello dei giardini.
Inconsci i fiori esalano la vita:
freschezza nelle mani affusolate.
Trema un bocciolo sperso fra le dita
sfiorate da due labbra appassionate.
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Le poesie sono tratte da “Ore del tempo perduto” La Valle del tempo, ristampa anastatica del 1953

martedì 6 maggio 2025

SEGNALAZIONE VOLUMI = GABRIELE GIULIANI


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“L'Uno diventa Due, /i Due diventano Tre, /e per mezzo del Terzo/il Quarto compie l'Unità” (Maria Profetissa)-
Questa intestazione appartiene a “Quartine” di Gabriele Giuliani (RPLibri, 2024 pp. 160 € 16.00) ed esprime nel contenuto il pensiero alchemico che contraddistingue l'intero orientamento del libro. La poesia di Gabriele Giuliani scompone l'interpretazione esoterica e simbolica dei segreti dell'esistenza umana. La seducente intonazione dei versi insegue il desiderio del poeta di abitare i sentimenti e di trasformare la percezione compiuta dello spirito, collega l'ascendente enigmatico delle parole all'antica sapienza di esaminare il significato filosofico del numero, inteso come principio di tutte le cose, di identificare ogni entità del reale in una relazione riconducibile alla natura del numero e alla sua stessa sostanza. Gabriele Giuliani analizza la propria visione del mondo attraverso l'iniziatica descrizione di ogni impressione vitale, il vincolo ancestrale e perfido tra anima e corpo, illustra il requisito della conoscenza come strumento speculativo di ricerca interiore, contempla il mutamento occulto delle emozioni, sperimenta l'oscillazione contrastante dell'equilibrio e l'inquietudine incalzante nella psiche umana, elabora l'identificazione del caos, dirige l'armonia cosmica, riconoscendo la purificazione dello spirito nel divenire, disgiunge l'essenza primordiale in un paradigma riflessivo di comunicazione e di comprensione con l'universo.
“Quartine” suggerisce la suggestione del numero quattro, ricco di affascinanti definizioni nel mondo della numerologia per la sua consistenza perfetta, l'elemento rappresentativo, punto di riferimento determinante. Gabriele Giuliani circonda di un'aura impalpabile e ipnotica il rinnovamento della consapevolezza, addensando di luci e di ombre il proprio cammino di estensione emotiva, emana le introspettive tematiche della sua opera poetica con l'espediente complesso e intellettuale delle metafore, il carattere geometrico della decifrazione, le proprietà ascetiche e misteriose dei rimandi letterari, la radice impenetrabile e indecifrabile dell'indagine poetica, il sostegno attendibile della ciclicità del tempo, svelato all'incarnazione catartica degli avvenimenti. Il libro concede al lettore una lettura analitica stimolante, foriera di autentiche esortazioni per sostenere la superficie fertile della vita, accompagnare le inclinazioni dell'inconscio, gli interrogativi esistenziali, l'insinuazione istintiva e la certezza razionale, la spontaneità della bellezza. La scrittura di Gabriele Giuliani rivela il disorientamento fatale del destino, impresso nella necessità inalterabile di ogni legge di natura, traduce l'efficacia esclusiva della coscienza, l'indicazione prospettica dell'universo e della materia. Attribuisce all'esperienza del sentire la prima, persuasiva indicazione assimilabile all'evocazione animista, illumina le intuizioni dell'anima, segue l'incantesimo del poeta che percorre un prodigioso cammino elegiaco, offre fascinose e visionarie corrispondenze nel mezzo espressivo, nel criterio esplicativo, piegato alle esigenze del trascendentale, parafrasando i passaggi cognitivi come l'ispirazione, lo stupore, il presagio e la sensibilità. Gabriele Giuliani dona l'accordo ai suoi versi con la saggia versione dell'archè, componente originaria della realtà, infiamma la dicotomia tra essere e apparenza, oltre la sensazione della decadenza, nella vocazione linguistica dell'origine artistica.
Rita Bompadre - (Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/)
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TESTI SCELTI
"Discorso estivo"
Evapora il vecchio apparecchio,
si lasciano andare le parole disidratate
e nel mondo senza senso:
la rubiconda tipografia d'un discorso alla carne.
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"Pioggia"
Come le ali d'una tortora
lo scricchiolio del tetto
racconta la prima goccia
che ha disegnato la linea dei monti.
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"Stelle nel vigneto"
Le nuvole affamate
divorano ottantotto grappoli di cielo
e sulla gelida terra
s'accende un firmamento
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"D'estate non si muore"
Le notti spiaggiate, madide di stelle, svelano il senso.
Con le nuvole che costruiscono castelli di sale
e la schiuma-fiore-di-mirto che rinasce col sole
una voce canta l'inizio che discende dall'acqua.
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"Il consiglio di Antonia Pozzi"
Socchiudi l'arco delle palpebre,
lascia andare lo sguardo verso
bianche sponde, la luce d'un mare mosso
in un verde ipnotico di fronde.
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"Refrain"
Comunione e condivisione:
rapsodica visione ombra d'illusione,
sogno d'espressione d'una vita
assimilare alla sillabazione.
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"Ombre teatrali"
Assetate dalla luce d'una nuova scena
non sanno mai
che lo spettacolo allestito
è finito con l'arrivo del sipario.
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"Doplero"
Nel buio della stanza accendo una sigaretta
per vedere fiocamente
per giocare con la mente
e capire se ricordo tutte le tue linee.
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"Raccoglitore"
No, non sono fogli. Sono giorni e giorni.
Giorni che fanno anni e anni.
Anni che fanno una vita.
Vita vissuta dentro e fuori, sui fogli.
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SEGNALAZIONE VOLUMI = DOMENICO PISANA


