domenica 30 dicembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = CARLO CIPPARRONE

Carlo Cipparrone – "Il poeta è un clandestino" -Di Felice Edizioni – Martinsicuro (TE) – 2018 – pag. 125 - € 12,00
Carlo Cipparrone è nato nel 1934 a Cosenza dove è deceduto il 7 ottobbre 2018. È autore delle raccolte
poetiche Le oscure radici, L’ignoranza e altri versi e Strategie dell’assedio, da cui
sono stati tratti i due volumetti antologici bilingui Il tempo successivo e Specchio degli
sguardi, pubblicati rispettivamente a Varsavia e New York. È stato tra i fondatori della
rivista di poesia Capoverso.
Il poeta è un clandestino, il libro di poesia del Nostro che prendiamo in
considerazione in questa sede, presenta un’articolata struttura architettonica ed è
scandito in svariate sezioni, parti che seguono una premessa dell’autore e due
componimenti programmatici in corsivo.
Esiste chiarezza negli intenti di Cipparrone nel definire il poeta come un
clandestino perché con questa denominazione l’autore mette in rilievo l’essenza di
irregolare del poeta stesso.
Infatti in un mondo dominato dal consumismo nel quale l’aspetto esteriore delle
cose prevale sulla loro sostanza, come già stigmatizzato da Erich Fromm nel saggio
Avere o essere, che risale agli anni ottanta del Novecento, il poeta che, come afferma
Hermann Hesse, raggiunge la felicità più attraverso la bellezza e lo stupore che tramite
la ricchezza, è una persona che esce fuori dai canoni del mondo del materialismo, pur,
ovviamente, rimanendo nella società con ruoli che gli permettono un sostentamento.
E sono oggi moltissimi i poeti in Italia e in tutti i continenti per controtendenza
in un panorama nel quale si moltiplicano blog e siti di poesia, premi e piccoli editori
coraggiosi.
Quanto suddetto deriva dalla difficoltà dell’uomo contemporaneo nel
comunicare, dalla solitudine che l’essere umano spesso prova pur stando in compagnia
di altre persone.
Il discorso si collega all’etimo stesso della creatività che è in se stessa pensiero
divergente e la poesia stessa, come si accennava, esce dal coro del dominio delle
televisioni e della banalità, nonché dalla volgarità che è spesso quella della ricchezza
vista come valore fondante.
Cifra essenziale della poetica di Carlo è quella di una forte vena intellettualistica
che si esplica in tessuti linguistici sottesi a una certa chiarezza dei dettati venati da
un’ironia spesso amara e il tono dei componimenti è spesso narrativo e affabulante.
La raccolta è scandita nelle seguenti sezioni: Le parole non bastano, Il disordine
delle parole, Le parole non cadono dall’alto, Poesie sulla poesia di questi anni,
Invettive (contro gli altri e contro sé stesso) e La comune strada.
Come si può intuire anche dai titoli delle sezioni qui il poeta si ripiega su se
stesso in questa raccolta che diviene un libro di poesia in cui sono protagonisti la poesia
e il suo mondo nelle sue sfaccettature.
Particolarmente alto e bello il componimento Amore nascosto nel cui incipit il
poeta afferma che nonostante la sua età matura ha ancora voglia di scrivere come i
giovani di fare l’amore.
Qui la poesia diviene oggetto dell’amore e viene vissuta simbolicamente come
una donna con cui congiungersi con un erotismo elegante e forte e a questo proposito
viene in mente Il piacere del testo, il saggio molto noto.
Un libro nel libro quello di Cipparrone che in modo antilirico e antiretorico punta
la sua cinepresa sul pianeta poesia tout-court in tutte le sue manifestazioni come
fenomeno.
Raffaele Piazza

giovedì 27 dicembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIORGIO MONTANARI

Giorgio Montanari : "Finzioni di poesia" – Bertoni editore – 2018 – pagg.78 - € 12,00 –
Molto spesso la poesia affonda cautamente nel gioco aristocratico della parola sussurrata; con garbo e con la sospensione dell’attesa riesce a sorprendere in alcune esitazioni o nella fantasia di una immagine improvvisa e colorata. Ecco che un incontro fortuito di due ex amanti si conclude, all’interno dell’ascensore che li accoglie per caso, con l’abbraccio voluttuoso dei due , schiantati improvvisamente al suolo per il crollo della cabina. Una combinazione? Un simpatico suggerimento a diffidare della fortuna? Il poeta adagia la sua parola legandola a tempi diversi , tra il quotidiano che incide palesemente negli atti del singolo e la vertigine delle illusioni che attanagliano nella evocazione , tra il sopraggiungere dei ricordi e la illuminazione delle immagini proiettate nel muro.
“Come un lume nella notte/ che allieta la mia stanza/ sto pensando a quelle volte/ in cui volavo con la mente./ Ora ho le ali stanche/ perché non sono più bambino/ ed il mondo degli adulti/ segna adesso il mio destino./ Osservo, oggi e ieri,/ la mia vita , il mio passato/ fra progetti/ e pensieri./ La mia infanzia torna viva / dallo scrigno dei ricordi.” Quasi come una ballata il verso saltella ancora una volta nel momento originale della musicalità, anche se legato alla semplice vocalità. Le pagine scivolano nelle esperienze del cammino, nel percorso che diventa ondulante o musicale tra una fonte dell’ascolto e la elaborazione del racconto. Nella “tavolozza dei pensieri/ cerco l’espressione di gesti veri./ Divido il respiro con questa stanza…” e distilla parole ben calcolate ed incisive , tra i dettati del sobbalzo ed il trasporto della sospensione.
Improvviso, qualche passo di impasto filosofico lascia il poeta stordito dal dubbio , in cerca di una illuminazione che possa illudere per l’interrogativo più umano che esiste: “Cosa ci aspetta dopo la fine?”- Ma “gli istanti sono gocce di un temporale nella penombra di una stanza” e difficilmente ci propongono l’astrazione del metafisico .
Scrittura di impronta particolare , ove l’istinto alla recitazione si amplifica nel segno e nella metafora multicolore.
ANTONIO SPAGNUOLO -

mercoledì 26 dicembre 2018

POESIA = RAFFAELE PIAZZA


"Attimo di Alessia"
Tra prima e dopo per Alessia
la feritoia dell’attimo dove
sta infinitamente Alessia.
L’attimo è un barlume, una
luce, il freddo a entrare dalla
pelle di Alessia ragazza e all’anima
giungere di 18 grammi.
Così si ferma della vita di Alessia
il tempo e il sorriso si fa volto
nell’interanimarsi Alessia
con la natura buona delle piante
da rinominare, i cieli della sera
e il mare da solcare con la zattera
a salvarla ragazza Alessia
fino al porto giungere.
*

"Alessia e il 2019"

Anno nuovo vita nuova
per Alessia nell’emergere
dal sonno del bel sogno
(corsa felice scalza nel prato
giocando alla California).
E lungo dei lampioni la scia
che costeggia il Mediterraneo
sul cui bordo ha acceso
Alessia una candela
la favola prosegue
se non è nuotando esistere
oltre del tempo i confini
a stellare Alessia fino alla
visione della chiostra
dei monti azzurrina
dove accade la storia
illuminata dalla luna.
*

"Alessia e il giorno soleggiato"

Aria d’inverno per ragazza Alessia
a spargere nel condominiale
giardino la fragola fino alla portineria
dove rise Alessia come una donna
quando Lorenzo il portinaio
le dà di Giovanni la lettera dagli USA.
Giorno soleggiato e mattinale diafano
cielo, azzurrità così intensa da turbare
l’anima del grado del celestino e fresca.
Attimo di silenzio per Alessia
con gli strumenti umani che sono
le mani ed il computer.
*

"Linea di poesia delle tue fragole"

Una linea di poesia mi chiedevi, un chiaro
incontro oltre la chiave della nebbia,
si apriva e continuava e stava nel freddo polare
di igloo casa la giornata sottesa ai tuoi panni
lasciati in una telefonata marina nell’azzurro
subacqueo dei secoli dietro di noi e domani come giorno:
se avevamo fame tu sfamavi di parole la mia voce
con i salici dell’ironia, io ragazzo appoggiato alla tua
sigaretta donata nella bellezza della gola in un bel luogo
di liquido prato.
*
Raffaele Piazza

POESIA = LUIGI BALOCCHI

"Fabula"
Qualcosa che mi emozioni.
Che su questa faccia scarna
ponga un petalo di rosa.
In verità, anima mia,
ti son sempre rimasto accanto.
Ad ascoltarti. Amarti
per quel che d’amore riesco.
Io povero teatrante,
non posso che tenerti qui.
Qui, dove il dramma si risolve
in una battuta, un bacio
improvviso. Per un attimo
solo, un tonfo, l'incanto.
*
"Solo"
La felicità, forse, mentre solo
sulla riva mi avvolgo
di nubi e radici, stringimi forte,
tu guardami andare,
mentre una nave sull’erba mi sfiora,
un passero muore,
io quel bambino che si è perso
sulla giostra, all’orco
ha sorriso. E non piango, non rido,
acrobata stanco
mi volgo alla terra, al volo di un passero
morto, il sorriso di una donna,
la pioggia, il cortile,
vita che passi, mi sfiori, non vedi.
*

"Franzi Lying"
Per non vedermi vecchio,
me ne sono andato via.
Perché la giovinezza sei tu
che mi aspettavi al lume
dell’incerto. Spogliati
ancora. Ti canterò il frullo
dell’estate morta. Fallo
in ricordo, insieme sepolti.
*
LUIGI BALOCCHI -
*
Luigi Balocchi nasce il 30 Giugno 1962 a Mortara. nel 2007, ha pubblicato per Meridiano Zero -Il Diavolo Custode-, romanzo sulla vita e le gesta del bandito Sante Pollastro. Nel 2010, ha pubblicato con Mursia il romanzo -Un cattivo Maestro-. Per la GoWare, rispettivamente nel 2014 e nel 2018, pubblica - Il Morso del Lupo - e - Cuore Impiccato -.- Atti di devozione -, sua raccolta poetica, è stata pubblicata da - Puntoacapo
editrice -. E’ collaboratore della rivista letteraria Niederngasse e del Blog - La bella Poesia -

martedì 25 dicembre 2018

POESIA = MARCO ROMANO

CASA SANT’AGNESE (2007-2016)

Non mi rimordera’ la coscienza
se non riuscirò ad andare fin lassu’
per l’ultimo ed estremo saluto.
Vederla vuota spenta senza vita
acuirebbe soltanto la ferita.
Di svariati e colorati ricordi
l’assidua estiva presenza
ha colmato così le mie tasche
che posso estrarli uno alla volta
a piacimento, magari per farne materia
del mio primo poemetto.
Ma bisogna dare tempo al tempo
ora non è decisamente il momento
mi duole ancora qualcosa dentro.
*
Ascona 11 agosto 2017
MARCO ROMANO

POESIA = LUCIANO TROISIO

STARGATE
Accumulati sufficienti cigolii
registrate porte
lontane
cancelletti metallici
di orti muschiati
deserti
collezioni ormai
solo mentali
poco alienabili
titoli stabili
garantiti
alla foce.
Alla bimba
taccio il responso
lo fornisco addobbato
in silenzioso decoro
infine deciso
a saltare
oltre la soglia stellare.
*
LUCIANO TROISIO (1938 - 2018)

lunedì 24 dicembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO

Antonio Spagnuolo – "Attese"--Portofranco – Taranto – 1994 – pag. 47 - s.i.p.
Antonio Spagnuolo è nato nel 1931 a Napoli dove vive. Poeta e saggista, è stato redattore
negli anni 1957 – 1959 della rivista “Realtà”, diretta da Lionello Fiumi e Aldo Capasso,
ha fondato e diretto negli anni 1959 – 1961 il mensile di lettere e arti “Prospettive
letterarie”. Condirettore della rivista “Iride”, fondatore e condirettore della rassegna
“Prospettive culturali”, ha fatto parte della redazione del periodico “Oltranza”.- Ha
pubblicato numerosissime raccolte di poesia, per le quali ha riportato diversi prestigiosi
premi, e varie opere in prosa. Ha curato alcune antologie ed è presente in numerose
mostre di poesia visiva nazionali e internazionali. Collabora a periodici e riviste di varia
cultura. Attualmente dirige la collana “le parole della Sybilla” per Kairòs editore e la
rassegna “poetrydream” in internet (http://antonio-spagnuolo-poetry.blogspot.com).
Tradotto in francese, inglese, greco moderno,iugoslavo, spagnolo.
Della sua poesia hanno scritto numerosi autori tra i quali A. Asor Rosa nel suo “Dizionario
della letteratura italiana del novecento” e nella “Letteratura italiana” (Einaudi).
"Attese", il libro di Spagnulo che prendiamo in considerazione in questa sede, è
stato edito nel 1994 e il riferimento a questa data è il punto di partenza nel prendere in
esame il poiein di Antonio nel corso del tempo, la sua poetica che ha attraversato varie
e diversificate stagioni nella lunghissima militanza del Nostro come poeta nel
panorama letterario italiano e internazionale.
In generale si può affermare che la cifra del discorso di Spagnuolo, che
inizialmente era improntata ad una forte dose di elementi anarchici ed anche tout-court
alogici, che si configuravano attraverso preziosi sperimentalismi sempre originali, è
andata gradualmente verso il risultato di una maggiore chiarezza dei dettati sempre
altissimi e luminosi.
Costante è rimasto il tu al quale il poeta si rivolge con parole pronunciate con
urgenza, un’interlocutrice femminile forte.
Tutte le fasi creative improntate sempre ad un rigorosissimo controllo dello stile
e della forma hanno per comune denominatore che le sottende l’inesauribile e
inconfondibile voce dell’autore che è unica sempre in ogni caso nel suo creare metafore
fulminanti con accensioni e spegnimenti spesso memorabili.
L’icasticità che connota i dettati scattanti e armoniosi è una costante nel discorso
portato avanti dal nostro insieme ad un innegabile intellettualismo nei versi che porta
ad effetti stranianti e ad una forte dose d’ipersegno.
Attese, suddiviso in trenta poesie numerate e senza titolo, potrebbe essere letto
come un poemetto e qui lo stile di Spagnuolo è diverso da quello della sua copiosa
produzione recente.
Infatti in Attese le immagini sembrano affiorare da un inconscio armonizzato che
crea atmosfere di una forte tensione emotiva pur nella coerenza della consequenzialità
dei versi che sgorgano spesso gli uni dagli altri giocati con efficaci tastiere analogiche.
L’erotismo pare essere uno dei temi dominanti in Attese e in un verso molto
efficace il poeta afferma: il terrore è me stesso; poi aggiunge in quel frangente di essere
sperduto tra la bocca e il ventre dell’amata e di avere perso il suo segreto.
La musa di Spagnuolo è quindi fondante nella sua ricerca, figura salvifica alla
quale aggrapparsi e il poeta pare sentire che sarà contraccambiato in amore, che potrà
sempre contare sulla complicità della compagna.
*
Raffaele Piazza

giovedì 20 dicembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = IVANO MUGNAINI

Ivano Mugnaini : “La creata indocile” – Ed. Oèdipus – 2018 – pagg. 104 - € 12,00
“Il labirinto lasciato alle spalle…la strada, impassibile, percorsa a memoria” scrive il poeta verso la fine di questo elegante e sobrio volume di poesie , con prefazione di Elio Pecora e nota di lettura di Ivan Fedeli, quasi a concludere un suo percorso immaginario che si realizza tra visioni e metafore , illuminazioni e vertigini , silenzi e sussurri . Un furtivo sguardo agli imprevisti della quotidianità ed una attenta sospensione tra le urgenze e la consapevolezza dell’esserci. Il plasmare la creta è il segno luminoso che evapora quotidianamente dal tocco del poeta , un raggio che ripete semplicemente i limiti meravigliosi dell’accoglienza tra la parola e una vibrazione , tra l’offerta ed il recupero, tra le incisioni ed il colore . Il nostro dire a volte si spoglia della realtà per immergersi nell’illusione , o per rielaborare con la fantasia, sempre accesa, la memoria di eventi e sogni, gelosamente riparati nelle circonvoluzioni vertebrali, ed il ritmo del verso immediatamente si immerge nella musica che appartiene all’empireo per diventare tremore . Ivano riesce con arguzia e con spiccato senso di compiutezza a definire i rapporti delicati tra riflesso e percezione , tra entità semantiche e tensione simbolica, ricucendo a suo modo frammenti di spazio-tempo o sussulti “impermeabili” . La sua esperienza si realizza nella visione policromatica del mondo attuale, ove tutto muta inesorabilmente e velocemente , dalla realtà politica al torpore sociale , dal potere di acquisto alla cadenza del mistero. Cerca di svelare gli accadimenti con la curiosità del viandante , e a tratti apri il colloquio con figure che affiorano nelle ombre . Si accosta alle ore e … “Finalmente ritrovo la poesia. / Come antica compagna mi chiede:/ Come sei oggi? e pretende una foto,/ ed io la ignoro, lei che mi ha salvato,/ nutrendomi, nascondendomi, uccidendomi/ della sola vita che mi è concesso/ respirare…”
ANTONIO SPAGNUOLO -

SEGNALAZIONE VOLUMI = LILIANA UGOLINI

Liliana Ugolini – Marionetteemiti--- Esuvia Edizioni – Firenze – 2018 – pag. 63 - € 12,00

Liliana Ugolini è nata a Firenze nel 1934 dove vive e lavora.
Per 16 anni ha condotto per Pianeta Poesia la poesia performativa e multimediale promuovendo la conoscenza di questa particolare modalità del linguaggio poetico documentato in tre libri editi teatrali andati ripetutamente in scena e moltissime performances.
Ha realizzato il teatro da camera di poesia e opere in versi e musica collaborando con attori, musicisti e performers.
Fa parte dell’Archivio Voce dei Poeti e del Gruppo performativo Cerimonie crudeli per Multimedia91.
Ha pubblicato 19 libri di poesia, 5 in prosa e 4 di teatro. Da questi sono stati prodotti 12 spettacoli teatrali andati ripetutamente in scena e moltissime performances.
"Marionetteemiti" è una raccolta di poesia non scandita che presenta una prefazione ricca di acribia a firma di Stefano Lanuzza intitolata La “Poesia scenica” di Liliana Ugolini ed un’acuta postfazione di Gianni Marrani dal titolo Nell’abitazione dell’autrice per una messa in scena di "Marionetteemiti".
Nel testo sono inclusi lo scritto di Rosanna Gentili Maschere e stanze e riproduzioni di collages di Liliana Ugolini.
La raccolta si apre con una poesia senza titolo che è preceduta da una citazione da Guido Ceronetti.
Il suddetto componimento ha un carattere programmatico: in esso nell’incipit la poetessa afferma che l’anima burattina la squarcia dentro al flagello delle dita.
Una commistione di fisico e spirituale è dunque quello che la Ugolini ci dice con urgenza in questi scabri versi che si riferiscono all’io – poetante ma anche a ogni persona sotto specie umana per dirla con Mario Luzi.
La poeta qui si definisce figlia del filo e si augura che il suo burattinaio non l’attiri prima dell’epilogo.
Da notare che al burattinaio stesso la poetessa si riferisce definendolo Lui e qui la maiuscola potrebbe farci credere che Liliana Ugolini l’intenda come un’entità superiore forse Dio stesso.
In ogni caso anche nell’intrigante frammento di Ceronetti viene affermato che siamo marionette ma dobbiamo disperatamente fingere di non esserlo o come uomini siamo perduti; il poeta a questo aggiunge il concetto consistente nel fatto che essendo occulto il filo si può sempre scommettere che non ci sia e fondare su questo punto la libertà individuale.
Una poetica intellettualistica che ha per cifra essenziale una teatralizzazione della vita, quella messa in scena (è il caso di dirlo) da Liliana e non può non venire in mente a questo proposito il tema del libero arbitrio che si connette a quello del bene e del male.
La scrittura è del tutto antilirica e anti elegiaca, essenziale, a tratti oscura nella sua forte icasticità.
I versi a volte sfiorano l’anarchico e l’io – poetante è molto autocentrato e l’impianto generale può divenire sceneggiatura per una messa in scena.
Notevoli ed evocativi i collages dell’autrice che bene si amalgamano con il tessuto linguistico per cui si potrebbe parlare di ipertesto nell’interagire di teatro, poesia e arti figurative.
*
Raffaele Piazza

mercoledì 19 dicembre 2018

POESIA =IDA DI IANNI

( I )
Addosso polvere di passato e ferite
aperte al fondo dei pensieri.
Croste di esistenza sulla pelle
nel calpestio sordo dei giorni.
Tormento il cielo,
invento ogni ora,
sorriso mio del tempo,
crudele finzione.

(II)
Fondersi profondersi diffondersi
nel mattino che avanza
passi mossi tra umori sbiaditi al sole,
trame ordite nel tempo
che allunga accorcia le attese,
ci parla nelle ore
gocciole di tutto o di niente,
che bruciano spengono lo sguardo.
La misura l'istante,
labirintica circolarità
di una con-giun-zione dis-giun-tiva.

(III)
TU - Un grido dilaniato
arriva al cuore
preciso, compatto, immediato,
come un dolore che c’è ed è reale,
come la tua vita che si sublima senza amore
come me che adesso vivo nel tuo cuore.
IO - Sono Terra e Cielo,
incantatrice di stelle,
mi spargo come sabbia
perché arrivi il vento,
un po' persa ora nel mondo.


(IV)
Quale la spinta al sogno,
il moto all’andare.
Cosa nella sera accesa e spenta
in un lampo.
Quare id faciam, requiris. Nescio.
Stelle di polvere
e braccia a reggere il cielo.
Excrucior.

IDA DI IANNI
*
IDA DI IANNI è docente, direttore editoriale della Volturnia Edizioni (casa editrice molisana), scrittrice e critico letterario. Ha dato sinora alle stampe dieci raccolte di poesie e un numero assai elevato di altri scritti da sola e in collaborazione (antologie, guide, pubblicazioni a carattere storico, un dizionario in lingua vernacolare, prefazioni, relazioni, recensioni). Presidente e giurata di premi di poesia e narrativa, è stata tradotta in spagnolo e in armeno. Attiva operatrice in campo sia letterario sia associazionistico.

martedì 18 dicembre 2018

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Mare tinto di rosa per Alessia"

Mare tinto di rosa per Alessia
per fiorevole gioco di tramonto
per ragazza Alessia a specchiarsi
nel colore a scendere nell’anima
di ragazza Alessia dalle porte
degli occhi a contemplarlo
e sta infinitamente Alessia
di Natale il giorno al balcone –
visore prima delle stelle e luna
ostia di platino. Oltre del tempo
la siepe nell’interanimarsi con
l’aria polita e fredda. L’ostacolo
lo salta del cavallo il bianco.
Verginità dell’anima di Alessia
aspettandolo per l’innocenza
dell’amore.
*

"Alessia e lo specchio"

Come acque di lago
specchio frontale per
Alessia nello spogliatoio
dell’anima dopo
aver nuotato nella conca
di piscina.
Il volto ovale di madonna
barocca, il grano
dei capelli, l’azzurro
degli occhi di ragazza.
Alessia nel pensare
al sogno più dolce
(l’angelo le diceva
Giovanni non ti lascia).
Si fa una doccia Alessia,
rinasce da altre acque
nel brivido serale.
Esce dal Circolo Sportivo,
entra nel nero
dell’auto di Giovanni.
*
Raffaele Piazza

SEGNALAZIONE VOLUMI = LEOPOLDO ATTOLICO -

Leopoldo Attolico : “Si fa per dire” (tutte le poesie 1964-2016)—Ed. Marco Saya – 2018 – pagg. 584 - € 25,00 –
La raccolta è un brillante rimando ai volumi che l’autore ha pubblicato da “Piccolo spacciatore” del 1987 a “Inediti” del 2016 , letti con la passione che soltanto la poesia riesce a fortificare nell’animo di chi sogna e sorride , illude e ricorda , sommessamente sussurra e ricama.
Il messaggio drammatico/gioioso che pervade tutta la produzione di Leopoldo Attolico qui viene svelato pagina dopo pagina , dall’epigramma snocciolato con acume al passo costantemente autobiografico , dalla domanda scanzonata alla risposta arditamente utopica, dalla strategia sublimata al ritratto strategico.
Il ritmo intraprendente è un saluto al vento , un colore che si stacca dal tramonto , uno straniamento che affonda nel sogno , un dissolversi involontario delle occasioni ,un galoppo surreale dal risveglio . Coraggiosamente la parola non ha mezzi termini e la voce si propone nella centrifugazione del gesto , quasi ad invitare alla destrezza di uno scambio fra l’immaginazione e la realtà , un rincorrere la quotidianità senza troppo immergersi nel dubbio. I personaggi hanno un volto , ma sono quasi sempre dipinti con il pennello delicato e morbido , per non cadere nel volgare , così come gli spazi , raffinati e vasti , tentano di accogliere il gioco di una nota morale , sempre accennata con salda perizia. Un bilancio barocco incide tra il simbolo e il disincanto in una atmosfera colloquiale che accompagna candidamente la limpida elegia , il tratto malinconico , la canzone , il movimento dissonante.
ANTONIO SPAGNUOLO

domenica 16 dicembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = RAFFAELE URRARO

Raffaele Urraro – "Anche di un filo d’erba io conosco il suono"--Loffredo – Napoli – 2018 - pag. 63 - € 15,00