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Domenico Pisana: “Profili di tempo e d’anima” – Ed. Opera incerta – 2024 – pag. 136 - € 15,00
Sin dal semplice ma incisivo titolo del volume si cerca di intendere quale sia il viaggio psicologico, ideologico, morale, emotivo verso il quale le poesie avviano, in un abbraccio dallo stile personale pacato e ben sostenuto da un bagaglio culturale di tutto rispetto.
Un preciso bisogno di amore ed il concomitante bisogno dei silenzi sembrano avvolgere il registro del sub conscio che trattiene vertiginosamente il pensiero per ripeterlo con agilità nel ritmo delle sillabe che compongono versi precisamente ritmati.
“Nel silenzio umido d’acqua/ sfibrato nella nebbia di questa sera/ che cerca la luce, in me si radica/ un lamento di speranza. / Io mi svuoto in pause e sillabe/ sfibrato in ridondanti immagini/ da giorni a giorni si piega/ un ramo rassegnato.”
Immergersi nel ritmo dei versi per il poeta è come raccogliere l’indubbio valore di alcuni sentimenti che fanno continuo traforo attraverso sentimenti, dubbi, considerazioni, illusioni, speranze, abbandoni, in un proliferare di immagini in cui il “credo”, personalizzato e metaforizzato, è il correlativo oggettivo e tonale della ricerca del “devoto”.
Le figure si stagliano nelle scansioni, tra barlumi di luminosità e sospensioni, così come “Caino e Abele/ si sfidano da mesi in questo stivale/ di vassalli e valvassori/ sotto la spada a doppio taglio/ del giudizio e del condono:/ anime randagie/ vegliano/ sulle speranze del Paese.”
Anche “il pensiero annidato/ in boccioli di rose” ha un suo particolare impegno nella quotidianità, disegnando di volta in volta zolle colorate di memoria o ricami di parole tra scenari mutevoli, vuoi dal trepido coesistere in questa valle, vuoi tra ambigue resistenze di macerie.
“Come messaggio divino – scrive Hussein Mohmoud in prefazione – subentra nei trattati del Pisana una sorta di conflitto interiore tra amore e speranza. Tra i paesaggi sereni e calmi e l’attesa dell’aurora risiede questa tensione che meglio interpreta il suo spirito poetico.”
Scansione di scrittura molto attenta e personale, nel caldo orizzonte privato dove lo sguardo diviene specchio policromatico dell’anima, in una continua melodia di riflessioni delicatamente speculative.
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ANTONIO SPAGNUOLO