Raffaele Urraro è nato nel 1940 a San Giuseppe Vesuviano dove tuttora vive e opera.Ha pubblicato opere di poesia, saggistica, cultura popolare e studi latini. Collabora come redattore alla rivista di letteratura e arte “Secondo Tempo”.
"Anche di un filo d’erba io conosco il suono", la raccolta che prendiamo in considerazione in questa sede, è costituita da quarantasei poesie numerate tutte senza titolo.
Per la sua unitarietà stilistica, formale, tematica e contenutistica l’opera potrebbe essere considerata un poemetto.
Protagonista della silloge pare essere la parola stessa, intesa come genere e categoria e lo stesso termine parola non a caso viene detto con urgenza in molti dei componimenti del testo.
Procedimento interessante quello suddetto e Urraro è del tutto conscio delle sue intenzioni, del suo voler riflettere sulla parola stessa nel suo essere pronunciata per dare senso e fondamento all’esistenza.
Da lì partono le immagini composite e rarefatte che il Nostro ci offre.
Interessante l’incipit della raccolta che ha sicuramente un tono programmatico: - “/le mie parole sono un suono/ impalpabile come il velo di un’ombra/- un altro passo ed è il nulla-/ in dissolvenza discrepate e frante”//…
E qui entra in scena la sonorità della quale si accenna anche nel titolo del volume perché le parole producono suono e sembrano nel loro presentarsi all’ascolto come alla lettura come essenze che sporgono dal nulla, al quale fa riferimento l’autore, in dissolvenza e scisse tra loro.
Qui il nulla potrebbe essere inteso come il silenzio, lo stato di quiete dal quale scaturisce anche la musica se è incontrovertibilmente vero che le arti sono tra loro sorelle e non a caso anche nell’analisi testuale della poesia si parla di ritmo e musicalità, che sono fondanti per l’ordine del discorso.
Tutti i componimenti iniziano con la lettera minuscola e questo elemento ne accresce il senso forte di magia e mistero come se provenissero da un altrove forse costituito da altri versi, letti, detti o ascoltati che siano.
Cifra fondamentale della poetica di Raffaele Urraro espressa in questo libro pare essere una vena neo lirica in commistione con una vena speculativa che sfiora l’intellettualismo nel riflettere sul mistero della vita e della morte per loro essenza sempre intrecciate tra loro.
Notevole la densità metaforica e sinestesica che s’incontra in un poiein nel quale lo sfondo è quello di una natura rarefatta che si evidenzia quando il poeta come un rabdomante o uno sciamano afferma di conoscere il suono anche di un filo d’erba.
E sarebbe bello se l’erba potesse emettere suoni e a questo punto viene in mente Ponge nel suo affermare che sarebbe bello se l’albero potesse parlare.
Un dettato chiaro e luminoso connota i versi di Urraro nella loro sinuosità intrinseca nel loro procedere in lunga e ininterrotta sequenza anche attraverso le strofe che potrebbero essere considerate delle battute musicali.
Poesia a volte gridata ma sempre perfettamente controllata nella sua vaga bellezza.
*
Raffaele Piazza

giovedì 13 dicembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = UGO PISCOPO

Ugo Piscopo : “ Crepitii Epilli” – Ed. Oèdipus – 2018 – pagg.94 - € 12,50 -
In una raffinata veste tipografica, è in vetrina l’ultima raccolta di poesie di Ugo Piscopo, con prefazione di Vincenzo Guarracino e postfazione di Stefano Verdino. Un volume che va letto con grande attenzione perché traccia un percorso che sembra il segno stesso della scrittura , quella che pochi autori contemporanei riescono a ricamare padroni e fautori di un bagaglio culturale ricco e luminoso. Spesso questi "componimenti" nascono dalla fascinazione derivante da luoghi, oppure da letture o ancora da incontri ed esperienze personali, da visioni oniriche polimerizzate in gemme, alla quale si aggiunge l'idea che srotolando la parola possa germogliare un sussurro filosofico con la diversa manifestazione dell’attimo , di un dischiudersi al ciclo degli sguardi e delle ombre , e di un percorso non necessariamente prestabilito, ma comunque ordinato e coerente e sempre foriero di scoperte o di sorprese.
Ugo Piscopo è uno dei referenti più complessi e articolati della civiltà letteraria del nostro tempo, saldo com’è nella nominazione e nella passione del segno vigoroso della poesia e della critica. Per lui, la letteratura è un processo in atto, in continua tensione e svolgimento, in cui magmaticamente e per canali sotterranei si intrecciano e interagiscono prosa e poesia, come testimonia la sua ampia produzione di saggistica, narrativa, lirica, testi teatrali, traduzioni, collaborazioni a enciclopedie e a quotidiani, fondamentalmente poggiata su rigorose griglie teoriche e critiche mirate per gran parte allo scandaglio e alla contattazione non acritica della modernità. Con lui si naviga senza timore tra la complicità musicale dell’ascolto e le euritmie delle armonie , proiettate sempre nella interezza dell’indagine.
Come poeta egli ha dato alle stampe sillogi apprezzate da studiosi e poeti prestigiosi, in Italia e all’estero. La sua produzione ha questo di singolare: dall’inizio a oggi, si è sempre connotata per una saggia misura di ricezione e di dialogo col passato e col presente in maniera cordialmente collaborativa a mettere in luce l’attualità onnitemporale della vita: l’oggi è il presente del tempo in cui respiriamo, ma è anche lo specchio di quello che è stato e, simultaneamente, è il riflesso di quello che sarà ciò che noi chiamiamo futuro.
La poesia, anche se ignorata da molti, continua strenuamente a rimanere caposaldo del divenire linguistico e del pensiero evolutivo , nel tentativo di dire ciò che ad altri ancora non è ben chiaro, e nel tentativo di suggerire qualche passo innovativo che volga al ripristino dei valori morali, spirituali , etici, politici.
Il gioco di queste pagine continua a procedere per incastri di frasi e stupori , per schemi incisi con sobbalzi e crepitazioni , quasi a coinvolgere il lettore per inventari che si abbandonano alla vertigine della parola , per confrontare e centellinare , per assaporare e suggestionare , in un collage ininterrotto che apre progetti e sussurra illusioni. Il molteplice intreccio di memorie e di visioni , di rincorse e di assenze è “visus angolo piatto/ piede brezza di terra soffio lieve il suo passo/ su lamponi e melisse su farfaracci e code cavalline/ raso terra seguita a freccia da un cane nero/ la madre di ogni altro canide di funebre avviso segnato/ dal fiuto sagace di orme e remoti ormeggi di aromi…”
Nella raccolta, intanto, si aprono varchi ad una situazione nuova, suggeritrice di albalità di una nuova era, germinante dalla cultura del passato ma, insieme, travolgentemente proiettata verso nuovi cicli e rifondazioni linguistiche. Ed è qui che il poeta spinge la sua mimesi, a testimoniare in full immersion dall’interno questo processo palingenetico, quest’attesa di alterità.
L’armonia del disegno ha di prepotenza lo spazio dell’avventura, con improvvisi accattivanti messaggi, ammiccanti a legami di complessa metaforicità , in sintonia con abbrivi propositivi del pensiero tutto avvolto alla tensione del simbolo offerto nelle allitterazioni , nelle metafore, nelle iperboli , nelle figure retoriche , nella incisione dell’interrogativo.
ANTONIO SPAGNUOLO

martedì 11 dicembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = LORIS MARIA MARCHETTI

Loris Maria Marchetti – Le ire inferme-- Edizioni dell’Orso – Alessandria – 2018 – pag. 83 - € 15,00

Loris Maria Marchetti (Villafranca Sabaudia 1945) ha all’attivo una ventina di opere poetiche, spesso premiate, due volumi di racconti, un romanzo breve e alcune raccolte di elzeviri e prose varie. Ha curato l’edizione di opere di Pascoli (Marietti, 1976), di Nievo (Utet, 2006) e (con traduzione e commento) di una scelta del Musicae Compendium di Decartes (in Opere filosofiche, I, Utet, 1994). Collaboratore di “Lettere Italiane”, “Nuova Antologia”, “Sigma”, “Prometeo”, “L’altra Europa”, “Lunarionuovo”, “Margo”, “Schema”, “Astolfo”, “La clessidra”, “Issimo”, “Rassegna Musicale Curci”, “L’Umanità”, “Il nostro tempo”, ecc.
"Le ire inferme", la raccolta di poesie di Loris Maria Marchetti che prendiamo in considerazione in questa sede, trae il suo titolo da alcuni versi di Leopardi citati dall’autore, nei quali vengono dette, appunto, le ire inferme :…/Almen si dia/ questa misera guerra/ e questo vano campo all’ire inferme/ del mondo/.…
Dai versi suddetti si evince una vena pessimistica del poeta, nel suo rifarsi al recanatese nel condividere con lui il pensiero che le inutili e misere guerre si debbano consegnare alle ire del mondo.
Se ira significa odio causato da acceso risentimento, le ire inferme si possono intendere come forze del male se il mondo (soprattutto nella concezione cristiana giovannea) è cattivo.
L’ira stessa, per altri versi, potrebbe essere vista come la rabbia del poeta nello scrivere i suoi versi che tuttavia lo aiutano a ritrovare il bandolo per una vita più umana, un abitare poeticamente la terra.
Si passa così da una fase inconscia nella mente dell’artista disordinata e dilaniata dal male di vivere di montaliana memoria, ad una fase creativa e produttiva sempre che il poeta, come nel caso di Marchetti, riesca a sublimare il dolore che diviene arte sempre a patto che non ci gema addosso.
E Loris Maria questo la sa bene e di raccolta in raccolta, toccando le più variegate tematiche, raggiunge esiti sempre alti con componimenti formalmente e stilisticamente eleganti, sottesi alla grande intelligenza.
Non manca drammaticità nella poetica, nel poiein del nostro nel suo interrogarsi sul vero senso della vita che sotto specie umana è sempre breve e travagliata.
Tuttavia l’arma della poesia stessa diviene catartica e dalle guerre suddette si può passare alla pace, magari non collettivamente o storicamente, ma per l’animo del poeta se anche lo stesso Leopardi trovava felicità nello scrivere composizioni poetiche sempre altissime perché consapevolmente rigeneranti per il suo spirito travagliato ed infelice.
La raccolta è densa e articolata architettonicamente nelle sue scansioni e chiarezza, nitore, luminosità, leggerezza e icasticità si ritrovano nei versi sempre ben cesellati e raffinati.
Il tema della memoria vista come un tarlo è presente nel libro ma la stessa memoria, se non è vana nostalgia, può divenire utile riattualizzazione e può aiutare il presente se il tempo si ferma nell’attimo heideggeriano.
*
Raffaele Piazza

lunedì 10 dicembre 2018

POESIA = PASQUALE BALESTRIERE

DOMANDA, D’ESTATE

Quando saremo nomi
e nient’altro, e del sangue
che insorge nelle vene
insieme a questo sole
si sarà spenta l’eco,
quando sarà per sempre
morta la primavera
e del nostro passaggio
nella vita avrà fatto
giustizia un fiero vento,
non sarà dolce all’anima vagante
la pietà d’un ricordo?
Qui intanto si consuma
l’estate e i falchi lanciano
al cielo mille sfide
di gridi e voli.
*
A L B A

Àlbica, il giorno pecora s’avvita
appena nato al primo
clacson di bus, a gorgogli di suoni,
a fiati di caffè,
a soffi di fonemi. Incarnazioni
umane, cifre cangianti del tempo
e caduche s’affrottano, diffusa
plebe fortuita, al rombo di corriere,
alla viltà dell’ovvio caldo e certo.
Ma l’infula dei monti
verderobusta a noi dispiega sogni,
ci guida all’attentato d’ogni iperbole
fanatica volgare di consumi,
c’invita al lauto pranzo d’erba, ai vivi
affetti, al dolce cato, all’avventura.
Così tra segni d’ignavia vivremo
e impeti di cuore ove s’addensa
questo mesto lucore.
(Anche il sole canuto ci riporta
Elena diademata,
madre di battaglie, a danno di Troia.)
*
EPISTOLA PRIMA

(Lettera alla sorella)
Dal medesimo grembo al sole sorti
fummo dannati a vivere lontani,
sorella grande, noi che affascinammo,
fanciulli, lune e legna e sogni e tronchi
per la nera cucina o per la breve
stagione di speranze. E quanto odiammo
gli agricoli lavori e della vite
corimbi e foglie per via del solfato
da spargere puntuale , e soprattutto
gramigne e logli, infesti e laboriosi.
Oggi invece mi è sposa
la terra che al mio abbraccio già si scioglie
in voli di filari e per le viti
mi genera il suo frutto.
Per questo con le mani
arronciglio carezze, con la zappa
d’argento ne sfioro la pelle, il fiato
ne bevo, colono caduco. E al miele
languido dell’alba mi levo. Invece
tu, sorella, persisti in disamare
e campi e viti. A me il padre trasmise
con chiuso pianto eredità di terra.
*
EPPURE

basta talvolta uno sfaglio di luce
per svelare allo specchio un’impensata
cifra di rughe, per indurre a somme,
per indagar mastrini, entrate e uscite
a una a una, senza scuse o sconti.
Io venni solo e navigai tra gli astri
nel cosmico disordine dei cieli
ed approdai a un fango da plasmare:
era il mio corpo infante. Con lui crebbi
in triste gioia, tra abbracci e ripulse.
Corsi la vita e colsi i suoi momenti
con animo vorace qualche volta
e qualche volta parco. Ora mi pare
che i totali mi danno debitore
e non so più che farmene di questi
miei giorni srotolati in furia, senza
misericordia, e poi svenduti al primo
giallo mercante ( e guarda che invasione
di compravendite se luce a picco
si leva e garantisce esuberanza
d’oro e profusi guadagni!). Saranno
cónti serali (moderatamente
finali) a dirci con certezza il saldo
e se il puntuto dardo di speranze
abbia colto la mela della vita.
Io venni al sole . . .
*
SE TI GUARDO

Se ti guardo, mia donna, in questo passo
a volte dolce e quotidiano, a volte
gravoso come un masso, in questo passo
ch’è sempre in salita
e che diciamo vita,
in questo lento incedere ( o restare?)
spalla a spalla, raccolte
poche cose, le meno amare,
se te, se me io guardo
uniti fin nel respiro e nel caldo
dei corpi e dei pensieri,
in questo fluire tenace e mansueto
dell’amore e delle ore ( di tutte,
di ognuna), se col consueto
ardore sbriglio suoni prigionieri,
versi e pensieri,
allora leggo la storia di due atomi
congiunti solamente per un attimo
nel marasma del tempo, donna mia,
e dello spazio, disperatamente
e certo casualmente,
nella sterminata via
dell’universo. Eppure grato ci occorre - 1
questo minimo tempo, e ci basta.
*
Pasquale Balestriere
*
1 - dal latino ob-currere = venire incontro .

sabato 8 dicembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = ORONZO LIUZZI

Oronzo Liuzzi : “ Lettera dal mare” – Ed. Oèdipus – 2018 – pagg.74 - € 12,00
Il flusso che si sprigiona da queste ondate ininterrotte, incise nelle frasi e severamente proposte, trasforma e coinvolge la lettura che vorremmo accettare, trascinando in una vertigine che si avvera pagina dopo pagina , quasi a voler coinvolgere in una strana inquietudine , che dal segno luminoso dello sguardo affonda nel nodoso incubo del quotidiano. “mio fratello mio fratello” , invoca il poeta ripetutamente, descrivendo passi di vita quotidiana che un disperato protagonista tenta di affrontare fra le difficoltà ambientali , sociali , politiche , psicologiche , quasi avvolto in un immaginario registro di “orrori , torture, stragi , incubi” dell’esuberante male che gravita nell’umanità. E’ il concetto cristiano di fratellanza e non di sangue, che Oronzo Liuzzi cesella in queste pagine. Ognuno di noi è un migrante. Quante volte desideriamo una realtà diversa dal quotidiano, liberarci da situazioni che ci opprimono e soffocano la nostra anima, la nostra psiche verso spazi aperti. Non un distacco, ma essere umanamente partecipi sulle rovine dell’io di ‘mio fratello’, un fratello che potrebbe essere chiunque. Ecco che le figure si alternano colorate vivide tra gli sguardi inquieti , in un viaggio di fuoco che risuona alle orecchie , in frasi che imprecano la rabbia , in allucinazioni che vedono con timore il dolore , la morte , l’odio , la rinuncia, cercando di temprare le forze per ammorbidire la convulsa picchiata del cuore. Oronzo Liuzzi scrive in prosa poetica , più che in poesia dagli schemi classicheggianti . Non il ritmo incalzante dell’endecasillabo , di rime , di strofe , di a capo , ma il rigo lunghissimo, che riempie la pagina , in un riversarsi di frasi che riescono a ricamare il ritmo ben intrappolato nel segno. “Non mi interessava abolire l’endecasillabo,- mi scrive il poeta - il ritmo o costruire una prosa poetica o rifarmi all’attuale tendenza giovanile. Avevo bisogno specificatamente per ‘Lettera dal mare’ di creare una metodologia poetica non in verticale, bensì un orizzonte d’interrogazione sull’idea del viaggio, del fluire veloce sulle profonde e misteriose acque di mare. Un concetto minimalista del verso, della parola e della scrittura per attraversare mondi, tempi, realtà e confini diversi, portando alla luce il sospeso e l’indefinito. La prosa descrive, narra, la poesia sintetizza, va direttamente all’essenza del pensiero e dell’immagine. Una lingua capace di aprire nuovi squarci nelle oscurità della vita per approdare finalmente e con tutte le sue forze al porto della speranza.” Il dettato poetico , checché ne scrivano alcuni professoroni saliti in cattedra e detentori di piccoli poteri nei loro orticelli di scrittura , non è privilegio della massa informe e disattenta , ma è il dono che un bagaglio culturale riesce a realizzare nel subconscio del “compositore” , una voce che ha l’energia del fulmine ed il potere della fascinazione.
ANTONIO SPAGNUOLO

SEGNALAZIONE VOLUMI = VALERIA SEROFILLI

Recensione su poesie edite ed inedite e racconto e poesie sul gatto di Valeria Serofilli

Valeria Serofilli è nata a Parma, ma vive a Pisa; il fatto di essere toscana d’adozione è strettamente connesso, nella sua poetica, alla presenza di una spiccata impronta luziana, della quale è pervasa la sua scrittura, nella quale trovano inserimento, addirittura, citazioni luziane dirette. Oltre alla “presenza”, di Mario Luzi, nelle poesie dell’autrice riscontriamo un solido richiamo montaliano. È indiscutibile, in ogni, caso, che la poetessa, pur assimilando i modelli suddetti, riesca a trovare una cifra originale, nei suoi testi, un’autonomia espressiva, che è il dato rilevante di ogni autentico poeta.
L’intelligenza essenziale del suo poiein è quella della riflessione sul senso delle cose, sia quando si esprime in poesia, sia quando scrive narrativa.
Nella sua copiosa produzione la Serofilli tratta una serie di tematiche varie che abbracciano tutti i campi dell’esperienza umana (l’amore, la morte, l’erotismo, i luoghi) e il suddetto fattore del meditare in parole è la costante che si riscontra in ogni opera della scrittrice.
È presente una variazione di registri espressivi da poesia a poesia che crea vivacità nel piacere del testo per il lettore nella fruizione delle composizioni.
Tutti i componimenti sono legati dal filo rosso di una forma sempre inconfondibile.
Spesso in modo magico il tempo si ferma nell’attimo nei versi eleganti, raffinati e ben cesellati.
L’essere in modo leopardiano sporge dal nulla sotto forma di fluida durata.
Le stringhe dei versi sono spesso interrotte dal segno / tecnica che ne fa accrescere la sensazione di mistero e sospensione e il segno stesso per usare una metafora musicale potrebbe essere visto come una pausa in una battuta in una partitura.
Poesia spesso ontologica, come quella dello stesso Mario Luzi quella in questione, nella quale si rivela una salutare tensione dell’essere e dell’esserci come persone nel mondo nella ricerca di una realizzazione della gioia oltre le parvenze fugaci della felicità del mondo consumistico.
Le immagini nelle poesie di Valeria si realizzano attraverso accensioni e spegnimenti subitanei e i sintagmi nell’associarsi tra loro decollano non solo negli incipit dei componimenti ma spesso all’inizio di ogni singola strofa e i dettati sono connotati da chiarezza e luminosità.
Poesia vagamente neolirica frutto dell’effusione dell’io – poetante che a volte descrive situazioni, ma anche poesia intellettualistica nonostante la sua notevole chiarezza ed apparente semplicità che sottende una grande complessità per la vena speculativa della poetessa.
Tutta la produzione di Valeria e connotata da una forte densità metaforica e sinestesica e spesso il tono è ironico.
Emblematica in questo senso è la composizione “Amalgama” nella quale Valeria si ripiega su sé stessa e qui la sua stessa fisicità si fa parola.
Virtualmente la Serofilli medesima si trasforma in libro e si rivela nella sua essenza nell’endiadi di donna e poeta, in un’armonica fusione e connubio tra le due sfere.
In “Amalgama” il tu, del quale ogni riferimento resta taciuto, è il lettore stesso e il componimento si rivela come permeato da una vaga ed intensa bellezza e da eleganza formale.
Qui le immagini, come dal titolo, si manifestano come fusione di disegni eterogenei permeati da una notevole fluidità e le raffigurazioni intense sgorgano con leggerezza e senza sforzo le une dalle altre e si manifesta un elemento stabile del discorso della Serofilli che è quello dell’icasticità dei dettati.
In “L’aiuola” il tu è l’amato al quale Valeria si rivolge in modo spontaneo e passionale.
Qui l’aiuola stessa duale e privata simboleggia quello che nel romanticismo tedesco veniva definito come giardino segreto, la parte dell’interiorità dell’esperienza da proteggere e il vivere il luogo – aiuola da parte della coppia si carica di un senso di grande intimismo.
Nell’oasi vegetale detta con urgenza dalla scrittrice tutto è idilliaco e le rose sono senza spine e il dolore è assente nell’entusiasmo trionfante dell’amore.
In Piccoli soldati viene toccato il tema politico – economico – sociale nel paragonarsi l’io - poetante bambino spensierato che gioca ai bimbi spietatamente sfruttati costretti a cucire palloni o a fare i soldati.
Così nella sua variegata serie tematica l’autrice tocca la problematica della denuncia di microcosmi di adulti perversi.
In Genova ci troviamo di fronte ad una bella composizione sul tema di una città – luogo. Muovendosi sulle coordinate di una linearità dell’incanto in questa poesia incontriamo una luminosità nel sapersi meravigliare di Valeria per il capoluogo ligure nel quale le piazze dilagano al mare ed è detto che si vorrebbe tornare a Genova per l’ultimo sonno.
In “Resoconto” (in morte di Mario Luzi) in un tessuto linguistico nel quale sono presenti assonanze e allitterazioni, se non delle vere e proprie rime, che producono ridondanza e creano musicalità attraverso il ritmo sincopato, vengono dette, riferendosi allo stesso poeta candidato al Premio Nobel, le possibilità nelle situazioni della vita.
Si parla del darsi di Luzi in fogli sparsi e a questo proposito viene in mente la raccolta del poeta toscano “Per un battesimo dei nostri frammenti”.
Qui il tu è lo stesso Luzi e protagonista è il tempo stesso della vita al quale metaforicamente si versa un acconto e al quale alla fine si presenta un conto da pagare.
In “Ostrica” viene trattato il tema della passione e delle gioie dei sensi e la poetessa diventa simbolicamente un’ostrica metafora dell’amore stesso e l’amato si fa suo pescatore.
Toccante e tenera la poesia “A Cachemire” dedicata al gatto persiano morto tragicamente investito. In questa, con un’immagine intrigante, Valeria afferma di vedere il gatto stesso in cielo nella forma di una nuvola in più.
Il tema del felino domestico è ripreso in altri componimenti come Donnagatto nel quale la poeta afferma di graffiare come una gatta anche se con un altro tocco e di graffiare solo se nel cuore ha il solco, raffigurazioni veramente belle ed efficaci.
Nel racconto “Natale da gatti” la narrazione è affidata alla gatta Mimma, che come scrive la Serofilli, tenta di salvare il mondo o almeno il proprio microcosmo e finisce puntualmente per ottenere il risultato contrario.
Non manca il senso del mistero connesso alla drammaticità nella diegesi anche se l’autrice riesce a rendere bene l’atmosfera di un Natale unico e suggestivo.
Si respira nel testo un vago senso di surreale magia e sembra di assistere ad un Natale vissuto da un bambino nel suo empatico relazionarsi con la realtà esterna.
La gatta è dispiaciuta del fatto che all’abete natalizio abbiano tagliato le radici in un accorato dialogo con l’albero stesso e l’altro personaggio, il pupazzo di neve, finirà per sciogliersi.
Nella scrittura leggera precisa e icastica, nella quale è inserita una poesia cantilenante, si avverte il tono dell’apologo: infatti il tema affrontato è quello della sorte dei più deboli, l’abete e il pupazzo di neve che simbolicamente rappresentano figure umane.
*
Raffaele Piazza






venerdì 7 dicembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = NAZARIO PARDINI