POESIA = GIANFRANCO ISETTA


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"IL FUTURO CHE ATTENDE"
Non smette di arrivare
il futuro che attende
e che soffia da un tronco
curvando come un gesto
avvicino l’orecchio
un desiderio breve
si posa sul mio volto
ascolto e mi domando
quale paesaggio?
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"LA MANUTENZIONE"
I luoghi di macerie
presumono disfatte
o scontri distruttivi.
=
In altri casi un ponte
screpolature crescono
e si sbriciola tutto
=
l'ammasso di detriti
e senza alcun costrutto
frana su corpi inermi
=
Senza manutenzione
tutte le guerre e i ponti
lasciano tracce simili
=
e seguono parole in dissolvenza.
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"QUANDO"
Il sole si lacera
per riscaldarci quando
lo guardiamo
e la terra s'apre
ad accoglierci grati
del suo volerci
si raccolgono fiori
cercando un po' di pace
quando l'inverno tace
e quando lo stesso sole
s'accumula per l'estate
senza lasciare rughe
ogni dolore cerca
nella pietra scavata
la sua via di fuga.
*
GIANFRANCO ISETTA

lunedì 5 maggio 2025

POESIA = ROCCO SALERNO


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"Non è passato invano il tuo sguardo"
(in memoria di Papa Francesco)
Non è passato invano il tuo sguardo
dalla loggia del Vaticano
e tra la Piazza
come quello di Giovanni Paolo
se i fedeli dell'Universo
per i quali ti sei speso
raccolti come nel Cenacolo
elevano preghiere per te
come vivide fiammelle
al cospetto del Padre Celeste
di cui sei stato l'emblema perfetto.
E anche chi ti ha crudelmente osteggiato
viene a renderti omaggio
perché sconfinata era la tua bontà
e mare la tua anima.
Non passerà invano il tuo sguardo
fino a quando la tua Parola
non avrà creato il Mondo
che tu sognavi senza ponti,
non sarà sorto l'arcobaleno
di una nuova esistenza.
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"Le tue parole"
(( in memoria di Papa Francesco)
Le tue parole erano colombe
che iridavano l'azzurro
il cielo oscurato di fumo
volavano su case sventrate
graffiavano l'anima
le mani elettrizzate
dei Potenti della Terra
di quanti hanno ignorato
il tuo messaggio
e ora vengono a chinarsi
sulla tua nuda bara
come la tua anima
incarnata nella bontà,
nella carità e nella pace
purtroppo sospirata
per l'impossibile viaggio a Gaza
che ti ossessionava.
=====
"Come una matrona"
(in memoria di Fulvia Di Sarra)
Ritorna scintillante
come il sole sull'arancio
di questa terra immortale
Il tuo irenico sorriso
in mezzo ai tuoi "figli"
in questa incipiente veglia pasquale
fra “tortani” e tradizioni
e il tuo sguardo
a infondere speranza
ai nostri gravidi anni
di perduta felicità.
In un mondo infiammato
solo da vane e perfide guerre
da sordide contraddizioni
a inasprire la gioiosa animosità.
E tu circonfusa di Luce
dalla nostra Rivista*, come eri solita dire,
per la quale fedelmente ti spendevi,
come una matrona
additi a noi, tuoi figli,
il valore delle piccole
semplici cose di una volta,
attraverso i tuoi immortali racconti,
quando il Castello era una fiera superba
e la chiesa un Tempio
ch'esalava come l'incenso fervide preghiere
come ai tempi di Gerusalemme
nell'attesa del "Risveglio"
e la parola come una voce angelica
si perdeva tra i vicoli dei quartieri
e della Giudea
e il profumo delle "manielle"
saliva anche al cielo.
* Confronto
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ROCCO SALERNO