Nazario Pardini : “ Lettura di testi di autori contemporanei” – Ed. the Writer – 2019 – pagg. 1078 - € 30,00 –
Interventi apparsi nel blog “Alla volta di Leucade” tra il 2013 ed il 2015 , in una ricchissima esplosione di recensioni, prefazioni , note critiche , articoli e saggi presentati con il preciso impegno di chi dedica alla cultura ed in particolare alla produzione letteraria contemporanea il giusto approfondimento , necessario a realizzare un panorama puntuale e particolareggiato. Il volume , generosamente corposo , ha la magia ardua della ricchezza del documento , e la necessaria diligenza dell’ inquietudine, che attraverso la poesia accosta il lettore alla esperienza multicolore della lingua e della immaginazione.
“La funzione del critico - scrive Fulvio Castellani nella prefazione – se è davvero tale (e Nazario Pardini lo è), è , dunque, dialogare con il testo preso in esame, immedesimandosi con l’autore e approfondire i vari processi strutturali senza divagare ed evitando di trasformarsi in autore lui stesso . Ecco così che il quadro critico prende forma e consistenza , e in Nazario Pardini si dilata fin oltre l’orizzonte del concreto, proprio, in taluni casi , suggerendo possibili sviluppi espressivi a livello di incisività, di solarità , di genuflessioni creative di fronte ad atmosfere , ricordi , attualità , sentimenti…”
Oltre duecento interventi si snodano in pagine ricche di esperienze culturali e di ritmi , di immagini colorate e di riflessioni oculate , di indagini circostanziate e di morbide sinfonie , cesellate dalla complessa vicenda della creatività. Un panorama che sembra voler offrire la quotidiana ansia dello scrittore in un memoriale che possa immergersi nel disincanto delle vicende umane , generosamente impegnato nella indagine della fragilità di una fascinazione .
Lavoro certosino, questo di Pardini, che nella pura tecnologia critica emerge dalle onde frastagliate del documento storico, per ricamare i confronti del tempo e le varie esperienze poetiche proposte negli utlimi anni . Una specie di “almanacco” nel quale navigare con curiosità e metodo , con meditazione ed attenzione.
Anche se parlare sempre di poesia può apparire assurdo il momento della scrittura rivela ancora la ricchezza che la parola riesce a suggerire , vuoi nella immaginazione del lettore , vuoi nella vertigine che il subconscio incasella, e questo prezioso volume costruisce il pilastro necessario per una scenografia che recuperi le molteplici occasioni della ricerca .
ANTONIO SPAGNUOLO

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Alessia sul prato della vita"

Tinta verde pratense a invadere
di ragazza Alessia l’anima
se il prato può specchiare
anche il cielo e farsi azzurro.
Attimi di sospensione e magia
per Alessia correndo scalza
giocando alla California e attende
dell’alba le frontiere sui sagrati
della vita. Prato nell’interanimarsi
con Alessia tra i pini e i lecci
al Parco Virgiliano e il giallo
sorgivo del limone a entrare
negli occhi di Alessia nel baciare
Giovanni guardandolo negli occhi.
*

"Alessia e la gioia del sole"

Nell’interanimarsi con del sole
la luminosità ragazza Alessia,
risveglio duale con Giovanni
e del vento freddo la canzone
e politezza d’azzurro da turbare
di Alessia l’anima e sta
infinitamente nella ricerca
dei suoi occhi neri. E li ritrova
sul letto dell’amore avvenuto
nel buio della notte e s’illumina
a festa Alessia nel penetrarsi
le sclere Alessia e Giovanni
per poi rifarlo l’amore nella luce.
*

"Alessia e la quinta stagione fiorevole"

Tempo e spazio stretti per Alessia
(sedici anni contati come semi)
nell’accedere al visibile della quinta
stagione luogo e di pace lago
per entrarvi con gli occhi e nuotare
con il pensiero. Il posto è un albereto
del Parco Virgiliano sopravvissuto
a dei pini il taglio dopo la bufera
e altro su Napoli che ancora esiste.
Aria e farfalle a circondare Alessia
sottesa allo stupore giallo per i limoni
a Posillipo in lontananza.
*

"Alessia e la quarta dimensione"

Attimo tra dolore e gioia
(tra i due estremi c’è il limbo
dell’albereto). Malinconica
Alessia tra le rare piante
delle quali non sa il nome
ed è quella la quarta dimensione
sottesa a di ragazza Alessia
il soave segreto. Tempo
fermato per gioco se di Alessia
la vita è recita e vive per
il fidanzato nerovestito
che nella serra entra e spoglia
Alessia e la possiede mentre
lei spera che dopo non la lasci.
*
Raffaele Piazza

mercoledì 5 dicembre 2018

GIO FERRI CI LASCIA -

Gio Ferri , nato a Verona nel 1936, è deceduto questa notte , lasciando ancora un vuoto nella cultura contemporanea e nella luminosità della poesia - . Giornalista, grafico, poeta, poeta visivo, critico d’arte e di letteratura. Nel 1983 fonda la rivista semestrale TESTUALE, critica della poesia contemporanea con Gliberto Finzi e Giuliano Gramigna.
In poesia ha pubblicato oltre 30 raccolte ed in particolare “Inventa lengua” (Marsilio) finalista con Andrea Zanzotto al Premio Feronia. “Le Palais de Tokio” edizione e premio del Grande Dizionario Battaglia della Lingua Italiana (Utet, Università di Torino). Prime 4 Cantiche del poema interminabile “L’Assassinio del poeta” (Anterem Ed.).
Per Narrazione e Teatro tra gli altri: “Albi” (Anterem ed.), “Macbeth, ricreazione”, “Il Dialogo dei Principi” per la musica di Franco Ballabeni.
In Saggistica: tra gli innumerevoli saggi, presentazioni, prefazioni in particolare “La ragione poetica.Scrittura e nuove scienze” (Mursia). “Forme barocche nella poesia contemporanea” (Ed.L’assedio della poesia ,- collana realizzata da Antonio Spagnuolo).
Una sua dichiarazione sottolineava : "Mia convinzione è che il poeta debba innanzitutto esercitare la critica. Il critico può essere un poeta, ma un poeta deve essere un critico, e anche storico". -----

martedì 4 dicembre 2018

RIVISTA = ERBA D'ARNO

E' in distribuzione il numero 154 (autunno 2018) della rivista Erba d'Arno - Firmano le 142 pagine : Piero Malvolti , Giuseppe Cordoni , Aldemaro Toni , Agelo Bandinelli , Samanta Campigli , Anna Vincitorio , Alberto Pozzolini , Enzo Guidi , Marco Cipollini , Alberto Malvolti , Vittorio Santoianni , Walter Scancarello , Luca Lenzini ,Michela Marroni , Fabio Flego , Corrado Marsan, Luigi Bernardi , Mariateresa Tarsitano , Leandro Piantini ,Katia Grazzini , Alberto Casadei , Federico Lenzi , Annalisa Macchia , Antonio Spagnuolo. Redazione : info@ederba.it -- Fucecchio

lunedì 3 dicembre 2018

POESIA = FRANCESCA FALCO

" Panta Rei"

...misticanza di tenere foglie
che il vento raggela
radici di un pianto
che ghiaccia alla luna...
ritorno bambina
e sogno
(im)possibili
(s)volte
(al)la fine.

...E' l'ultimo giorno ...
Sembra assurdo
per un tempo
che scorre
da sempre...

Avellino 26/11/2018
*

"La notte"

... la notte
crocevia di silenzi,
turbamenti e distanze
(in)comprensibili...
...moltitudini
di pensieri
in tramonti da quadro
si susseguono
nei giorni a sfinirci,
come incanti
da sospendere il fiato
che spennellano di cirri
i colori della sera.
Ciuffi di nuvole
nel cielo assopito
del pensarti
riaprono sipari
d'imprevista speranza.
*
Avellino 21/11/2018
*

"Ti respiro"


... cadenzate e sfuggenti,
imperfette emozioni
circ(onda)no tacite
il giorno che nasce.
Nudità di pensieri
velate allo sguardo
mi tengono,
affollando di piene
quest'anima
che ha dismesso
corazza e mantello
e si muove
nell'affanno di un passo
nel profondo del guado.
Era notte
di luna e di stelle
e respiri di mare,
era essere bosco
di piante e sentieri
ad accogliere l'alba...
Ti respiro silenzio
che tace
nella foglia riarsa
del cuore.
*
Francesca Falco
Avellino 16/11/2018

*
Francesca Falco, nata a Baiano (AV) il 06/10/1960. Vive ad Avellino dove lavora come coordinatore infermieristico presso l'Azienda Ospedaliera " S.G.Moscati", in Genetica Medica. Insegna Scienze infermieristiche e Teorie del Nursing all'Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli (Polo didattico dell'Ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino). La sua poetica nasce dalla tendenza all' introspezione, dalla ricerca dell'armonia nelle cose, nelle persone, dal bisogno di non perdere l'essenza del vissuto, che attraverso la stesura di versi sembra trovare uno scrigno in cui resistere all' usura del tempo, all'oblio. La sua poetica è a tratti nostalgica, velata da una malinconia che difficilmente diviene disperazione, ma che nell'amore trova la sua naturale trasformazione in bellezza, gioia. L'amore e la sua forza dirompente che può far librare , ma anche distruggere l'animo umano è il filo conduttore dei suoi versi. Cura una pagina Fb dal titolo Nei Miei Silenzi, ha un profilo Fb , Francesca Effe. Pubblica mensilmente le sue poesie , da circa un anno, sulla rivista multitematica autoprodotta on line 22 Pensieri (Vingt-Deux Pensées).
*

sabato 1 dicembre 2018

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

“La morte di un amico”

Tutto è fermo nel segno !
Ora le tue pupille hanno il rigore
del nulla , e nulla è il tempo soffuso
che hai dedicato al vincolo di sogni:
un tragitto in ricamo dei tuoi giorni.
Inutile il pianto se non resta traccia
tra le mura ingiallite dei ricordi.
Bruciato il confine delle braccia
vago è il mondo del sonno
che incide un tramonto ed esclude gli spazi.
Ora è approdo nel buio il tuo silenzio,
soffio che dal crepaccio dell’eterno
cade nel marmo.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

venerdì 30 novembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = SUD, I POETI

"SUD , i poeti" -- Ed. Macabor 2018 - pagg.220 - € 20,00
A cura di Bonifacio Vincenzi esce in questi giorni il secondo volume della meravigliosa collana "SUD , i poeti" che si preannuncia ricca di ben venti tomi , dedicati alla poesia del meridione- Un lavoro di ricerca e di scavo , di impegno e di precisione , che rende giustizia alla storia della letteratura italiana contemporanea . Il primo volume è stato dedicato ad Antonio Spagnuolo . Il presente ci offre la poesia di Domenico Cara tra "metamorfosi e labirinti" - Dopo la ricca bibliografia si alternano gli interventi critici di Gabriella Colletti, Gualtiero De Santi , Flavio Ermini , Marcela Filippi Plaza, Vincenzo GUarracino , Massimo Pamio , Gianni Mazei , Antonio Scatamacchia , Francesca Serragnoli , Claudia Manuela Turco.Un nutrita "Antologia poetica" offre una scelta da alcuni volumi editi in precedenza e tre poesie inedite - Questo elegante volume si completa con il ricordo di autori scomparsi negli interventi di numerosi autori : Pasquale Pinto (Silvano Trevisani) ,Rocco Antonio Messina (Bonifacio Vincenzi), Beppe Salvia (Marta Celio) , Ottaviano Giannangeli ( Andrea Giampietro) , Gilda Trisolini ( Gianni Mazzei) . Infine la presenza di alcuni giovani : Saverio Bafaro nell'intervento di Francesco Martillotto , Annamaria Ferramosca nell'intervento di Ivano Mugnaini , Vincenzo Frungillo nell'intervento di Laura di Corcia , Franco Araniti nell'intervento di Pierluigi Pedretti , Giacomo Leronni nell'interveno di Antonio Spagnuolo. Chiude il lavoro una puntuale rubrica di notizie sugli autori presenti.
ANTONIO SPAGNUOLO

giovedì 29 novembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIO RONDI

Mario Rondi : “ Il cartiglio del vento” – Ed. Fermenti – 2018 – pagg. 178 - € 17,50
Il rapporto tra il canto che consuma fiato per suggerire illusioni, che rimanda frequentemente al dettaglio, e la solida posizione della irriducibilità del sussurrare, per rincorrere il ritmo, si coniuga in queste pagine , ove la ripetizione affannosa e continua della rima riesce a suggellare figure a sillogismi , pensieri a prospettive , narrazioni a folgorazioni.
Mario Rondi non è nuovo per questo tipo personalissimo di scrittura e tutti i sui testi hanno la struttura sistematica dell’endecasillabo in rime sigillate , senza timore.
Non stanca l’apertura ad una strana musicalità che sembra giocare tra i versi per accompagnare il lettore attraverso passaggi segreti o improvvisamente esplosivi , attraverso una simatica levitazione di parole o di dimensioni esistenziali .
Egli rincorre speranze di riverberi , brume di paesaggi assonnati , ritornelli allo spicchio di luna , le tenere parole truffaldine , il frammento dei sogni nel taglio della luce , e si illude di “trovarsi il fringuello canterino/ che vola di palo in frasca, smarrito”.
Poeta che cerca un’operazione di spoglio nella frequentazione continua e approfondita del rigo che risponda ad una ricerca equilibrata del carteggio poetico.
ANTONIO SPAGNUOLO

POESIA = FRANCA DONA'

"Il pianto dei violini"

Sul terreno disfatto
gli alberi urlano la morte
divelti, falciati, strappati dal vento
viscere di fango e radici.
Scheletri incolori
sparsi tra le note dei violini
perse le foglie rosse dal sapore d’acero.
Usciranno dal camino
come ad Auschwitz
e allora qualcuno sentirà
ancora Stradivari sopra i monti.
*

"Oltre i confini delle nuvole"

Quante volte ancora giocheremo - noi -
che del gioco abbiamo perso il tempo
non il senso o l’aspettativa del sogno?
Quante stelle vedremo frantumarsi
sui cigli consumati, sulle rive ormai deserte
tra cocci di bottiglie e messaggi naufragati
noi, che mentiamo anche a noi stessi
per non perdere il vizio della vita?
Toccherà chiudere gli occhi - forte -
per vedere oltre i confini delle nuvole
comprendere il perchè dei nostri passi
conoscere cos’è che tiene in pugno il mistero dei destini,
credere al miracolo della nostra imperfezione, e non morirne
*

"Io sono mia"

Ne ho viste tante sai
di donne senza volto
la luce spenta dentro agli occhi
il seme nelle carni, di paura.
Le ho viste sfigurate in viso
accoltellate, carne da macello
le ho viste calpestate, arse vive
violentate, deturpate, vilipese
e tutto in nome dell’amore.
Ti prego non amarmi
di questo amore insano
di questa che tu chiami malattia.
Non fingere carezze con le dita
le stesse che si chiudono sul collo
non soffocarmi mai di gelosia
non impedirmi di essere me stessa.
Ti prego, non amarmi
io sono mia.
*
FRANCA DONA'
*
Franca Donà nasce a Cigliano (Vercelli) il 3/06/1957 dove attualmente vive, opera nell’ambito della psichiatria riabilitativa. Esordisce sul web con il nickname di astrofelia. Le sue opere sono presenti in molte antologie letterarie e collabora, come autrice, con blog letterari e associazioni culturali. Di recente data la sua partecipazione ai premi letterari, in cui consegue svariati riconoscimenti: due volte I°classificata al Premio Internazionale di Poesia “Dal Tirreno allo Jonio”, ancora vincitrice al Premio Nazionale “Golfo dei Poeti” a La Spezia, quindi a Roma, Porto Recanati, a Bari e in varie città italiane. Nel 2015 è “Autore dell’Anno” a Torino, e pubblica la sua prima raccolta dal titolo “E non mi basta il cielo” con Edizioni Santoro. “Fil Rouge” è la sua nuova raccolta, neonata creatura insieme a Kanaga Edizioni.


mercoledì 28 novembre 2018

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Alessia e il libro di poesia"

(a Sylvia Plath)

Scrive con vaga grafia, Alessia,
nell’aria disadorna senza fiato,
inchiostro rosapesca come l’estate
o l’inoltrata primavera.
Scatta il volo di un gabbiano
e trasale Alessia azzurrovestita
nell’aria vegetale della consecutiva
attesa. Sulla scrivania I fiori del male,
sua lezione per la vita e la
scrittura accade dalle mani affilate
come un attimo disadorno
come un bagliore Alessia
alla trentesima poesia
del suo libro per la vita,
pioggia a cadere esteriore
sulle cose senza tempo in segno
di vittoria. A destra il mare
a sinistra una nube bluastra
gioca a farsi ragazza o cavallo.
Epifanie del nulla, a poco a poco
tutto si ricompone, ecco lo squillo
del telefono, la voce di Giovanni.

È il 1984 attesa sgretolata ecco
il primo appuntamento
ci sono il parco, la panchina e le labbra
da baciare.
*
Raffaele Piazza

martedì 27 novembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = KETTI MARTINO

Ketti Martino : “Il ramo più preciso del tempo” – Ed. Oèdipus – 2018 – pagg. 96 - € 12,00 –
“ascoltare il fermento dei crepacci” suggerisce in un verso la poetessa , quasi un invito a scandagliare silenziosamente nel profondo del nostro subconscio per ritrovare quelle ondulazioni che comprimono il pensiero ed esplodono improvvise tra l’illusione e la sorpresa . La natura del personaggio che cerca di portare alla luce la radice pulsionale di una confessione involontaria si evidenzia nel dettaglio del simbolo , nel ritaglio della parola , che attraverso il gioco multicolorato del verso ricama una pagina preziosamente armonizzata.
L’originalità di questa scrittura consiste nel proporre dei testi variamente realizzati sia nel contenuto , che si dipana in perfetta consonanza con il quotidiano , nel ritmo di strade , voci , onde temperate delle ciglia , tra le mura di casa , o nell’umido squarcio della pioggia , sia nella forma , che gioca elegantemente e sobriamente dall’endecasillabo al verso breve , o brevissimo , capace di folgorare la lettura per sospendere un’attesa o un’immagine.
Tre le sezioni del libro : “Liturgia della casa” , “Rotazioni” , “ Distanze” , ed ognuna con una particolare consistenza che le rende al momento stesso ben distinte fra loro , ma in contemporanea ben articolate alla radice , perché il linguaggio è continuamente in perfetta consonanza con il tema che si propone, dal nido che accoglie alle articolazioni del tempo “nel rigore dei giorni” , dalla “febbre che fonde / negli avanzi e dice che l’azzurro è ubriacatura avara” , al “travaso di sassi sulle spalle / nel gesto perfetto del commiato/ nel gesto che noi dobbiamo decifrare.”
Ketti Martino assiste con sospensione alle stagioni che evocano magiche atmosfere e tenta con successo di sostituire il mondo reale con le metamorfosi colorate dell’inconscio , il quale riesce a porre fuori dalla nebbia le insistenze del sogno , le incredulità della fantasia , le astrazioni delle intemperie , per “essere causale narrazione / senza condanne , senza ribellione./ Essere congedo / riuscire a roteare/ guardare ovunque”.
ANTONIO SPAGNUOLO

domenica 25 novembre 2018

POESIA = VILLA DOMINICA BALBINOT

SOTTO L’ETERNA SIEPE VERDE

…Sotto l’eterna siepe verde
la notte era molto tranquilla
linda e senza vita
nel sole occiduo:
sul nudo pendio
anche le rovine sembravano
naturali- innocue-…

Ma nessun luogo era invulnerabile;
oh tutte tutte quelle linee dure de l’Innominabile
sulla carne ferita
con le sue violacee ombre
– quelle accumulate agonie
[E quei giudizi accidentali,
ne le casuali uccisioni,
– le stragi piccole,
il lungo inutile squarcio]
Ora la luna sorgeva
sui vecchi campi – e le case sfregiate-
e il ragazzo giaceva tranquillo
tra i piccoli fiori silvestri rossi e violacei:
era molto pallido come fosse morto da sempre.
( E c’era una luce mista di blu secreti
– e di lillà–
sulla innominata acqua scura,
-e quell’abbandonato flutto
sulle tristi ossa di tutti gli annegati..)

30 luglio 2017
*
COME UNA ESTINZIONE PICCOLA

Sulla linea netta delle colline
-nella quiete dei grandi spazi-
(con sulle sponde le radici immerse dei cipressi)
vi era come una organica disperazione
piena di significato,
una purpurea onda...

Da tutti quegli alberi
grondanti e nudi
(dai coloriti sclerotici)
fluiva
irrorando e allucinando molle
un qualcosa di secreto e suppurante
- porporino e crudele
come una estinzione piccola,
quella inconsistenza
(E nei termini del proprio esaudimento.)

16 settembre 2018
*
VILLA DOMINICA BALBINOT

sabato 24 novembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = EDITH DZIEDUSZYCKA

Edith Dzieduszycka – “…così con due gambe…”-- Genesi – Torino – 2018 – pag. 135 - € 14,00

Di origine francese, Edith de Hody Dzieduszycka nasce a Strasburgo, dove compie studi classici. Attratta sin da giovane dal mondo dell’arte, i suoi primi disegni, collage e poesie risalgono all’adolescenza passata in Francia. Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive, nazionali ed internazionali e si è dedicata alla scrittura. Ha pubblicato numerosi libri di poesia, fotografia, una raccolta di racconti e un romanzo.
La considerazione preliminare per entrare nel microcosmo del libro di poesia di Edith Dzieduszycka che prendiamo in considerazione in questa sede, volume non scandito, che per ognuno dei componimenti presenta una graziosa e intonata illustrazione di Paola Mazzetti, è sottesa proprio al suo titolo che non è casuale ma che è espressione dell’acuta coscienza letteraria dell’autrice.
Infatti, attraverso le poesie e i disegni con esse interagenti, la poeta crea una ironica e realistica galleria di tipi di figure maschili e femminili e l’essere umano è fornito di due gambe.
Espressione della quotidianità del nostro frenetico postmoderno occidentale i personaggi messi in scena dalla Dzieduszycka vivono un caleidoscopio di situazioni, di emozioni, sentimenti e aspirazioni tipici dell’era di internet, della TV, dell’e-mail, dell’SMS, ecc.
Con acume psicologico la poetessa dimostra di conoscere bene le pulsioni delle persone adulte nel bene e nel male e le loro sensibilità e penetra nell’ambito delle più svariate situazioni del mistero della vita.
Tutti i componimenti sono privi di titolo e sono strutturati ognuno in quattro quartine libere elemento che dà un senso d’armonia all’opera nel suo insieme.
Ci sono chiarezza e nitore nello stile della poetessa che ha qualcosa di narrativo e affabulante nel tratteggiare le sue creature con leggerezza e nello stesso tempo icasticità, con versi brevi, scattanti, luminosi e precisi.
I versi sono raffinati e ben cesellati sottesi ad una fantasia creativa spontanea e inesauribile nel puntare Edith la sua cinepresa sulla realtà nelle sue più svariate contingenze.
Il libro presenta un’acuta e puntuale prefazione di Lorenza Mazzetti e uno scritto di Sandro Gros-Piero sul risvolto di copertina esauriente e ricco di acribia.
Un’ironia serpeggiante connota tutti i lavori della poetessa e per l’interazione dinamica dei due livelli espressivi della letteratura e dell’arte figurativa il volume potrebbe essere considerato un ipertesto.
La vena introspettiva si amplifica in componimenti come quello in cui è detta con urgenza una figura indefinita che braccava il sapere e alla quale piaceva imparare, poesia dell’interiorità.
In più casi nelle composizioni emergono attori che compiono azioni e questo elemento accentua la sensazione di narratività di cui si diceva che pervade l’opera in toto.
Tra le descrizioni più svariate, da quella della donna depressa che trova gioia solo nel mangiare cioccolata a quella dell’avvenente e avveduta segretaria che denuncia il capufficio per il mobbing subito, da quella dell’eterea pattinatrice che sul ghiaccio scivolava al suono di una musica soave e dolce a quella del maschio narcisista che passava ore davanti allo specchio a rimirarsi, da quella di colui che trascorreva il tempo contando le sue monete e diceva di non essere avaro a quella della donna perseguitata dalla fisima dell’obesità che si pesava più volte al giorno, un catalogo di tipologie realizza con intelligenza l’autrice, figure nelle quali per qualche verso potremmo tutti identificarci.
*
Raffaele Piazza

POESIA = CHIARA DOMENICONI

“TALLONE D’ACHILLE”

Purtroppo so dove farti male e tu sai dove far male a me.
Il bello di conoscersi è un’arma a doppio taglio,
se sbaglio….se sbagli…
Inutili consigli, considerazioni,
quando la testa va fuori non si controllano né emozioni né azioni.
Si diventa cattivi e coglioni, discussioni…
Pentimenti a posteriori.
Pensiamoci prima, che dall’alba al tramonto,
è un attimo quel che conto.
*
“VERSO CAPOVOLTO”

Verso capovolto, come un risvolto,
come una barca in mezzo a un porto,
uomo a bordo,
il mare è un’autostrada senza corsie,
i porti sono caselli senza vie,
gli scogli sono incidenti senza polizie,
le secche sono come le gole di pescatori dopo una giornata al sole.
Mare che fa sognare,
mare che fa mangiare,
mare che fa soffrire.
Mare amaro, ma è un verso capovolto.
*
CHIARA DOMENICONI
*
Chiara Domeniconi è nata il 27/11/72, diplomata al liceo classico, libera professionista nel campo immobiliare, ha già partecipato a qualche concorso poetico ottenendo ottime recensioni....

venerdì 23 novembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIA PIA QUINTAVALLA