venerdì 2 maggio 2025

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

Dal volume "Futili arpeggi"
"Nascondino"
Ho ingoiato le sbarre del sesso
per giocare ancora a nascondino
nelle fasce della memoria,
annodando piccoli lembi di speranza
tra la lingua ed il drappo scarlatto.
Detriti di una fiaccola le aspirazioni,
tutto scolorando nella parola esatta,
nel cerchio che ha dolcezza di una spina.
Berrò da quelle mani l’inganno variegato
in un giorno violaceo, quando intorno
racconterò la solita storia per andarmene
prima dell’importuno testimone
ANTONIO SPAGNUOLO
*
"A escondidas"
He tragado las barras del sexo
para jugar todavía a escondidas
entre las fajas de la memoria,
anudando pequeños ruedos de esperanza
entre la lengua y el lienzo escarlata.
Desechos de una antorcha las aspiraciones,
todo descolorándose en la palabra exacta,
en el círculo que tiene la dulzura de una espina.
Beberé de aquellas manos el engaño variable
en un día violáceo, cuando a mi alrededor
contaré la misma historia para irme
antes del inoportuno testigo.
*
Traduzione Francesca Lo Bue

giovedì 1 maggio 2025

SEGNALAZIONE VOLUMI = CLAUDIA MANUELA TURCO


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Claudia Manuela Turco: “Biancabrina e le sette Nine” – Ed. Macabor 2023 – pag. 180 - € 16,00
“Storia di eterno stuprore”, indica il sottotitolo, quasi a suggerire come e quando possiamo immergerci nelle sillabe, che con un ritmo serrato ed un accorto ricamo incidono nella pagina per raccontare e sorprendere ad ogni passo.
Una sosta nel grigiore quotidiano o un’effervescenza latente fra personaggi scintillanti, una confessione per gli anni interrotti da traumi o l’irruzione in un campetto di calcio, la voce di un paziente in attesa o il dogma opposto alla libertà interiore, una nube di schiuma bianca scintillante di fili d’argento o il dubbio penetrante per dimenticare il problema della verginità, sono soltanto alcuni dei cromatici interrogativi che la poetessa stende elegantemente sulla pagina bianca. Molti incisi possono sembrare concetti difficili da assimilare, ma la poesia per Claudia Manuela Turco rende onore alle numerose sfumature sapendo universalizzare una selezione tematica variegata e frastagliata, sia fra gli incontri di malinconia di sovente strappati alle ossessioni umane, sia nella esplosiva convinzione che l’armonia di ricerca è personalmente nascosta molto spesso nella cassaforte del nostro sub conscio.
“Cellule di isolamento, / cerniere sul corpo,/ cassetti nel ventre di Neraneve:/ la madre la umilia in pubblico,/ sostenendo che si vergogna/ delle proprie cicatrici./ L’attività fisica/ opposta alla vita intellettuale,/ il dogma opposto alla libertà interiore…”
Neraneve, Biancabrina, le sette Nine sono le figure che sostengono un lungo racconto, una “storia in bianconero” dice la poetessa, nella quale riusciamo a reincontrare sfumature di vicende, di accadimenti che sorprendono, materializzandosi come una magia. Brevissime favole, invitanti lampeggi, vividi fotogrammi che parlano con il ritmo serrato del verso, delle scansioni che formano variopinte armonie, sia nel sussurro delle frasi, sia nel fragore della parola.
Scrittura lineare, cucita sapientemente al disincanto e capace di inventare spazi nella combinazione della parabola e dell’immaginazione, dal tocco culturale che avvicina anche espressioni filosofiche.
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ANTONIO SPAGNUOLO