Maria Pia Quintavalla : “Quinta vez” – ed. Stampa – 2018 – pagg. 96 - € 13,00
La profondità psichica di penetrazione, con l’uso particolarmente equilibrato del simbolo, coniuga una tensione tutta da scoprire , fra le pagine che riescono a svelare la scelta della rielaborazione del subconscio. I profili si stagliano con delicata precisione , per quelle incisioni che la parola poetica riesce a ricamare tra le semplici dissolvenze della memoria ed il chiaro incanto del sogno , quasi un rincorrere le segrete fulminazioni del ritorno . Nella prima sezione del libro , dedicata ai non nati , con il titolo “Pre-natale”, Maria Pia Quintavalla ferma la sua scrittura in pagine che sono in effetti prosa poetica , con un equilibrio di dizione offerto dalla tradizione ed immerso nella precisione musicale del contemporaneo . Un colloquio che penetra nella percezione , senza mai smarrire il raggiungimento della realtà memorialista , cauta nel dire e precisa nel ricordare. E’il personaggio di “China” che ricompare , in un percorso lineare che la riprende nella sua sottigliezza , nella sua cadenza in tocchi ritmici , nelle sue apparizioni luminose.
La seconda e terza sezione “Mater” e “Mater II” hanno il tremito che la poetessa riconosce , assecondando il respiro ed il sussurro degli infingimenti che il riflesso propone. “Due sono una” è il titolo della prima poesia , che cerca di aprire l’orizzonte che le mani dolcemente sfiorano: “Lei non ascolta, se cammina non ti vede più/ sei tu alle spalle, la conosci/ dal silenzio dei passi, lei non corre/ più accanto alla tua vita ma davanti,/ la sospinge e spinge via…” – Ella rievoca il fragile distacco madre figlia e nel mito del silenzio cerca di incidere le frasi che allontanino l’agguato della follia e della disperazione .
“Quinta vez, o del ritrovamento” è , come la poetessa dichiara , breve allegoria della seconda vita di “China” , qui madre fanciulla , risorta in terra di Castiglia , in una storia che continua la biografia precedente, presente in “China” del 2010 , ne è una metamorfosi .
Chiude il volume un atto unico : “Le sorelle” , per un incontro serale nel giardino silenzioso di S. Ulrich , tra il verde degli alberi in penombra, una panchina verniciata da poco , un ragazzo rumeno sdraiato all’umido del viale. Un dibattito che ha l’ansia ed il vortice delle parole, quasi una sfida che penetra nel buio e gioca nei misteri della femminilità.
ANTONIO SPAGNUOLO

POESIA = MASSIMILIANO CICORIA


"Sospeso"

Sospeso fluttuante
trabocco di
sale e
puro
spazio sotto la roccia del Cetus, di
pura
materia, di
fichi zuccherosi, di liquirizia e di
te, arabesca acqua
marina.
In
lontananza si
cerca
ciò che è
vicino.
*

" La falena"

Il
paesaggio era
composito. Il lume
custodiva la
luce e la falena accese il
lume (come
Prometeo) e
dispiegò le
ali di
pergamena. Disse
di z i t t i r e: qualcosa di
eclatante
sarebbe accaduto, sarebbero
passate
di là anche le
formiche e
forse
la
mosca entrata per
rinfrescarsi. Nella
casa assegnò i
nomi alle
cose (quasi
fossero sue): vide
il
mestolo e le parve un
pensiero
poetico; gli
occhiali e tutto fu veramente
vero. Poi
si alzò una
montagna; una montagna vide alzarsi. La
montagna sbuffò, tre
volte
sbuffò, sbiascicando nulladinuovoancheoggi e
spense la
luce, spense
l’e c l a t a n t e.
*
MASSIMILIANO CICORIA
*

Massimiliano Cicoria nasce a Napoli il 25 aprile 1975.
Dopo gli studi classici, si laurea in giurisprudenza e continua a frequentare l’Università dove consegue il Dottorato di Ricerca e riceve la nomina a Cultore della materia e la Docenza di attività didattica integrativa.
Recensisce sentenze su riviste del settore e scrive articoli su tematiche metagiuridiche tra le quali la capacità giuridica, la persona, il corpo, l’oblio e il dono.
Nel 2018 viene pubblicata la sua prima raccolta di poesie intitolata ‘quarantatrè’ (Editore “la compagnia dei trovatori”)

giovedì 22 novembre 2018

RIVISTA = NUOVO CONTRAPPUNTO

NUOVO CONTRAPPUNTO - anno XXVII - N° 3 - luglio - settembre 2018
Sommario
Ricordo di Silvano Demarchi
Elio Andriuoli : Marina Cvetaeva , Corradino di Svevia
Guido Zavanone : Riflessioni , Messaggio
Corrado Calabrò : Amazzone , Luna blu , Senza parole , S'alzano prima
Manrico Murzi : Di porto in porto , Il mio tempio , Qualcosa c'è
Francesco Patrone : Seduti in riva
Recensioni a cura di Elio Andriuoli , Davide Puccini , Lucilla Lijoi
Operagrafica di Francesca Lorenzi -
*

mercoledì 21 novembre 2018

POESIA = RAFFAELE PIAZZA -



"Alessia e il libro di poesia"

(a Sylvia Plath)

Scrive con vaga grafia, Alessia,
nell’aria disadorna senza fiato,
inchiostro rosapesca come l’estate
o l’inoltrata primavera.
Scatta il volo di un gabbiano
e trasale Alessia azzurrovestita
nell’aria vegetale della consecutiva
attesa. Sulla scrivania I fiori del male,
sua lezione per la vita e la
scrittura accade dalle mani affilate
come un attimo disadorno
come un bagliore Alessia
alla trentesima poesia
del suo libro per la vita,
pioggia a cadere esteriore
sulle cose senza tempo in segno
di vittoria. A destra il mare
a sinistra una nube bluastra
gioca a farsi ragazza o cavallo.
Epifanie del nulla, a poco a poco
tutto si ricompone, ecco lo squillo
del telefono, la voce di Giovanni.

È il 1984 attesa sgretolata ecco
il primo appuntamento
ci sono il parco, la panchina e le labbra
da baciare.
*


"Alessia ha voglia"

Ha voglia di fare l’amore
Alessia ragazza (sedici anni
contati come semi nel letto
del risveglio). Si apre della
cameretta – porto la porta
e lui entra e Alessia è nuda
a parte il nero delle calze
autoreggenti sottesa a dell’
anima magica il desiderio.
Bacio ardente tra i fidanzati
e poi lui entra in lei a sciogliersi
di piacere – gioia Alessia
nell’afrore del corpo – fiore.
Stellata Alessia dal fresco
di finestra nella fisica gioia
della parola Amore.
*

"Alessia tesse la tela della vita"

Sottesa alla pervicace azzurrità
di fine novembre Alessia tesse
la tela della vita (amore, scuola,
lavoro, viaggi) e sta infinitamente
ragazza Alessia in quell’agglutinarsi
a del mare della domenica le acque.
Giorno bello e il sole fa capolino
tra le nuvole a tessere messaggi
di vittoria per Alessia rosa – vestita
nella conca di tramonto nell’emozione
dello squillo del telefonino
rosso come l’amore. E si accende
Alessia in sincronicità con di lui
la prima parola (amore).
Poi occhi negli occhi prima del letto.
*

"Alessia sceglie"

Ha ricevuto per uscire
due inviti ragazza Alessia
dal biondo e dal bruno
Mario e Giovanni per la
festa in maschera.
E Alessia ha scelto il bruno
nell’emozionarsi e nello
sciogliersi per la sua voce
nel telefono della vita
dopo aver detto pronto.
Sicura perché al cuore
non si comanda anche
se Mario è bello e ricco.
Di Giovanni figlio di operaio
cassaintegrato e barista
è innamorata Alessia
e con i sentimenti leale
con sé stessa anche se
i soldi piacciono ad Alessia.
Bussa il citofono e vanno
a piedi alla festa perché
è rotto il motorino
di Giovanni.
*


"Alessia e il Parco Virgiliano chiuso"

Sono caduti alberi al Parco
Virgiliano sottesi alla forza
di natura e per raggiungerlo
per Alessia è chiusa la via
per l’auto da guidare come
una donna (sedici anni contati
come semi). Con un rigo del
pensiero Alessia entra nel
Parco con il ricordo e lo
rivive e rivisita nella sua
cameretta che già fu un porto.
Cammina tra le piante
nello spessore asettico
e respira l’aria di farfalle
come di Alessia il sorriso
sotteso a redenzione ad ogni passo.
*
Raffaele Piazza

lunedì 19 novembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = UMBERTO PIERSANTI

Umberto Piersanti – "Tra alberi e vicende" -- "Poesie 1967-1990" – Archinto – 2017 - pag. 321 - € 14,00

Umberto Piersanti nasce ad Urbino nel 1941. Qui vive e lavora insegnando Sociologia della Letteratura all’Università; Piersanti è uno dei poeti italiani più affermati e si è imposto alla critica con la trilogia, pubblicata nella collana bianca einaudiana, composta da I luoghi persi (1994), Nel tempo che precede (2002), e L’albero delle nebbie (2009). Il volume che prendiamo in considerazione in questa sede, raccoglie i primi cinque libri di poesia di Umberto Piersanti: si tratta di raccolte che percorrono l’infanzia e l’adolescenza del poeta. In queste raccolte la dimensione urbinate, per lo più ambientata nella campagna rinascimentale, richiama una matrice intessuta di ricordi e un’eredità che proviene dall’età dell’infanzia, perfino del tempo primo della nascita, e recupera quella tradizione umanistica, dell’arte figurativa di Piero della Francesca, Paolo Uccello e Raffaello, fonte di alimentazione per un grande poeta naturalistico, il maggiore del secondo Novecento, dopo Attilio Bertolucci. Soprattutto si sente l’influenza di Raffaello nel cercare quell’armonia totale con il mondo, un bisogno di misura e di equilibrio e di bellezza rintracciabile nelle colline prospicienti l’Appennino. Rispetto alle tre raccolte della suddetta trilogia einaudiana, nella quale l’autore trova una dimensione autentica di maturità espressiva, nelle cinque raccolte giovanili, racchiuse in questo volume, Piersanti si esprime con una forma più acerba e meno compiuta, seppure alta, che racchiude, in stato embrionale, quello che sarà lo sviluppo successivo della sua opera a partire da I luoghi persi: quello che è una costante, nella poesia di Piersanti è il tema della descrizione del paesaggio, della natura dei suoi luoghi natali, una natura interiorizzata e amata dal poeta, natura che fa da sfondo al paesaggio dell’anima, in una descrizione minuziosa di elementi vegetali e specie animali. È tutta una fitta rete di tasselli naturali, quella di cui parla Piersanti nel suo libro unico, così si potrebbe definire l’opera omnia del nostro, secondo il comune denominatore della natura, che è il filo rosso che lega tutta la produzione di Piersanti. Umberto Piersanti ha dimostrato, a partire dal 1967, anno di uscita della sua prima raccolta La breve stagione, una forza demiurgica legata alla terra, la sua terra. Così da rendere universali gli altipiani a Sud di Urbino, le Cesane, patria elettiva, luogo privilegiato di un canto lirico mitopoietico e mitografico. Perché questi luoghi sono attraversati da una storia personale e quindi seguono un percorso proprio. La componente anacronistica dei versi si collega al valore salvifico già presente nel suono e nella pronuncia de I luoghi persi, che consacrò il poeta ad un pubblico più vasto, raccolta edita nel 1994. e ad una critica che fino a quel momento non aveva allora trascurato il valore della sua produzione, anzi ne colse già in parte l’originalità nel proseguire una poetica della tradizione, senz’altro la più incisiva del secondo Novecento italiano. Tanto che si possono individuare similitudini oggi più che mai con l’opera di Attilio Bertolucci, pur con qualche distinguo. In Piersanti figura anche una dimensione fantastica e visionaria, mentre Bertolucci è sempre concreto e preciso. È probabilmente Giovanni Pascoli il poeta al quale riallacciarsi con più nettezza per una dotazione di mistero che non è di certo esente nei versi di Piersanti. Tanto è vero che nel libro Il canto magnanimo, a cura di Roberto Galaverni e Massimo Raffaeli, nel colloquio con i due critici, il poeta afferma perentoriamente: - “Pascoli mi ha insegnato a guardare tra le foglie, per cui posso vedere che c’è un frammento di legno che galleggia in un piccolo lago, che si è formato dentro un tronco, notare lo Scotano rosso e l’uccello che ci si muove dentro. Ho sempre bisogno anche io di nominare i vari tipi di erbe e di piante.

Ma non potrebbero essere ravvisati accostamenti con la vocazione a cogliere il senso di finitudine umana e l’energia di un piccolo spazio totalizzante di Cesare Pavese, così come il rapporto assoluto con la campagna senese e fiorentina di Mario Luzi, che assomiglia a quella di Piersanti: un paesaggio che spinge a ricreare una sorta di predilezione per quell’”altrove” che rifluisce nel tempo. Si notano meno similitudini con Andrea Zanzotto, che rimane un grande poeta tellurico nel sottosuolo della lingua stessa e c’è da notare che in Zanzotto c’è anche il tema ecologico. Il canto della poesia lirica è possibile, e lo è ancora in questo terzo Millennio che segue un secondo Novecento, convulso, dove si sono alternati il grande stile e l’avanguardia, stelle polari di una disputa alla quale Umberto Piersanti ha contrapposto anche isolatamente, una resistenza fatta di vicende esistenziali, di tempi e luoghi insuperati. Questa è anche la ragione di un’ulteriore testimonianza centrale nella distinzione e pienezza di visione del luogo residenziale inteso come postazione universale. Va detto che, se Piersanti è da intendere come un poeta naturalistico, è riduttivo limitarsi ad inquadrarlo esclusivamente come tale, senza aggiunta di altre peculiarità di una matrice che soprattutto si è delineata in qualità progressiva a partire da Il tempo differente, seconda raccolta in ordine cronologico, uscita nel 1974. Le altre raccolte incluse in questo volume sono La breve stagione (1967), L’urlo della mente (1977), Nascere nel ’40 (1981) e Passaggio di sequenza (1986). Si snoda, dunque, attraverso un lungo iter, la produzione di Umberto Piersanti, che si rivela un esercizio di conoscenza del poeta, una conoscenza di sé stesso, in rapporto con la natura dei suoi amati luoghi.

Raffaele Piazza

sabato 17 novembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI =FRANCO CIARELLI

Franco Ciarelli : “La danza delle gru della Manciuria” – Ed. Tabula fati – 2018 – pagg. 96 - € 9,00
Pennellate dai molteplici colori si amalgamano in queste pagine ove le immagini scorrono velocemente fra tratteggi quotidiani e sussurri da plenilunio . Il poeta affonda nel respiro della natura , tra il silenzio cosmico e le luci intermittenti , cercando di dare una voce al “pulsare del cielo” o al fluttuare delle vele . Le variazioni cromatiche suggerite da molti versi nascondono l’incanto o manifestano lo splendore di un rigoglio , sia della incandescenza che dei sentimenti per fluttuare con lo sguardo e con il simbolo tra persone e cose , paesaggi e sogni , risvegli ed astrazioni. Anche l’incommensurabile potrebbe non sfuggire alla dolcezza irrequieta, che insinua ritmi e musicalità delle occasioni poetiche , quando “il cielo è flessuoso / le stelle si infilano nel taglio del suo ventre/ la marea rapisce/ e sente l’odore della pelle / attraverso la profondità dell’infinito.” Il pensiero tratteggia ricordi , cercando di sciogliere gli enigmi della memoria , tra il racconto errante di una lettura e un discorso che “mitiga il senso di solitudine”,
tra la rugiada che svapora in ozio e la danza di ginestre. Scrittura piana, cesellata nelle armonie, ed attenta a non concedere luoghi comuni, per rimanendo nella semplicità del dettato, nel quale la parola accompagna motivi di introspezione o di esplosioni del subconscio .
ANTONIO SPAGNUOLO

giovedì 15 novembre 2018

POESIA = DOMENICO ALVINO

"Affacciato alla balza"

--------«C’è davvero tutto questo posto per tutto questo

passato, per tutti questi rimpianti, dentro di me?»

Chiara De Fernex, Il moto minore, Subway 2007, p. 7.---
*

Quanto posto ci sarebbe
ora in te
che passato
quanto a spalancarsi con visi e pianti
e letizie e giorni
quanti
a dolere ed a gioire
mentre sto alla balza affacciato
e guardo in giù
che mi verresti incontro salendo lieve
o sovraccarica traendo dietro
la lunga fila di bagattelle
degli anni tutti stracolmi
dei minuti e secondi e più ancora
degli attimi che ti fronteggiano
e poi via dietro il momento.
E i lembi
quanti
simili di passato
perché saresti morta
e trascorsa come sei
se di te vuote le spalle volgessi
all’incombere del mio tramonto
cartapestaio.
*
Domenico Alvino

mercoledì 14 novembre 2018

SEGNALAZIONE RIVISTA = ZETA -

LA RIVISTA ZETA -
Nel mese di giugno di quest’anno è uscito il numero 118 di “Zeta”, storica “Rivista internazionale di poesia e ricerche”, di cui è direttore Carlo Marcello Conti e attorno alla quale si è sviluppata, sin dal 1977, la Casa Editrice Campanotto (fondata durante l’anno precedente a Pasian di Prato, in provincia di Udine), di cui è stata presidente Franca Campanotto.
Si tratta di una realtà editoriale che, seppur piccola, in modo esemplare è riuscita a conservare per decenni il proprio aspetto “militante” attraverso riviste e quaderni e molteplici pubblicazioni e attività, soprattutto in relazione alla poesia sperimentale.
La Redazione di “Zeta” è composta da nomi di primo piano, come Lamberto Pignotti e Paolo Guzzi, e così pure l’elenco dei collaboratori e delle Redazioni estere risulta di rilievo.
Il numero 118 della rivista è un ricco concentrato di argomenti, riflessioni, contributi critici, poesie e racconti, tra immersioni nella realtà più concreta e necessarie astrazioni. Accanto a nomi di autori e critici famosi compaiono anche nomi meno noti, essendo la casa editrice sempre attenta alle novità provenienti dalle voci più giovani, oltre da quelle più importanti, come attestano i tanti riconoscimenti ottenuti.
La prima parte della rivista è riservata ai Saggi. In “Essere e la poesia” Carlo Marcello Conti si interroga su cosa sia la poesia: L’amore è una cosa semplice, canta Tiziano Ferro, e non è molto diverso per la poesia, difficile invece cercare di definirla, e impossibile ingabbiarla in una formula. Tuttavia, come osserva Carlo Marcello Conti: «Dopo questo limite illimitato dell’essere totale della poesia che non dice come essere semplicemente esistere è la sua totalità.».
Segue la Relazione scritta da Lamberto Pignotti, riguardante “Enrique Vila-Matas”, nell’ambito dell’edizione 2017 del Premio Feronia. Indagando su cosa possa vedere l’occhio dello scrittore al giorno d’oggi, si prende coscienza del fatto che in generale l’occhio cattura sempre più spesso la “realtà virtuale” anziché quella naturale. Pignotti accenna anche a quanto la nostra società, in realtà, sia poco divertente e troppo prevedibile, a ben vedere poco stimolante: «C’è troppa furbizia e troppa poca genialità in giro.».
Seguono le pagine piacevolissime firmate da Paolo Barozzi, che i lettori affezionati alla rivista di certo attendono, autore tra l’altro di Peggy Guggenheim – Una donna, una collezione, Venezia (Campanotto Editore, 2011), Peggy Guggenheim di cui è stato amico e collaboratore. Nel numero 118 di “Zeta” egli ci rende partecipi del suo “Incontro con Gore Vidal a Venezia”: come apprendiamo dalle sue stesse parole, «prima delle grandi invasioni dei turisti e delle grandi navi, Venezia offriva spesso la possibilità di incontrare degli scrittori famosi. Quasi ogni giorno incrociavo il poeta Ezra Pound con Olga Rudge durante la loro passeggiata mattutina alle Zattere dove abitavo. Nel mese di agosto vedevo spesso aggirarsi per la città Sartre e Simone de Beauvoir.».
Gore Vidal, durante questa intervista-conversazione, ebbe modo di dire, riguardo alla stesura dei suoi libri: «sono sempre io l’ago della bilancia. Non sono mai del tutto chiaro; senza ambiguità non c’è arte.». Durante il suo incontro con Paolo Barozzi, ci fu l’occasione per ricordare P. M. Pasinetti, troppo spesso dimenticato e apprezzato anche da Italo Calvino. La testimonianza qui riportata si chiude con il ricordo dell’arrivo di Joanne Woodward, la quale doveva recarsi insieme a Gore Vidal al teatro La Fenice. E Paolo Barozzi li accompagnò per un tratto di strada.

Dopo questa appassionante e coinvolgente lettura, seguono gli approfondimenti relativi a “Il fenomeno Hirst e la 57ₐ Biennale di Venezia” di GianCarlo Pagliasso e le “Prospettive aperte; poligrafia quarta” di Curzio Vivarelli.
Dopodiché, come tutto venga fagocitato nel susseguirsi delle stagioni, viene colto dalle parole di V. S. Gaudio con toni poetici e giocosità di forme e colori, in “Passilence – Mini-Lebenswelt con Joan Mirò / Silence”: in «questa macchia rossa di Joan Mirò, c’è quasi tutto il silenzio, c’è anche una “O”, e solo la “S” in alto a sinistra è fuori dalla grossa macchia di rosso, ma è un po’ macchiata da una schizzata di rosso. Se ci si mette, ad aspettare che lei passi, di lato, sul rettangolo giallo, intanto tu pensi che, basta poco, e arriva l’inverno».
La tappa successiva proposta da questi Saggi ci conduce a “I viaggi simulati di Ginzburg”, con uno scritto inedito, risalente al 1980, di Mario Perniola sull’arte di Carlos Ginzburg, a ricordo del filosofo da poco scomparso (in questo numero di “Zeta” si ricordano anche Gillo Dorfles, Angela Felice e Angelo Tonelli).
Successivamente, “William Butler Yeats” e il suo interesse per la simbologia magica, l’esoterismo e lo spiritualismo sono al centro delle riflessioni di Elisabetta Salvador, la quale sottolinea l’importanza dell’immaginazione intesa quale «luogo mentale di sopravvivenza». Pertanto, anche se la maschera «rappresenta iconicamente l’ambiguità della condizione umana», ambiguità necessaria all’arte come sosteneva Gore Vidal (qui si manifesta soltanto uno dei tanti fili invisibili che legano tra loro vari contributi di questo numero della rivista), «l’impossibilità di distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è ha però un suo fascino».
La sezione dedicata ai Saggi si conclude con i “Trent’anni di Photoshop” di Annalisa Moschini, la quale si sofferma sulle varie possibilità di manipolare le immagini. Viene spontaneo pensare al ritocco fotografico e all’eliminazione dei difetti, ma si dovrebbe invece tenere presente l’importanza di quanto rimane al di fuori della fotografia, come si dovrebbe prestare attenzione sempre anche alle parole non dette.
La seconda parte della rivista è occupata dalla Poesia. Nei versi proposti di alcuni autori, vita e morte si compenetrano, nel destino di fragilità che accomuna tutti gli esseri viventi, tra fughe grida e silenzi. Facendo una rapida carrellata, in “Nigredo” di Cristina Caloni il cane, il padre, l’amico e tutti gli altri cari che non ci sono più, grazie alla parola vengono riportati per un attimo tra noi. In “Poesie” di Antonio Napoletano, «nel cuore ladro di signora / trapassa in maschera parola / è il compianto per la gazza / morente nell’afa del giardino». In “Aprire vie di fuga” di Alfonso Lentini, la formica «non sa dello specchio / e perciò non vi cerca sua figura / (e niente sa neppure / di se stessa. // come siamo formiche» anche noi umani, non meno fragili, non meno deboli. In “Entroltre” Bruno Conte, invece, ci rivela: «È un grido / la forma nocchiuta / della conchiglia / animale chiuso che grida / contro il chiuso cielo / del cielo». Chiudono la sezione dedicata alla poesia Carletto Negri con “Imago – (Non)” («avrei dovuto essere più attento / non pensarmi estraneo») e Miodrag Golubovič con “Il segno” («l’urlo ha ululato»).
Segue la sezione dei Testi con “Presente semplice – Bianca, manica lunga, botton down, senza tasca” di Giancarlo Sammito, alla ricerca di una camicia bianca (racconto da leggersi possibilmente, se si desidera seguire le indicazioni dell’autore, con l’accompagnamento di Astor Piazzolla, Histoire du Tango, per arpa e flauto traverso).
Si prosegue “Nel labirinto” di Natalia Milocco: «Mi avviai lungo uno stretto corridoio che immetteva in un vasto capannone le cui pareti, interminabili, come anche il pavimento erano tappezzati di libri disposti in modo un tempo forse ben ordinato. C’erano pile di volumi di varia grandezza, fascicoli, fogli e cartoni riproducenti poesie visive ormai dimenticate, recanti i segni di un nobile passato, esaltato da premi, ingentilito dalla presenza di illustri personaggi, testimoniato da mostre innovative, forse troppo innovative per il sentire comune, così molti lavori erano rimasti là accatastati». Così immagino possano essere gli spazi fisicamente occupati dalla casa editrice Campanotto.
Ancora di Natalia Milocco il commovente racconto “Piccola storia d’amore”, in ricordo di Blanche, per un lutto pieno, vissuto per una creatura innocente che ha portato solo gioia nella propria vita.
Seguono, nella sezione dedicata a Mostre e recensioni varie, “Bonjour à monsieur Julien Blaine” di Patricia Blasutto («Poesia, pane quotidiano, esiste anche in formato senza glutine. Medicina priva di ricetta medica, senza trafila burocratica»), “Tre libri tedeschi” di Vincenzo Cioni, “Rachid Ouramdane: Sfumato – In tournée in vari teatri europei” di Alberto Gabriele, “La 57ₐ Biennale d’Arte di Venezia” di Inga Conti, “Giri di parole” “Butta and Toppa” “Da Djagilev all’Astrattismo 1898-1922” di Carlo Marcello Conti.
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BRINA MAURER